Malthus, Young e la Rivoluzione francese
Quando nel Regno Unito e in Francia, tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, nasce l’economia politica classica, la questione della distribuzione è già al centro di tutte le analisi. A nessuno sfugge il fatto che si avviano trasformazioni radicali, tra cui in particolare una crescita demografica sostenuta (fenomeno fino ad allora sconosciuto), e gli inizi degli esodi rurali e della Rivoluzione industriale. Quali conseguenze potranno avere sconvolgimenti del genere nella distribuzione delle ricchezze, nella struttura sociale e nell’equilibrio politico delle società europee?
Per Thomas Malthus, che pubblica nel 1798 il suo Saggio sul principio di popolazione, non sussistono dubbi: la principale minaccia è la sovrappopolazione.1 Le sue fonti sono insufficienti, ma Malthus cerca comunque di utilizzarle al meglio. È influenzato in modo particolare dai racconti di viaggio di Arthur Young, agronomo inglese che ha attraversato le strade del regno di Francia nel 1787 e nel 1788 alla vigilia della Rivoluzione, da Calais ai Pirenei, passando per la Bretagna e la Franca Contea, e che descrive la miseria delle campagne francesi.
Non c’è nulla di falso nell’appassionante racconto di Young. Anzi. All’epoca, la Francia è il paese europeo di gran lunga più popolato, e costituisce dunque un punto d’osservazione ideale. Intorno al 1700 il regno di Francia contava già più di 20 milioni di abitanti, mentre il Regno Unito appena 8 (e l’Inghilterra circa 5). La Francia vede la sua popolazione crescere a ritmo sostenuto per tutto il XVIII secolo, dalla fine del regno di Luigi XIV a quello di Luigi XVI, con una progressione tale che la popolazione francese si avvicina, nel periodo 1780-90, a 30 milioni di abitanti. Tutto lascia credere che un simile dinamismo demografico, ignoto nel corso dei secoli precedenti, abbia effettivamente contribuito, nei decenni che culminano nella fiammata Rivoluzionaria del 1789, alla stagnazione dei salari agricoli e allo sviluppo della rendita fondiaria. Ebbene. Senza volervi individuare l’unica causa della Rivoluzione francese, è evidente che una dinamica del genere non poté che incrementare la già crescente impopolarità dell’aristocrazia e del regime politico dominante.
Il racconto di Young, pubblicato nel 1792, è tuttavia infarcito di pregiudizi nazionalistici e di paragoni approssimativi. Il nostro grande agronomo è molto insoddisfatto degli alberghi in cui soggiorna e dell’abbigliamento dei servi che gli portano da mangiare, che ritrae con disgusto. Inoltre pretende di ricavare dalle sue osservazioni, spesso di bassa lega e aneddotiche, conseguenze valide per la storia universale. Young è molto preoccupato, in primo luogo, per gli eccessi politici ai quali la miseria delle masse potrebbe condurre. Ed è convinto, in secondo luogo, che solo un sistema politico all’inglese, con Camere separate per l’aristocrazia e il terzo stato, e con il diritto di veto per la nobiltà, consenta uno sviluppo armonioso e pacifico, guidato da persone responsabili. Young è insomma persuaso che la Francia, accettando tra il 1789 e il 1790 di far sedere gli uni e gli altri nello stesso Parlamento, stia correndo verso la rovina. Non è esagerato dire che l’insieme del suo racconto risulti condizionato dalla paura che nutre nei confronti della Rivoluzione francese. Quando si discute di distribuzione delle ricchezze, è inevitabile che faccia capolino la politica, ed è spesso difficile sfuggire ai pregiudizi e agli interessi di classe del proprio tempo.
Quando il reverendo Malthus pubblica nel 1798 il suo famoso Saggio, si dimostra, nelle conclusioni, ancor più radicale di Young. È allarmato, come il compatriota, dalle notizie politiche provenienti dalla Francia e, per assicurarsi che tali eccessi non si estendano un giorno al Regno Unito, giudica che vada urgentemente soppresso ogni sistema di assistenza ai poveri, dei quali dovrà essere severamente controllata la natalità. Senza una tale regolamentazione, il mondo intero sprofonderà nel buco nero della sovrappopolazione, sinonimo di caos e miseria. In realtà, non è possibile capire la cupezza – eccessiva – delle previsioni malthusiane, se non si dà conto della paura che assale gran parte delle élite europee negli anni novanta del XVIII secolo.