La seconda legge fondamentale del capitalismo: β = s/g
Sul lungo periodo, il rapporto capitale/reddito β si collega in modo semplice e trasparente al tasso di risparmio s del paese considerato e al tasso di crescita g del suo reddito nazionale tramite la seguente formula:
β = s/g
Per esempio, se s è = 12%, e g è = 2%, β è = s/g = 600%.2
In altri termini, se un paese risparmia ogni anno il 12% del reddito nazionale, e se il tasso di crescita del reddito nazionale è del 2% annuo, sul lungo termine il rapporto capitale/reddito sarà pari al 600%: il paese in questione avrà accumulato in conto capitale l’equivalente di sei annualità di reddito nazionale.
La formula, da considerarsi la seconda legge fondamentale del capitalismo, rispecchia una realtà evidente ma significativa: un paese che risparmia molto e che cresce lentamente accumula sul lungo periodo un enorme stock di capitale – cosa che nel paese in questione può avere conseguenze di rilievo sulla struttura sociale e sulla distribuzione delle ricchezze.
Ancora in altri termini: in una società in relativa stagnazione, i patrimoni ereditati dal passato assumono di per sé un’importanza smisurata.
Il ritorno a un rapporto capitale/reddito, fissato a un livello strutturalmente elevato nel XXI secolo, vicino ai livelli osservati nei secoli XVIII e XIX, si spiega dunque facilmente con il ritorno a un regime di bassa crescita. È la bassa crescita – in particolare demografica – a comportare il ritorno del capitale.
Il punto di fondo è che piccole variazioni nel tasso di crescita possono avere effetti assai rilevanti sul rapporto capitale/reddito a lungo termine.
Per esempio, per un analogo tasso di risparmio del 12%, se il tasso di crescita scende all’1,5% annuo (anziché mantenersi al 2%), il rapporto capitale/reddito di lungo termine β = s/g sale a otto annualità di reddito nazionale (anziché sei). Se il tasso di crescita scende all’1% annuo, il rapporto β = s/g passa a dodici annualità, confermandosi una società a intensità doppia di capitale rispetto a quella con un tasso di crescita del 2%. Da una parte si tratta di una buona notizia: il capitale è potenzialmente al servizio di tutti, e, per poco che lo si organizzi correttamente, ciascuno può trarne beneficio. Ma dall’altra significa che i detentori del capitale – per una data quantità – controllano di fatto una quota più importante di ricchezze, calcolate per esempio in annualità di reddito medio da lavoro. In ogni caso, le ripercussioni economiche, sociali e politiche di una trasformazione del genere sono ragguardevoli.
Se invece la crescita sale al 3%, β = s/g scende soltanto a quattro annualità di reddito nazionale. E se contemporaneamente il tasso di risparmio si abbassa anche di poco, diciamo s = 9%, il rapporto capitale/reddito a lungo termine scende a tre annualità.
Questi effetti diventano ancora più significativi se il tasso di crescita considerato nella legge β = s/g è il tasso globale di crescita del reddito nazionale, vale a dire la somma del tasso di crescita del reddito nazionale pro capite e del tasso di crescita della popolazione.3 In altri termini, per un medesimo tasso di risparmio del 10-12%, e per un medesimo tasso di crescita del reddito pro capite dell’1,5-2% annuo, diventa subito chiaro come paesi demograficamente fermi – e dunque con un tasso di crescita globale di poco superiore all’1,5-2% annuo, come in Europa – possano arrivare ad accumulare tra le sei e le sette annualità di reddito nazionale in stock di capitale, mentre paesi con una crescita demografica dell’1% annuo – e dunque un tasso di crescita totale del 2,5-3% annuo, come in America – accumulino solo tre o quattro annualità di reddito in conto capitale. E se i secondi registrano inoltre una tendenza al risparmio leggermente inferiore ai primi – peraltro spiegabile con l’invecchiamento meno rapido della popolazione –, questo meccanismo trasparente si rivela ancora più forte. In altri termini, paesi con livelli di sviluppo e di crescita del reddito pro capite molto vicini tra loro possono trovarsi con rapporti capitale/reddito molto diversi per il semplice fatto che la rispettiva crescita demografica non è la stessa.
Vediamo come la legge β = s/g dia effettivamente conto del processo storico del rapporto capitale/reddito. In particolare, essa ci aiuta a spiegare perché il rapporto capitale/reddito sembra tornare oggi su livelli molto elevati, dopo le catastrofi del periodo 1914-45 e dopo la fase di crescita eccezionalmente rapida della seconda metà del XX secolo. E ci aiuta anche a capire perché l’Europa tenda, strutturalmente, ad accumulare più capitale dell’America (sempre che la crescita demografica resti superiore oltreatlantico: curva che non può certo durare in eterno). Ma prima di arrivare a questo punto, ne vanno precisati alcuni altri, concettuali e teorici.