Il XXI secolo sarà ancora meno ugualitario del XIX?

Considerati i molti valori in gioco e le molte incertezze legate alle simulazioni, sarebbe comunque eccessivo concludere che non sono intervenuti nel campo d’azione altri fattori ugualmente significativi. Nel quadro della nostra analisi, ci accorgiamo subito che almeno due elementi hanno svolto un ruolo parimenti rilevante a prescindere da qualsiasi trasformazione del sistema fiscale, e che possono continuare a svolgerlo anche in futuro: da un lato, il lieve e probabile calo della quota del capitale e del tasso di rendimento del capitale stesso a lunghissimo termine; dall’altro, il fatto che, malgrado il prevedibile rallentamento della crescita nel corso del XXI secolo, il tasso di crescita – quantomeno nella sua componente propriamente economica, vale a dire il tasso di crescita della produttività: in sostanza, il progresso delle conoscenze e delle invenzioni tecnologiche – si attesterà su un livello molto più elevato del livello molto basso perlopiù osservato nella storia dell’umanità fino al XVIII secolo. In concreto, come indica il grafico 10.11, è probabile che in futuro la disuguaglianza di fondo r > g diminuisca, che non si mantenga così forte com’è stata fino al XVIII secolo, sia per effetto di un rendimento inferiore (per esempio il 4-4,5% anziché il 4,5-5%) sia per effetto di una crescita più forte (1-1,5% anziché 0,1-0,2%), considerando anche che la concorrenza tra Stati potrebbe portare alla soppressione di ogni forma d’imposta sul capitale – anche se, stando alle simulazioni teoriche e all’ipotesi da noi formulata, la concentrazione dei patrimoni non dovrebbe tornare sui livelli estremi del 1900-10.

Con ciò, vanno evitati i facili entusiasmi: un po’ perché la situazione porterebbe in ogni caso a un aumento sensibile delle disuguaglianze patrimoniali (la quota della classe media nella composizione del patrimonio nazionale potrebbe più o meno dimezzarsi, e non è detto che la cosa venga accettata come se niente fosse dal gruppo sociopolitico interessato), un po’ perché le simulazioni teoriche comportano una certezza solo relativa, ed esistono altre forze che, sulla carta, spingono nella direzione opposta, quella di una concentrazione del capitale ancora più forte che nel 1900-1910. Si tratta, in particolare, della possibilità di una crescita demografica negativa (che potrebbe spingere la crescita del XXI secolo, soprattutto nei paesi ricchi, verso livelli inferiori a quelli del XIX, il che potrebbe indurre ad assegnare ai patrimoni accumulati in passato un’importanza finora sconosciuta), e della possibile affermazione di un mercato del capitale sempre più sofisticato, sempre più “perfetto” nel senso che gli economisti danno all’aggettivo (che significa, ricordiamo, che il rendimento ottenuto, sempre più scisso dalle caratteristiche individuali del detentore, si indirizzerebbe in un senso del tutto opposto a quello dei valori meritocratici, e rafforzerebbe la logica della disuguaglianza r > g). Nel capitolo 12 vedremo come la globalizzazione finanziaria finisca per stabilire un nesso sempre più forte tra il rendimento ottenuto e il volume iniziale del portafogli investito, e come una simile disuguaglianza dei rendimenti da capitale costituisca una forza di divergenza supplementare, estremamente inquietante, per la dinamica della distribuzione mondiale dei patrimoni nel XXI secolo.

Riassumiamo: il fatto che la concentrazione della proprietà del capitale sia oggi, nei paesi europei, molto inferiore a quella della belle époque, è in larga misura la conseguenza combinata di eventi accidentali (gli avvenimenti drammatici degli anni 1914-45) e dell’introduzione di strumenti istituzionali specifici, in particolare nel campo dell’imposizione fiscale sui capitali e sui redditi. Se nel corso del XXI secolo queste istituzioni dovessero essere archiviate, potrebbe esserci il grave rischio che riprendano il sopravvento disuguaglianze patrimoniali prossime a quelle osservate in passato o, a determinate condizioni, anche superiori. In questo settore non c’è niente di certo e, per procedere oltre, dobbiamo studiare più direttamente prima la dinamica dell’eredità e poi la dinamica mondiale nei patrimoni. Tuttavia è possibile fin d’ora arrivare a una conclusione chiarissima: sarebbe illusorio pensare che esistano, nella struttura della crescita moderna o nelle leggi dell’economia di mercato, forze di convergenza capaci di portare naturalmente a una riduzione delle disuguaglianze patrimoniali o a una stabilizzazione in qualche misura armonica.

1 In particolare, tutti i dati sulla composizione dei redditi per livello di reddito globale vanno in questa direzione. Questo vale anche per le classi di reddito che si affermano alla fine del XIX secolo (in Germania, in Giappone e in molti paesi nordici). I dati disponibili per i paesi poveri ed emergenti sono più frammentari, ma vanno anch’essi nella stessa direzione. Cfr. allegato tecnico.

2 Cfr. in particolare cap. 7, tabella 7.2.

3 I dati paralleli disponibili per gli altri paesi danno risultati ugualmente coerenti. Per esempio, le traiettorie osservate in Danimarca e in Norvegia a partire dal XIX secolo sono molto vicine alla traiettoria osservata in Svezia. I dati riguardanti il Giappone e la Germania indicano una dinamica vicina a quella della Francia. Uno studio recente sull’Australia dà risultati coerenti con quelli ottenuti per gli Stati Uniti. Cfr. allegato tecnico.

4 Per una descrizione precisa delle varie fonti, cfr. Piketty, On the Long-run Evolution of Inheritance, cit. Le dichiarazioni individuali sono state raccolte da Gilles Postel-Vinay e Jean-Laurent Rosenthal negli archivi parigini. Ci serviamo anche di dichiarazioni raccolte in precedenza per l’intera Francia nel quadro del cosiddetto “progetto Tra”, grazie agli sforzi di molti altri ricercatori (in particolare Jérôme Bourdieu, Lionel Kesztenbaum e Akiko Suwa-Eisenmann). Cfr. allegato tecnico.

5 Per un’analisi dettagliata di questi risultati, cfr. T. Piketty, G. Postel-Vinay, J.-L. Rosenthal, “Wealth Concentration in a Developing Economy: Paris and France, 1807-1994”, in American Economic Review, 2006. In ogni caso, presentiamo qui una versione aggiornata delle classi di reddito. Il grafico 10.1 e i grafici successivi si concentrano sulle medie decennali, onde focalizzare meglio l’attenzione sulle traiettorie di lungo termine. Tutte le classi annue disponibili sono accessibili online.

6 Le quote del decile e del centile indicate nel grafico 10.1 e in quelli successivi sono state calcolate in percentuale sul totale dei patrimoni privati. Tuttavia, se teniamo conto del fatto che questi patrimoni rappresentano in genere la quasi totalità del patrimonio nazionale, la percentuale può ritenersi più che verosimile.

7 Il metodo, denominato mortality multiplier (“moltiplicatore di mortalità”), rivaluta ciascuna stima in modo inversamente proporzionale al tasso di mortalità del gruppo d’età considerato: una persona morta a 40 anni equivale a un numero di persone in vita superiore a quello di una persona morta a 80 anni (vanno anche considerati i differenziali di mortalità per livello di ricchezza). Il metodo è stato messo a punto da economisti e statistici francesi e britannici (in particolare Mallet, Séailles, Strutt e Stamp) nei primi decenni del Novecento, ed è stato poi utilizzato in tutte le ricerche storiche successive. Quando esistono, i dati risultanti dalle ricerche sui patrimoni o dalle imposte annue sui patrimoni delle persone in vita (in particolare nei paesi nordici, dove queste imposte esistono dall’inizio del XX secolo, oppure in Francia, con i dati aggiornati dell’imposta sul patrimonio degli anni novanta del Novecento e del decennio successivo) aiutano a verificare la fondatezza del metodo e a perfezionare le ipotesi sui differenziali di mortalità. Su questi aspetti metodologici, cfr. allegato tecnico.

8 Cfr. allegato tecnico. Prima del 1789, la percentuale superava probabilmente il 50%.

9 Cfr., in proposito, anche J. Bourdieu, G. Postel-Vinay, A. Suwa-Eisenmann, “Pourquoi la richesse ne s’est-elle pas diffusée avec la croissance? Le degré zéro de l’inégalité et son évolution en France: 1800-1940”, in Histoire et mesure, 2003.

10 Cfr. per esempio gli interessanti dati sulla distribuzione dei terreni raccolti da R. S. Bagnall, “Landholding in Late Roman Egypt: The Distribution of Wealth”, in Journal of Roman Studies, 1992. Altri lavori di questo tipo danno risultati analoghi. Cfr. allegato tecnico.

11 Per le indicazioni bibliografiche e tecniche, cfr. allegato tecnico.

12 Per gli Stati Uniti del primo Ottocento, alcune stime fanno emergere quote del centile superiore inferiori al 15% del patrimonio totale, fenomeno dovuto per intero al fatto che esse riguardano esclusivamente le persone libere (scelta, com’è ovvio, discutibile). Le stime indicate qui riguardano invece il complesso della popolazione: liberi e schiavi. Cfr. allegato tecnico.

13 Cfr. W. I. King, The Wealth and Income of the People of the United States, London, MacMillan, 1915. L’autore, professore di statistica e di economia all’Università del Wisconsin, raccoglie dati imprecisi ma significativi riguardanti parecchi Stati americani, li confronta con le stime europee – frutto in particolare delle statistiche fiscali del tempo – e rileva un divario più ridotto di quanto non immaginasse prima di iniziare la ricerca.

14 È possibile che questi livelli, desunti dalle ricerche ufficiali della Federal Reserve, siano leggermente sottostimati (non è facile, per la Federal Reserve, valutare i patrimoni più elevati), e che la quota del centile superiore raggiunga il 40%. Cfr. allegato tecnico.

15 La media europea indicata nel grafico 10.6 è stata calcolata sui dati relativi alla Francia, al Regno Unito e alla Svezia (dati da ritenersi rappresentativi). Cfr. allegato tecnico.

16 Per la rendita fondiaria, i dati più antichi disponibili, per l’antichità e il Medioevo, suggeriscono rendimenti annui dell’ordine del 5%. Per i prestiti a interesse, si osservano spesso, nell’antichità, tassi superiori al 5% – in genere dell’ordine del 6-7% –, compresi i prestiti sui beni immobili. Cfr., per esempio, i dati raccolti da S. Homer, R. Sylla, A History of Interest Rates, New Brunswick (NJ), Rutgers University Press, 1996. Questi dati, tuttavia, non ci aiutano a riconoscere l’effettivo significato dei vari rendimenti.

17 Se il fatto di detenere un capitale comporta un rendimento superiore alla preferenza per il presente, ciascun individuo preferirà diminuire il proprio consumo presente e risparmiare di più (in tal caso, lo stock di capitale si metterà a crescere indefinitamente, fino a che il rendimento non scenda al livello del tasso di preferenza per il presente); in caso contrario, ciascun individuo preferirà disfarsi di una parte del capitale onde aumentare il consumo presente (in tal caso, lo stock di capitale si metterà a diminuire fino a che il rendimento da capitale non risalirà). In entrambi i casi, sarà sempre r = θ.

18 Il modello a orizzonte infinito e di preferenza per il presente implica di fatto un’elasticità infinita del risparmio – e dunque dell’offerta di capitale – a lungo termine. In teoria, presuppone l’impossibilità di qualsiasi politica fiscale che interessi il capitale.

19 In teoria, nel modello standard a orizzonte infinito, il tasso di rendimento d’equilibrio è dato dalla seguente formula: r = θ + γ × g (dove θ è il tasso di preferenza per il presente e γ misura la concavità della funzione di utilità; in genere si calcola che il parametro sia compreso tra 1,5 e 2,5). Per esempio, se θ = 5% e γ = 2, si avrà r = 5% per g = 0%, e r = 9% per g = 2%, per cui la disuguaglianza r > g passa dal 5% al 7% quando la crescita passa dallo 0% al 2%. Cfr. allegato tecnico.

20 Un terzo dei beni per genitori con due figli, la metà per genitori con un solo figlio.

21 Vale la pena di ricordare che Napoleone, nel 1807, introduce per la nobiltà dell’Impero il “maggiorasco” (supplemento di una quota di successione per i primi discendenti maschi su determinati beni fondiari legati a determinati titoli di nobiltà: un sistema che interessa poche migliaia di persone), e che Carlo X, nel 1826, tenta di ripristinare per i suoi nobili le “sostituzioni ereditarie”. Sono residui di ancien régime che privilegiano una parte esigua della popolazione e che saranno definitivamente soppressi nel 1848.

22 Cfr. in proposito il libro di J. Beckert, Inherited Wealth, Pronceton (NJ), Princeton University Press, 2008.

23 In teoria, in materia di spartizione del patrimonio, le donne hanno, secondo il codice civile, gli stessi diritti degli uomini. Tuttavia, la moglie non può disporre liberamente dei propri beni (le asimmetrie in materia – apertura e gestioni dei conti in banca, vendita dei beni ecc. – scompariranno del tutto solo nel 1970), per cui, in pratica, il nuovo diritto favorisce innanzitutto il capofamiglia (i figli cadetti e minori acquisiscono i diritti dei maggiori, ma le figlie restano al palo). Cfr. allegato tecnico.

24 Nicolas de Condorcet citato in Rosanvallon, La société des égaux, cit., p. 50.

25 Per l’equazione matematica che consente di collegare il coefficiente di Pareto con la disuguaglianza r > g, cfr. allegato tecnico.

26 Il che non vuol dire, com’è ovvio, che la logica r > g sia per forza l’unico fattore in gioco: modello e calcoli si reggono su una semplificazione della realtà, e non possono pretendere di individuare in maniera assolutamente precisa e certa il ruolo esatto esercitato da ciascun meccanismo (più fattori contraddittori possono compensarsi). Vuol però dire che la logica r > g è di per sé sufficiente a spiegare in via automatica il grado di concentrazione osservato. Cfr. allegato tecnico.

27 Ci sembra interessante il caso della Svezia, perché combina più fattori contraddittori che finiscono per equilibrarsi: da un lato, nel corso del XIX secolo e all’inizio del XX, il rapporto capitale/reddito è storicamente più basso che in Francia e nel Regno Unito (il valore dei terreni è inferiore e il capitale nazionale è in parte appannaggio dei capitali esteri: da questo punto di vista, la Svezia è assimilabile al Canada); dall’altro, il diritto di primogenitura viene applicato fino alla fine del XIX secolo, e certe entails legate a notevoli ricchezze dinastiche svedesi perdurano fino ai giorni nostri. In sostanza, nel 1900-10, la concentrazione patrimoniale svedese è inferiore a quella del Regno Unito ed è vicina a quella francese. Cfr. grafici 10.1-10.4 e i lavori di Ohlsson, Roine e Waldenström.

28 Ricordiamo che le stime del rendimento “puro” da capitale indicate nel grafico 10.10 devono considerarsi valori minimi, e che il rendimento medio osservato durante il XIX secolo nel Regno Unito e in Francia ha raggiunto il 6-7% annuo (cfr. cap. 6).

29 È una fortuna che Duchessa e i suoi cuccioli incontrino il gatto randagio Romeo, dai gusti più popolari e, per loro, simpatica fonte di distrazione (un po’ come Jack Dawson per la giovane Rose sul ponte del Titanic, due anni dopo, nel 1912).

30 Per un’analisi dei dati di Pareto, cfr. Piketty, Les hauts revenus en France au XXe siècle, cit., pp. 527-530.

31 Per l’enunciazione e la spiegazione delle formule corrispondenti, cfr. allegato tecnico.

32 Il modo più semplice per mantenere in vita i coefficienti di Pareto è quello di impiegare i cosiddetti “coefficienti inversi”, variabili da 1,5 a 3,5. Un coefficiente inverso di 1,5 significa che il reddito o il patrimonio medio è, al di là di una certa soglia, pari a una volta e mezza quella soglia (le persone che dispongono di più di 1 milione di euro possiedono in media 1,5 milioni di euro, e così via per qualsiasi altra soglia), il che corrisponde a un livello di disuguaglianza relativamente basso (le persone ricchissime sono pochissime). Un coefficiente inverso di 3,5 corrisponde invece a un livello di disuguaglianza molto alto. Un altro modo per valorizzare le leggi di potenza è il seguente: un coefficiente di 1,5 significa che i membri dello 0,1% del decile superiore sono appena due volte mediamente più ricchi di quelli dell’1% del decile superiore (e così di seguito per lo 0,01% all’interno dello 0,1% del decile superiore ecc.); un coefficiente di 3,5 significa pertanto che sono cinque volte più ricchi. Il tutto viene spiegato nell’allegato tecnico, dove viene anche presentata una serie di grafici che indica la crescita storica dei coefficienti di Pareto nel corso del XX secolo e nei diversi paesi del WTID.

33 La cifra corrisponde a un tenore di vita dell’ordine di 2-2,5 milioni di euro annui, in un mondo in cui il salario medio si aggira sui 24.000 euro annui (2000 euro al mese). Cfr. allegato tecnico.

34 Si noterà che la proprietà immobiliare di Parigi (che all’epoca corrispondeva alla proprietà immobiliare nel suo complesso) era inaccessibile per i patrimoni medi e modesti, e che è l’unico per il quale i proprietari di provincia – in particolare di terreni agricoli – mostrano un certo interesse. César Birotteau, nel momento in cui rifiuta alla moglie un investimento che giudica d’altri tempi, in alcuni fruttuosi terreni nei pressi di Chinon, si mostra, oltre che un uomo audace, un precursore. Mal gliene incoglierà. Per una versione più dettagliata di quella fornita dalla tabella 10.1, cfr. la tabella S10.4. La tabella ci aiuta a prendere coscienza della fortissima crescita delle attività estere tra il 1872 e il 1912, soprattutto al livello dei portafogli più ricchi.

35 L’imposta di solidarietà nazionale istituita con l’ordinanza del 15 agosto 1945 prevede un prelievo eccezionale sul valore di tutti i patrimoni, stimato alla data del 4 giugno 1945, con tassi che arrivano fino al 20% per i patrimoni più elevati, e un prelievo eccezionale che pesa su tutti gli aumenti patrimoniali nominali accertati tra il 1940 e il 1945, con tassi che arrivano fino al 100% per le somme più rilevanti. In pratica, tenendo conto dell’inflazione altissima (i prezzi, tra il 1940 e il 1945, sono più che triplicati), il prelievo arriva a tassare al 100% tutti coloro che non si sono abbastanza impoveriti, come ammette del resto lo stesso André Philip, membro SFIO [sezione francese dell’Internazionale operaia; N.d.R.] del governo provvisorio del generale de Gaulle. Philip spiega come sia inevitabile che il prelievo pesi anche su “coloro che non si sono arricchiti, forse anche su coloro che, sul piano finanziario, si sono impoveriti, nel senso che i loro beni non sono aumentati in proporzione con l’aumento generale dei prezzi, ma soprattutto su coloro che sono riusciti a mantenere intatto il loro patrimonio globale mentre tanti francesi hanno perso tutto.” (cfr. L’année politique 1945, p. 159)

36 Cfr. allegato tecnico.

37 Cfr. in particolare Piketty, Les hauts revenus en France au XXe siècle, cit., pp. 396-403. Cfr. anche Id., “Income Inequality in France, 1901-1998”, cit.

38 Cfr. le simulazioni presentate da Dell, L’Allemagne inégale, cit. Cfr. anche Id., “Top Incomes in Germany over the 20th Century”, in Journal of the European Economic Association, 2005.

Il capitale nel XXI secolo
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