La distribuzione mondiale del reddito: più disuguale del prodotto

Per semplificare l’esposizione, abbiamo supposto fin qui che, all’interno di ciascun blocco continentale o regionale, il reddito nazionale e il prodotto interno coincidano: i redditi mensili indicati nella tabella 1.1 sono semplicemente stati ottenuti sottraendo al PIL il 10% – per tenere conto della svalutazione del capitale – e dividendoli per dodici.

In realtà, la suddetta disuguaglianza tra reddito e prodotto è valida solo a livello mondiale, e non a livello nazionale o continentale. In genere, la distribuzione mondiale del reddito è più disuguale di quella del prodotto, perché i paesi che detengono il prodotto pro capite più elevato detengono anche, tendenzialmente, una quota di capitale degli altri paesi, e dunque tendono a incamerare un flusso positivo di redditi da capitale provenienti da paesi il cui prodotto pro capite è più basso. In altri termini, i paesi ricchi sono ricchi due volte, sia in quanto a prodotto interno sia in quanto a capitale investito all’estero, il che consente loro di disporre di un reddito nazionale superiore al prodotto. Il fenomeno è esattamente opposto nei paesi poveri.

Per esempio, tutti i principali paesi sviluppati (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito) hanno attualmente un reddito nazionale di poco superiore al prodotto interno. Come abbiamo già potuto notare, i redditi netti provenienti dall’estero sono positivi solo in misura lieve e non modificano radicalmente il livello di vita dei rispettivi paesi: equivalgono solo a un valore aggiunto compreso tra l’1% e il 2% del prodotto interno di Stati Uniti, Francia e Regno Unito, e tra il 2% e il 3% del prodotto interno di Giappone e Germania. Si tratta in ogni caso di un complemento di reddito non trascurabile, soprattutto per gli ultimi due paesi, i quali, grazie alle loro eccedenze commerciali, hanno accumulato negli ultimi decenni riserve importanti rispetto al resto del mondo, riserve che comportano oggi un rendimento apprezzabile.

Se, dopo i paesi ricchi, passiamo a esaminare i blocchi continentali considerati nel loro insieme, registriamo situazioni molto vicine all’equilibro tra reddito e prodotto. In Europa come in America e in Asia, i paesi più ricchi – in genere il Nord dei continenti – incamerano un flusso positivo di redditi da capitale, in parte annullato dal flusso versato dagli altri paesi – in genere il Sud o l’Est –, per cui a livello continentale il reddito nazionale e il prodotto interno sono quasi esattamente uguali, dove il quasi è rappresentato dallo 0,5% circa in meno.32

L’unica situazione di squilibrio continentale davvero rilevante riguarda l’Africa, la quale è, strutturalmente, proprietà degli altri continenti. In concreto, secondo le bilance dei pagamenti a livello mondiale stabilite ogni anno, dal 1970 in poi, dalle Nazioni Unite e dagli altri organismi internazionali (Banca mondiale, FMI), il reddito nazionale di cui dispongono gli abitanti del continente africano è sistematicamente inferiore di circa il 5% al loro prodotto interno (il divario, in certi paesi, supera il 10%).33 Se si calcola che una quota di capitale dell’ordine del 30% entra a far parte del prodotto, si ottiene che circa il 20% del capitale africano è oggi nelle mani di proprietari stranieri – non diversi dagli azionisti londinesi della miniera di platino di Marikana di cui abbiamo parlato all’inizio del capitolo.

È importante capire che cosa voglia dire, in pratica, un dato del genere. Considerato il fatto che determinati fattori di patrimonio (per esempio gli immobili adibiti ad abitazione, o il capitale agricolo) non sono quasi mai proprietà degli investitori stranieri, la cifra enunciata significa che la quota di capitale nazionale detenuta dal resto del mondo può superare di un 30-40% il ricavato africano per quanto riguarda l’industria manifatturiera, o di percentuali anche superiori per quanto riguarda altri settori. Anche se le bilance dei pagamenti ufficiali contengono notevoli inesattezze – torneremo più avanti sull’argomento –, non c’è dubbio che si tratti di una realtà importante dell’Africa attuale.

Se risaliamo indietro nel tempo, osserviamo squilibri internazionali ancora più marcati. Alla vigilia della prima guerra mondiale, il reddito nazionale del Regno Unito, primo investitore mondiale, superava del 10% il prodotto interno. In Francia, seconda potenza coloniale e secondo investitore mondiale, lo superava del 5%, percentuale vicina a quella della Germania, il cui impero coloniale era insignificante ma il cui sviluppo industriale permetteva di accumulare crediti superiori a quelli del resto del mondo. Una parte degli investimenti britannici, francesi e tedeschi aveva sede in altri paesi europei o in America, e una parte in Asia e Africa. In totale, si può stimare che le potenze europee possedessero nel 1913 tra un terzo e la metà del capitale nazionale asiatico e africano, e più di tre quarti del capitale industriale.34

Il capitale nel XXI secolo
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