Una legge di lungo periodo
Innanzitutto, va precisato che la seconda legge fondamentale del capitalismo, β = s/g, si applica solo se sono soddisfatte alcune ipotesi di fondo. In primo luogo, si tratta di una legge asintotica, ossia valida unicamente sul lungo periodo: se un paese risparmia indefinitamente una quota s del suo reddito e se il tasso di crescita del reddito nazionale è uguale a g in via permanente, ecco che il rapporto capitale/reddito tende ad avvicinarsi sempre più a β = s/g, per poi stabilizzarsi a quel livello. Ma non è cosa che possa verificarsi in un giorno: se un paese risparmia una quota s del suo reddito nazionale solo per alcuni anni, il risparmio non basterà certo per raggiungere un rapporto capitale/reddito pari a β = s/g.
Per esempio, se si parte da un capitale zero e se si risparmia per un anno il 12% di reddito nazionale, il risparmio non consentirà certo di accumulare sei annualità di reddito in conto capitale. Con un tasso di risparmio del 12% annuo, e con zero capitale di partenza, ci vorrebbero cinquant’anni per risparmiare l’equivalente di sei annualità di reddito – e inoltre il rapporto capitale/reddito non sarebbe uguale a sei, poiché il reddito nazionale, nel corso di mezzo secolo, crescerebbe a sua volta molto, a meno che non si supponga, una crescita totalmente nulla.
Il primo principio da tenere a mente è dunque che l’accumulo di patrimoni richiede tempo: ci vogliono parecchi decenni perché la legge β = s/g si verifichi. Il che ci fa comprendere meglio perché è occorso tanto tempo perché si scontassero, in Europa, le ricadute nefaste del periodo 1914-45, e perché è così importante adottare una prospettiva storica a lunghissimo termine per affrontare problemi del genere. A livello individuale, certe ricchezze si creano molto più in fretta. Ma a livello di paesi considerati nel loro insieme, le dinamiche del rapporto capitale/reddito descritti dalla legge β = s/g sono dinamiche di lungo periodo.
Rispetto alla legge α = r × β, che abbiamo definito nel capitolo 1 come la prima legge fondamentale del capitalismo, sussiste una differenza sostanziale. Secondo questa legge, la quota dei redditi da capitale che concorre a formare il reddito nazionale α è uguale al tasso di rendimento medio del capitale r moltiplicato per il rapporto capitale/reddito β. È bene rendersi conto, però, che la legge α = r × β rappresenta in realtà una pura uguaglianza contabile, valida in ogni tempo e luogo, una formula. Tanto che la si può considerare, più che una legge, una definizione della quota di capitale compresa nel reddito nazionale (oppure una definizione del tasso di rendimento medio da capitale, se riesce più agevole misurare questo fattore). La legge β = s/g è invece il risultato di un processo dinamico: rappresenta uno stato d’equilibrio verso il quale tende un’economia di risparmio a tasso s che cresce a tasso g, stato d’equilibrio che, nella pratica, non sarà mai pienamente raggiungibile.
In secondo luogo, la legge β = s/g è valida solo se applicata alle forme di capitale accumulabili dall’uomo. Se le risorse naturali pure, vale a dire la parte delle risorse naturali il cui valore è indipendente da qualsiasi miglioria apportata dall’uomo e da qualsiasi investimento effettuato nel passato, equivalgono a una parte significativa del capitale nazionale, è del tutto evidente che il rapporto β può raggiungere un livello elevato anche se non si è realizzato alcun risparmio. Sull’ampiezza che può praticamente assumere il capitale non accumulabile torneremo più avanti.
In terzo luogo, la legge β = s/g è valida se il prezzo dell’attivo cresce in media nella stessa misura dei prezzi al consumo. Se il prezzo dei beni immobiliari delle azioni aumenta molto di più rispetto agli altri prezzi, anche in questo caso il rapporto β tra il valore di mercato del capitale nazionale e il flusso annuo di reddito nazionale può mantenersi ancora elevato senza che si sia realizzato il minimo risparmio supplementare. A breve termine, le variazioni di prezzo relativo agli attivi – ossia del prezzo dell’attivo in relazione ai prezzi al consumo –, che prendano la forma di plusvalenze o di minusvalenze, sono spesso maggiori dell’effetto volume, ossia dell’effetto legato all’accumulo di nuovo risparmio. Se però, a lungo termine, le variazioni di prezzo finiscono per compensarsi, ecco che la legge β = s/g si dimostra valida sul lungo periodo, quali che siano le ragioni per cui il paese considerato sceglie di risparmiare una frazione s di reddito nazionale.
Insistiamo su questo punto: la legge β = s/g è del tutto indipendente dalle ragioni che spingono gli abitanti di un dato paese – e talvolta il loro governo – ad accumulare patrimoni. In pratica, si accumula capitale per molteplici motivi – per esempio per accrescere i propri consumi futuri (o per evitare che diminuiscano, soprattutto quando si va in pensione), o per preservare o per costituire un patrimonio per la generazione che segue, o anche per acquisire il potere, la sicurezza e il prestigio che conferisce spesso il patrimonio. In genere, sono tutte motivazioni contestuali l’una all’altra, e variano l’una rispetto all’altra a seconda degli individui, dei paesi e delle epoche. Il più delle volte sono tutte presenti nel medesimo individuo, e gli stessi soggetti interessati non sempre sanno distinguerle l’una dall’altra in modo chiarissimo. Torneremo nella Parte terza sull’importanza di queste differenti motivazioni e di questi meccanismi di accumulazione, e vedremo che la questione non è priva di conseguenze per quanto riguarda la disuguaglianza della distribuzione dei patrimoni, il ruolo dell’eredità nella struttura delle disuguaglianze stesse e, più in generale, la legittimazione sociale, morale e politica delle disparità di patrimoni. Per il momento, cerchiamo solo di comprendere la dinamica del rapporto capitale/reddito (problema che, in qualche misura, e in prima istanza, può essere studiato indipendentemente da quello della distribuzione del capitale). E il punto sul quale desideriamo insistere è che la legge β = s/g si applica in tutti i casi, a prescindere dalle origini esatte del tasso di risparmio del paese considerato.
Per il semplice fatto che il rapporto β = s/g è, in un paese che risparmia ogni anno una frazione s dei suoi redditi e il cui reddito nazionale cresce al tasso g, l’unico rapporto stabile tra capitale e reddito.
Si tratta di un ragionamento elementare. Illustriamolo con un esempio. In concreto, se un paese risparmia ogni anno il 12% dei suoi redditi e se lo stock di capitale iniziale equivale a sei annualità di reddito, lo stock di capitale crescerà del 2% annuo,4 ovvero allo stesso ritmo del reddito nazionale: da cui deriva, un rapporto stabile tra capitale e reddito.
Al contrario, se lo stock di capitale è inferiore a sei annualità di reddito, un risparmio pari al 12% del reddito farà crescere lo stock di capitale più del 2% per anno, dunque più in fretta del reddito, per cui il rapporto capitale/reddito aumenterà fino a che non raggiunga il suo livello d’equilibrio.
Se invece lo stock di capitale è superiore a sei annualità di reddito, un tasso di risparmio del 12% implica che il capitale cresca meno del 2% all’anno, per cui il rapporto capitale/reddito non può essere mantenuto a quel livello e non può che diminuire fino a raggiungere a sua volta il punto d’equilibrio.
In ogni caso, sul lungo termine, il rapporto capitale/reddito tende verso il livello d’equilibrio β = s/g (eventualmente aumentato per effetto delle risorse naturali pure), a patto che, sul lungo periodo, il prezzo degli attivi cresca in media come i prezzi al consumo.5
Riassumendo: la legge β = s/g non spiega in concreto le crisi di breve termine subite dal rapporto capitale/reddito – così come non spiega l’esistenza delle guerre mondiali o la crisi del 1929, eventi che possono essere considerati catastrofi di straordinaria gravità –, ma ci fa capire verso quale livello d’equilibrio potenziale il rapporto capitale/reddito tende a dirigersi, al di là delle catastrofi e delle crisi stesse.