La disuguaglianza da capitale in America
Passiamo ora a esaminare il caso americano. Anche in America esistono, a partire dagli anni dieci-venti del Novecento, statistiche sulle successioni ampiamente utilizzate dai ricercatori (soprattutto da Lampman, Kopczuk e Saez), pur con i margini d’incertezza determinati dalla bassa percentuale di popolazione inscritta nel calcolo dell’imposta federale di successione. Le stime possono comunque completarsi con le ricerche dettagliate sui patrimoni effettuate dalla Federal Reserve americana dopo gli anni sessanta (a cui hanno attinto, tra gli altri, Kennickell e Wolff) e con stime, anche se meno attendibili, che riguardano il 1810 e il 1870 e che si fondano sugli inventari dei decessi e su un censimento dei patrimoni, utilizzate rispettivamente da Jones e Soltow.11
Dall’insieme si ravvisano parecchie differenze significative tra le traiettorie europee e americane. A prima vista, sembrerebbe che la disuguaglianza dei patrimoni nell’America dei primi anni dell’Ottocento non fosse molto superiore a quella della Svezia degli anni settanta-ottanta del Novecento. Trattandosi di un continente nuovo, popolato in maggioranza da emigranti approdati nel Nuovo Mondo senza un patrimonio (o con un patrimonio limitato), il fatto non deve stupire, dal momento che il processo di accumulazione e concentrazione delle ricchezze non ha ancora avuto il tempo di mettersi in moto. I dati, in ogni caso, sono alquanto imprecisi e variano di molto a seconda che si considerino gli Stati del Nord (dove le stime indicano livelli di disuguaglianza inferiori alla Svezia degli anni settanta-ottanta del Novecento) e gli Stati del Sud (dove la disuguaglianza è più vicina ai livelli europei dello stesso periodo).12
La crescente concentrazione dei patrimoni americani nel corso del XIX secolo sembra accertata. Attorno al 1910, negli Stati Uniti, la disuguaglianza da capitale è diventata altissima, pur restando sensibilmente inferiore a quella europea: circa l’80% del patrimonio totale per il decile superiore e circa il 45% per il centile superiore (cfr. grafico 10.5). È interessante notare come il processo di allineamento del Nuovo Mondo alla vecchia Europa preoccupasse non poco gli economisti americani dell’epoca. La lettura del libro dedicato nel 1915 da Willford King alla distribuzione delle ricchezze negli Stati Uniti – primo studio d’insieme sulla questione – è da questo punto di vista assai illuminante.13 Visto oggi, ciò può sorprendere: ormai da decenni ci siamo abituati al fatto che gli Stati Uniti facciano registrare un tasso di disuguaglianza superiore a quello europeo, e che in qualche modo rivendichino una singolarità del genere (oltreoceano la disuguaglianza americana è descritta di norma come una condizione del dinamismo imprenditoriale, mentre l’Europa è vista come un tempio dell’ugualitarismo alla maniera sovietica). Ma un secolo fa sia le percezioni sia la realtà del fenomeno erano esattamente opposte: era per tutti scontato che il Nuovo Mondo fosse per sua natura più ugualitario della vecchia Europa, e che tale divergenza costituisse, per gli americani, una ragione d’orgoglio. Alla fine del XIX secolo, durante la cosiddetta Gilded Age, quando negli Stati Uniti si sono accumulate ricchezze industriali e finanziarie mai viste (era l’epoca dei Rockefeller, dei Carnegie, di J. P. Morgan), non pochi osservatori d’oltreoceano si sono allarmati all’idea che il paese potesse smarrire il suo spirito pionieristico e originariamente ugualitario – dovuto in parte al “mito americano”, ma anche giustificato dal confronto con le ricchezze europee. Vedremo nella Parte quarta come la paura di assomigliare all’Europa spieghi in qualche misura l’introduzione in America, a partire dagli anni dieci-venti del Novecento, di un carico fiscale pesantemente progressivo sia sulle grosse successioni – giudicate contrarie ai valori americani – sia sui redditi, giudicati a loro volta eccessivi per gli standard morali americani. Dire che la percezione della disuguaglianza, della redistribuzione della ricchezza e delle differenti identità nazionali sono molto cambiate da un secolo a questa parte è dire poco.
Grafico 10.5.
La disuguaglianza dei patrimoni negli Stati
Uniti, 1810-2010
Negli anni dieci il decile superiore deteneva circa l’80% del patrimonio totale, oggi ne detiene il 70-75%.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
La disuguaglianza patrimoniale americana diminuisce nel corso del periodo 1910-50, così come la disuguaglianza dei redditi, anche se in misura molto meno consistente che in Europa, sia perché parte da un livello meno alto, sia perché in America i contraccolpi determinati dalle guerre sono meno violenti. All’inizio degli anni dieci del XXI secolo, la quota del decile superiore supera il 70% del patrimonio totale e quella del centile superiore non è lontana dal 35%.14
In definitiva possiamo dire che, negli Stati Uniti del secolo scorso, la deconcentrazione dei patrimoni sia stata abbastanza ridotta rispetto all’Europa: la quota del decile superiore è passata dall’80% al 70% del patrimonio totale, mentre in Europa è passata dal 90% al 60% (cfr. grafico 10.615).
Il grafico mostra in modo evidente il divario tra l’esperienza europea e quella americana. In Europa, il XX secolo ha prodotto una totale trasformazione della società: le disuguaglianze patrimoniali, che alla vigilia della prima guerra mondiale non erano dissimili da quelle dell’ancien régime, sono scese fino a un livello mai toccato in precedenza, al punto che quasi la metà della popolazione ha potuto accedere a un minimo di patrimonio e ha potuto per la prima volta possedere, nel suo complesso, una quota non trascurabile del capitale nazionale. Il che spiega, almeno in parte, il grande slancio di ottimismo che anima l’Europa durante i Trente glorieuses (si ha come l’impressione di aver sconfitto il capitalismo, le disuguaglianze e la società classista del passato), e la successiva difficoltà ad accettare il fatto, dopo gli anni ottanta, che quella marcia apparentemente irresistibile verso il progresso sociale si sia bloccata (ci si domanda tuttora in quale momento il genio malvagio del capitalismo rientrerà nella bottiglia).
Grafico 10.6.
La disuguaglianza patrimoniale: Europa e
Stati Uniti, 1810-2010
Fino alla metà del XX secolo, le disuguaglianze patrimoniali erano più forti in Europa che negli Stati Uniti.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
Negli Stati Uniti si registrano percezioni molto diverse. In America, all’inizio del XIX secolo, esisteva già, in una certa misura, una classe media patrimoniale – di razza bianca, naturalmente –, una classe che è stata messa in ginocchio dalla Gilded Age, che ha ripreso a rifiorire a metà del XX secolo e che si è di nuovo trovata in difficoltà dopo gli anni settanta-ottanta. Del resto, questo “yo-yo” americano fa parte della storia fiscale del paese. Negli Stati Uniti, il XX secolo non è sinonimo di “grande balzo in avanti” in materia di giustizia sociale. E oggi, all’inizio del XXI, le disuguaglianze patrimoniali americane sono anche più forti di quanto non fossero all’inizio del XIX. Negli Stati Uniti il paradiso perduto appare quello delle origini, quello di cui parlano i Tea Party, e non quello dei Trente glorieuses e dei loro interventi statali destinati a far risalire la china del capitale.