Come evolverà il flusso successorio nel XXI secolo?
Considerata la forte crescita del flusso successorio osservata negli ultimi decenni, viene naturale chiedersi se essa è destinata a perpetuarsi. Nel grafico 11.6 abbiamo configurato due traiettorie possibili per il XXI secolo. L’una prevede uno scenario principale, e risponde all’ipotesi di un tasso di crescita dell’1,7% annuo per il periodo 2010-2100,16 e un rendimento netto da capitale del 3% sempre per lo stesso periodo;17 l’altra prevede uno scenario alternativo, e risponde all’ipotesi di una crescita ridotta all’1% per il periodo 2010-2100 e di un rendimento netto da capitale del 5%. Questo scenario corrisponde a una soppressione completa di tutte le imposte che pesano sul capitale e i suoi redditi, nonché sugli utili delle società, oppure a una soppressione parziale accompagnata da un aumento della quota del capitale.
Nel primo scenario, le simulazioni desunte dal modello teorico (utilizzato con successo per dar conto delle traiettorie del periodo 1820-2010) suggeriscono che il flusso successorio dovrebbe proseguire il suo corso di crescita fino agli anni trenta-quaranta del XXI secolo, per poi stabilizzarsi attorno al 16-17% del reddito nazionale. Nello scenario alternativo, il flusso successorio crescerebbe in misura più rilevante fino agli anni sessanta-settanta, per poi stabilizzarsi attorno al 24-25% del reddito nazionale, ossia a un livello analogo a quello osservato nel periodo 1870-1910. Nel primo caso, il ritorno dell’eredità sarebbe solo parziale, nell’altro sarebbe completo (almeno per quanto riguarda la massa delle successioni e delle donazioni), ma in entrambi i casi il flusso di successioni e donazioni sarebbe comunque, nel XXI secolo, molto alto, soprattutto molto più alto di quanto sia stato nella fase eccezionalmente bassa osservata a metà del XX secolo.
Grafico 11.6.
Flusso successorio osservato e simulato,
Francia 1820-2100
Le simulazioni emerse dal modello teorico indicano che il livello del flusso successorio nel XXI secolo dipenderà dal tasso di crescita e dal rendimento netto del capitale.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
Va sottolineato, com’è ovvio, l’ampio margine d’incertezza connaturato a previsioni del genere, le quali hanno perlopiù un interesse illustrativo. La crescita del tasso successorio, nel secolo che si è appena aperto, dipende da molti parametri economici, demografici e politici suscettibili, come dimostra la storia del secolo passato, di mutazioni di grande ampiezza e del tutto imprevedibili. È possibile immaginare, sulla carta, anche altri scenari, che porterebbero a conclusioni diverse: nel caso si verifichi, per esempio, un’accelerazione inaspettata della crescita demografica o economica (caso poco plausibile), oppure un radicale cambiamento nelle politiche pubbliche nei confronti del capitale privato o delle eredità (caso forse più realistico).18
Insistiamo inoltre sul fatto che l’evoluzione del profilo dei patrimoni per età dipende in primo luogo dai comportamenti in materia di risparmio, ossia dalle ragioni che gli uni e gli altri hanno per accumulare patrimoni. Come abbiamo già abbondantemente notato, queste ragioni sono molteplici, molto variabili le une dalle altre e presenti in proporzioni diverse all’interno di ciascun individuo: si può risparmiare per accumulare riserve in vista della pensione o di una possibile perdita d’impiego o di salario (risparmio del ciclo vitale o risparmio cautelativo); oppure per costituire o perpetuare un capitale di famiglia, o semplicemente per il gusto della ricchezza e del prestigio che essa conferisce (risparmio dinastico o risparmio per accumulazione pura). In assoluto, si può anche immaginare un mondo in cui ciascuno potrebbe decidere di trasformare l’intera sua ricchezza in rendita vitalizia, in modo da morire senza alcun patrimonio: se nel XXI secolo comportamenti del genere diventassero la regola, il flusso successorio si ridurrebbe evidentemente a poca cosa, quali che siano i valori assunti dal tasso di crescita e dal tasso di rendimento da capitale.
I due scenari di crescita presentati nel grafico 11.6 restano in ogni caso plausibili, e rispecchiano le informazioni oggi disponibili. In particolare, abbiamo supposto che nel corso del periodo 2010-2100 i tipi di risparmio si mantengano analoghi a quelli osservati in passato. Oltre la grande varietà di comportamenti individuali,19 si rileva che i tassi di risparmio sono in media tanto più alti quanto più alto è il reddito o il patrimonio iniziale,20 ma che le variazioni in funzione della fascia d’età sono minime: in media si risparmia approssimativamente in proporzioni analoghe a tutte le età. In particolare, non si manifesta il massiccio comportamento di rifiuto del risparmio nelle età più avanzate previsto dalla teoria del ciclo di vita, quale che sia l’evoluzione della speranza di vita. Il che si spiega sicuramente con l’importanza del motivo della trasmissione familiare (nessuno si augura di morire davvero senza ricchezza, nemmeno nelle società che invecchiano di più), ma anche con una logica legata all’accumulazione pura, oppure con il senso di sicurezza – e non solo di prestigio o di potere – che il patrimonio procura.21 La fortissima concentrazione dei patrimoni (la quota del decile superiore continua a corrispondere almeno al 50-60% del patrimonio totale, di qualunque gruppo d’età si tratti) è l’anello mancante che permette di spiegare tutti i fatti fin qui esposti, a dispetto della teoria di Modigliani. Il graduale ritorno, dopo gli anni cinquanta-sessanta, a una disuguaglianza patrimoniale di tipo dinastico ci fa capire la mancata rinuncia al risparmio delle fasce più anziane (la sostanza del patrimonio è detenuta da persone che hanno i mezzi per sostenere il proprio tenore di vita senza vendere le loro attività) e dunque il mantenimento dell’eredità a livello elevato e la perpetuazione del nuovo equilibrio, con una mobilità certo positiva ma ridotta.
Il punto essenziale è il seguente: per una data struttura dei comportamenti in materia di risparmio, il processo cumulativo è tanto più rapido e disuguale quanto più alto è il tasso di rendimento da capitale e quanto più basso è il tasso di crescita. La fortissima crescita dei Trente glorieuses spiega la relativa lentezza della ripresa del rapporto μ (tra la ricchezza media dei defunti e quella dei vivi), e dunque del flusso successorio, nel corso degli anni cinquanta-settanta. Viceversa, il rallentamento della crescita spiega l’accelerazione dell’invecchiamento dei patrimoni e del ritorno dell’eredità, osservata a partire dagli anni ottanta. Intuitivamente, quando la crescita è forte, per esempio quando i salari aumentano del 5% annuo, è più facile per le giovani generazioni accumulare patrimoni ed essere pari agli anziani. Invece, quando la crescita salariale scende verso l’1-2% annuo,22 i giovani in attività si trovano quasi sempre scavalcati dagli anziani stessi, il cui patrimonio cresce con la crescita del rendimento da capitale. Questo processo, semplice ma significativo, ci aiuta a capire lo sviluppo del rapporto μ e del flusso successorio annuo, e spiega anche perché i dati osservati e simulati sono molto vicini per l’intero periodo 1820-2010.23
Al di là delle imprecisioni o delle incertezze, viene perciò naturale pensare che queste simulazioni forniscano una guida utile per il futuro. Da un punto di vista teorico, si può dimostrare che per un’ampia fascia di comportamenti in materia di risparmio, e per una crescita debole in rapporto al rendimento da capitale, la crescita del rapporto μ equilibri in misura pressoché esatta il calo tendenziale del tasso di mortalità m, per cui il prodotto μ × m finisce per non dipendere quasi più dall’aspettativa di vita e per essere determinato quasi per intero dalla durata di ciascuna generazione. Il risultato importante è che una crescita dell’ordine dell’1% non è, da questo punto di vista, tanto lontana da una crescita assolutamente nulla: in entrambi i casi, l’intuizione secondo cui l’invecchiamento conduce alla fine dell’eredità si rivela falsa. In una società che invecchia si eredita più tardi, ma si ereditano importi più elevati (almeno per chi eredita), per cui il peso globale dell’eredità resta immutato.24