La Francia: un osservatorio dei patrimoni
Il caso della Francia è particolarmente interessante, perché si tratta dell’unico paese per il quale disponiamo di una fonte storica davvero omogenea che consenta di studiare la distribuzione dei patrimoni in modo continuativo dalla fine del XVIII secolo all’inizio del XIX. Il tutto grazie all’istituzione, nel 1791, poco dopo l’abolizione dei privilegi fiscali della nobiltà, di un’imposta sulle successioni e sulle donazioni – e più in generale di un sistema di registrazione dei patrimoni – straordinariamente moderna e universale per l’epoca. La nuova imposta sulle successioni introdotta dalla Rivoluzione francese è universale in un triplice senso: colpisce nella stessa misura tutti i tipi di beni e di proprietà (terreni agricoli, beni immobili urbani e rurali, liquidità, titoli del debito pubblico o privato, attivi finanziari di ogni natura, azioni, quote societarie, mobili, oggetti preziosi ecc.), chiunque ne sia il proprietario (nobile o plebeo) e quali che siano gli importi in oggetto, anche bassissimi. Del resto, l’obiettivo della riforma, davvero fondante, non era solo quello di portare introiti fiscali al nuovo regime: era anche quello di permettere all’amministrazione di serbare traccia dell’insieme dei trasferimenti patrimoniali per via di successione (al momento della morte) o di donazione (quando il donatore è ancora in vita), in modo da garantire a tutti il pieno esercizio del diritto di proprietà. Nel lessico amministrativo ufficiale, l’imposta sulle successioni e sulle donazioni ha sempre fatto parte, dalla promulgazione della legge nel 1791 ai giorni nostri, della categoria più generale dei “diritti di registrazione” e più specificamente dei “diritti di trasferimento”, diritti che sono prelevati sui “trasferimenti a titolo gratuito” (i passaggi di titoli di proprietà effettuati senza contropartita finanziaria, per successione o donazione), ma anche, con particolari modalità, sui “trasferimenti a titolo oneroso” (i passaggi in cambio di denaro o di altri titoli). Per la prima volta si consente a ciascun possidente, umile o potente, di vedere registrati i propri beni, e quindi di godere in tutta sicurezza del proprio diritto di proprietà, per esempio di appellarsi alla forza pubblica in caso di contestazione. Viene insomma varato, tra la fine degli anni novanta del XVIII secolo e il primo decennio del XIX secolo, un sistema relativamente completo di registrazione delle proprietà, una sorta di catasto per i beni immobili perpetuatosi fino a oggi.
Nella Parte quarta del volume torneremo sulla storia delle imposte di successione nei vari paesi. Per il momento, ci riferiamo alle imposte solo come fonte di studio. E ci limitiamo a notare che, a parte il caso della Francia, negli altri paesi bisogna attendere la fine del XIX secolo e l’inizio del XX per vedere l’istituzione di imposte analoghe. Nel Regno Unito, occorre aspettare la riforma del 1894 per vedere unificati i diritti prelevati sui trasferimenti di beni immobiliari (real estate) e sui beni riguardanti le attività finanziarie e i beni personali (personal estate), e gli anni dieci-venti del Novecento per vedere varate statistiche di successione omogenee circa l’insieme delle proprietà. Negli Stati Uniti, l’imposta federale sulle successioni e sulle donazioni viene istituita solo nel 1916, e riguarda soltanto un’esigua minoranza della popolazione (ogni Stato ha le sue imposte, perlopiù riguardanti i maggiori proprietari, e il tutto risulta alquanto eterogeneo). Ne consegue, rispetto al Regno Unito e agli Stati Uniti, l’estrema difficoltà di analisi delle traiettorie delle disuguaglianze patrimoniali prima della prima guerra mondiale: esistono sì numerosi atti notarili e inventari di beni in occasione dei decessi, ma si tratta perlopiù di scritture private, relative a sottoinsiemi particolari di popolazione e di beni, da cui è impossibile trarre conclusioni generali.
La cosa è tanto più grave in quanto la prima guerra mondiale rappresenta un danno considerevole per i patrimoni e la loro distribuzione. Il grande interesse del caso francese sta appunto nel suo proiettare la grande svolta del 1791 in una prospettiva storica di lungo termine. Dal 1791 al 1901, l’imposta sulle successioni e sulle donazioni diventa rigorosamente proporzionale: il tasso varia a seconda del legame di parentela, ma rimane sempre uguale qualunque sia l’importo trasmesso, ed è in genere molto basso (appena l’1% o il 2%). Il livello d’imposta cresce di poco solo nel 1901, dopo una lunga battaglia parlamentare. L’amministrazione, che già dopo gli anni venti dell’Ottocento pubblicava statistiche dettagliate sui flussi annui di successioni e donazioni, a partire dal 1902 fornisce ogni tipo di spoglio dei dati, una disamina che diverrà sempre più sofisticata (controlli incrociati per età, livello di successioni, tipi di beni ecc.) e che si estenderà fino a tutti gli anni cinquanta-sessanta. Dopodiché, a partire dagli anni settanta-ottanta, è possibile utilizzare schede digitali che rilevano campioni rappresentativi dell’insieme delle dichiarazioni di successione e donazione depositate in Francia nel corso dell’anno considerato, il che garantisce un aggiornamento dei rilievi statistici fino ai primi anni del XXI secolo. Oltre a disporre delle preziose fonti prodotte direttamente dall’amministrazione fiscale nel corso degli ultimi due secoli, disponiamo anche di decine di migliaia di dichiarazioni individuali, una raccolta molto ben conservata negli archivi nazionali e dipartimentali fin dai primissimi anni del XIX secolo, con campioni di grossa rilevanza che vanno dal 1810 al 2010. In definitiva, gli archivi delle successioni francesi offrono un punto di vista eccezionalmente ricco e dettagliato su due secoli di accumulazione e distribuzione dei patrimoni.4