La disuguaglianza dei rendimenti da capitale

Un’ipotesi standard dei modelli economici è che il capitale procuri un analogo rendimento medio a tutti i detentori del capitale stesso, piccoli e grandi. Ebbene, non c’è niente di meno sicuro: è del tutto possibile che i patrimoni più importanti ottengano in media rendimenti più elevati – ed esistono almeno due ragioni per pensarlo. La prima ragione è che, se si possiede un capitale di 10 milioni di euro anziché un capitale di 100.000 euro, oppure un capitale di 1 miliardo di euro anziché un capitale di 10 milioni di euro, si hanno più mezzi disponibili per utilizzare intermediari finanziari o altri gestori di ricchezze. Dal momento che gli intermediari aiutano perlopiù a individuare i migliori investimenti, gli effetti di volume legati alla gestione dei portafogli (le cosiddette “economie di scala”) finiscono per garantire automaticamente, per i patrimoni più importanti, un rendimento medio più alto. La seconda ragione è che è più facile prendere dei rischi, e pazientare, quando si dispone di riserve rilevanti a differenza di quando non si possiede quasi nulla. Per queste due ragioni – e ogni evidenza sta a indicare che la prima sia ancora più significativa della seconda –, è del tutto verosimile che, per un analogo rendimento medio da capitale dell’ordine del 4% annuo, i patrimoni più elevati arrivino a ottenere di più, per esempio fino al 6-7% annuo, mentre i meno elevati debbano accontentarsi di un rendimento medio di appena il 2-3% annuo. Di fatto, come vedremo, nel corso degli ultimi decenni le ricchezze mondiali più rilevanti (comprese quelle ereditarie) sono cresciute in media a tassi molto elevati (dell’ordine del 6-7% annuo) – assai più elevati della crescita media dei patrimoni.

Si nota immediatamente come un meccanismo del genere possa comportare automaticamente una divergenza radicale nella distribuzione del capitale. Se i patrimoni del decile superiore o del centile superiore della gerarchia mondiale del capitale aumentano strutturalmente più in fretta dei decili inferiori, la disuguaglianza dei patrimoni tende, per natura, ad ampliarsi senza limite. E il processo di disuguaglianza può assumere proporzioni mai viste, nel quadro della nuova economia-mondo. Inoltre, in base alla legge degli interessi cumulati descritta nel capitolo 1, si nota che il meccanismo di divergenza può correre molto in fretta, e che si applica senza alcun limite nel caso in cui la quota dei maggiori patrimoni nella composizione del capitale mondiale arrivi a toccare in pochi decenni livelli estremi. La disuguaglianza dei rendimenti da capitale è una forza di divergenza che si ingrandisce a vista d’occhio e che aggrava in misura notevole gli effetti della disuguaglianza r > g. Implica, di fatto, che la differenza r - g possa essere più elevata per i patrimoni più elevati, senza esserlo necessariamente al livello dell’economia considerata nel suo complesso.

Da un punto di vista strettamente logico, l’unica forza di richiamo “naturale” – vale a dire al di fuori di ogni intervento pubblico – è ancora una volta la crescita. Finché la crescita mondiale si mantiene forte, l’escalation degli altissimi patrimoni resta abbastanza moderata in termini relativi, nel senso che il loro tasso di crescita non è molto più alto della crescita media dei redditi e dei patrimoni. In concreto, con una crescita mondiale dell’ordine del 3,5% annuo, come quella osservata in media dal 1990 al 2012 – ritmo che potrebbe confermarsi dal 2012 al 2030 –, la disparità delle maggiori ricchezze mondiali rimarrebbe sì un fenomeno ben visibile, ma meno netto di quanto risulterebbe se la crescita mondiale fosse soltanto dell’1-2% annuo. Inoltre, la forte crescita mondiale include oggi una componente demografica rilevante, e contempla l’ingresso recente nei maggiori patrimoni del pianeta di ricchezze prodotte dai paesi emergenti: da qui, un’impressione di sensibile rinnovamento, ma, al tempo stesso, un imbarazzante senso di declassamento per i paesi ricchi, uno stato di sconforto che eclissa a volte ogni altra preoccupazione economica. Infatti, più a lungo termine – quando la crescita mondiale scenderà a livelli più bassi –, la disuguaglianza più preoccupante sarà quella derivante dalla disuguaglianza del rendimento da capitale, indipendentemente dal possibile allineamento dei paesi emergenti con i paesi ricchi. A lungo termine, il fattore più allarmante sarà proprio quello delle disuguaglianze patrimoniali all’interno di ciascuna nazione, ben più del fattore disuguaglianza tra nazione e nazione.

Cominceremo dunque con l’affrontare la questione della disuguaglianza dei rendimenti da capitale attraverso il prisma delle classifiche internazionali delle ricchezze individuali. Dopodiché passeremo a esaminare il caso dei rendimenti ottenuti con i fondi in dotazione alle grandi università americane – questione che può sembrare secondaria ma che consente di analizzare in modo chiaro e spassionato la disuguaglianza del rendimento in rapporto alle dimensioni del portafogli iniziale. Infine studieremo la questione dei fondi sovrani e del loro rendimento, in particolare i fondi dei paesi petroliferi e della Cina – esame che ci ricondurrà al problema delle disuguaglianze patrimoniali tra paese e paese.

Il capitale nel XXI secolo
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