Che cosa significa un potere d’acquisto moltiplicato per dieci?

In realtà, l’unico modo per valutare davvero lo straordinario progresso fatto segnare dai livelli e dai modelli di vita dopo la Rivoluzione industriale consiste nel fare riferimento ai livelli di reddito espressi in moneta corrente e nel compararli ai livelli di prezzo dei vari beni e servizi presenti nelle varie epoche. Limitiamoci a riassumere qui i principali insegnamenti ricavabili da un tale esercizio contabile.13

Secondo lo schema classico, si distinguono tre tipi di beni o servizi: i beni industriali, per i quali la crescita della produttività è stata molto più rapida della media dell’economia, per cui i loro prezzi si sono abbassati rispetto alla media corrente dei prezzi stessi; i beni alimentari, per i quali la crescita della produttività è stata continuativa e determinante sul lunghissimo periodo (il che ha consentito di nutrire una popolazione in forte rialzo, disimpegnando al tempo stesso per altre mansioni una parte crescente di manodopera agricola), anche se meno rapida rispetto a quella dei beni industriali, per cui il loro prezzo è cresciuto un po’ meno rispetto alla media corrente dei prezzi stessi; infine i servizi, per i quali la crescita della produttività è stata in genere piuttosto debole (o nulla, in certi casi, il che spiega perché il settore tende ad assorbire una porzione sempre maggiore di manodopera), per cui il loro prezzo è aumentato più in fretta della media corrente dei prezzi stessi.

Si tratta di uno schema generale ben noto, che a grandi linee è complessivamente verosimile, tuttavia merita di essere affinato e precisato. Esiste infatti, all’interno di ciascun settore, una grande varietà di situazioni. Per molti prodotti alimentari i prezzi sono effettivamente aumentati, in linea con la crescita media dei prezzi stessi. Per esempio, in Francia, il prezzo di un chilo di carote è cresciuto nella stessa misura dell’indice generale dei prezzi tra il 1900-10 e il 2000-10, per cui il potere d’acquisto espresso in carote è cresciuto quanto il potere d’acquisto medio (più o meno sei volte tanto). Un salariato medio, all’inizio del XX secolo, poteva permettersi di pagare quasi 10 chili di carote al giorno, mentre oggi può permettersi di pagarne quasi 60 chili.14 Per altri generi, come latte, burro, uova o latticini, che hanno beneficiato di progressi tecnici importanti nel campo della produzione, della fabbricazione, della conservazione ecc., si nota un ribasso del prezzo relativo, e quindi un rialzo del potere d’acquisto superiore a sei. Lo stesso discorso vale per i generi che hanno beneficiato di un calo considerevole dei costi di trasporto: in un secolo il potere d’acquisto francese in termini di arance, per esempio, è cresciuto dieci volte, e quello in termini di banane venti volte. Al contrario, il potere d’acquisto quantificato in chili di pane o di carne è cresciuto meno di quattro volte, per il considerevole aumento della qualità e della varietà dei prodotti proposti.

La diversità delle situazioni è ancora più forte tra i beni industriali, in particolare con la comparsa di prodotti radicalmente nuovi e l’eccezionale miglioramento delle prestazioni. Un tipico esempio, per il recente periodo, è quello dell’elettronica e dell’informatica. I progressi fatti registrare dai computer e dai telefoni cellulari tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI, e poi dai tablet e dagli smartphone in questo secondo decennio del XXI, corrispondono a volte a un potere d’acquisto moltiplicato per dieci in pochi anni: in altri termini, il prezzo di un prodotto viene diviso per due, mentre la sua qualità viene moltiplicata per cinque.

È importante capire che non è difficile trovare altri esempi, altrettanto spettacolari, nel corso dell’intera storia dello sviluppo industriale. Prendiamo il caso della bicicletta. Negli anni ottanta e novanta dell’Ottocento, il modello meno caro disponibile nei cataloghi di vendita e negli opuscoli commerciali corrisponde in Francia a sei mesi di salario medio. E si tratta ancora di un velocipede alquanto rudimentale, “le cui ruote si valgono di una gomma piena, e che dispone di un solo freno, ad azione diretta sulla ruota davanti”. Il progresso tecnico, negli anni dieci e venti del Novecento, fa scendere il prezzo a meno di un mese di salario medio. E, grazie all’evoluzione tecnica, nei cataloghi degli anni sessanta e settanta si offrono biciclette di qualità (con “ruota libera, due freni, parafango e copricatena, portabagagli, fari, catarifrangente”) per meno di una settimana di salario medio. In totale, senza neanche mettere in conto il vertiginoso progresso della qualità e della sicurezza del prodotto, il potere d’acquisto in termini di bicicletta è cresciuto di quaranta volte tra il 1890 e il 1970.15

Si potrebbero fare molti altri esempi, esaminando l’evoluzione dei prezzi delle lampadine elettriche, degli stock domestici, dalle tovaglie alle stoviglie, dai vestiti alle automobili, nei paesi sviluppati come nei paesi emergenti, comparando i salari in vigore.

In ogni caso, tutti gli esempi confermerebbero fino a che punto sia inutile e riduttivo pretendere di riassumere tutte le trasformazioni ricorrendo a un unico indicatore del tipo “il livello di vita tra la tale e la talaltra epoca è cresciuto di dieci volte”. Quando i modelli di vita e le strutture dei bilanci delle famiglie si modificano in misura tanto radicale, e la progressione del potere d’acquisto varia altrettanto radicalmente in rapporto ai beni considerati, il problema della cifra media non ha più molto senso, dal momento che il risultato esatto dipende, in definitiva, dalle valutazioni eseguite e dalle misurazioni in termini di qualità, entrambe relativamente incerte, soprattutto quando si tratta di stabilire dei confronti nell’arco di più secoli.

Tutto ciò non mette certo in discussione la realtà della crescita. Anzi, ne avvalora la portata: è chiaro che le condizioni materiali di vita sono eccezionalmente migliorate dopo la Rivoluzione industriale, consentendo agli abitanti del pianeta di meglio nutrirsi, vestirsi, spostarsi, informarsi, curarsi e via dicendo. Così come non mette in discussione la validità della misura dei tassi di crescita sul breve periodo, per esempio di una o due generazioni. Su un periodo di trenta o sessant’anni, sapere se il tasso di crescita è stato dello 0,1% annuo (3% per generazione), dell’1% annuo (35% per generazione) o del 3% annuo (143% per generazione) ha un suo senso. Solo quando si cumulano su periodi troppo lunghi, fino a toccare valori davvero stratosferici, i tassi di crescita perdono parte del loro significato e diventano quantità relativamente astratte e arbitrarie.

Il capitale nel XXI secolo
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