La questione delle fondazioni e degli altri proprietari
Per ragioni di completezza, è altrettanto importante indicare che abbiamo incluso nei patrimoni privati non solo gli attivi e i passivi detenuti dai soggetti privati (le “famiglie”, secondo il bilancio nazionale) ma anche quelli detenuti dalle fondazioni e da altre associazioni istituite senza fini di lucro (gli “enti non profit”, secondo il bilancio nazionale). Precisiamo che nella categoria rientrano soltanto le fondazioni e le associazioni perlopiù finanziate con singole donazioni private o con i redditi dei loro proprietari: quelle che vivono prevalentemente di sovvenzioni pubbliche rientrano nella categoria degli enti pubblici, e quelle che dipendono in primo luogo dal prodotto delle loro vendite rientrano in quella delle società.
In pratica, si tratta di distinzioni quanto mai modificabili e permeabili, c’è qualcosa di arbitrario nell’inglobare il patrimonio delle fondazioni nel totale dei patrimoni privati, piuttosto che, per esempio, nel patrimonio pubblico, oppure considerarlo una categoria a parte. Di fatto, si tratta né più né meno di una forma originale di proprietà, a metà tra la proprietà puramente privata e la proprietà puramente pubblica. In pratica, sia che si rendano in esame i beni posseduti dalle Chiese attraverso i secoli, sia quelli detenuti oggi da Médecins sans Frontières o dalla Bill and Melinda Gates Foundation, si vede che si ha a che fare con una grande varietà di enti morali che perseguono obiettivi specifici.
Va nondimeno sottolineato che la questione resta limitata, in quanto ciò che possiedono gli enti morali è in genere di molto inferiore a ciò che accumulano le persone fisiche per se stesse. Se passiamo in rassegna le stime disponibili per i diversi paesi ricchi nel corso del periodo 1970-2010, ci accorgiamo che la quota delle fondazioni e delle altre associazioni non profit nel totale dei patrimoni privati è sempre inferiore al 10%, in genere inferiore al 5%, pur con variazioni non indifferenti tra paese e paese – appena l’1% in Francia, circa il 3-4% in Giappone, e fino al 6-7% del totale dei patrimoni privati negli Stati Uniti – e non ha una linearità apparente. Le fonti storiche disponibili indicano che il valore totale dei beni della chiesa, nella Francia del XVIII secolo, arrivava a possedere circa il 7-8% del totale dei patrimoni privati, ossia più o meno il 50-60% del reddito nazionale dell’epoca (i beni furono in parte confiscati e venduti durante la Rivoluzione francese, con lo scopo di pagare i debiti pubblici lasciati dall’ancien régime).17 In altri termini, la Chiesa possedeva sotto l’ancien régime una quantità di beni superiore – in rapporto al totale dell’epoca – a quella delle più prospere fondazioni americane all’inizio del XXI secolo. Ed è interessante notare che i due livelli sono comunque relativamente vicini tra loro.
Si tratta di posizioni patrimoniali ragguardevoli, soprattutto se le si confronta con i magri patrimoni positivi – e a volte negativi – detenuti dal potere pubblico nelle varie epoche. Tuttavia, rispetto ai patrimoni privati, esse rimangono delle posizioni alquanto modeste. In particolare, il fatto di aggregare o meno le fondazioni con le famiglie non incide molto sulla crescita globale del rapporto tra capitale privato e reddito nazionale sul lungo periodo. L’aggregazione è peraltro giustificata dal fatto che la distinzione tra le due forme di proprietà non è sempre agevole da individuare. Non è affatto facile, infatti, stabilire un confine tra le diverse strutture giuridiche – fondazioni, trust funds ecc. – attualmente impiegate dalle persone facoltose per gestire i propri investimenti e promuovere i propri interessi privati (i quali, nel quadro dei bilanci nazionali, sono direttamente considerati nel settore dei soggetti privati, e identificati come tali) e le fondazioni e associazioni ritenute d’interesse pubblico. Nella Parte terza del volume, quando studieremo la dinamica della disuguaglianza mondiale dei patrimoni, in particolare dei grandi patrimoni, nel XXI secolo, torneremo su questa delicata questione.