Il problema dell’inflazione
Il panorama della crescita dopo la Rivoluzione industriale sarebbe alquanto incompleto se non chiamassimo in causa il problema dell’inflazione. Si potrebbe pensare che l’inflazione sia un fenomeno esclusivamente monetario, di cui non ci si dovrebbe preoccupare. Di fatto, tutti i tassi di crescita che abbiamo indicato fin qui corrispondono alla cosiddetta crescita “reale”, ottenuta deducendo dalla crescita cosiddetta “nominale” (calcolata a partire dai prezzi al consumo) il tasso d’inflazione (equivalente al rialzo dell’indice medio dei prezzi al consumo).
In realtà, il problema dell’inflazione svolge un ruolo cruciale nella nostra ricerca. Abbiamo già notato che la nozione stessa di indice “medio” dei prezzi pone un problema, poiché la crescita si qualifica sempre con la comparsa di nuovi beni e servizi, e con enormi fluttuazioni dei prezzi relativi, per cui è molto difficile sintetizzare il tutto in un unico dato numerico. Ne deriva che i concetti stessi di inflazione e di crescita non siano sempre molto ben definiti: la distinzione, all’interno della crescita nominale (l’unica osservabile a occhio nudo, o quasi), tra una componente reale e una componente inflazionistica è in parte arbitraria, e dà luogo, non a caso, a parecchie controversie.
Per esempio, per un’identica crescita nominale del 3% annuo, si considererà una crescita reale dell’1% stimando un rialzo dei prezzi del 2%. Ma se si rivede verso il basso la stima dell’inflazione, per esempio valutando che il prezzo reale degli smartphone e dei tablet sia sceso di molto rispetto a quello calcolato in precedenza (per via dei notevoli miglioramenti in fatto di qualità e di prestazione: un divario che gli statistici si preoccupano di misurare, sottoponendosi a un compito non facile), e se si considera che il rialzo dei prezzi è solo dell’1,5%, si giungerà alla conclusione che la crescita reale è dell’1,5%. In realtà, trattandosi di variazioni minime, non sarà facile distinguere con certezza le due cifre, ciascuna delle quali contiene una parte di verità: la crescita sarà sicuramente più vicina all’1% per i patiti degli smartphone e dei tablet, e più vicina all’1% per tutti gli altri.
I movimenti dei prezzi relativi possono svolgere un ruolo ancor più decisivo se si tiene conto della teoria di Ricardo e del suo principio di rarità: qualora certi prezzi, come quello della terra, degli immobili o del petrolio, assumano, per periodi più lunghi, valori molto elevati, il fenomeno può incidere in maniera durevole sulla distribuzione delle ricchezze, a vantaggio dei detentori iniziali di quelle risorse, divenute più “rare”.
Al di là della questione specifica dei prezzi relativi, vedremo come anche l’inflazione propriamente detta, vale a dire la crescita generalizzata di tutti i prezzi, possa svolgere un ruolo fondamentale nella dinamica della distribuzione delle ricchezze. In particolare, è stata proprio l’inflazione ad aiutare i paesi ricchi, usciti prostrati dalla seconda guerra mondiale, a sbarazzarsi del loro debito pubblico. Ed è stata sempre l’inflazione, nel corso del XX secolo, a favorire non poche redistribuzioni di reddito tra i gruppi sociali, anche se in modo spesso caotico e incontrollato. Viceversa, la società patrimoniale sbocciata nel XVIII e nel XIX secolo non può che essere associata alla grandissima stabilità monetaria caratteristica di quel lungo periodo.