Al di là delle bolle: crescita debole, risparmio forte
Cominciamo con il primo meccanismo, basato sul rallentamento della crescita, sul mantenimento di un risparmio elevato e sulla legge dinamica β = s/g. Nella tabella 5.1 abbiamo indicato i valori medi osservati negli otto paesi più ricchi, durante il periodo 1970-2010: valori relativi al tasso di crescita e al tasso di risparmio privato. Come si è già notato nel capitolo 2, negli ultimi decenni, nei diversi paesi sviluppati, i tassi di crescita del reddito nazionale pro capite (o quelli – pressoché identici – del prodotto interno pro capite) sono stati molto prossimi tra loro. Se li si confronta sul brevissimo periodo, pochi anni, il divario può essere significativo, tale da riacutizzare spesso le gelosie e i campanilismi nazionali. Ma se si fa la media su periodi molto più lunghi, la verità è che tutti i paesi ricchi crescono più o meno al medesimo ritmo. Tra il 1970 e il 2010 il tasso di crescita annuo medio del reddito nazionale pro capite è compreso, negli otto paesi più sviluppati, tra l’1,6% e il 2%, perlopiù tra l’1,7% e l’1,9%. Pur tenendo conto delle inesattezze delle stime statistiche disponibili (in particolare a proposito degli indici di prezzo), constatiamo disparità talmente ridotte da risultare statisticamente insignificanti.8
In ogni caso, le variazioni sono molto più deboli rispetto al divario fatto segnare dai tassi di crescita demografica. Nel periodo 1970-2010, i tassi di crescita demografica sono, in Europa e in Giappone, inferiori allo 0,5% annuo (nel sottoperiodo 1990-2010 sarebbe più vicino allo 0%, o anche sotto lo 0% in Giappone), mentre negli Stati Uniti, in Canada e in Australia sono compresi tra l’1% e l’1,5% annuo (cfr. tabella 5.1). Per cui, nel periodo 1970-2010, il tasso di crescita globale, negli Stati Uniti e nei nuovi paesi, è sensibilmente più elevato rispetto all’Europa e al Giappone: attorno al 3% annuo (o poco più) nel primo caso; appena del 2% annuo nel secondo (l’1,5% nel recente periodo). Possono sembrare differenziali limitati, ma quando si accumulano nel tempo per lunghi periodi, diventano disparità consistenti, come abbiamo potuto vedere nel capitolo 2. Il nuovo punto sul quale vogliamo insistere qui è che i differenziali nei tassi di crescita hanno effetti enormi sull’accumulazione del capitale a lungo termine, e spiegano in larga misura la ragione per la quale il rapporto capitale/reddito è strutturalmente più alto in Europa e in Giappone che in America.
Tabella 5.1.
Tasso di crescita e tasso di risparmio nei
paesi ricchi, 1970-2010
Tra i diversi paesi più ricchi i tassi di risparmio e di crescita demografica cambiano notevolmente mentre i tassi di crescita del reddito nazionale pro capite variano decisamente meno.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
Se si passa a esaminare i tassi di risparmio medi nel periodo 1970-2010, si osservano anche lì variazioni significative tra paese e paese: il tasso di risparmio privato si aggira in genere tra il 10% e il 12% del reddito nazionale, ma negli Stati Uniti e nel Regno Unito scende fino al 7-8% e in Italia e in Giappone sale fino al 14-15% (cfr. tabella 5.1). Cumulato su un arco di quarant’anni, il divario diventa considerevole. Si rileva inoltre che i paesi che risparmiano di più sono in genere quelli a crescita demografica quasi nulla e in cui sono più numerosi gli anziani (fatto spiegabile con motivi di risparmio in vista della pensione o per la successione), anche se il rapporto tra i diversi fattori è tutt’altro che sistematico. Come si è notato più sopra, esistono numerose ragioni per le quali si sceglie di risparmiare con maggiore o minore intensità, e non ci si deve stupire del fatto che intervengano molti fattori e differenze tra i paesi – legati alla cultura, alla percezione del futuro e a ciascuna storia nazionale specifica –, entrando in gioco, come altrove per la natalità o le politiche dell’immigrazione, scelte che determinano in definitiva il tasso di crescita demografica.
Se si combinano le variazioni dei tassi di crescita con quelle dei tassi di risparmio, diventa facile spiegare perché diversi paesi accumulano quantità di capitale tanto diverse, e anche perché il rapporto capitale/reddito è tanto cresciuto a partire dal 1970. Un caso particolarmente chiaro è quello del Giappone: con un tasso di risparmio di quasi il 15% annuo e un tasso di crescita appena superiore al 2%, è normale che il paese accumuli sul lungo periodo uno stock di capitale di circa sei-sette annualità di reddito nazionale. È la logica conseguenza della legge dinamica di accumulazione β = s/g. Così come è normale che gli Stati Uniti, i quali risparmiano molto meno del Giappone e crescono molto più in fretta, si ritrovino con un rapporto capitale/reddito sensibilmente meno elevato.
In termini più generali, se si confronta il livello dei patrimoni privati previsto per il 2010 osservando i flussi di risparmio tra il 1970 e il 2010 (e aggiungendoli ai patrimoni iniziali del 1970) con il livello dei patrimoni privati effettivamente raggiunto nel 2010, si nota, nella maggioranza dei paesi, una singolare vicinanza.9 Il fatto che non corrispondano alla perfezione dimostra che hanno svolto un ruolo significativo anche altri fattori. Torneremo, in proposito, sul caso del Regno Unito, in cui i flussi di risparmio sembrano del tutto insufficienti a spiegare la crescita fortissima dei patrimoni privati nello stesso periodo.
Al di là dei casi particolari relativi a questo o quel paese, va comunque segnalato che i risultati ottenuti sono complessivamente assai coerenti: nei paesi ricchi, tra il 1970 e il 2010, è possibile spiegare, nella sostanza, l’accumulo del capitale privato con i volumi di risparmio osservati nel periodo (nonché il capitale iniziale), senza che si debba supporre un forte rialzo strutturale del prezzo relativo agli attivi. In altri termini, la fluttuazione dei titoli immobiliari e azionari è, a breve e spesso a medio termine, sempre o al rialzo o al ribasso, e tende a compensarsi nel lungo termine, laddove l’effetto del volume sembra generalmente prevalere.
Il caso del Giappone è ancora più emblematico. Se si cercano di capire l’enorme crescita del rapporto capitale/reddito durante gli anni ottanta e il forte calo dei primi anni novanta, è chiaro che il fattore dominante è una bolla immobiliare e azionaria, che si forma e poi scoppia. Ma se si vuole capire l’evoluzione complessiva del periodo 1970-2010, è altrettanto chiaro che l’effetto volume è più importante dell’effetto prezzo: il fatto che i patrimoni privati giapponesi siano passati da tre annualità di reddito nazionale nel 1970 a sei annualità nel 2010 è previsto quasi perfettamente attraverso i flussi di risparmio.10