Le istituzioni scolastiche promuovono la mobilità sociale?
In tutti i paesi di tutti i continenti, uno dei primi obiettivi delle istituzioni scolastiche e della spesa pubblica è la promozione di una certa mobilità sociale. L’obiettivo rivendicato è che ciascuno possa accedere alla formazione, quali che siano le sue origini sociali. In quale misura le istituzioni esistenti raggiungono realmente questo obiettivo?
Abbiamo già visto nella Parte terza del volume che il notevole innalzamento del livello medio di istruzione verificatosi nel corso del XX secolo non ha permesso la riduzione della disuguaglianza dei redditi da lavoro. Tutti i livelli di specializzazione si sono uniformati verso l’alto (il diploma è diventato laurea, la laurea è diventata dottorato) e, in considerazione delle trasformazioni tecnologiche e dei bisogni, tutti i livelli di salario si sono uniformati allo stesso ritmo di crescita, così che la disuguaglianza è rimasta immutata. Il problema che poniamo qui è quello della mobilità: l’istruzione di massa ha permesso un ricambio più rapido tra chi cresce e chi diminuisce nella scala gerarchica delle qualifiche, a una data misura di disuguaglianza? Secondo i dati disponibili, la risposta sembra negativa: la correlazione intergenerazionale tra diplomi e redditi da lavoro, che stima la riproduzione delle gerarchie nel tempo, non sembra registrare, sul lungo periodo, alcuna tendenza al ribasso, anzi, sembrerebbe manifestare, nel periodo più recente, una tendenza al rialzo.27 Va comunque ribadito che è molto più difficile valutare la mobilità nell’arco di due generazioni che la disuguaglianza in un determinato punto della storia, e che le fonti disponibili per stimare il processo storico della mobilità sono alquanto imprecise.28 Nel nostro ambito di ricerca, il risultato più plausibile è il seguente: la riproduzione intergenerazionale più bassa è quella dei paesi nordici, e la più alta è quella degli Stati Uniti (con un coefficiente di correlazione negli Stati Uniti due-tre volte superiore a quello della Svezia). Francia, Germania e Regno Unito appaiono in una posizione intermedia, sono meno mobili dell’Europa del Nord ma più mobili degli Stati Uniti.29
Sono risultati che contraddicono in modo singolare quella convinzione nell’“eccezionalismo americano” che ha a lungo condizionato la sociologia americana, secondo la quale gli Stati Uniti, rispetto alle società classiste europee, si caratterizzerebbero per una mobilità sociale eccezionalmente forte. Gli Stati Uniti sono stati sicuramente un esempio di mobilità all’inizio del XIX secolo, al momento della colonizzazione del paese. Non abbiamo mancato di segnalare che nell’America del XIX secolo rispetto all’Europa, fino alla prima guerra mondiale, il peso dell’eredità e la concentrazione patrimoniale sono stati storicamente minori. Ma nel XX secolo e all’inizio del XXI tutti i dati disponibili suggeriscono che la mobilità sociale è, negli Stati Uniti, inferiore a quella dell’Europa.
Sono risultati che trovano una spiegazione, almeno parziale, nel fatto che l’accesso all’istruzione superiore, o quantomeno alle università più elitarie, richiede, negli Stati Uniti, una quota d’iscrizione che sovente è molto elevata. Considerando appunto il forte aumento delle quote d’iscrizione alle università americane nel periodo 1990-2010 – aumento conseguente a quello dei redditi più elevati –, tutto lascia pensare che gli indicatori di riproduzione intergenerazionale osservati in passato negli Stati Uniti siano destinati ad aggravarsi ancora per le generazioni a venire.30 Il problema della disuguaglianza nell’accesso all’istruzione superiore sta infatti diventando, negli Stati Uniti, un tema sempre più dibattuto. In particolare, studi recenti hanno dimostrato che la percentuale di studenti diplomati tra i figli di genitori appartenenti ai due quartili più poveri della gerarchia dei redditi è attualmente ferma sul 10-20%, mentre nel periodo 1970-2010, per i figli di genitori appartenenti al quartile più elevato (il 25% più ricco) la percentuale era cresciuta dal 40 all’80%.31 In altri termini, il reddito dei genitori è diventato un indicatore quasi perfetto delle possibilità d’accesso all’università.