Le società agricole tradizionali: un’elasticità inferiore a uno
Abbiamo appena visto che le economie di oggi sembrano caratterizzarsi per le notevoli possibilità di sostituzione capitale-lavoro. Al che, è interessante notare che nelle economie tradizionali fondate sull’agricoltura, in cui il capitale coincideva con la proprietà fondiaria, l’andamento era del tutto diverso. I dati storici di cui disponiamo suggeriscono con grande chiarezza che nelle società agricole tradizionali l’elasticità di sostituzione era nettamente inferiore a uno. È questo l’unico modo per spiegare perché gli Stati Uniti d’America, nei secoli XVIII e XIX, malgrado un volume di terreni ben superiore a quello europeo, si caratterizzavano per un valore degli stessi molto inferiore (misurato dal rapporto capitale/reddito), e perché il livello della rendita fondiaria (e della quota di capitale nella composizione del reddito nazionale) era nettamente più basso rispetto al Vecchio Mondo.
E a spiegarlo, basta la logica: perché possano verificarsi importanti sostituzioni capitale-lavoro occorre anche che il capitale possa assumere forme differenti. Per una data forma – nel caso, i terreni agricoli –, è inevitabile che, al di là di un certo punto, l’effetto prezzo prevalga sull’effetto volume. Se poche centinaia di persone dispongono di un intero continente da coltivare, è logico che il prezzo della terra e della rendita fondiaria scendano quasi a quota zero. Non esiste esemplificazione migliore del principio “troppo capitale uccide il capitale” del rapporto tra il valore dei terreni agricoli e della rendita fondiaria nel Nuovo Mondo e il valore dei medesimi nella vecchia Europa.