Con l’1% di crescita annua una società si rinnova profondamente
Il punto, per me ben più importante e ben più significativo del dettaglio sulla previsione di crescita (come abbiamo già visto in precedenza, sintetizzare la crescita a lungo termine di una società in un unico dato numerico è perlopiù un’illusione statistica), e sul quale dobbiamo adesso insistere, è che un ritmo di crescita del prodotto pro capite dell’ordine dell’1% annuo è in realtà un ritmo estremamente rapido, molto più rapido di quanto spesso si immagini.
Il modo migliore per valutare il problema è anche qui quello di considerarlo da un punto di vista generazionale. Nell’arco di trent’anni, una crescita dell’1% annuo corrisponde a una crescita cumulata di più del 35%. Una crescita dell’1,5% annuo corrisponde a una crescita cumulata di più del 50%. Il che implica, in pratica, trasformazioni notevoli dei modelli di vita e degli impieghi. In concreto, nel corso degli ultimi trent’anni in Europa, in America del Nord e in Giappone, la crescita del prodotto pro capite è stata appena dell’1-1,5% annuo. Attualmente, però, le nostre vite hanno subito una trasformazione profonda: nei primi anni ottanta non esistevano né Internet né il telefono cellulare, i trasporti aerei erano inaccessibili alla maggioranza della popolazione, la maggior parte delle tecnologie mediche di punta oggi disponibili non esisteva e la possibilità di continuare a studiare fino all’università riguardava soltanto una minima parte della popolazione. Nel campo delle comunicazioni, dei trasporti, della sanità e della scuola i cambiamenti sono stati profondi. E queste trasformazioni hanno radicalmente modificato anche la struttura degli impieghi: quando il prodotto pro capite cresce di circa il 35-50% nell’arco di trent’anni, vuol dire che una porzione molto ampia del prodotto realizzato oggi – tra un quarto e un terzo – trent’anni fa non esisteva, e quindi che trent’anni fa non esistevano, in una misura che va da un quarto a un terzo, mestieri e attività oggi assai produttive.
Si tratta di una differenza considerevole rispetto alle società del passato, in cui la crescita era quasi nulla, o di appena lo 0,1% annuo, come nel XVIII secolo. Una società la cui crescita è dello 0,1% o 0,2% annuo si riproduce in modo pressoché identico di generazione in generazione: la struttura dei mestieri è la medesima, la struttura della proprietà anche. Una società la cui crescita è dell’1% annuo, come accade dall’inizio del XIX secolo nei paesi più avanzati, è una società che si rinnova profondamente e in permanenza. Vedremo come tutto ciò comporti differenze rilevanti per la struttura delle disuguaglianze sociali e la dinamica della distribuzione delle ricchezze. La crescita, da un lato, può creare nuove forme di disuguaglianza – per esempio i nuovi settori di attività possono alimentare in brevissimo tempo ricchezze inaspettate –, ma dall’altro può rendere meno determinanti le disuguaglianze patrimoniali e il fattore ereditario. Le trasformazioni indotte da una crescita dell’1% annuo sono certo meno rilevanti di quelle che comporterebbe una crescita del 3 o 4% annuo. Da qui, un alto margine di disillusione, in particolare rispetto alla grande speranza riposta, dopo il secolo dei Lumi, in un ordine sociale più giusto. La sola crescita economica, purtroppo, non è assolutamente in grado di soddisfare la speranza democratica e meritocratica, che deve trovare sostegno in istituzioni specifiche, e non soltanto nelle forze del progresso tecnologico e del mercato.