Le metamorfosi di una società patrimoniale

Nel grafico 10.1 abbiamo indicato i principali risultati ottenuti in tema di crescita della concentrazione patrimoniale dal 1810 al 2010.5 La prima conclusione è che, prima dei drammatici avvenimenti del 1914-45, non è ravvisabile alcun accenno alla riduzione della disuguaglianza della proprietà del capitale. Anzi, per tutto il XIX secolo si rileva una lieve tendenza al rialzo (muovendo già da un livello di partenza assai elevato) e, nel corso del periodo 1880-1913, una sostanziale accelerazione della spirale della disuguaglianza. All’inizio del XIX secolo il decile superiore della gerarchia dei patrimoni deteneva già tra l’80 e l’85% del patrimonio totale; all’inizio del XX ne detiene circa il 90%. Nei primi due decenni dell’Ottocento, il centile superiore della distribuzione deteneva da solo tra il 45 e il 50% del patrimonio nazionale; negli anni cinquanta-sessanta dell’Ottocento supera il 50%, e verso i primi anni del XX secolo raggiunge il 60% del patrimonio totale.6

Grafico 10.1.
La disuguaglianza dei patrimoni in Francia, 1810-2010

Nel periodo 1810-1910 il decile superiore (il 10% detentore dei patrimoni più elevati) deteneva l’80-90% del patrimonio totale, oggi il 60-65%.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Se analizziamo i dati con il distacco storiografico di cui disponiamo oggi, non possiamo non essere colpiti dall’impressionante concentrazione dei patrimoni che caratterizza la società francese della belle époque – a dispetto di tutti i discorsi rassicuranti delle élite economiche e politiche della Terza Repubblica. A Parigi, città che verso il 1900-10 raccoglie solo poco più di un ventesimo della popolazione francese, la concentrazione delle ricchezze è ancora più alta, e sembra crescere senza limite nel corso dei decenni precedenti la prima guerra mondiale. Nella capitale, dove, durante il XIX secolo, i due terzi della popolazione muoiono quasi senza alcun patrimonio da trasmettere (contro circa la metà nel resto del paese), ma dove sono concentrate al tempo stesso le maggiori ricchezze, la quota del centile superiore si aggira, all’inizio del secolo, attorno al 55%, negli anni ottanta-novanta dell’Ottocento supera il 60% e alla vigilia della prima guerra mondiale supera il 70% (cfr. grafico 10.2). Di fronte a una curva talmente vertiginosa, viene naturale chiedersi fino a che livello la concentrazione delle ricchezze si sarebbe potuta spingere se non ci fossero state le due guerre.

Le fonti sulle successioni ci consentono anche di rilevare che la disuguaglianza dei patrimoni è quasi altrettanto forte all’interno di ciascuna classe d’età, e che il fenomeno dura per tutto il XIX secolo. Precisiamo in proposito che le stime indicate nei grafici 10.1 e 10.2 (e nei grafici successivi) riguardano la disuguaglianza all’interno del totale della popolazione adulta vivente in ciascuna data indicata: partiamo da dati patrimoniali al momento del decesso, ma rivalutiamo ciascuna stima in base al numero delle persone vive all’interno della classe d’età nel corso del dato anno. In pratica, la differenza è minima: la concentrazione patrimoniale tra le persone vive è più forte di solo qualche punto rispetto alla disuguaglianza delle ricchezze al momento del decesso, e tutte le traiettorie temporali fanno segnare una sostanziale corrispondenza.7

Grafico 10.2.
La disuguaglianza dei patrimoni: Parigi e Francia, 1810-2010

A Parigi, alla vigilia della prima guerra mondiale, il centile superiore (l’1% detentore dei patrimoni più elevati) detiene il 70% del patrimonio totale.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.france./capital21c.

Qual era la concentrazione dei patrimoni nella Francia del XVIII secolo e alla vigilia della Rivoluzione? Mancando una fonte comparabile a quella sulle successioni creata dal parlamento rivoluzionario (per l’ancien régime disponiamo solo di scritture private, eterogenee e incomplete: lo stesso vale per il Regno Unito e gli Stati Uniti fino alla fine del XIX secolo), ci è purtroppo impossibile stabilire dei confronti precisi. Ma tutto sembra indicare che la disuguaglianza dei patrimoni privati si sia leggermente ridotta tra gli anni ottanta del XVIII secolo e il primo decennio del XIX – tenendo conto sia delle redistribuzioni dei terreni agricoli e dell’azzeramento dei titoli del debito pubblico effettuati durante la Rivoluzione, sia, più in generale, del tracollo subito dalle ricchezze aristocratiche. È possibile che, alla vigilia del 1789, la quota del decile superiore raggiungesse o anche superasse, sia pure di poco, il 90% del patrimonio totale, e che la quota del centile superiore raggiungesse o superasse il 60%. Viceversa, durante il periodo delle monarchie censitarie (1815-1848), il “miliardo degli emigrati” e il ritorno della nobiltà sulla scena politica hanno favorito la ricostituzione di un certo numero di ricchezze del passato. In effetti, i nostri dati sulle successioni ci fanno rilevare che la percentuale di casate aristocratiche all’interno del centile superiore della gerarchia dei patrimoni parigini passa gradualmente da appena il 15% nei primi due decenni dell’Ottocento a quasi il 30% negli anni quaranta, prima di ridiscendere inesorabilmente a partire dagli anni cinquanta-sessanta e crollare a meno del 10% tra fine Ottocento e inizio Novecento.8

In ogni caso, l’importanza dei processi innescati dalla Rivoluzione francese non deve essere sopravvalutata. In sostanza, al di là delle variazioni segnalate (probabile calo delle disuguaglianze patrimoniali dagli anni ottanta del Settecento agli anni dieci dell’Ottocento, seguito da una graduale ripresa dagli anni dieci-venti dell’Ottocento agli anni dieci del Novecento, soprattutto a partire dal 1870), il fatto più significativo è, nel corso dei secoli XVIII e XIX e fino all’inizio del XX, la relativa stabilizzazione della disuguaglianza della proprietà da capitale a un livello molto alto. Per tutto il periodo, il decile superiore continua a detenere un patrimonio che si aggira sull’80-90% di quello totale, di cui il centile superiore detiene circa il 50-60%. Come abbiamo già visto nella Parte seconda, tra il XVIII secolo e l’inizio del XX la struttura del capitale si è completamente trasformata (il capitale terriero è stato sostituito per intero dal capitale industriale, finanziario e immobiliare, e nei patrimoni della belle époque ha un peso pressoché nullo), eppure il suo livello globale – calcolato in annualità di reddito – è rimasto relativamente stabile. In sostanza, la Rivoluzione francese ha avuto un impatto molto debole sul rapporto capitale/reddito. E abbiamo visto come si possa dire la stessa cosa per la ripartizione del capitale. Negli anni dieci-venti dell’Ottocento, ai tempi di papà Goriot, di Rastignac e della signorina Victorine, la ricchezza è sicuramente suddivisa in misura un po’ meno disuguale rispetto all’ancien régime, ma la differenza è, tutto sommato, piuttosto ridotta: si tratta, in entrambi i casi, di società patrimoniali caratterizzate da un’iperconcentrazione del capitale, di società nelle quali l’eredità e il matrimonio svolgono un ruolo essenziale, nelle quali mettere le mani su un patrimonio elevato assicura un livello di agiatezza che lo studio o il lavoro non assicurerebbero. Durante la belle époque, la ricchezza è ancora più concentrata che all’epoca del discorso di Vautrin. Anche se, in sostanza, dall’ancien régime alla Terza Repubblica, a dispetto delle immense trasformazioni economiche e politiche che hanno avuto luogo nell’arco di trent’anni, si tratta della medesima società e della medesima struttura di fondo delle disuguaglianze.

Le nostre fonti relative alle successioni ci fanno anche rilevare che, nel XX secolo, del calo della quota del decile superiore nella composizione del patrimonio nazionale ha beneficiato interamente il 40% intermedio, e che il restante 50% più povero non ci ha guadagnato quasi nulla (la sua quota ha continuato a essere inferiore al 5%). Per tutto il XIX e il XX secolo, la metà più povera della popolazione non detiene quasi alcun patrimonio. In particolare, al momento del decesso, si constata che la metà più povera della popolazione non possiede alcun attivo immobiliare o finanziario da trasmettere, o che comunque gli eventuali scarsissimi beni vengono assorbiti per intero dalle spese per i funerali o dai debiti (nel qual caso gli eredi scelgono in genere di rinunciare all’eredità). A Parigi, per tutto il XIX secolo e fino alla prima guerra mondiale, la percentuale negativa supera i due terzi dei decessi, senza accennare a ridursi. È un fascia molto ampia, che include, per fare un esempio, lo stesso papà Goriot, che muore abbandonato dalle figlie nella povertà più assoluta: la sua affittacamere, la signora Vauquer, reclama da Rastignac, incaricato del pagamento delle spese del funerale – spese che da sole sono superiori al valore dei poveri effetti personali del vecchio –, quanto rimane della pensione di Goriot. Se consideriamo la Francia nel suo complesso, durante il XIX secolo circa la metà della popolazione muore in questo modo, senza un patrimonio da trasmettere – o con un patrimonio di segno negativo –, e nel corso del XX secolo la proporzione resterà più o meno la stessa.9

Il capitale nel XXI secolo
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