La novità più importante del XX secolo: la classe media patrimoniale

Non facciamoci trarre in inganno: lo sviluppo di una vera “classe media patrimoniale” rappresenta la più importante trasformazione strutturale del XX secolo, in fatto di distribuzione delle ricchezze nei paesi sviluppati.

Proviamo a tornare indietro di un secolo, alla belle époque, intorno agli anni 1900-10. In tutti i paesi europei, la concentrazione del capitale era allora molto più alta di quanto non sia oggi. È importante avere ben presenti gli ordini di grandezza indicati nella tabella 7.2. Verso il 1900-10, in Francia come nel Regno Unito, in Svezia e in tutti i paesi per i quali disponiamo di dati validi, il 10% più ricco deteneva la quasi totalità del patrimonio nazionale: la quota del decile superiore raggiungeva il 90%. L’1% più fortunato possedeva da solo più del 50% del totale dei patrimoni. La quota del centile superiore, in certi paesi a forte tasso di disuguaglianza, come il Regno Unito, superava anche il 60%. Viceversa, il 40% intermedio possedeva poco più del 5% del patrimonio nazionale (tra il 5% e il 10%, a seconda dei paesi), vale a dire poco più del 50% più povero, che ne deteneva, come oggi, meno del 5%.

In altri termini, all’epoca non esisteva una classe media, poiché il 40% intermedio era, a livello patrimoniale, quasi povero come il 50% più povero. La distribuzione del capitale comprendeva un’immensa maggioranza di persone che non possedeva quasi nulla e una minoranza che deteneva la quasi totalità degli attivi. Si trattava certo di una minoranza importante (il decile superiore rappresenta un’élite ancora più vasta del centile superiore, il quale costituisce a sua volta un gruppo sociale numericamente significativo), ma pur sempre di una minoranza. La curva della distribuzione era evidentemente continua, come in tutte le società. Ma la parabola discendente della curva si accentuava man mano che si avvicinava al decile superiore e al centile superiore, per cui si passava bruscamente dal mondo del 90% più povero (in cui ciascuno possiede al massimo poche decine di migliaia di euro di patrimonio, rapportando gli importi a quelli di oggi) al mondo del 10% più ricco, in cui ciascuno possiede l’equivalente di parecchi milioni di euro, o anche di parecchie decine di milioni.19

Si sbaglierebbe se si sottovalutasse l’importante – anche se fragile – novità storica rappresentata dall’emergere di una “classe media patrimoniale”. Ma si deve anche insistere sul fatto che la concentrazione dei patrimoni resta ancora oggi molto forte: la quota del decile superiore raggiunge attualmente in Europa il 60%, e negli Stati Uniti supera il 70%.20 Quanto alla metà inferiore della popolazione, è povera di patrimonio tanto oggi quanto ieri: appena il 5% del totale nel 2010, come nel 1910. In fondo, la classe media è riuscita a strappare solo qualche briciola: non più di un terzo del patrimonio in Europa, appena un quarto negli Stati Uniti. La fascia intermedia raggruppa una popolazione quattro volte più numerosa del decile superiore, eppure la massa dei patrimoni che detiene è due-tre volte inferiore. Potremmo essere tentati di concludere che in realtà non è cambiato nulla: il capitale continua a riproporre disuguaglianze estreme (cfr. tabella 7.2).

Non è detto che tutto ciò non sia vero, ma è indispensabile prendere atto della seguente realtà: la riduzione storica delle disuguaglianze patrimoniali è molto meno forte di quanto a volte si immagini. Del resto, non c’è niente che autorizzi a pensare che la limitata compressione delle disuguaglianze sia irreversibile. Si tratta però di frazioni significative, e sarebbe sbagliato sottovalutare il valore storico del cambiamento. Quando si possiede l’equivalente di 200.000 o 300.000 euro di patrimonio, non si è forse tanto ricchi, ma non si è nemmeno troppo poveri – tra l’altro, alla gente, non piace granché essere trattata da povera. Il fatto che decine di milioni di persone – il 40% della popolazione, ovvero un corpo sociale considerevole, a metà strada tra i poveri e i ricchi – possieda individualmente qualche centinaio di migliaia di euro, e collettivamente tra un quarto e un terzo del patrimonio nazionale, non costituisce una trasformazione di poco conto. Si tratta di un cambiamento sostanziale nella scala dei redditi della storia, un cambiamento che ha profondamente modificato il paesaggio sociale e la struttura politica della società, e ha contribuito a ridefinire i termini del conflitto distributivo. Per cui è fondamentale comprenderne le ragioni.

Contestualmente, la trasformazione si è anche tradotta in un calo fortissimo dei patrimoni più alti: la quota del centile superiore si è più che dimezzata, passando in Europa da più del 50% all’inizio del XX secolo a circa il 20-25% tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo. Vedremo più avanti come questo fatto abbia ampiamente contribuito a modificare i termini del discorso di Vautrin, cioè a diminuire di molto e a livello strutturale il numero di patrimoni abbastanza elevati perché si possa vivere con agiatezza delle rendite annue frutto dei patrimoni stessi – ossia il numero dei casi per cui Rastignac potrebbe vivere meglio sposando la signorina Victorine che proseguendo gli studi di Giurisprudenza. E il cambiamento è ancora più rilevante dal punto di vista storico, se pensiamo che il grado più alto di concentrazione dei patrimoni osservabile nell’Europa del 1900-10 è lo stesso che caratterizza l’intero XIX secolo. Tutte le fonti di cui disponiamo indicano i medesimi ordini di grandezza – attorno al 90% del patrimonio per il decile superiore, di cui almeno il 50% per il centile superiore – anche per le società rurali tradizionali, si tratti dell’ancien régime in Francia o del XVIII secolo inglese. Vedremo come una tale concentrazione di capitale sia in realtà una condizione indispensabile perché società patrimoniali come quelle descritte nei romanzi di Balzac e di Jane Austen, determinate per intero dal patrimonio e dall’eredità, possano esistere e prosperare. Tentare di capire come possano emergere, mantenersi, decadere ed eventualmente riemergere tali livelli di concentrazione dei patrimoni è perciò uno degli obiettivi prioritari di questo libro.

Il capitale nel XXI secolo
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