Logica contributiva, logica incentivante
Non va comunque trascurato un altro argomento classico a favore dell’imposta sul capitale, quello fondato sulla logica incentivante. È un’idea oggi al centro di tutti i pubblici dibattiti, e si fonda sul fatto che un’imposta sul capitale può spingere i detentori di patrimoni a ottenere il miglior rendimento possibile. In concreto, un’imposta pari all’1% o al 2% del valore della ricchezza sarebbe abbastanza lieve per un fondatore di imprese con profitti molto elevati, il quale potrebbe arrivare a ottenere un rendimento del 10% annuo sul suo patrimonio. Mentre, al contrario, sarebbe un’imposta molto gravosa per chi non fa fruttare in alcun modo il proprio patrimonio, ottenendo così un rendimento di appena il 2% o il 3% annuo, oppure alcun rendimento. Nella logica incentivante, l’obiettivo dell’imposta sul capitale è appunto quello di obbligare chi impiega male il proprio patrimonio a disfarsene un po’ alla volta per pagare le imposte e a cedere così i propri attivi a proprietari più dinamici.
L’argomentazione ha una sua parte di verità, ma non sarebbe corretto esagerarne la portata.18 In pratica, il rendimento del capitale non rispecchia soltanto lo sforzo e il talento del detentore del patrimonio. Da una parte, il rendimento medio ottenuto varia in misura sistematica a seconda del livello della ricchezza iniziale; dall’altra, il rendimento individuale assume una dimensione imprevedibile e caotica che dipende da qualsiasi tipo di choc economico, a cui siano sottoposti gli uni e gli altri. Per esempio, a spiegare perché un’impresa in un dato momento accusa delle perdite, concorrono tante ragioni. Un sistema di imposizione fondato per intero sul valore dello stock del capitale (e non sul livello dei benefici effettivamente realizzati) creerebbe troppa pressione, sproporzionata, su imprese di questo tipo, poiché pagherebbero imposte nel periodo in cui producono delle perdite, allo stesso modo di quando realizzano utili elevati, cosa che potrebbe portarle al fallimento definitivo.19 Il sistema fiscale ideale dovrà dunque essere il risultato di un compromesso tra una logica incentivante (che spinge piuttosto verso un’imposta sullo stock del capitale) e una logica assicurativa (che si muove più verso un’imposta sul flusso di redditi prodotti dal capitale).20 L’aspetto imprevedibile del rendimento da capitale ci fa ritenere, tra l’altro, che sia più efficace sottoporre a imposizione gli eredi non una tantum, al momento della trasmissione dell’eredità (attraverso l’imposta di successione), ma in modo permanente, per tutta la vita, attraverso imposte basate sui redditi frutto del capitale ereditato e sul valore del capitale stesso.21 Ne consegue, come dicevamo, che le tre imposte – sull’eredità, sul reddito, sul capitale – rivestono ruoli utili e complementari (anche quando il reddito è perfettamente osservabile per tutti i contribuenti, qualunque sia la loro quota patrimoniale).22