Il caos del periodo tra le due guerre

Riprendiamo il discorso della cronologia e della crescita della disuguaglianza dei redditi in Francia durante il secolo scorso. Tra il 1914 e il 1945, la quota del centile superiore della gerarchia dei redditi cala quasi di continuo, passando gradualmente da più del 20% nel 1914 al 7% nel 1945 (cfr. grafico 8.2). Questa continua discesa riflette la lunga serie – pressoché ininterrotta – di contraccolpi subiti dal capitale e dai redditi nel corso del periodo. Invece il calo della quota del decile superiore della gerarchia dei redditi si presenta molto meno costante: un primo calo sembra prodursi durante la prima guerra mondiale, tuttavia, negli anni venti, è seguito da una ripresa, anche se irregolare, e soprattutto da una nettissima – di per sé assai sorprendente – crescita tra il 1929 e il 1935, prima di dare luogo a un nuovo forte calo nel 1936-38 e a un vero e proprio crollo negli anni della seconda guerra mondiale.16 La quota del decile superiore, che nel 1914 era del 45% abbondante, finisce, nel 1944-45, per scendere a meno del 30%.

Se consideriamo il periodo 1914-1945 nel suo complesso, possiamo rilevare una perfetta coerenza tra i due cali segnalati: la quota del decile superiore è scesa di quasi 18 punti, secondo le nostre stime, di cui circa 14 punti per il centile superiore.17 In altri termini, l’“1%” sopporta da solo circa i tre quarti del calo della disuguaglianza tra il 1914 e il 1945, e il “9%” circa un quarto. Il che è tutt’altro che sorprendente, dal momento che la quantità maggiore del capitale si concentra all’interno dell’“1%”, che detiene a sua volta il maggior numero degli investimenti più rischiosi (torneremo più avanti sull’argomento).

Risultano invece più sorprendenti, a prima vista, le differenze osservate all’interno del periodo considerato: come è possibile che la quota del decile superiore cresca sensibilmente durante la crisi del 1929, e perlomeno fino al 1935, mentre la quota del centile superiore scenda di netto, soprattutto tra il 1929 e il 1932?

In realtà, se guardiamo le cose più da vicino, anno per anno, ciascuna variazione trova la sua spiegazione, e lo sguardo d’insieme ci fa rivisitare in modo illuminante il caotico periodo tra le due guerre, con le altissime tensioni tra gruppi sociali che lo caratterizzano. Per capire bene il tutto, occorre considerare il fatto che il “9%” e l’“1%” non vivono assolutamente del medesimo reddito. L’“1%” vive in primo luogo del reddito prodotto dal patrimonio, in particolare dagli interessi e dai dividendi che gli versano le imprese di cui possiede le obbligazioni e le azioni: per cui è naturale che la quota del centile superiore scenda di molto durante la crisi del 1929, segnata dal crollo dell’attività economica, dalla caduta dei profitti delle imprese e dai fallimenti a catena.

Il “9%” annovera invece il mondo dei dirigenti, i quali, in realtà, sono i grandi beneficiari – rispetto alle altre categorie – della crisi degli anni trenta. Essi, infatti, sono molto meno investiti dalla disoccupazione rispetto ai salariati più modesti di loro (o comunque non conoscono gli altri tassi di disoccupazione, parziale o totale, che colpiscono gli operai dei settori industriali), e sono anche molto meno investiti dal crollo dei profitti delle imprese rispetto ai percettori di redditi superiori ai loro. Tra gli appartenenti alla fascia del “9%”, i dirigenti della funzione pubblica e gli alti burocrati ne escono tutto sommato piuttosto bene: arrivano a beneficiare della grande ondata di rivalutazione dei salari dei funzionari del 1927-31 (i quali, dobbiamo dire, avevano sofferto molto durante la prima guerra mondiale e in seguito all’inflazione dei primi anni venti, specie quelli che occupavano i gradini più alti della scala di reddito) e non corrono il minimo rischio di disoccupazione, per cui la massa salariale del settore pubblico si mantiene allo stesso livello nominale fino al 1933 (e scende leggermente solo nel 1934-35, per effetto dei famosi decreti legge Laval, intesi a ridurre i salari dei funzionari), mentre la massa salariale del settore privato scende di più del 50% tra il 1929 e il 1935. La fortissima deflazione che colpisce la Francia di quegli anni (tra il 1929 e il 1935 i prezzi crollano, in totale, del 25%, nel contesto di una grave crisi degli scambi commerciali e della produzione) svolge un ruolo centrale nel processo in corso: le persone che hanno la fortuna di mantenere il lavoro e il salario nominale – come i funzionari – conoscono così, in piena depressione e per effetto della caduta dei prezzi, una crescita del potere d’acquisto e del salario reale. Aggiungiamo che anche i redditi da capitale detenuti dal “9%” – come gli affitti, in genere piuttosto stabili in termini nominali – beneficiano della deflazione e vedono il loro valore reale crescere in misura significativa, mentre, sull’altro fonte, crollano i dividendi versati all’“1%”.

Per tutte queste ragioni, nella Francia del 1929-35, il “9%” che concorre alla formazione del reddito nazionale aumenta notevolmente, soprattutto in rapporto alla grave flessione dell’“1%”, e progredisce a un punto tale che la quota del decile superiore considerato nel suo complesso aumenta di più di 5 punti di reddito nazionale (cfr. grafici 8.1 e 8.2). È un processo che si capovolge, però, con l’arrivo al potere del Front populaire, con i forti rialzi dei salari operai previsti dagli accordi di Matignon e con la svalutazione del franco nel settembre del 1936, una misura che, nel 1936-38, favorisce una ripresa dell’inflazione e una flessione radicale del “9%” e del decile superiore.18

Si noterà, di sfuggita, l’utilità della scomposizione rigorosa delle disuguaglianze dei redditi per centile e per categorie di reddito. Se si fosse analizzata la dinamica del periodo tra le due guerre utilizzando un indicatore sintetico di disuguaglianza come il coefficiente di Gini, non sarebbe stato possibile comprendere alcunché: non si sarebbe potuto distinguere ciò che dipende dai redditi da lavoro e ciò che dipende dai redditi da capitale, sia per le traiettorie di lungo termine sia per quelle di breve termine. Nel caso specifico, la complessità del periodo 1914-45 sta nel fatto che a una trama generale relativamente chiara (una grave crisi della quota del decile superiore tra il 1914 e il 1945, trascinata verso il basso dalla grave flessione della quota del centile superiore) si sovrappone, negli anni venti come negli anni trenta, una trama secondaria composta da molti, contraddittori rovesciamenti di fronte. È interessante notare come la medesima complessità si manifesti, per il periodo tra le due guerre, non solo in Francia ma in tutti i paesi, con tratti distintivi dettati dalla storia specifica di ciascun paese. Per esempio, nel 1933, con la nomina di Roosevelt alla presidenza degli Stati Uniti, la deflazione si ferma, per cui, in America, il rovesciamento sopra indicato si produce nel 1933 e non nel 1936. La storia delle disuguaglianze è insomma, in tutti i paesi, una storia politica contraddistinta dal caos.

Il capitale nel XXI secolo
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