Cinquantenni e ottantenni: età e patrimonio nella belle époque
Onde meglio comprendere la dinamica dell’accumulazione patrimoniale e i dati in dettaglio a cui abbiamo attinto per calcolare il coefficiente μ, sarà utile esaminare come si è andato disegnando il profilo del patrimonio medio in rapporto all’età. Nella tabella 11.1 abbiamo indicato i profili per fasce di anni, dal 1820 al 2010.14 Ciò che più sorprende è il notevole invecchiamento della ricchezza per tutto il XIX secolo, omologo alla progressiva concentrazione del patrimonio. Nel 1820 le persone anziane sono in media poco più ricche dei cinquantenni (scelti come gruppo di riferimento): il 34% più ricche in media per i sessantenni e il 53% per gli ottantenni. Tuttavia, nei decenni successivi, la disparità è destinata a crescere. Verso il 1900-10, il patrimonio medio detenuto dai sessantenni e dai settantenni è il 60-80% più elevato di quello dei cinquantenni, e gli ottantenni sono due volte e mezza più ricchi. Si tratta della media relativa all’intera Francia. Se però ci si limita a Parigi, dove si concentrano i patrimoni più rilevanti, la situazione è ancora più estrema. Alla vigilia della prima guerra mondiale, le ricchezze parigine invecchiano sempre di più, con settantenni e ottantenni che sono tre volte, a volte anche quattro volte, più ricchi dei cinquantenni.15 È vero che una maggioranza di persone anziane muore senza alcun patrimonio, e che la mancanza di un sistema pensionistico tende ad aggravare la condizione di povertà della terza età. Ma è anche vero che, nell’ambito della ristretta minoranza detentrice delle ricchezze, l’invecchiamento delle stesse è davvero impressionante (viene naturale pensare alla vecchia signora degli Aristogatti). Ed è altrettanto vero che lo straordinario arricchimento degli ottantenni non si spiega con i redditi da lavoro o da attività imprenditoriali, è difficile immaginarli, tutte le mattine, nei panni di startupper.
Tabella 11.1.
Il profilo del patrimonio rispetto all’età
in Francia, 1820-2010
Nel 1820 il patrimonio medio delle persone tra i 60 e i 69 anni è del 34% più elevato di quello delle persone tra i 50 e i 59, e quello delle persone di 80 anni e più è del 53% più elevato rispetto a quello delle persone tra i 50 e i 59 anni.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
Si tratta di un fatto sorprendente, da una parte perché spiega l’alto livello, durante la belle époque, del rapporto μ tra la ricchezza media al momento del decesso e quella delle persone in vita (e dunque della rilevanza del flusso successorio), dall’altra perché ci dà conto con sufficiente esattezza del processo economico in atto. I dati individuali di cui disponiamo sono estremamente chiari in proposito: la fortissima crescita dei patrimoni per i più anziani osservata alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX è la conseguenza automatica della disuguaglianza r > g e della logica cumulativa e moltiplicativa che comporta. In concreto, le persone anziane che detengono i maggiori patrimoni dispongono sovente di redditi annui da capitale molto superiori a quanto occorre loro per finanziare il proprio tenore di vita. Supponiamo che essi ottengano un rendimento del 5%, di cui consumino i due quinti, per poi reinvestirne gli altri tre quinti. Il loro patrimonio crescerà perciò del 3% annuo, e a 85 anni saranno due volte più ricchi di quanto non fossero a 60. Si tratta di un automatismo semplicissimo ma efficacissimo, che ci aiuta a dar conto nel modo migliore dei fatti osservati. Sennonché i detentori di ricchezze ancora maggiori possono reinvestire ben più dei tre quinti del rendimento ottenuto (il che accentua il processo di divergenza del patrimonio posseduto dai più anziani), per cui la crescita generale del reddito medio e del patrimonio medio si allontana sempre più dallo zero (è dell’ordine dell’1% annuo, il che attenua, sia pure di poco, il processo).
Lo studio della dinamica dell’accumulazione e della concentrazione patrimoniale in atto nella Francia del periodo 1870-1914, soprattutto a Parigi, è ricca di insegnamenti sia per il mondo d’oggi sia per quello di domani. Oltre al fatto che i dati disponibili sono alquanto dettagliati e ci aiutano ad aggiornare la dinamica in modo assolutamente chiaro, questo periodo è in effetti emblematico della prima globalizzazione commerciale e finanziaria, caratterizzata da mercati con capitali assai moderni e diversificati e da portafogli complessi, composti da tipi diversi di investimenti nazionali ed esteri, a reddito variabile e a reddito fisso, pubblici e privati. La crescita economica è solo dell’1-1,5% annuo, ma, come abbiamo visto, si tratta comunque di un ritmo più che sostenuto se considerato da un punto di vista generazionale, o da una prospettiva storica di lunghissimo periodo. Non siamo affatto in presenza di una società fondata sul capitale terriero, e pertanto statica. Esistono all’epoca non poche innovazioni tecniche e industriali – l’automobile, l’elettricità, il cinema ecc. –, alcune delle quali hanno avuto origine proprio in Francia. Tra il 1870 e il 1914, non tutte le ricchezze francesi o parigine osservate per i cinquantenni o i sessantenni sono ereditarie, anzi: è presente un numero tutt’altro che trascurabile di patrimoni industriali e finanziari, che trova origine soprattutto in attività imprenditoriali.
Ciononostante, la dinamica dominante, che spiega gran parte della concentrazione patrimoniale, discende in modo sistematico dalla disuguaglianza r > g. La ricchezza dei cinquantenni o dei sessantenni può essere frutto di eredità oppure di una vita più attiva, dedicata al lavoro, ma resta il fatto che, al di là di una certa soglia, il capitale tende a riprodursi da sé e ad accumularsi illimitatamente. La logica r > g implica che l’imprenditore tende a trasformarsi sempre più in rentier, o un po’ dopo nel corso della propria vita (il problema si accentua con l’allungamento della vita: il fatto che a 30 o a 40 anni si siano avute delle idee brillanti non vuol dire che si continui ad averle a 70 o 80 anni, eppure il patrimonio continua perlopiù a riprodursi da sé) o nel corso della generazione successiva. Quali che siano stati l’inventiva industriale e il dinamismo imprenditoriale delle élite economiche francesi nel XIX secolo e durante la belle époque, il fatto decisivo è che i loro sforzi e le loro attività, in definitiva, non hanno fatto altro che rafforzare e perpetuare una società di rentiers, in gran parte a loro insaputa, sempre per effetto della logica r > g.