Perché il rendimento da capitale è superiore al tasso di crescita?

Proseguiamo nel nostro ragionamento. Esistono, secondo logica, ragioni profonde in grado di spiegare perché il rendimento da capitale dovrebbe essere sistematicamente superiore al tasso di crescita? Preciso subito che, a mio avviso, si tratta più di una realtà storica che di una necessità logica assoluta.

Tanto per cominciare, la disuguaglianza di fondo r > g corrisponde effettivamente a una realtà storica incontestabile. Messi per la prima volta di fronte a un’affermazione del genere, molti interlocutori tendono a stupirsi e a interrogarsi sulla credibilità logica di un simile rapporto. Ebbene, il modo più chiaro per convincersi del fatto che la disuguaglianza r > g è un’effettiva realtà storica è senz’altro il seguente.

Come abbiamo visto nella Parte prima, il tasso di crescita è stato in genere nullo nella storia dell’umanità: abbinando crescita demografica e crescita economica, possiamo dire che il tasso di crescita globale dal mondo antico fino al XVII secolo incluso non ha mai superato in termini duraturi lo 0,1-0,2% annuo. Per cui, fatte salve le incertezze o le imprecisioni dei dati storici, il tasso di rendimento da capitale non può non essere stato, in tutti i tempi, nettamente superiore: il tasso osservato di norma sulla lunga durata si aggira sul 4-5% di rendimento annuo. E nella maggioranza delle società agrarie tradizionali si ricava soprattutto dalla rendita fondiaria – la percentuale del valore dei terreni. Anche se adottassimo una stima molto più bassa del rendimento puro da capitale – considerando che, nella storia, molti proprietari terrieri non possono certo gestire da soli proprietà vastissime, e che una parte del rendimento tiene conto del giusto compenso per il lavoro qualificato pagato dal proprietario –, arriveremmo comunque a un rendimento minimo (e a mio modo di vedere poco realistico, essendo troppo basso) di almeno il 2-3% annuo, pur sempre superiore di oltre il doppio allo 0,1-0,2%. In pratica, in tutta la storia dell’umanità, il fatto importante è che il tasso di rendimento da capitale è sempre stato almeno dieci o venti volte superiore al tasso di crescita del prodotto e del reddito. E si è sempre trattato, in larga misura, del fondamento stesso della società, ciò che permetteva a una classe di possidenti di non pensare ad altro che alla propria sussistenza.

Per illustrare questo punto nel modo più chiaro possibile, ho tracciato nel grafico 10.9 le traiettorie del livello mondiale del tasso di rendimento da capitale e del tasso di crescita dall’antichità fino al XXI secolo.

Siamo di fronte, com’è ovvio, a stime approssimative e imprecise; ma gli ordini di grandezza e le traiettorie d’insieme possono considerarsi valide. Per il tasso di crescita a livello mondiale, ho ripreso le stime storiche e le proiezioni per il futuro analizzate nella Parte prima. Per il tasso di rendimento da capitale a livello mondiale, ho preso in considerazione, per il periodo 1700-2010, stime del rendimento puro da capitale ottenute per il Regno Unito e la Francia, già analizzate nella Parte seconda. Per i periodi precedenti, ho ipotizzato un rendimento puro del 4,5%, valore da considerarsi minimo (i dati storici disponibili suggeriscono se mai rendimenti medi dell’ordine del 5-6%16). Per il XXI secolo, ho calcolato che il valore osservato nel corso del periodo 1990-2010 (attorno al 4%) dovrebbe mantenersi stabile, anche se si tratta pur sempre di una supposizione: abbiamo visto infatti, nella Parte seconda, che esistono forze che spingono verso il suo aumento. Preciso inoltre che i rendimenti da capitale indicati nel grafico 10.8 sono rendimenti lordi (e non comprensivi delle perdite di capitale causate dalla guerre e delle plusvalenze e minusvalenze, particolarmente rilevanti nel corso del XX secolo).

Grafico 10.9.
Rendimento da capitale e tasso di crescita a livello mondiale dall’antichità al 2100

Il tasso di rendimento da capitale (lordo) è sempre stato superiore al tasso di crescita mondiale, anche se, nel XX secolo, il divario si è ridotto, e potrebbe tornare ad allargarsi nel XXI secolo.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Nel grafico 10.9 si constata che nel corso della storia il tasso di rendimento puro da capitale – in genere del 4-5% – è sempre stato nettamente superiore al tasso di crescita mondiale, anche se la disparità si è assai ridotta nel corso del XX secolo, soprattutto nella seconda metà, anni in cui la crescita mondiale ha raggiunto il 3,5-4% annui. Verosimilmente, il divario dovrebbe tornare ad ampliarsi nel corso del XXI secolo per effetto del rallentamento della crescita (in primo luogo demografica). Per cui, secondo lo scenario di fondo disegnato nella Parte prima, il tasso di crescita mondiale potrebbe essere, tra il 2050 e il 2100, di circa l’1,5% annuo, più o meno lo stesso livello del XIX secolo. E lo scarto tra r e g si riposizionerebbe su un livello analogo a quello in vigore durante la Rivoluzione industriale.

Si ravvisa così il ruolo centrale che hanno potuto e possono svolgere in un contesto del genere le imposte sul capitale e dissesti di varia natura. Fino alla prima guerra mondiale, le imposte sul capitale erano alquanto ridotte (nella maggioranza dei paesi non esistevano né imposte sul reddito né imposte sui redditi delle società, e i tassi delle imposte di successione si aggiravano su percentuali bassissime). Per semplificare, possiamo dunque considerare che i tassi di rendimento al lordo e al netto delle imposte fossero praticamente gli stessi. Mentre, a partire dalla prima guerra mondiale, i tassi delle imposte sui redditi, sui guadagni e sui patrimoni più elevati raggiungono in gran fretta livelli cospicui. Dopo gli anni ottanta e novanta del Novecento, in un contesto ideologico ampiamente trasformato, sempre più segnato dalla globalizzazione finanziaria e dalla concorrenza esasperata tra Stati per attirare capitali, il tasso delle imposte tende però a scendere, e in certi casi rischia addirittura di scomparire.

Nel grafico 10.10 ho indicato stime di rendimento medio del capitale al netto delle imposte e della deduzione della stima media delle perdite di capitale causate dagli eventi del periodo 1913-50. Per capirci, ho sì considerato che nel corso del XXI secolo la concorrenza fiscale potrebbe portare a una completa scomparsa delle imposte sul capitale – per il periodo 1913-2012 il tasso medio d’imposta sul rendimento da capitale viene fissato al 30%, per poi passare al 10% nel 2012-50 e allo 0% nel 2050-2100 – ma in concreto le cose sono un po’ più complicate: le imposte si differenziano enormemente a seconda dei paesi e dei tipi di patrimonio, a volte possono essere progressive (il loro tasso, cioè, aumenta con l’aumento del livello di reddito e di patrimonio), e non si hanno elementi per poter dire se la concorrenza fiscale finirà effettivamente con l’estinguersi (torneremo sull’argomento nella Parte quarta).

Quello che possiamo dare per certo è che nel periodo 1913-50 il rendimento netto delle imposte (e al netto delle perdite) è sceso all’1-1,5% annuo, ossia al di sotto del tasso di crescita. E che una situazione del genere, del tutto inedita, si è prodotta di nuovo nel 1950 e nel 2012, a causa di un tasso di crescita eccezionalmente alto. In sostanza, si osserva che le crisi fiscali e non fiscali del XX secolo hanno, per la prima volta nella storia, spinto il rendimento netto del capitale a scendere sotto il tasso di crescita. Per una convergenza di fattori (distruzioni determinate dalle guerre, politiche di progressività fiscale imposte dalle catastrofi del 1914-45, crescita eccezionale dei Trente glorieuses), una situazione così inusuale nella storia si è prolungata per un intero secolo – anche se tutto fa pensare che sia giunta al termine. Se la concorrenza fiscale si estinguerà, il che non è escluso, la disuguaglianza di fondo tra r e g si posizionerà, nel corso del XXI secolo, su un livello vicino a quello del XIX (cfr. grafico 10.10). Se l’imposta media sul capitale si mantiene su un livello del 30% circa, il che è tutt’altro che sicuro, il rendimento netto da capitale tornerà probabilmente a un livello di gran lunga inferiore a quello del tasso di crescita, quantomeno in una prospettiva di massima.

Grafico 10.10.
Rendimento puro da capitale (al netto delle imposte) e tasso di crescita a livello mondiale dall’antichità al 2100

Nel XX secolo il tasso di rendimento da capitale (al netto delle imposte e delle perdite di capitale) è sceso sotto il livello del tasso di crescita, ma potrebbe tornare sopra quel livello nel corso del XXI secolo.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Per far emergere in modo ancora più chiaro questa possibile tendenza, nel grafico 10.11 ho raggruppato i due sottoperiodi 1913-50 e 1950-2012 in un’unica media valida per l’intero secolo 1913-2012, periodo finora mai considerato dagli studiosi, nel corso del quale il rendimento netto da capitale è risultato inferiore alla crescita. Ho anche raggruppato i due sottoperiodi 2012-50 e 2050-2100 in un’unica media valida per l’intero periodo 2012-2100, e ho ipotizzato che i tassi della seconda metà del XXI secolo si mantengano per tutto il XXII, il che non è affatto sicuro. In ogni caso, il grafico 10.11 ha il merito di mettere in luce una caratteristica del tutto inedita – e potenzialmente unica – del XX secolo, in merito al rapporto tra r e g. È anche giusto far notare come l’ipotesi di una crescita mondiale dell’1,5% annuo a lunghissimo termine appaia, agli occhi di molti osservatori, eccessivamente ottimistica. Ricordiamo che tra il 1700 e il 2012 la crescita media del prodotto pro capite è stata dello 0,8% annuo a livello mondiale, e che la crescita demografica – anch’essa dello 0,8% negli ultimi tre secoli – dovrebbe, secondo le previsioni più diffuse, scendere ancora parecchio da qui alla fine del XXI secolo. Come è anche giusto sottolineare un limite non piccolo del grafico 10.11: esso presuppone, per definizione, che nessuna reazione politica di rilievo giungerà ad alterare, nei prossimi due secoli, il corso del capitalismo e della globalizzazione finanziaria – il che, vista la storia alquanto movimentata del secolo passato, è evidentemente un’ipotesi forte e a mio avviso poco plausibile, proprio perché le conseguenze sul piano della disuguaglianza sarebbero notevoli, e non potrebbero reggere a lungo al peso dell’opinione pubblica (torneremo con la dovuta ampiezza su questo tema delicato).

Grafico 10.11.
Rendimento da capitale (al netto delle imposte) e tasso di crescita a livello mondiale dall’antichità al 2200

Nel XX secolo il tasso di rendimento da capitale (al netto delle imposte e delle perdite di capitale) è sceso sotto il livello del tasso di crescita, ma potrebbe tornare sopra quel livello nel corso del XXI secolo.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Riassumendo: la disuguaglianza di fondo r > g rispecchia certo una realtà storica incontestabile – accertata fino al primo conflitto mondiale e nuovamente nel XXI secolo –, ma si tratta di una realtà sociale e politica che dipende in larga misura sia dai dissesti subiti dai patrimoni sia dalle politiche pubbliche e istituzionali messe in campo per regolare il rapporto capitale/reddito.

Il capitale nel XXI secolo
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