La ricchezza invecchia con la popolazione: l’effetto μ × m
Accantoniamo ora gli effetti – importanti ma transitori, a meno che non si pensi sul lunghissimo periodo a una popolazione infinitamente grande o infinitamente piccola –, legati a variazioni nel volume delle nascite, e poniamoci in una prospettiva di lunghissimo termine in cui, per ipotesi, la quantità di popolazione per ogni generazione sia del tutto stabilizzata. In tal caso l’allungamento della durata della vita finirà per ridurre davvero il tasso di mortalità a livello strutturale. In Francia, dove nel XXI secolo si morirà in media attorno agli 80-85 anni, la mortalità adulta si stabilizzerà a meno dell’1,5% annuo, contro il 2,2% del XIX secolo, quando si moriva in media attorno ai 60 anni o poco più. L’aumento dell’età media al momento del decesso porta automaticamente a un analogo aumento dell’età media al momento dell’eredità. Nel XIX secolo si ereditava in media attorno ai 30 anni; nel XXI secolo si erediterà in media attorno ai 50. Come indica il grafico 11.3, la disparità tra l’età media al momento del decesso e l’età media al momento dell’eredità si è sempre aggirata attorno ai 30 anni, per il semplice fatto che l’età media al momento della nascita dei figli – quella che viene chiamata la “durata delle generazioni” – si è stabilizzata, sul lungo periodo, attorno ai 30 anni (si noterà peraltro, in questo inizio di XXI secolo, una lieve crescita).
Grafico 11.3.
Età media dei deceduti e degli eredi,
Francia 1820-2100
Nel corso del XX secolo l’età media al momento del decesso è passata da appena 60 anni a quasi 80, e l’età media al momento dell’eredità è passata da 30 anni a 50.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
Ma il fatto che si muoia più tardi e che si erediti più tardi potrebbe implicare una perdita d’importanza dell’eredità? Non necessariamente, da una parte perché la crescita esponenziale delle donazioni ha in parte compensato l’effetto-dilazione, come vedremo più avanti; dall’altra perché è possibile ereditare più tardi importi tuttavia più elevati, in conseguenza del fatto che anche il patrimonio tende a invecchiare in una società che invecchia sempre di più. In altri termini, il calo tendenziale del tasso di mortalità – ineluttabile sul lunghissimo periodo – può essere compensato da una crescita non meno strutturale della ricchezza relativa delle persone anziane, per cui il prodotto dei due termini μ × m rimane immutato, o quantomeno diminuisce molto meno di quanto si possa pensare. Ora, in Francia, si sta verificando proprio questo: dopo gli anni cinquanta-sessanta del secolo scorso, il rapporto μ tra il patrimonio medio al momento del decesso e il patrimonio medio delle persone in vita è notevolmente cresciuto, e il graduale invecchiamento della ricchezza spiega in misura rilevante la ripresa della funzione dell’eredità osservata nel corso degli ultimi decenni.
In concreto, si constata che il prodotto μ × m, che misura per definizione il tasso annuo di trasmissione del patrimonio (ossia il flusso successorio espresso in percentuale del patrimonio privato totale), ha nettamente ripreso a salire nel corso degli ultimi decenni, malgrado la continua discesa del tasso di mortalità – come mostra molto chiaramente il grafico 11.4. Dagli anni venti dell’Ottocento agli anni dieci del secolo successivo, il tasso annuo di trasmissione del patrimonio, che gli economisti del XIX secolo e dei primi anni del XX chiamavano “tasso di devoluzione successoria”, è rimasto tutto sommato stabile, attorno al 3,3-3,5%, equivalente a circa 1/30. All’epoca si usava dire che un patrimonio si trasmette in media una volta ogni trent’anni, ossia una volta a generazione, il che corrisponde a una visione semplificata – un po’ troppo statica – anche se in parte giustificata dalla realtà del momento.10 Dopodiché, nel periodo 1910-50, il tasso annuo di trasmissione diminuisce sensibilmente, fino ad attestarsi, negli anni cinquanta, su un livello di poco superiore al 2%, per poi risalire costantemente e arrivare a superare, nel 2000-10, il 2,5%.
Grafico 11.4.
Flusso successorio e tasso di mortalità,
Francia 1820-2010
Nel periodo 2000-10 il flusso di successioni e donazioni equivale ogni anno al 2,5% del patrimonio privato totale, contro l’1,2% del tasso di mortalità.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
Riassumendo, in una società che invecchia si eredita certo sempre più tardi, ma, siccome la ricchezza invecchia a sua volta, i due effetti si compensano. In tal senso, una società in cui si muore in età sempre più avanzata è molto diversa da una società in cui non si muore affatto e in cui l’eredità effettivamente scompare. L’allungamento della durata della vita sposta un po’ più avanti il complesso degli eventi della vita stessa – si studia più a lungo, si comincia a lavorare più tardi, e così accade per l’eredità, l’inizio del pensionamento e l’età del decesso –, ma ciò non modifica necessariamente l’importanza relativa dell’eredità stessa e dei redditi da lavoro, o quantomeno la modifica molto meno di quanto a volte si pensi. Il fatto di ereditare più tardi può certo obbligare a scegliere una professione con maggior frequenza rispetto al passato, ma il fatto è compensato dai più alti importi assicurati dall’eredità, soprattutto se in forma di donazioni anticipate. In ogni caso, si tratta più di una differenza di grado che di un salto di civiltà, come spesso si è pensato.