La traiettoria del flusso successorio sul lungo periodo

Riprendiamo il discorso dall’inizio. In tutte le società esistono soprattutto due modi per ottenere il benessere economico: il lavoro o l’eredità.1 Il problema di fondo è sapere quale delle due forme di arricchimento sia più diffusa e quale sia la più efficace per accedere ai vari decili e centili superiori della gerarchia dei redditi e del tenore di vita.

Nel discorso che Vautrin tiene a Rastignac (cfr. cap. 7), la risposta è inequivocabile: con lo studio e il lavoro è impossibile sperare di condurre una vita agiata ed elegante; l’unica strategia realistica è sposare la signorina Victorine e, con lei, la sua eredità. Uno dei principali obiettivi di questa ricerca è individuare in quale misura, nella società francese del XIX secolo, la struttura delle disuguaglianze assomigli al mondo descritto da Vautrin e, in primo luogo, capire perché e come questo tipo di realtà evolva e si perpetui nel corso della storia.

Sarà utile iniziare con l’esaminare la crescita sul lungo periodo del flusso annuo delle successioni (flusso chiamato a volte, nel XIX secolo e all’inizio del XX, “annualità successoria”), ossia a quanto ammonta il totale delle successioni e delle donazioni trasmesse nel corso di un anno, espresso in percentuale di reddito nazionale. Si misurerà così il valore di quanto viene trasmesso ogni anno (tra cui il valore delle ricchezze derivanti dal passato, delle quali è possibile appropriarsi tramite eredità nel corso di un dato anno) in rapporto ai redditi prodotti e acquisiti nel corso dell’anno medesimo (ricordiamo che i redditi da lavoro equivalgono da soli ai due terzi del totale del reddito nazionale, e che i redditi da capitale compensano in parte l’eredità stessa).

Prima analizzeremo il caso della Francia, il meglio conosciuto sul lungo periodo, poi vedremo come il fenomeno del flusso successorio si ritrovi – in una certa misura – negli altri paesi europei, infine esamineremo ciò che è possibile conoscere a livello mondiale.

Il grafico 11.1 raffigura la curva del flusso successorio in Francia dal 1820 al 2010.2 Emergono chiaramente due fatti. Innanzitutto, la presenza, nel XIX secolo, di un flusso successorio equivalente ogni anno al 20-25% del reddito annuo, con una lieve tendenza al rialzo alla fine del secolo – vedremo trattarsi di un livello molto alto per il flusso annuo, riferibile a una situazione in cui la quasi totalità dello stock di patrimonio deriva dall’eredità. Il fatto che l’eredità sia onnipresente nel romanzo del XIX secolo non è spiegabile soltanto con l’immaginazione degli scrittori, in particolare di Balzac, perseguitato egli stesso dai debiti e costretto a scrivere in continuazione per pagarli, ma è spiegabile innanzitutto con il ruolo cruciale e strutturante che l’eredità svolge nella società del XIX secolo, come flusso economico e come forza sociale, la cui importanza non diminuisce affatto nel corso del tempo. Potremmo anzi dire il contrario: intorno al 1900-10, durante la belle époque, il flusso successorio pesa ancor più che negli anni venti dell’Ottocento, gli anni di Vautrin, di Rastignac e della pensione Vauquer (quasi il 25% del reddito nazionale, contro poco più del 20%).

Grafico 11.1.
Il flusso successorio annuo espresso in percentuale di reddito nazionale, Francia 1820-2010

Nel XIX secolo e fino al 1914 il flusso successorio annuo equivaleva al 20-25% del reddito annuo, prima di scendere a meno del 5% negli anni cinquanta e risalire al 15% nei primi anni del XXI secolo.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Dall’osservazione del grafico 11.1 emerge poi un calo spettacolare del flusso successorio tra gli anni dieci e gli anni cinquanta del Novecento, seguito da una costante ripresa dopo gli anni cinquanta, fino al primo decennio del XXI secolo, con un’accelerazione a partire dagli anni ottanta. L’ampiezza delle variazioni prima al ribasso e poi al rialzo nel corso del XX secolo è molto forte. Fino al primo conflitto mondiale, il flusso annuo di successioni e donazioni si mantiene relativamente stabile – a una prima approssimazione e in rapporto alle crisi successive –, per poi, all’improvviso, trovarsi diviso per cinque o sei tra gli anni dieci e gli anni cinquanta (quando il flusso successorio è di appena il 4-5% del reddito nazionale) e trovarsi infine moltiplicato per tre o quattro tra gli anni cinquanta e il primo decennio del XXI secolo (quando il flusso si avvicina al 15% del reddito nazionale).

Le traiettorie indicate nel grafico 11.1 corrispondono a trasformazioni profonde – e a percezioni altrettanto profonde – del valore dell’eredità, e in misura più ampia della struttura delle disuguaglianze. Come vedremo, la compressione del flusso successorio in seguito agli eventi del periodo 1914-45 è stata quasi due volte superiore alla flessione dei patrimoni privati nel loro insieme. Il crollo delle successioni è dunque un fenomeno che non può compararsi al crollo dei patrimoni (anche se le due traiettorie sono, com’è ovvio, strettamente legate). L’idea della fine dell’eredità ha peraltro influenzato l’immaginario collettivo in modo ancor più incisivo dell’idea della fine del capitale. Negli anni cinquanta-sessanta, le successioni e le donazioni equivalgono a pochi punti percentuali di reddito annuo, per cui possiamo legittimamente pensare che l’eredità sia più o meno scomparsa e che il capitale, oltre a essere nel complesso meno importante che nel passato, sia ormai una sostanza che si accumula da sé, grazie al risparmio e all’impegno. Parecchie generazioni sono cresciute con questa realtà (a volte, per la verità, un po’ più edulcorata, nelle loro percezioni), in particolare quelle del baby-boom, nate negli anni quaranta-cinquanta del Novecento e ancora ben presenti in questo inizio di XXI secolo – al punto che, a volte, gli interessati hanno pensato che si trattava di un fatto naturale, di una nuova normalità.

Viceversa, le generazioni più giovani, in particolare quelle nate a partire dagli anni settanta-ottanta, tornano a percepire – in una certa misura – l’importanza che l’eredità avrà nella loro vita e in quella dei loro figli. Per esempio, la presenza o meno di donazioni significative determina in larga parte chi tra loro diverrà proprietario, a quale età, con quale congiunto, dove e per quale superficie – in ogni caso con molta più precisione rispetto alla generazione dei loro genitori. La loro vita, la loro carriera professionale, le loro scelte familiari e personali sono ben più influenzate dall’eredità – o dalla sua mancanza – rispetto alle generazioni del baby-boom. L’attuale ripresa del flusso successorio rimane tuttavia incompleta e sempre in bilico (nel periodo 2000-10 il livello del flusso successorio si attesta più o meno nel mezzo, tra il punto più basso degli anni cinquanta e il punto più alto dei primi due decenni del Novecento), e fino a oggi ha modificato le percezioni molto meno del flusso precedente, il quale continua ampiamente a dominare l’immaginario collettivo. Gli umori potrebbero però cambiare da qui a qualche decennio.

Il capitale nel XXI secolo
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