NOTE
Opere 1. Studi sull’isteria e altri scritti
Relazione sui miei viaggi di studio a Parigi e a Berlino
1 [Jean-Martin Charcot, 1825-93.]
2 [Theodor Meynert (1833-92) era professore di psichiatria a Vienna, e Hermann Nothnagel (1841-1905), professore di medicina.]
3 [Ernst Wilhelm von Brücke (1819-92) era professore di fisiologia a Vienna e nel suo Istituto Freud aveva lavorato dal 1876 al 1882.]
4 [Freud trascorse sei settimane nell’autunno del 1885 a Wandsbek, presso Amburgo, in casa della fidanzata Martha Bernays. Il dottor C. Eisenlohr (1847-96), di cui Freud parla nel suo volume sull’afasia (Zur Auffassung der Aphasien, Vienna 1891) come di “uno dei più profondi neurologi tedeschi”, era direttore dell’Ospedale generale di Amburgo. L’Ospedale Heine era l’ospedale ebraico.]
5 [“Salpêtrière” significa “deposito di salnitro”: l’edificio era stato costruito come arsenale durante il regno di Luigi XIII. Anche l’Istituto di fisiologia di Vienna era ospitato in un vecchio arsenale (Gewehrfabrik).]
6 [Paul Briquet (1796-1881), autore di un monumentale trattato sull’isteria.]
7 [P.-C.-H. Brouardel (1837-1906), personalità famosa nella medicina giuridica. Si veda l’elogio che Freud ne farà nella Prefazione alla traduzione di “Riti scatologici di tutti i popoli” di J. G. Bourke (1913).]
8 S. Freud e L. O. von Darkschewitsch, Neurol. Zbl., vol. 5, N. 6, p. 121 (1886). [Liverij Osipovič Darkševič (1858-1925; Darkschewitsch secondo la grafia tedesca), già incontrato da Freud a Vienna due anni prima, fondò poi la scuola neurologica di Kazan′ e, a Mosca, divenne rettore (1923) della Scuola superiore di Medicina.]
9 [Henri Parinaud (1844-1905), noto oftalmologo.]
11 [L’uso del “tipo” da parte di Charcot è chiarito e discusso da Freud nella Prefazione alla traduzione delle “Lezioni del martedì della Salpêtrière” (1892) qui, e, più brevemente, all’inizio del necrologio di Charcot (1893).]
12 [Fu pubblicato, in francese, solo sette anni dopo, col titolo Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893).]
13 [Il termine inglese era stato coniato da Sir John Erichsen (1818-96). Vedi Isteria (1888), par. 3, in OSF, vol. 1.]
14 [Il grande ospedale connesso con l’Università di Berlino. Robert Thomsen (1858-1914) e Hermann Oppenheim (1858-1919) erano assistenti di Westphal, professore di malattie nervose e mentali. Oppenheim, in seguito professore di neurologia a Berlino, divenne uno dei più accaniti oppositori della psicoanalisi.]
15 [Pierre Marie (1853-1940), direttore della “Revue neurologique”, alla quale Freud darà alcuni contributi in francese, successore di Charcot alla Salpêtrière.]
16 [La pubblicazione fu ritardata di qualche mese, dato che la prefazione di Freud è datata 18 luglio 1886. Per essa, vedi la Prefazione alla traduzione delle “Lezioni sulle malattie del sistema nervoso, III” di J.-M. Charcot (1886), in OSF, vol. 1.]
17 [Louis-Antoine Ranvier (1835-1922), famoso istologo.]
18 [Emanuel Mendel, professore di psichiatria, direttore del “Neurologisches Centralblatt”, al quale Freud collaborò. Albert Eulenburg (1840-1917) era professore di neurologia ed elettroterapia. Adolf Baginsky (1843-1918), autore di un noto trattato di pediatria, direttore dell’“Archiv für Kinderheilkunde”.]
19 [Friedrich Goltz (1834-1902) e Hermann Munk (1839-1912). L’interesse di Freud al problema si rileva dalla sua citata monografia sull’afasia (1891). Jacques Loeb (1859-1924), il celebre fisiologo.]
20 [Benno Baginsky (1848-1919), assistente del professor Hermann Munk nel laboratorio di fisiologia della Clinica veterinaria di Berlino.]
21 [Freud era stato nominato Privat-dozent di neuropatologia nella primavera del 1885.]
Osservazione di un caso grave di emianestesia in un paziente isterico
23 Vedi J.-M. Charcot, Leçons sur les maladies du système nerveux, III (Parigi 1887), lez. 22.
24 [Il fatto è discusso nella nota alla fine del primo paragrafo di Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893).]
26 [Charcot, di solito, distingue quattro fasi. Vedi, ad esempio, Studi sull’isteria (1892-95), cap. 1, par. 4, in OSF, vol. 1. Ma la quarta fase (il “delirio terminale”) non è sempre definita con altrettale chiarezza delle precedenti, e tavolta è omessa.]
27 [Questa sezione corrisponde all’argomento principale del saggio Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893), scritto per la maggior parte negli stessi mesi del 1888.]
28 [Analoga espressione si ritrova nel terzo paragrafo del saggio citato nella nota 27.]
29 [L’importanza della distribuzione dell’eccitamento nel sistema nervoso è concezione frequente nelle opere di Freud di questi anni (vedi ad esempio lo scritto successivo, Prefazione alla traduzione di “Della suggestione” di Hippolyte Bernheim, 1888, in OSF, vol. 1). Il sovrappiù di eccitamento che ha un effetto inibitore o eccitante fa presagire il “principio di costanza”.]
30 [Il passo è una citazione quasi letterale delle opinioni di Charcot (la sua tesi della famille névropathique, il ruolo di meri agents provocateurs degli altri fattori rispetto a quello ereditario, ecc.) che Freud avrebbe criticato pochi anni dopo: vedi le sue Note alla traduzione delle “Lezioni del martedì della Salpêtrière” (1892-94), in OSF, vol. 1, e vedi inoltre gli scritti Charcot (1893) e L’ereditarietà e l’etiologia delle nevrosi (1896).]
31 [Per questi termini inglesi vedi Relazione sui miei viaggi di studio a Parigi e a Berlino (1886), nota 13, in OSF, vol. 1.]
32 [Freud sviluppa questa sua concezione, contraria alle vedute di Janet, nel caso di Emmy von N. degli Studi sull’isteria cit., cap. 2, par. “Epícrisi”.]
33 [Vedi la recensione di Freud a Weir Mitchell, Recensione alla traduzione di “Grasso e sangue” di S. W. Mitchell (1887), in OSF, vol. 1. In seguito Freud raccomanderà una combinazione del metodo di Weir Mitchell con il trattamento catartico di Breuer; vedi Studi sull’isteria cit., cap. 4, par. 2.]
34 In un primo momento Charcot aveva caratterizzato come isteroepilessia quei gravi casi d’isteria nei cui attacchi compare una fase epilettica. In seguito egli ha rinunciato a questo nome, causa di infiniti malintesi, denominando i casi in questione grande hystérie (vedi Isteria cit., par. 2, in OSF, vol. 1). Non si deve quindi attribuire al termine “isteroepilessia” un valore particolare, e soprattutto ci si deve guardare dal credere che questo termine si riferisca a una malattia particolare, che unisca in sé i caratteri dell’isteria e dell’epilessia. Vi sono persone che sono al tempo stesso isteriche ed epilettiche, ma i due quadri sussistono l’uno accanto all’altro, essendo l’uno la complicazione dell’altro, senza modificarsi reciprocamente, e gli accessi di questi pazienti sono sempre o isterici o epilettici. [L’essenziale di questa nota fu ripetuto da Freud nelle Note alla traduzione delle “Lezioni del martedì della Salpêtrière” (1892-94) qui. La distinzione fra accessi isterici ed epilettici è discussa da Freud nelle Osservazioni generali sull’attacco isterico (1908), par. D, e, con maggiore ampiezza, all’inizio di Dostoevskij e il parricidio (1927).]
35 [A. Forel, Der Hypnotismus und seine strafrechtliche Bedeutung, Z. ges. Strafrechts Wiss., vol. 9, p. 131 (1889).]
36 [Rudolf Heidenhain (1834-97), professore di fisiologia e di istologia all’Università di Breslavia dal 1859.]
37 [Charcot descrive queste tre fasi nella 22a delle sue Lezioni sulle malattie del sistema nervoso, tradotte da Freud nel 1886.]
38 A. Hückel, Die Rolle der Suggestion bei gewissen Erscheinungen der Hysterie und des Hypnotismus (Jena 1888).
39 [Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche, che non sarà tuttavia ultimato e pubblicato che nel 1893.]
40 E. Jendrássik, Arch. Neurol., Paris, vol. 11, p. 362 (1886).
41 I rapporti tra isteria e ipnotismo sono certamente assai stretti, ma non si spingono al punto che si debba considerare un attacco isterico comune come uno stato ipnotico a diverse fasi, come ha fatto, alla Società medica di Vienna, T. Meynert, Wien. med. Blätter, vol. 10, n. 23 (1888). In quella conferenza sembra vi sia una confusione delle nostre nozioni su questi due stati, poiché si parla di quattro fasi dell’ipnosi secondo Charcot, il quale però ne riconosce soltanto tre [vedi Prefazione alla traduzione di “Della suggestione” di Hippolyte Bernheim (1888), in OSF, vol. 1], mentre la quarta, il cosiddetto stadio somniant, non è menzionata in alcun luogo se non da Meynert. Invece Charcot attribuisce quattro fasi all’attacco isterico [vedi nota 26, in OSF, vol. 1].
42 J.-M. Charcot, Leçons du mardi de la Salpêtrière (1887-88) (Parigi 1888), lez. 7, caso 1, e lez. 18, caso 1.
43 [In una nota aggiunta alla sua traduzione (vedi Ipnosi, 1891, in OSF, vol. 1) Freud rileva: “Mi sembra ingiustificato e non necessario presumere che un atto esecutivo muti la sua localizzazione nel sistema nervoso se, iniziato coscientemente, continua poi inconsciamente. È probabile, al contrario, che la parte interessata del cervello possa operare con un livello variabile di attenzione (o coscienza).” Vedi un’osservazione simile di Breuer negli Studi sull’isteria (1892-95), cap. 3, par. 5, e vedi anche la riaffermazione di quanto sopra in L’inconscio (1915), par. 2, in OSF, vol. 8.]
44 [In realtà, veniva così omessa quasi la metà del libro, e in particolare quella parte tradotta da von Springer e non da Freud.]
45 [James Braid (1795-1860), medico scozzese che può essere considerato il primo studioso dell’ipnotismo e cui si deve l’introduzione del termine, nel 1843. Ambroise Liébeault (1823-1904), fondatore della scuola di Nancy, maestro prima e poi collega di Hippolyte Bernheim.]
46 Come apprendo da una lettera di Forel. [Era nato a Morges, sul Lago di Ginevra.]
47 [Sono citazioni dalla prefazione di Forel.]
48 Così si espresse il consigliere aulico Meynert in una seduta della Società medica del 7 giugno di quest’anno. [Per qui e nel seguito vedi T. Meynert, Wien. med. Wschr., vol. 2, pp. 475, 498, 522 (1889).]
49 [Meynert usò questa parola; vedi Prefazione alla traduzione di “Della suggestione” di Hippolyte Bernheim (1888), in OSF, vol. 1.]
50 Devo di nuovo rettificare il consigliere Meynert. Egli dice di me che io “esercito in questa città come un esperto praticante dell’ipnosi”. Ciò dice troppo poco, e potrebbe creare fra gli estranei l’errata impressione che io non faccia null’altro che ipnotizzare. Invece io lavoro “in questa città” come neurologo, e mi servo di tutti i metodi terapeutici a disposizione di chi pratica questa specialità. I successi che finora ho ottenuto con l’uso dell’ipnosi mi impongono comunque di non abbandonare mai più questo potente strumento.
51 [Freud discute la natura del trattamento causale e le caratteristiche della psicoanalisi al riguardo, nell’Introduzione alla psicoanalisi (1915-17), lez. 27.]
52 [Vecchio indovinello caro a Freud, che lo ripeterà nella Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), par. 4: “Cristoforo porta Cristo, Cristo porta tutto il mondo: dimmi dunque, dove poggia i piedi Cristoforo?” (in Opere di Sigmund Freud – d’ora in avanti OSF –, vol. 9).]
53 Il libro sulla suggestione di cui si parla nel capitolo precedente.
54 [J. Delbœuf, L’hypnotisme et la liberté des représentations publiques (Liegi 1888).]
55 [Vedi L’interpretazione dei sogni (1899), cap. 1, par. C, sottopar. 1, in OSF, vol. 3.]
56 Vedi vol. 2, pt. 10, cap. 4 [del volume collettivo sulla “Salute” di cui faceva parte questo scritto di Freud].
57 [Vedi le osservazioni su questo argomento nell’Interpretazione dei sogni cit., cap. 5, par. C e passim.]
58 [Su questo argomento Freud ritornò molti anni dopo, in Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), par. 8.]
59 [La parola Suggestion fu importata in tedesco nel suo senso tecnico e solo successivamente acquistò un significato più generale.]
60 [Riferimento a Meynert. Vedi Recensione a “L’ipnotismo” di August Forel (1889), par. 1, in OSF, vol. 1, le critiche di Freud contenute nella sua recensione a Forel.]
62 [Confronta la singolare concordanza con una frase di Freud contenuta in uno dei suoi ultimi scritti, Analisi terminabile e interminabile (1937), par. 5: “Durante il lavoro sulle resistenze, l’Io si sottrae... al patto su cui si fonda la situazione analitica.”]
63 [Allusione al metodo di Breuer già adottato da Freud durante la stesura di questo saggio.]
64 [Rimando a un’altra voce, non di Freud, del “Therapeutisches Lexicon”.]
65 [Mediante alcuni di questi sintomi, in seguito, Freud distinguerà la nevrastenia dalla nevrosi d’angoscia. Vedi l’inizio di Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come “nevrosi d’angoscia” (1894).]
66 [Freud si riferisce alla “Comunicazione preliminare”, sua e di Breuer, che stava per essere pubblicata e che diverrà poi il primo capitolo degli Studi sull’isteria (1892-95).]
67 Fra la compilazione e la correzione delle bozze di queste righe mi è pervenuto uno scritto di H. Kaan, Der neurasthenische Angstaffekt bei Zwangsvorstellungen und der primordiale Grübelzwang (Vienna 1893), che contiene analoghe considerazioni.
68 Vedi la contemporanea “Comunicazione preliminare” di J. Breuer e di S. Freud: Sul meccanismo psichico dei fenomeni isterici.
69 [È il caso di Emmy von N., più ampiamente descritto negli Studi sull’isteria e già accennato nella “Comunicazione preliminare”. Nei vari resoconti i particolari differiscono. Vedi Studi sull’isteria (1892-95), soprattutto cap. 1, par. 1; cap. 2, par. 2, “1° maggio 1899”, “9 maggio mattina”, “11 maggio mattina e sera”, e par. “Epícrisi”, in OSF, vol. 1.]
70 J.-M. Charcot, Leçons du mardi de la Salpêtrière (1887-88) (Parigi 1888). [Ritroveremo nel presente volume le monache e i ragazzi beneducati: vedi Sulla teoria dell’attacco isterico (Freud e Breuer), (1892), parr. 2, 3, 4, in OSF, vol. 1, gli Estratti dalle note alla traduzione delle “Lezioni del martedì della Salpêtrière” (1892-94), negli Studi sull’isteria cit., cap. 1, par. 2 e cap. 3, par. 6.)
71 Mi limito a osservare che sarebbe vantaggioso studiare, anche al di fuori dell’isteria e del tic, l’obiettivarsi della controvolontà, così frequente nell’ambito del normale. [L’osservazione può considerarsi un’anticipazione della Psicopatologia della vita quotidiana (1901), cap. 7, par. B, e cap. 12, par. F (in OSF, vol. 4), ove, nove anni dopo, ricomparirà il termine “controvolontà”.]
Abbozzi per la "Comunicazione preliminare"
72 [Il giorno precedente, 28 giugno 1892, Freud aveva scritto a Fliess che “Breuer ha accettato di pubblicare con la mia collaborazione la teoria dell’abreazione e gli altri nostri risultati congiunti sull’isteria. Una parte di tale pubblicazione, che in un primo momento volevo scrivere da solo, è terminata”. È probabilmente la parte cui si riferisce Freud all’inizio della lettera qui riportata.]
73 [La stessa alternativa nei metodi di esposizione si ritroverà presa in considerazione da Freud all’inizio del frammento Alcune lezioni elementari di psicoanalisi (1938).]
74 [È la prima menzione del “principio di costanza”, per cui vedi Sulla teoria dell’attacco isterico (Freud e Breuer), (1892), punto 5, in OSF, vol. 1.]
75 [Vedi ibid., i punti 2, 3, 4.]
77 [Discussione sulla differenza tra isteria “costituzionale” e “accidentale”; vedi Sulla teoria dell’attacco isterico cit., il punto 5 e la fine del primo capoverso dell’abbozzo III.]
78 [Le parole tra parentesi quadre, cancellate nel manoscritto.]
79 [Variante di questo capoverso cancellata nel manoscritto: dopo le parole “I sintomi duraturi corrispondono al meccanismo normale e sono”, il testo cancellato proseguiva: “tentativi di reazione, in parte per vie anormali; il carattere isterico consistendo nel fatto che essi permangono. Il motivo del loro perdurare si ritrova nella questione c)”.]
80 [Vedi oltre l’ultimo abbozzo.]
82 [Vedi la fine del primo capoverso dell’abbozzo III.]
84 [Evidentemente – e di qui il titolo di questo abbozzo – una minuta del terzo paragrafo della “Comunicazione preliminare”, vedi cap. 1, par. 3, in OSF, vol. 1.]
85 [Uno dei primi esempi dell’uso, da parte di Freud, del termine, la cui introduzione è generalmente attribuita a Jung: vedi Per la storia del movimento psicoanalitico (1914), par. 2. Vedi Studi sull’isteria (1892-95), cap. 3, par. 5, in OSF, vol. 1.]
86 [Vedi la “Comunicazione preliminare”, cap. 1, par. 3, in OSF, vol. 1. È uno dei primi esempi di quella che Freud chiamerà in seguito “serie complementare”.]
87 [È la prima volta che compare il termine coniato da Breuer.]
88 [Vedi l’ultima frase dell’abbozzo successivo, Sulla teoria dell’attacco isterico (Freud e Breuer), (1892), punto 5, in OSF, vol. 1.]
89 [Manca una parola nel manoscritto originale, e la frase risulta pertanto oscura. L’interpretazione è facilitata dall’ultima frase del par. 3 della “Comunicazione preliminare”.]
90 [È probabile che in luogo di Unregierbarkeit si debba leggere: Unabreagierbarkeit; la frase significherebbe allora: “e con l’impossibilità di abreazione dalle sue rappresentazioni”.]
92 [Sebbene il manoscritto originale datato “Vienna, fine di novembre, 1892” sia di mano di Freud, i primi editori tedeschi sostengono che fu scritto insieme con Breuer. È una minuta del quarto paragrafo della “Comunicazione preliminare”.]
94 [È, questo, il “principio di costanza”, che non figura però nella “Comunicazione preliminare”.]
Prefazione e note alla traduzione delle “Lezioni del martedì della Salpêtrière” di J.-M. Charcot
95 [Il notissimo Traité de thérapeutique (Parigi 1836-39) di Armand Trousseau (1801-67).]
96 [“Faccio morfologia patologica, faccio anche un po’ anatomia patologica; ma non faccio fisiologia patologica, aspetto che la faccia qualcun altro.” - Freud adottò in larga misura, almeno nelle sue prime classificazioni, i metodi clinici della scuola francese; vedi in particolare Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come “nevrosi d’angoscia” (1894).]
97 [Vedi Studi sull’isteria (1892-95), il par. 4 della “Comunicazione preliminare”, in OSF, vol. 1.]
98 [“La teoria, sta bene, ma ciò non impedisce l’esistenza.” È questo l’aneddoto preferito da Freud, relativamente a Charcot, più volte ripetuto in scritti posteriori.]
99 [Freud accenna al suo scritto: Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893).]
100 [Il commento di Freud è chiaro indizio della sua crescente insoddisfazione per la suggestione.]
104 Sul meccanismo psichico dei fenomeni isterici, Neurologisches Centralblatt (1893), nn. 1 e 2.
105 [Come spiegato sopra, questo primo capitolo fu pubblicato originariamente come lavoro a sé stante nel 1893. Come tale fu da Freud inserito anche nel primo volume della Raccolta di brevi scritti sulla teoria delle nevrosi (1893-1906) (1906).]
107 [È il secondo caso esaminato più oltre, ibid., cap. 2, par. 2. Gli episodi sono anche riferiti qui sopra in Un caso di guarigione ipnotica (1892), dove è pure discusso il concetto di “controvolontà isterica”.]
108 La possibilità di una terapia di questo genere è stata chiaramente riconosciuta da Delbœuf e Binet, come mostrano le citazioni seguenti: “Si spiegherebbe allora come il magnetizzatore aiuti la guarigione. Egli colloca nuovamente il soggetto nello stato in cui il male si è manifestato e combatte con la parola quello stesso male, ma mentre esso rinasce” J. Delbœuf, Le magnétisme animal (Parigi 1889). “...forse si osserverà che, riportando il malato mediante un artificio mentale al momento stesso in cui il sintomo è apparso la prima volta, si rende il malato più docile a una suggestione curativa” A. Binet, Les altérations de la personnalité (Parigi 1892), p. 243. Nell’interessante libro di P. Janet, L’automatisme psychologique (Parigi 1889), si trova la descrizione della guarigione ottenuta in una fanciulla isterica mediante applicazione di un procedimento analogo al nostro.
109 Nel testo di questa comunicazione preliminare non possiamo isolare ciò che nel suo contenuto è nuovo da ciò che si trova in altri autori, come Moebius e Strümpell, i quali hanno sostenuto per l’isteria punti di vista simili al nostro. La maggiore approssimazione a quanto andiamo esponendo in linea teorica e terapeutica, l’abbiamo trovata in alcune osservazioni occasionali pubblicate da Benedikt, delle quali ci occuperemo in altro luogo [vedi cap. 3, par. 3, nota 224, in OSF, vol. 1].
110 [È questo il primo scritto in cui compaiono i concetti di catarsi e abreazione (deflusso).]
111 [È la prima apparizione del termine “rimuovere” (verdrängen) nel suo senso psicoanalitico. Vedi anche le note 177, 178 e nota 192.]
114 [J.-M. Charcot, Leçons sur les maladies du système nerveux, III (Parigi 1887), p. 261.]
115 [Charcot, ibid., p. 255, definisce le stigmate isteriche: “i sintomi permanenti dell’isteria”. Le stigmate sono discusse da Breuer, cap. 3, par. 6, in OSF, vol. 1 e da Freud, ibid., cap. 4, par. 1.]
116 [Vedi l’abbozzo di questo paragrafo in Sulla teoria dell’attacco isterico, in Abbozzi per la “Comunicazione preliminare” (1892), in OSF, vol. 1. Il soggetto degli attacchi isterici sarà ripreso da Freud negli scritti: Osservazioni generali sull’attacco isterico (1908), e Dostoevskij e il parricidio (1927).]
117 [Freud citerà quasi testualmente questa asserzione in una nota nel primo dei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), par. 4 e nell’Autobiografia (1924), par. 2.]
118 [Gehäglich, parola coniata dalla paziente, in luogo dell’usato behaglich (comodo).]
119 [Il fenomeno è qui discusso da Freud, cap. 4, par. 3, dove lo descriverà come “partecipazione al discorso” da parte del sintomo.]
120 [A questo punto, il racconto presenta una carenza, rilevata da Freud sia in Per la storia del movimento psicoanalitico (1914), par. 1, ove parla di un untoward event (in inglese: contrattempo) che colpì Breuer (la motivazione sessuale della traslazione), sia nell’Autobiografia (1924), par. 2, sia nella lettera a Stefan Zweig del 2 giugno 1932: “In quel momento egli [Breuer] aveva in mano la chiave che gli avrebbe aperto la strada verso le ‘Madri’ [vedi la frase di Breuer, cap. 3, par. 1, in OSF, vol. 1], ma la lasciò cadere.” La vicenda della “traslazione” non analizzata verso Breuer è narrata per esteso da Jones e riassunta qui in Avvertenza editoriale.]
121 [La stessa analogia sarà usata da Freud in Esperienze ed esempi tratti dalla pratica dell’analisi (1913).]
122 [È forse il primo esempio dell’uso del termine, nella sua accezione psicoanalitica. Il fatto che Breuer lo ponga tra virgolette può essere inteso come un’attribuzione a Freud, che lo userà alcune pagine più avanti. La forma aggettivale “inconscio” figura qui nell’abbozzo del 1892 Sulla teoria dell’attacco isterico, in Abbozzi per la “Comunicazione preliminare” (1892), punto 3. Il termine “subconscio”, invece, spesso usato qui da Breuer, è ancora adoperato da Freud qui, cap. 2, par. 2, nota 145, ma sarà poi abbandonato.]
123 [Questo caso è riassunto e discusso da Freud nella prima delle Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1909).]
124 Questo schiocco era in più tempi; colleghi intenditori di caccia che l’avevano udito ne paragonavano i suoni finali al grido amoroso dell’urogallo.
125 Le parole corrispondevano in effetti a una formula protettiva, che anch’essa trova la sua spiegazione in quanto segue. Ho da allora osservato formule protettive di questo genere presso una malinconica, la quale tentava di dominare in questo modo i pensieri che la torturavano (desideri che a suo marito e a sua madre potesse capitare del male, bestemmie e simili).
126 Si trattava di un delirio isterico che si alternava con lo stato normale della coscienza, proprio come un tic autentico s’inserisce in un movimento volontario senza disturbarlo né confondersi con esso.
127 Quando si svegliava dall’ipnosi ogni volta guardava per un momento intorno a sé come confusa, posava poi lo sguardo su di me, sembrava essersi ripresa, metteva gli occhiali che prima di addormentarsi si era tolti, ed era poi serena e completamente in sé. Sebbene nel corso del trattamento che in quell’anno occupò sette settimane e nell’anno successivo otto settimane, parlassimo di tutto fra noi e venisse da me addormentata quasi due volte al giorno, non mi fece mai domande od osservazioni riguardanti l’ipnosi e sembrava ignorare il più possibile, nel suo stato di veglia, il fatto di venire ipnotizzata.
128 Una simile inserzione repentina di un delirio nello stato di veglia non era cosa rara in lei e si ripeté infatti spesso in mia presenza. Soleva lamentarsi di dare spesso, nella conversazione, le risposte più assurde, cosicché i suoi domestici non la capivano. Durante la mia prima visita, alla mia domanda di quale fosse la sua età, aveva risposto con assoluta serietà: “Sono una donna del secolo scorso.” Settimane dopo mi spiegò che quella volta, nel delirio, aveva pensato a un bell’armadio antico da lei, appassionata di mobili antichi, acquistato in viaggio. L’indicazione dell’epoca si riferiva a questo armadio, quando la mia domanda circa la sua età le aveva dato occasione di dire qualcosa in relazione a un’epoca.
129 Una specie di emicrania.
130 Questo ricordare con immagini visive vivaci ci venne riferito da molte altre isteriche con particolare riguardo per i ricordi patogeni.
131 [“Sera” in tutte le edizioni tedesche, ma deve trattarsi di un errore.]
132 Da sveglia, alla mia domanda sulla provenienza del tic, aveva risposto: “Non lo so; oh, già da moltissimo tempo.”
133 Al rospo doveva certamente connettersi un particolare simbolismo, che purtroppo non ho cercato di esaminare a fondo.
134 [È questa, forse, la prima volta in cui appare il metodo delle associazioni libere.]
135 Quale si ebbe poi effettivamente.
136 La risposta: “Non lo so” poteva essere esatta, ma poteva anche significare scarsa volontà di parlare dei motivi. In seguito, con altri malati, ho fatto l’esperienza che, pure nell’ipnosi, i pazienti si ricordano tanto più difficilmente di una cosa, quanto maggiore è stato il loro sforzo per rimuovere dalla coscienza il fatto stesso.
137 Come qui si apprende, lo schioccare a guisa di tic e la balbuzie spastica della paziente sono due sintomi che risalgono a occasioni fra loro simili e a un meccanismo analogo. Ho considerato questo meccanismo in un piccolo lavoro: Un caso di guarigione ipnotica (1892); ritornerò del resto anche qui sull’argomento [vedi cap. 2, parr. 2 ed “Epícrisi”].
138 Tutte queste suggestioni didattiche rimasero senza efficacia con la signora Emmy, come risultò in seguito.
139 Questa volta probabilmente andai troppo oltre con la mia energia. Ancora un anno e mezzo dopo, quando rividi la signora Emmy in stato di salute relativamente buono, si lamentò con me dello strano fatto per cui riusciva a ricordarsi soltanto in modo estremamente impreciso di alcuni elementi molto importanti della sua vita [cap. 2, par. 2, in OSF, vol. 1, “18 maggio”] e considerava questo fatto una prova della diminuzione della sua memoria, mentre io dovetti astenermi dal darle spiegazione di questa speciale amnesia. Il successo completo della terapia in questo particolare punto derivava probabilmente anche dal fatto che mi ero fatto raccontare il ricordo in modo assai minuzioso (molto più minuzioso di quanto sia conservato negli appunti), mentre di solito io mi accontentavo troppo spesso di semplici accenni.
140 Compresi questa piccola scena soltanto il giorno seguente. La sua natura ribelle, che, tanto nella veglia che nel sonno artificiale, si inalberava di fronte a ogni costrizione, l’aveva fatta adirare perché avevo considerato conchiusa la sua narrazione, e l’avevo interrotta con la mia suggestione finale. Posseggo molte altre prove del fatto che, nella sua coscienza ipnotica, sorvegliava criticamente il mio lavoro. Probabilmente avrebbe voluto rimproverarmi di averla disturbata, quel giorno, nel racconto, così come prima l’avevo disturbata a proposito degli orrori del manicomio, ma non osò farlo e comunicò queste aggiunte [sui manicomi] con apparente spontaneità, senza tradire il processo ideativo che le collegava. Il giorno seguente una sua osservazione critica mi fece comprendere il mio sbaglio.
141 Purtroppo, in questo caso, ho trascurato di indagare sul significato della zoopsia, cercando per esempio di distinguere ciò che nella sua paura degli animali fosse orrore primario, quale si verifica in molti nevrotici fin dalla giovinezza, da ciò che era simbolismo.
142 L’elemento mnestico visivo del lucertolone aveva certo potuto acquistare questa importanza solo grazie alla coincidenza nel tempo con una grande emozione, che deve aver provato durante quella rappresentazione teatrale. Nella terapia di questa paziente però, come ho già confessato [note 133, 140, 141], spesso mi sono accontentato solo di mezzi superficiali e anche in questo caso non ho proceduto più a fondo. Del resto ci si ricordi della macropsia isterica. La signora Emmy era fortemente miope ed astigmatica e le sue allucinazioni potevano essere spesso provocate dalla scarsa nitidezza delle sue percezioni visive.
143 [Isola nel Baltico.]
144 Ero incline allora a presumere per tutti i sintomi in un’isteria, un’origine psichica. Oggi spiegherei la tendenza all’angoscia in questa donna che viveva in astinenza, come nevrotica (nevrosi d’angoscia).
145 Le cose si erano dunque svolte nel modo seguente: Quando la mattina si era svegliata, si era trovata in stato d’animo ansioso e per spiegare questo stato d’animo era ricorsa alla prima rappresentazione ansiosa che le si era presentata. Il pomeriggio precedente vi era stata una conversazione sull’ascensore nella casa delle figlie. La madre, sempre preoccupata, aveva chiesto alla governante se la figlia maggiore, la quale per ovarialgia destra e per dolori alla gamba destra non poteva camminare molto, usasse l’ascensore anche per la discesa. Un falso ricordo le aveva permesso poi di ricollegare la propria angoscia, di cui era consapevole, alla rappresentazione di quell’ascensore. Il vero motivo della sua angoscia, nella sua coscienza non lo aveva trovato; esso apparve soltanto, ma in compenso senza esitazione alcuna, quando glielo domandai nell’ipnosi. Era lo stesso processo che Bernheim e altri dopo di lui studiarono nelle persone che effettuano una esecuzione postipnotica di un ordine impartito in ipnosi. Per esempio H. Bernheim, De la suggestion (Parigi 1886), p. 29, aveva suggerito a un paziente di mettersi in bocca entrambi i pollici. Il paziente eseguisce l’azione, e si scusa col dire che per effetto di un morso datosi il giorno prima durante un attacco epilettiforme aveva un dolore nella lingua. Una fanciulla, obbedendo a una suggestione, tenta un’aggressione omicida contro un ufficiale giudiziario che le è completamente sconosciuto; presa e interrogata circa i motivi del suo atto, inventa una storia di un’offesa arrecatale e di cui doveva vendicarsi. Pare che vi sia un bisogno di stabilire un legame causale tra i fenomeni psichici, di cui si acquista coscienza, e altre cose coscienti. Quando la causa vera si sottrae alla percezione da parte della coscienza, si tenta senza esitazione un altro nesso a cui, benché sia falso, si presta fiducia. È chiaro che una scissione del contenuto della coscienza debba favorire moltissimo questi “falsi nessi”. [Vedi cap. 4, par. 3, in OSF, vol. 1.]
Voglio indugiare un po’ di più sull’esempio di falso nesso su riferito, perché merita di essere considerato come un modello per più di un riguardo. Esso è anzitutto un modello per il comportamento di questa paziente, che nel corso del trattamento mi diede ancora ripetutamente occasione di sciogliere, per mezzo del chiarimento ipnotico, falsi nessi di questo tipo, eliminando gli effetti che ne derivavano. Voglio narrare per esteso un caso di questo genere perché esso getta una luce abbastanza chiara su questo fenomeno psicologico. Avevo proposto alla signora Emmy di tentare, in luogo dei bagni tiepidi abituali, un semicupio freddo, promettendole un maggiore beneficio. Essa eseguiva le prescrizioni del medico con obbedienza assoluta ma ogni volta con la massima diffidenza. Ho già riferito che il trattamento medico non le aveva quasi mai portato sollievo. La mia proposta di fare dei bagni freddi non fu fatta in modo così autoritario da impedirle di trovare il coraggio di esprimermi le sue obiezioni: “Ogni volta che ho fatto bagni freddi, sono stata malinconica per tutto il giorno. Ma tenterò nuovamente se Lei proprio vuole; non creda che io non faccia qualcosa che Lei mi dice.” Finsi di rinunciare alla mia proposta, ma le suggerii nella ipnosi successiva di proporre lei stessa i bagni freddi, come se ci avesse ripensato, e volesse fare ancora questo tentativo, ecc. Così fu, riprese lei stessa il giorno successivo l’idea di ricorrere a semicupi freddi, cercò di guadagnarmi all’idea con tutti gli argomenti che io stesso le avevo esposto, ed io acconsentii con indifferenza. Il giorno successivo al semicupio la trovai però realmente in uno stato di profonda depressione. “Perché è così oggi?” – “Lo sapevo già prima. Col bagno freddo, è sempre così.” – “Ma l’ha chiesto Lei stessa. Adesso sappiamo che Lei proprio non lo sopporta. Ritorniamo dunque ai bagni tiepidi.” Nell’ipnosi poi le chiesi: “È stato veramente il bagno freddo, che l’ha così depressa?” —“Ah, il bagno freddo non ha niente a che fare”, fu la risposta, “ma stamattina ho letto nel giornale che è scoppiata una rivoluzione a San Domingo. Quando là ci sono torbidi, se la prendono sempre con i bianchi; e io ho a San Domingo un fratello che ci ha già procurato tante preoccupazioni e ora ho paura che gli succeda qualche cosa.” Con ciò la faccenda fra noi rimase sistemata; la mattina seguente fece il suo semicupio freddo come se fosse la cosa più naturale e continuò a farlo per più settimane, senza mai considerarlo responsabile di un suo malumore.
Mi si concederà senz’altro che questo esempio è tipico anche per il comportamento di tanti altri nevrotici contro la terapia consigliata dal medico. Che a provocare un dato giorno un determinato sintomo siano i torbidi verificatisi a San Domingo oppure altrove, il paziente è sempre incline ad attribuire quel sintomo all’ultimo influsso esercitato dal medico. Delle due condizioni richieste per il verificarsi di un falso nesso di questo genere, una, la diffidenza, pare sussista sempre; l’altra, la scissione della coscienza, viene sostituita dalla circostanza che per lo più i nevropatici o non hanno alcuna conoscenza delle cause reali (o per lo meno delle cause occasionali) della loro malattia, o intenzionalmente non vogliono prendere conoscenza, perché si ricordano malvolentieri della loro parte di responsabilità.
Si potrebbe pensare che le condizioni psichiche rilevate nei nevropatici, non isterici, e costituite dall’ignoranza o dall’intenzionale trascuranza, debbano essere più favorevoli, per il formarsi di un falso nesso, che non la presenza di una scissione della coscienza, la quale infatti sottrae alla coscienza una parte di materiale per nessi causali. Tale scissione tuttavia raramente è netta; perlopiù frammenti del complesso di rappresentazioni subconsce [vedi nota 85 e nota 122, in OSF, vol. 1] penetrano nella coscienza ordinaria, e proprio questi danno luogo a tali disturbi. Di solito, è lo stato d’animo generale, collegato al complesso, il senso d’angoscia, della tristezza, ad essere percepito coscientemente, come nell’esempio su riportato, ed è per esso che con una sorta di “coazione ad associare” si deve stabilire un legame con un complesso di rappresentazioni presente nella coscienza. (Vedi del resto il meccanismo della rappresentazione ossessiva, che ho delineato in Le neuropsicosi da difesa, 1894; vedi anche Ossessioni e fobie, 1894.)
Della potenza di una siffatta coazione ad associare potei convincermi recentemente con osservazioni in altro campo. Per più settimane ho dovuto alternare il mio letto abituale con un giaciglio più duro, sul quale verosimilmente sognavo di più, o più vivacemente, o forse solo non potevo raggiungere la normale profondità del sonno. Nel primo quarto d’ora dopo il risveglio sapevo tutti i sogni della notte e mi sforzavo di trascriverli tentando di interpretarli. Riuscii a ricondurre tutti questi sogni a due fattori: 1) il bisogno di elaborare quelle rappresentazioni sulle quali durante il giorno mi ero solo fugacemente soffermato e che erano state solo sfiorate in modo non esauriente, e 2) la coazione a stabilire dei nessi fra le cose che si erano presentate durante lo stesso stato di coscienza. Alla libera azione di quest’ultimo fattore dovevano ricondursi la insensatezza e il carattere contraddittorio dei sogni.
Che lo stato d’animo connesso a un’esperienza vissuta e il contenuto del fatto stesso potessero normalmente assumere una relazione diversa rispetto alla coscienza primaria, ho potuto costatare in un’altra paziente, la signora Cäcilie M., che ho potuto conoscere in un modo assai più approfondito che non qualsiasi altra paziente qui citata. Con questa signora ho raccolto le prove più numerose e più convincenti per quel meccanismo dei fenomeni isterici che viene espresso nel presente lavoro; ma purtroppo circostanze personali mi impediscono di comunicare per esteso la storia di questa malata, alla quale qui voglio riferirmi. La signora Cäcilie M. si trovava da ultimo in uno strano stato isterico, che certamente non costituisce un caso isolato, benché io non sappia se sia mai stato riconosciuto. Lo si potrebbe definire una “psicosi isterica di estinzione”. La paziente aveva subito numerosi traumi psichici e aveva presentato per lunghi anni un’isteria cronica con manifestazioni assai diverse. Le cause di tutti quegli stati erano ignote a lei e agli altri, la sua memoria brillantemente dotata presentava le lacune più sorprendenti; lei stessa si lagnava che la sua vita le si era ridotta a brandelli. Un giorno repentinamente irruppe in lei con plastica evidenza, e con tutta la freschezza di una sensazione nuova, una vecchia reminiscenza; e da allora essa rivisse per quasi tre anni tutti i traumi della sua vita – ritenuti da gran tempo dimenticati e alcuni dei quali nemmeno veramente mai ricordati – con una spaventosa ricchezza di sofferenze e col ritorno di tutti i sintomi già avuti. Questa “estinzione di vecchi debiti” occupò un periodo di trentatrè anni, e permise di riconoscere per ognuno dei suoi stati la sua determinazione, spesso assai complicata. Le si poteva portare sollievo soltanto offrendole occasione di liberarsi della reminiscenza che in quel momento la stava tormentando, esprimendo verbalmente nell’ipnosi quella reminiscenza con tutto il corredo degli stati d’animo e delle espressioni corporee corrispondenti. E quando io per un mio impedimento non potevo essere presente, cosicché essa era costretta a parlare davanti a una persona di cui aveva soggezione, accadeva talvolta che le narrasse la storia in modo del tutto tranquillo, portando in seguito a me nell’ipnosi tutto il pianto, tutte le manifestazioni della disperazione, con cui propriamente avrebbe voluto accompagnare la narrazione. Dopo aver fatto questa specie di pulizia nell’ipnosi, per alcune ore stava abbastanza bene ed era presente a sé stessa. Dopo breve tempo irrompeva la reminiscenza successiva nella serie, che però veniva preannunciata dallo stato d’animo corrispondente con un anticipo di qualche ora. Diventava irritabile o ansiosa o disperata senza mai sospettare che un tale stato d’animo non apparteneva al presente ma a quella condizione in cui sarebbe piombata fra poco. In questi periodi di transizione, stabiliva sempre dei falsi nessi ai quali rimaneva ostinatamente attaccata fino al momento dell’ipnosi. Così per esempio mi ricevette una volta con la domanda: “Non sono una persona abietta? Non è un segno di abiezione, l’averle detto tutto questo, ieri?” Ciò che il giorno prima mi aveva detto, non giustificava in verità per me in alcun modo una tale condanna; dopo breve discussione anche lei comprese questo benissimo, ma l’ipnosi seguente fece apparire una reminiscenza di una circostanza per cui dodici anni prima si era fatta un grave rimprovero, che, del resto, attualmente non considerava più valido.
[Il penultimo capoverso è il primo abbozzo pubblicato da Freud di una teoria di interpretazione dei sogni. I due fattori ivi indicati avranno un rilievo secondario nell’Interpretazione dei sogni (1899), cap. 1, par. G; cap. 5, par. A; cap. 7, par. D (teoria di Robert), in OSF, vol. 3.]
146 Riflettendoci sopra in seguito ho pensato che questi “crampi alla nuca” potevano essere degli stati condizionati organicamente, analoghi all’emicrania. Si incontrano nella pratica medica parecchi stati del genere che non sono descritti e che presentano una concordanza così evidente col classico attacco di emicrania da indurre a un ampliamento della definizione di quest’ultima, che lasci in seconda linea la localizzazione del dolore. Come è noto, molte donne nevropatiche sogliono combinare insieme l’attacco di emicrania e attacchi isterici (contrazioni e deliri). Ogni volta che rilevavo il crampo alla nuca nella signora Emmy, c’era anche un attacco di delirio.
Per quel che riguarda i dolori alle braccia e alle gambe, penso che si trattasse di un caso, non molto interessante ma tanto più frequente, di determinazione per coincidenza casuale. Essa aveva avuto dolori del genere all’epoca della agitazione e della assistenza ad altri malati, ne aveva risentito più fortemente del solito a motivo dell’esaurimento dovuto a stanchezza, e i dolori originariamente associati solo in modo casuale con quelle vicende venivano poi ripetuti nella sua memoria quale simbolo corporeo del complesso delle associazioni. Darò qui [cap. 2, parr. 5 ed “Epícrisi”] parecchi altri esempi che confermano questo processo. Verosimilmente i dolori erano in origine reumatici, vale a dire, per dare un senso determinato a questa parola tanto abusata, dolori risiedenti principalmente nei muscoli; per tali dolori si può costatare una notevole sensibilità alla pressione e modificazione nella consistenza muscolare, ed essi si manifestano più intensamente dopo prolungato riposo o prolungata fissità dell’arto, cioè al mattino, mentre si attenuano in seguito ad allenamento nel movimento doloroso e si possono far scomparire col massaggio. Tali dolori miogeni, frequentissimi in tutte le persone, acquistano grande importanza nei nevropatici; da questi essi sono ritenuti, con l’aiuto dei medici che non hanno l’abitudine di esaminare i muscoli premendoli col dito, disturbi nervosi, ed essi forniscono il materiale per una quantità indeterminata di nevralgie isteriche, per cosiddette ischialgie, ecc. Dei rapporti fra questo male e la disposizione alla gotta voglio qui dare solo un breve cenno. La madre e due sorelle della mia paziente avevano sofferto in alto grado di gotta (o reumatismo cronico). Una parte dei dolori di cui allora essa si lamentava, poteva essere anche di carattere attuale. Io non lo so; allora non avevo ancora pratica nel giudicare lo stato dei muscoli.
147 [Attone, vescovo di Vercelli (c. 885-961), canonista e teologo, morì, secondo la leggenda, divorato dai topi.]
148 Non era un buon metodo, quello che io seguivo. Tutto questo era fatto in modo non abbastanza esauriente.
149 L’aver ricondotto la balbuzie e lo schioccare della lingua ai due traumi iniziali [la malattia della figlia e i cavalli imbizzarriti, vedi cap. 2, par. 2, “9 maggio mattina” e “10 maggio mattina”, in OSF, vol. 1] non li aveva eliminati completamente, anche se si era verificata un’evidente diminuzione dei due sintomi. La spiegazione di questo incompleto successo fu data dalla paziente stessa. Essa si era abituata a schioccare la lingua e a balbettare ogni volta che si spaventava e così questi sintomi avevano finito col non dipendere più soltanto dai traumi iniziali, ma da una lunga catena di ricordi a quelli associati, e che io avevo tralasciato di cancellare. È questo un caso che si verifica abbastanza spesso e che pregiudica ogni volta l’eleganza e la completezza dell’azione terapeutica mediante il metodo catartico.
150 Mi resi conto qui per la prima volta – cosa che in seguito vidi innumerevoli volte confermata – che nella risoluzione ipnotica di un delirio isterico recente la comunicazione del paziente inverte l’ordine cronologico, per cui comunica dapprima le impressioni e i collegamenti d’idee più recenti e meno importanti, giungendo solo alla fine all’impressione primaria, e probabilmente più importante dal punto di vista causale.
151 La sua meraviglia della sera prima, di non avere avuto per tanto tempo il crampo alla nuca, era dunque un presentimento dello stato che si avvicinava, che già allora si preparava e che veniva avvertito nell’inconscio [vedi nota 125, in OSF, vol. 1]. Questa strana forma di presentimento era del tutto ordinaria per la signora Cäcilie M. di cui è detto più sopra. Ogni volta quando, stando benissimo, diceva per esempio: “È già un bel po’ che di notte non ho avuto paura delle streghe”, oppure: “Come sono contenta che il mio dolore agli occhi non sia più tornato da tanto tempo”, potevo essere certo che la notte successiva l’infermiera avrebbe avuto un servizio difficile per una formidabile paura delle streghe o che la fase successiva si sarebbe iniziata con il temuto dolore all’occhio. Era ogni volta come un trasparire di ciò che nell’inconscio già era preparato e pronto, e l’ingenua coscienza “ufficiale” (secondo l’espressione di Charcot) elaborava la rappresentazione, apparsa come un’idea improvvisa, trasformandola in una espressione di soddisfazione, destinata ad essere sempre smentita in modo abbastanza rapido e certo. La signora Cäcilie, una signora intelligentissima, alla quale debbo molto aiuto per la comprensione dei fenomeni isterici, mi fece notare lei stessa che questi fatti potevano stare all’origine delle note superstizioni della fattura e del malocchio. Non ci si deve vantare della fortuna, né d’altra parte si devono chiamare le disgrazie col parlarne. In fondo ci si vanta della fortuna solo quando la sfortuna già sta in agguato; e si coglie il presentimento sotto forma di soddisfazione, perché il contenuto della reminiscenza emerge prima della emozione connessa, e in quanto la coscienza offre un contrasto che è gradito.
152 [Tradotto in tedesco da Freud, vedi Prefazione alla traduzione di “Della suggestione” di Hippolyte Bernheim (1888), in OSF, vol. 1.]
153 [Freud usa qui il termine Übertragung, ma in un’accezione differente da quella tecnica resa in italiano con “traslazione”, che comparirà qui, cap. 4, par. 3.]
155 [Circa il tentativo di fondare la psicologia su basi quantitative, vedi il Progetto di una psicologia (1895), scritto pochi mesi dopo gli Studi sull’isteria.]
156 [Il termine Konversion era stato introdotto da Freud nel suo saggio sulle Neuropsicosi da difesa (1894). Vedi anche nota 222.]
157 [Il signore dei sorci e dei topi,
Delle mosche, ranocchie, cimici e pidocchi...
Goethe, Faust, parte prima, prima scena dello Studio.]
158 [Vedi il contemporaneo scritto di Freud Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come “nevrosi d’angoscia” (1894).]
159 Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893).
160 [È forse il primo esempio di uso del termine Besetzung (investimento, carica) ad esprimere uno dei concetti fondamentali della teoria psicologica di Freud.]
162 [Freud usa quest’espressione, che ricorre di frequente in questo scritto, per la prima volta nel saggio sulle Neuropsicosi da difesa (1894), par. 1, in OSF, vol. 2; quasi assente negli scritti posteriori, sarà chiarita nella prima delle Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1909).]
163 [Vedi, nel caso della signorina Elisabeth von R., la discussione sui dolori reumatici e la loro relazione con l’isteria, cap. 2, parr. 5 ed “Epícrisi”, in OSF, vol. 1. Vedi anche nota 146, in OSF, vol. 1.]
164 [C. Darwin, The Expression of the Emotions in Man and Animals (Londra 1872), cap. 3.]
165 [Così, in tutte le edizioni tedesche, ma è probabilmente un errore di stampa: Freud usa sempre in questo scritto, e altrove, “simbolo mnestico”.]
166 Potrei qui dare l’impressione d’aver attribuito troppo peso alla particolarità dei sintomi, perdendomi in una inutile interpretazione di piccoli segni. Ho imparato però che la determinazione dei sintomi isterici realmente affonda le proprie radici fin nei minimi particolari esecutivi, e che non si esagera mai nell’attribuire loro un significato. Voglio citare un esempio a mia giustificazione. Mesi fa curavo una fanciulla diciottenne di famiglia tarata, nella cui complessa nevrosi l’isteria aveva la sua buona parte. La prima cosa che seppi da lei fu che essa si lagnava per accessi di disperazione a due contenuti. Negli uni sentiva un tirare e pizzicare nella parte inferiore del volto, dalle guance in giù verso la bocca; negli altri le dita dei piedi si stendevano convulsamente muovendosi irrequiete in tutte le direzioni. Da principio propendevo a non attribuire molta importanza a questi particolari, e ai vecchi studiosi dell’isteria certamente sarebbe parso ovvio ravvisare in quei fenomeni le prove di una stimolazione di centri corticali nell’attacco isterico. Dove i centri per tali parestesie stiano, noi veramente non sappiamo, ma è noto che parestesie siffatte iniziano l’epilessia parziale e costituiscono l’epilessia sensoria di Charcot. Per il movimento delle dita dei piedi si dovrebbero rendere responsabili zone simmetriche della corteccia in immediata prossimità del solco mediano. Tuttavia le cose si spiegarono in un modo diverso. Quando conobbi meglio la ragazza, le chiesi una volta direttamente quali pensieri le venissero durante quegli accessi; essa non doveva aver soggezione, e doveva certo essere in grado di dare una spiegazione di ambedue i fenomeni. La paziente arrossì dalla vergogna e si lasciò alla fine persuadere senza ipnosi a fornire i seguenti chiarimenti, la cui corrispondenza con la realtà venne confermata in pieno dalla sua dama di compagnia, che era presente. Fin dalle prime mestruazioni essa aveva sofferto per anni della cephalea adolescentium, che le rendeva impossibile qualsiasi occupazione prolungata e che la interrompeva nei suoi studi. Liberata finalmente da questo ostacolo, la bimba ambiziosa e un po’ semplice decise di imporsi un superlavoro per riportarsi al livello delle sue sorelle e delle sue coetanee. Così facendo si sforzava oltre ogni misura, e questi sforzi terminavano regolarmente con esplosioni di disperazione in quanto essa aveva sopravvalutato le proprie possibilità. Naturalmente soleva confrontarsi anche fisicamente con le altre ragazze ed era spesso infelice quando scopriva in sé qualche inferiorità fisica. Il suo prognatismo (evidentissimo) cominciava a mortificarla e le venne in mente di correggerlo esercitandosi per quarti d’ora interi nel tirare giù il labbro superiore sopra i denti prominenti. L’insuccesso di questo puerile tentativo la condusse una volta a un’esplosione di disperazione e, a partire da quel momento, si costituì come contenuto dell’un tipo di accessi l’impressione di sentirsi tirare e pizzicare dalla guancia in giù. Non meno trasparente era la determinazione degli altri accessi col sintomo motorio dello stiracchiamento e dell’irrequietezza delle dita dei piedi. Mi era stato riferito che il primo attacco del genere si era manifestato dopo una gita sullo Schafberg presso Ischl, e i familiari naturalmente erano inclini a spiegarlo come dovuto a un eccesso di fatica. La ragazza però narrò quanto segue: Tra le sorelle era argomento di punzecchiature reciproche il rivolgere l’attenzione sui loro piedi (innegabilmente) grandi. La nostra paziente, da gran tempo infelice per questo difetto estetico, cercava di costringere i suoi piedi in stivaletti più stretti possibile, ma il padre sollecito non lo permetteva e aveva cura che essa portasse soltanto calzature comode. Essa era molto scontenta di questo ordine paterno, vi pensava continuamente e prese l’abitudine di muovere le dita dei piedi nelle scarpe, come si fa quando si vuol verificare se la scarpa è troppo grande, se una più piccola può andar bene, ecc. Durante la gita in montagna sullo Schafberg, che essa non trovò affatto faticosa, dato che le ragazze portavano gonne più corte, vi fu naturalmente ancora occasione di occuparsi delle calzature. Una delle sorelle le disse durante la marcia: “Ma oggi ti sei messa scarpe particolarmente grandi.” Essa provò allora a muovere le dita dei piedi; sembrava anche a lei che fosse così. L’agitazione per quei piedi sciaguratamente grandi non l’abbandonò più e, quando furono di ritorno a casa, scoppiò il primo accesso, nel quale, a simbolo mnestico di tutta la catena di pensieri deprimenti, le dita dei piedi presero a muoversi convulsamente da sole.
Noto che qui si tratta di sintomi di accessi e non di sintomi permanenti; aggiungo inoltre che dopo questa confessione gli accessi della prima specie cessarono, mentre continuarono gli altri con l’irrequietezza delle dita dei piedi. Doveva quindi esserci ancora qualcosa che non era stato confessato.
Poscritto. Seppi in seguito anche perché la poco saggia fanciulla si occupasse con tanto zelo di farsi più bella: voleva piacere a un giovane cugino. – [Aggiunta del 1924] Parecchi anni dopo, la sua nevrosi evolse in una demenza precoce.
170 Questo interessante contrasto fra l’estrema obbedienza sonnambulica per ogni altra cosa e l’ostinata persistenza dei sintomi morbosi in quanto profondamente motivati e inaccessibili all’analisi, mi aveva già impressionato profondamente in un altro caso. Ho avuto per cinque mesi in cura una ragazza giovane, vivace e dotata di talento, che da un anno e mezzo era affetta da grave disturbo nella deambulazione, senza aver potuto aiutarla. La fanciulla aveva analgesia e zone dolorose su ambedue le gambe, tremore rapido alle mani, camminava curva in avanti con le gambe pesanti, a piccoli passi e vacillando con andatura di tipo cerebello-atassico, spesso anche cadendo. Il suo stato d’animo era notevolmente sereno. Uno dei nostri luminari viennesi di allora si era lasciato indurre da questo complesso di sintomi a diagnosticare una sclerosi multipla; un altro specialista riconobbe l’isteria, a favore della quale stava anche la configurazione complicata della sindrome all’inizio della malattia (dolori, deliqui, amaurosi), e mi passò la paziente per la cura. Tentai di migliorare la sua andatura mediante la suggestione ipnotica, con trattamento delle gambe nell’ipnosi ecc., ma senza alcun successo, quantunque fosse un’eccellente sonnambula. Un giorno che essa era entrata come al solito vacillando nella stanza, con un braccio appoggiato a quello di suo padre, l’altro a un ombrello la cui punta era già molto consunta, perdetti la pazienza e le ordinai violentemente nell’ipnosi: “È ora ormai di finirla. Domani mattina quell’ombrello le si romperà in mano, dovrà tornare a casa senza e da quel momento in poi non ne avrà più bisogno.” Non so come potei commettere la stupidaggine di indirizzare una suggestione a un ombrello; mi vergognai in seguito; non sospettavo tuttavia che la mia intelligente paziente si sarebbe incaricata di salvarmi agli occhi del padre, che era medico e assisteva alle ipnosi. Il giorno seguente il padre mi narrò: “Sa che cosa ha fatto ieri? Andiamo sulla Ringstrasse [il principale viale di Vienna]; tutto a un tratto diventa sfrenatamente allegra e comincia – in mezzo alla strada – a cantare: Ein freies Leben führen wir [“Una libera vita conduciamo”, primo verso del canto dei masnadieri, dai Masnadieri di Schiller], batte il ritmo sul lastrico con l’ombrello e lo rompe.” Naturalmente essa non sospettava di avere proprio lei trasformato in modo così spiritoso una suggestione insensata in un esito brillante. Poiché il suo stato non migliorava con le assicurazioni, le ingiunzioni e il trattamento nell’ipnosi, mi rivolsi all’analisi psichica e volli conoscere quale stato emotivo avesse preceduto lo scoppio del male. Narrò allora (nell’ipnosi, ma senza alcuna agitazione), che poco prima era morto un giovane parente, di cui si considerava fidanzata da molti anni. Questa comunicazione però non cambiò nulla nel suo stato; nell’ipnosi successiva le dissi perciò di essere fermamente convinto che la morte del cugino non aveva nulla a che vedere col suo stato, e che era accaduta un’altra cosa che essa non aveva menzionata. Allora si lasciò trascinare a un semplice accenno; ma non appena ebbe detta una parola, ammutolì, e il vecchio padre che sedeva dietro di lei cominciò a singhiozzare amaramente. Naturalmente non insistetti oltre con l’ammalata, ma non la rividi mai più.
171 [Il passo è basato con ogni probabilità sul libro di P. Janet, État mental des hystériques (2 voll., Parigi 1892-94), vol. 2, p. 300; Freud traduce con “psychische Minderleistung” (riduzione delle prestazioni psichiche) il termine di Janet: insuffisance psychologique.]
173 [Nota aggiunta nel 1924] So bene che nessun analista può leggere oggi questa storia clinica senza un sorriso di compassione. Si tenga conto però che si trattò del primo caso in cui applicai in larga misura il procedimento catartico. Per questo motivo voglio lasciare alla relazione la sua forma originale, e non esprimere alcuna di quelle critiche che attualmente sarebbe tanto facile fare, né tentare di colmare a posteriori le numerose lacune. Voglio solo aggiungere due cose: la comprensione dell’etiologia effettiva della malattia alla quale sono pervenuto più tardi e alcune notizie sull’ulteriore decorso della malattia stessa.
Quando, come dissi, passai alcuni giorni ospite nella sua casa di campagna, era presente durante un pasto un estraneo che evidentemente si sforzava di riuscire gradevole. Dopo la sua partenza essa mi chiese se mi era piaciuto, e soggiunse come per caso: “Pensi un po’, quell’uomo mi vuole sposare.” In connessione con altre osservazioni, a cui non avevo dato importanza, dovetti rendermi conto che essa sentiva allora il desiderio di un nuovo matrimonio, ma che trovava nella presenza delle due figlie, eredi dei beni paterni, l’ostacolo alla realizzazione del suo proposito.
Alcuni anni dopo incontrai in un congresso scientifico un eminente medico delle stesse parti della signora Emmy, e gli chiesi se conosceva la signora e se sapeva come stesse. Sì, la conosceva e l’aveva curata egli stesso ipnoticamente; essa con lui – e con molti altri medici ancora – aveva recitato la stessa commedia che con me. Era giunta in condizioni miserande, aveva premiato il trattamento ipnotico con un successo straordinario, per poi improvvisamente guastarsi col medico e abbandonarlo riattivando in pieno la propria malattia. Era la tipica “coazione a ripetere”.
Soltanto dopo un quarto di secolo ricevetti nuovamente notizie della signora Emmy. La figlia maggiore, la stessa per la quale avevo già fatto una prognosi tanto sfavorevole, si rivolse a me chiedendomi un parere peritale sullo stato mentale della madre in base al mio trattamento di un tempo. Essa intendeva intraprendere passi legali contro la madre che descriveva come una tiranna crudele e spietata. Aveva interrotto ogni rapporto con le due figlie e si rifiutava di assisterle nelle loro difficoltà materiali. La scrivente si era laureata ed era sposata.
[Del caso della signora Emmy von N., già brevemente descritto da Freud in Un caso di guarigione ipnotica (1892), vi è un accenno anche nella prima delle Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1909).]
174 [La tecnica della pressione sembra sia stata usata da Freud per la prima volta durante il trattamento, iniziato alla fine del 1892, della signorina Elisabeth von R. (vedi cap. 2, par. 5, in OSF, vol. 1). A questa tecnica Freud fa riferimento alcune volte nel corso degli Studi sull’isteria, ma affiorano leggere discrepanze: in particolare, in questo caso (vedi poche righe sopra) la paziente vedrà qualche cosa, o le passerà qualche cosa per la testa, nel momento in cui Freud “cesserà di premere”; ibid., visione e associazione accadranno “nel momento della pressione”; ibid., cap. 4, par. 2, “durante tutto il tempo della pressione”. Questa tecnica fu sicuramente abbandonata da Freud prima del 1903, poiché la sconfessa in Il metodo psicoanalitico freudiano (1903) (dove afferma di evitare qualsiasi forma di contatto fisico con i pazienti, durante l’analisi), ma già non ne parla più nell’Interpretazione dei sogni cit., cap. 2, dove tuttavia Freud raccomanda ancora l’uso di far chiudere gli occhi.
Per quanto, invece, riguarda il periodo di uso dell’ipnotismo vero e proprio, abbiamo una lettera a Fliess del 28 dicembre 1887, in cui Freud scrive: “Durante le ultime settimane mi sono immerso nell’ipnotismo”, mentre in una conferenza sulla Psicoterapia (1904) dichiara di non aver usato l’ipnosi per uso terapeutico da circa otto anni (a parte esperimenti eccezionali). Ne risulta che Freud adoperò l’ipnotismo a un dipresso tra il 1887 e il 1896.]
175 [Vedi S. Freud, Zur Auffassung der Aphasien (Vienna 1891).]
176 Come esempio per la tecnica sopra descritta dell’esplorazione in stato non di sonnambulismo, e cioè con coscienza non allargata, voglio narrare un caso da me analizzato proprio in questi ultimi giorni. Ho in cura una donna di trentotto anni, che soffre di nevrosi d’angoscia (agorafobia, accessi di angoscia della morte e simili). Come molti di questi malati essa non ammette volentieri di avere contratto il male nella sua vita matrimoniale e vorrebbe ricondurlo alla prima giovinezza. Così mi narra di avere avuto a diciassette anni il primo accesso di vertigine con angoscia e senso di svenimento, per la strada nella sua piccola città natale, e che questi accessi si sarebbero poi periodicamente ripetuti fino a convertirsi pochi anni fa nel male attuale. Suppongo che questi primi accessi di vertigine, ai quali sempre più veniva mescolandosi l’angoscia, fossero isterici e decido di addentrarmi nella loro analisi. In un primo tempo essa sa soltanto che il primo accesso la sorprese mentre era uscita per fare acquisti nei negozi della via principale. “Che cosa voleva comperare?” – “Svariate cose, credo, per un ballo al quale ero invitata.” – “Quando doveva aver luogo questo ballo?” – “Mi sembra, due giorni dopo.” – “Ma allora deve essere accaduto qualcosa già alcuni giorni prima, qualcosa che la agitava, che le faceva impressione.” – “Non ne so niente, sono passati ventun anni.” – “Non importa, Lei ricorderà egualmente. La premerò sulla testa, e quando smetterò di premere, Lei penserà a qualcosa o vedrà qualcosa, quella cosa poi la dirà.” Eseguisco; ma essa tace. “Allora, non Le è venuto in mente niente?” – “Ho pensato a una cosa, ma non può esserci una connessione.” – “La dica egualmente.” – “Ho pensato a un’amica, una ragazza giovane, che è morta; ma è morta quando io avevo diciotto anni, cioè un anno dopo.” – “Vedremo, insistiamo su questo punto. Mi parli di questa sua amica.” – “La sua morte mi ha molto turbata, perché ci vedevamo spesso. Alcune settimane prima era morta un’altra ragazza giovane; fu una cosa che fece grande sensazione in città; ma allora era proprio quando avevo diciassette anni.” – “Lo vede, le ho ben detto che ci si può fidare delle cose che vengono in mente sotto la pressione della mano. Si ricorda ora a cosa stesse pensando quando Lei ebbe l’accesso di vertigine in istrada?” – “Non pensavo a niente, soltanto un senso di vertigine.” – “Questo non è possibile, questi stati non si producono senza un’idea che li accompagni. Premerò di nuovo, e il pensiero di allora Le ritornerà.” – “Dunque che cosa Le è venuto in mente?” – “Mi è venuto in mente: ‘Adesso io sono la terza.’” – “Che cosa significa questo?” – “Quella volta dell’accesso di vertigine devo aver pensato: ‘Adesso muoio anch’io come le altre due ragazze.’” – “Era quindi questa, l’idea; Lei ha pensato, durante quell’accesso, all’amica. La sua morte, quindi, le deve aver fatto una grande impressione.” – “Certamente sì, mi ricordo adesso; quando seppi ch’era morta, fu per me terribile dover andare a un ballo, mentre lei era morta. Ma ero stata tanto contenta di andare a quel ballo e mi ero tanto data da fare nei preparativi; non volevo neanche pensare al triste avvenimento.” (Si noti qui la rimozione intenzionale dalla coscienza, che rende patogeno il ricordo dell’amica.)
L’attacco è ora in qualche modo spiegato, ma io credo ancora un fattore occasionale che abbia provocato il ricordo proprio in quel momento, e formulo a questo proposito una ipotesi che è per caso felice. “Lei si ricorda con precisione per quale strada è passata quella volta?” – “Certamente, la via principale con le sue vecchie case; la vedo davanti a me.” – “Bene, e dove abitava l’amica?” – “In quella stessa via, ero appena passata davanti a casa sua, due case dopo mi è venuto l’accesso.” – “Allora è stata la casa a rammentarle l’amica morta, mentre Lei le passava davanti, e il contrasto, di cui Lei allora non voleva saper nulla, l’ha nuovamente afferrata.”
Non mi accontento ancora. Forse c’era in giuoco anche qualche altra cosa, che ha destato o rafforzato la disposizione isterica nella ragazza fino allora normale. Le mie supposizioni si orientano verso le mestruazioni, come un fattore idoneo a ciò, e le chiedo: “Sa Lei quando in quel mese ci sono state le mestruazioni?” Essa si irrita: “Anche questo devo sapere? So soltanto che in quell’epoca erano molto rare e irregolari. A diciassette anni, le ebbi una volta sola.” – “Allora faremo il conto per vedere quando sia stata quest’unica volta.” Nel conteggio essa si decide con sicurezza per un mese e rimane in dubbio fra due giorni immediatamente precedenti una data che corrisponde a una festa fissa. “Vi è qualche rapporto con l’epoca del ballo?” Essa risponde a bassa voce: “Il ballo c’è stato... in quel giorno di festa. E adesso mi ricordo anche che mi ero impressionata per il fatto che le sole mestruazioni che ho avuto in quell’anno abbian dovuto venire proprio prima del ballo. Era il primo ballo al quale fossi invitata.”
Ora si può senza difficoltà ricostruire il nesso tra gli avvenimenti, e vedere l’intimo meccanismo di questo attacco isterico. Questo risultato è stato effettivamente ottenuto con parecchia fatica e ha richiesto da parte mia piena fiducia nella tecnica e alcune intuizioni orientatrici per ridestare questi particolari, di un evento dimenticato, dopo ventun anni, in una paziente incredula, e in stato propriamente vigile. Ma tutto alla fine concordava.
177 [Il significato dell’avverbio “intenzionalmente”, che accompagna talora le prime apparizioni del termine “rimosso”, è chiarito da Freud all’inizio di Le neuropsicosi da difesa (1894), ove sottolinea che “la scissione del contenuto di coscienza [...] è indotta da uno sforzo di volontà la cui motivazione è comunque individuabile”. Perciò l’avverbio indica soltanto l’esistenza di un motivo e non implica un’intenzione cosciente.]
178 Non mi è mai riuscito di ottenere altra e migliore descrizione dello strano stato d’animo per cui si sa qualcosa e nello stesso tempo non lo si sa. Evidentemente lo si può capire solo se ci si è trovati personalmente in uno stato simile. Dispongo di un ricordo di questo genere, molto notevole, che ho vivissimo davanti agli occhi. Quando mi sforzo di ricordarmi di ciò che allora mi è accaduto, lo sforzo mi frutta assai poco. Ho visto quella volta una cosa che assolutamente non corrispondeva a quanto mi aspettavo, e non mi lasciai menomamente influenzare dalla cosa veduta nella determinazione che avevo preso, mentre proprio quella percezione avrebbe dovuto annullare il mio proposito. Non ebbi coscienza della contraddizione e così pure non avvertii per nulla quella repulsione che pure era indubbiamente responsabile del fatto che quella percezione non giungesse a imporsi psichicamente. Ero colpito da quella cecità a occhi aperti che tanto meraviglia nell’atteggiamento delle madri per le loro figlie, degli uomini per le loro mogli, dei sovrani per i loro favoriti.
179 [Freud abbozzò la distinzione dei procedimenti dell’isteria, delle ossessioni e della paranoia nella Minuta D a Fliess (1896), e la pubblicò poi in Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa (1896).]
180 [Freud discute questi momenti traumatici “ausiliari” nelle Neuropsicosi da difesa cit., par. 1.]
181 [Non è stato possibile rendere in italiano le inflessioni dialettali di “Katharina”.]
182 [Le sensazioni che preannunciano un attacco isterico o epilettico.]
183 Voglio qui riferire il caso in cui per la prima volta ho riconosciuto questa relazione causale. Avevo in cura, per una nevrosi complicata, una giovane donna che, tanto per cambiare, non voleva ammettere di avere contratto la sua malattia nella propria vita coniugale. Obiettava di avere già da ragazza sofferto accessi d’angoscia, che finivano con deliqui. Io rimasi fermo nel mio punto di vista. Dopo aver acquistato maggiore confidenza, un giorno mi disse improvvisamente: “Adesso le voglio anche riferire da dove sono venuti i miei stati d’angoscia da ragazza giovane. Dormivo allora in una stanza accanto a quella dei miei genitori, la porta era aperta e un lume da notte ardeva sul tavolo. Allora ho visto qualche volta come il babbo andasse nel letto dalla mamma e ho sentito qualche cosa che mi ha eccitato molto. Da allora mi sono venuti gli attacchi.”
184 [Il nome dell’“altro monte”.]
185 [Vedi il Progetto di una psicologia (1895), cap. 2, parr. 4 sgg., in OSF, vol. 2 e le Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa (1896), par. 1, in OSF, vol. 2. Solo più tardi Freud sottolineò la parte avuta nelle nevrosi dagli impulsi sessuali già presenti nell’infanzia.]
186 [J.-M. Charcot, Leçons du mardi de la Salpêtrière (1887-88) (Parigi 1888), vol. 1, p. 99.]
187 [Nota aggiunta nel 1924] Dopo tanti anni posso permettermi di infrangere la discrezione cui mi ero originariamente attenuto e dirò che Katharina non era la nipote ma la figlia dell’ostessa: la fanciulla dunque si era ammalata sotto le tentazioni sessuali che provenivano da suo padre. Le deformazioni come quella da me effettuata in questo caso, si dovrebbero assolutamente evitare nel racconto di casi clinici. Non si tratta evidentemente di un particolare indifferente per la comprensione, come lo sarebbe, ad esempio, indicare quale luogo dell’avvenimento una montagna invece di un’altra.
188 [Espressione di Charcot, secondo quanto afferma Freud alla fine del suo scritto su La rimozione (1915).]
189 Cioè un ipocondriaco, una persona affetta da nevrosi d’angoscia.
191 [Goethe, Faust, parte prima, scena del Giardino di Marta (verso lievemente adattato da Freud).] Risulterà però che in ciò mi ero sbagliato.
192 Le neuropsicosi da difesa (1894). [In questo scritto comparve per la prima volta il termine “difesa” (Abwehr), che non appare invece nella “Comunicazione preliminare”; in questo periodo “rimozione” e “difesa” erano usati come equivalenti: vedi sopra il chiarissimo accenno nella prefazione del 1895. Vedi anche cap. 3, par. 3, in OSF, vol. 1.]
193 Non posso escludere, ma nemmeno dimostrare, che questi dolori interessanti soprattutto le cosce fossero di natura nevrastenica.
196 Venni una volta a sapere con sorpresa che un tale “abreagire di recupero” – ma per impressioni diverse da quelle di un’assistenza a un malato – può formare il contenuto di una nevrosi altrimenti enigmatica. Una bella ragazza diciannovenne, la signorina Mathilde H., che vidi una prima volta con una paralisi incompleta delle gambe, ma che mesi dopo ebbi in cura perché aveva cambiato carattere, era divenuta depressa sino al punto di perdere il gusto di vivere, priva di ogni riguardo verso la madre, irritabile e intrattabile. Il quadro complessivo della paziente non consentiva l’ipotesi di una comune malinconia. Era facilissimo porla in sonnambulismo profondo ed io mi servii di questa sua particolarità per impartirle ogni volta ordini e suggestioni, che erano da lei ascoltati in sonno profondo, con l’accompagnamento di molte lacrime, ma che per il resto mutavano di poco il suo stato. Un giorno in ipnosi diventò loquace e mi comunicò che causa della sua depressione era la rottura del suo fidanzamento avvenuta parecchi mesi prima. Da una conoscenza più approfondita del fidanzato erano venuti emergendo sempre più aspetti poco gradevoli tanto per la madre che per lei stessa, d’altra parte i vantaggi materiali dell’unione erano troppo tangibili per rendere facile la decisione della rottura: così entrambe avevano esitato per lungo tempo, e lei stessa era entrata in uno stato di indecisione per cui subiva tutto con apatia; finalmente la madre aveva detto per lei il no decisivo. Qualche tempo dopo, essa si era destata da un sogno, aveva cominciato a occuparsi intensamente con pensieri riguardanti la decisione già presa, soppesando fra sé il pro e il contro, e questo processo in lei continuava tuttora. Essa viveva in quel periodo di dubbio, e provava ogni giorno quello stato d’animo e quei pensieri, che sarebbero stati adottati per quel giorno del passato; mentre la sua irritabilità verso la madre era pure motivata da circostanze valide soltanto allora; nei riguardi di questa attività mentale la sua vita presente le appariva un’esistenza apparente, come una cosa sognata. Non riuscii più a fare parlare la ragazza, insistetti con i miei incoraggiamenti nel sonnambulismo profondo, e continuai a vederla ogni volta scoppiare in lacrime, senza che mai mi desse risposta, finché un giorno, circa nell’anniversario del fidanzamento, tutto lo stato di depressione scomparve, ciò che mi fu accreditato come grande successo di cura ipnotica.
197 Diversamente accade in un’isteria ipnoide, dove il contenuto del gruppo psichico separato non sarebbe mai stato nella coscienza dell’Io.
198 Ho osservato un altro caso, in cui una contrattura dei masseteri rendeva impossibile alla cantante l’esercizio della sua arte. La giovane donna era stata indotta da penose vicende familiari a calcare le scene. Mentre stava cantando a Roma durante una prova, in stato di grande agitazione, ebbe a un tratto la sensazione di non poter chiudere la bocca e cadde al suolo priva di sensi. Il medico chiamato compresse le mascelle di forza; ma da allora la paziente rimase incapace di aprire le mascelle più che per la larghezza di un dito e dovette abbandonare la professione appena scelta. Quando parecchi anni dopo venne in cura da me, le cause di quell’agitazione erano evidentemente eliminate da tempo, dato che un “massaggio”, in leggera ipnosi, bastò a spalancare la bocca. La signora da allora in poi ha cantato in pubblico.
199 [Nota aggiunta nel 1924] Anche qui [come nella nota 187] si trattava in realtà del padre, e non dello zio.
201 [Da qui in avanti, in tutte le edizioni tedesche, la forma del nome diventa Rosalie.]
203 Forse però di carattere nevrastenico-spinale.
204 [Freud allude a un noto epigramma di Lessing su “Giovannino il furbo”, nuovamente citato nell’Interpretazione dei sogni cit., cap. 5, par. A, Analisi.]
205 [A. Pitres, Leçons cliniques sur l’hystérie et l’hypnotisme (Parigi 1891), vol. 2, p. 290, definisce l’ecmnesia come “una forma di amnesia parziale, in cui è del tutto preservata la memoria di fatti relativi a un tempo precedente un particolare periodo, mentre quella dei fatti ad esso successivi è totalmente annullata”.]
206 In stati di alterazione psichica piuttosto profonda si verifica chiaramente anche una impronta simbolica nell’uso linguistico più artificioso, di immagini e impressioni sensoriali. La signora Cäcilie M. ebbe un periodo nel quale ogni pensiero si traduceva in un’allucinazione, la cui risoluzione spesso esigeva una particolare arguzia. Essa si lamentò con me in quel periodo d’essere infastidita dall’allucinazione che i suoi due medici – Breuer e io – fossimo impiccati in giardino su due alberi vicini. L’allucinazione scomparve dopo che l’analisi mise in luce il seguente fatto. La sera prima s’era vista negare da Breuer una certa medicina che gli aveva chiesto; aveva allora riposto la sua speranza in me, ma mi aveva trovato altrettanto duro di cuore. Era perciò in collera con noi, e aveva pensato in cuor suo: “Uno vale l’altro, uno è il pendant dell’altro.”
[Un breve riassunto del caso della signorina Elisabeth von R. fu dato da Freud nella seconda delle Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1909).]
207 P. J. Moebius, Über den Begriff der Hysterie, Zbl. Nervenheilk., vol. 11, p. 66 (1888).
208 Questo apparato di percezione, incluse le sfere sensorie corticali, deve essere distinto dall’organo che conserva e riproduce le impressioni dei sensi quali immagini mnestiche. Infatti la condizione basilare della funzione dell’apparato percettivo è la più rapida restitutio in statum quo ante; altrimenti non potrebbe aver luogo nessuna ulteriore percezione vera e propria. La condizione della memoria, per contro, è che una tale restituzione non abbia luogo, ma che ogni percezione crei modificazioni permanenti. Impossibile che un medesimo organo soddisfi alle due condizioni incompatibili fra di loro; lo specchio di un telescopio a riflessione non può essere nello stesso tempo lastra fotografica. In questo senso, che l’eccitamento dell’apparato di percezione (non nell’affermazione specifica dell’eccitamento dei centri subcorticali) dia all’allucinazione il carattere obiettivo, io concordo con Meynert. Ma se si vuole che l’organo di percezione venga eccitato dall’immagine mnestica, dobbiamo supporre un’eccitabilità di questo, modificata rispetto alla norma, che appunto rende possibile l’allucinazione. [La tesi secondo cui un singolo apparato non può svolgere sia la funzione della percezione sia quella della memoria, sarà adottata da Freud nella Interpretazione dei sogni cit., cap. 7, par. B; figura nel Progetto di una psicologia cit., cap. 1, par. 3, scritto pochi mesi dopo la pubblicazione degli Studi sull’isteria, e nella lettera a Fliess del 6 dicembre 1896, come pure in Al di là del principio di piacere (1920), par. 4, in OSF, vol. 9, e in Nota sul “notes magico” (1924). In tutti gli scritti menzionati, eccetto l’ultimo, Freud attribuisce esplicitamente l’idea a Breuer.]
209 [Proprio il concetto della natura “retrograda” dell’allucinazione sarà adottato da Freud nel Progetto di una psicologia cit., cap. 1, par. 20, e nell’Interpretazione dei sogni cit., cap. 7, par. B, dove figura il termine “regressione”.]
210 La “labilità delle molecole” di H. Oppenheim [Berl. klin. Wschr., vol. 27, p. 553 (1890)]. Forse in seguito sarà possibile sostituire l’espressione assai vaga, nel testo di cui sopra, con una formula più precisa e più ricca di contenuto [vedi cap. 3, par. 6, in OSF, vol. 1].
211 [Non è citazione dalla “Comunicazione preliminare”, dove non si dà una menzione esplicita dell’ipotesi.]
212 [Accenno alle misteriose ricerche di Faust (Goethe, Faust, pt. 2, atto 1).]
213 [Vedi S. Exner, Entwurf zu einer physiologischen Erklärung der psychischen Erscheinungen (Vienna 1894), p. 93.]
214 Sia concesso di accennare qui brevemente il concetto che sta alla base di quanto sopra esposto. Di solito ci immaginiamo le cellule nervose sensorie come apparati passivi di ricezione; a torto. Infatti già l’esistenza di un sistema di fibre associative dimostra che anche dalle cellule fluisce eccitamento nelle fibre nervose. In una fibra nervosa che per continuitatem oppure contiguitatem colleghi due cellule sensorie, deve esistere uno stato di tensione, se da ambedue le cellule affluisce in essa eccitamento. Questo stato sta all’eccitamento defluente, per esempio in una fibra periferica motoria, come la pressione idrostatica sta alla forza dell’acqua corrente o come la tensione elettrica sta alla corrente elettrica. Se tutte le cellule nervose si trovano in uno stato di eccitamento medio ed eccitano i loro neuriti, tutta l’immensa rete forma un serbatoio unitario di “tensione nervosa”. Quindi, oltre all’energia potenziale che giace nella sostanza chimica della cellula, e a quella forma a noi ignota di energia cinetica che defluisce nello stato di eccitamento della fibra, noi dovremo supporre anche uno stato quiescente di eccitamento nervoso, l’eccitamento tonico o tensione nervosa.
[Questa nota e il passo corrispondente nel testo hanno permesso a Freud di attribuire a Breuer la distinzione fra forme di energia “libera” e “legata” e la conseguente distinzione fra il sistema primario e il sistema secondario dell’operare psichico. L’attribuzione al contributo teorico di Breuer figura nel saggio su L’inconscio (1915), par. 5 in fine, in OSF, vol. 8, e in Al di là del principio di piacere cit., par. 4, dove il riferimento è esplicito ma non si indicano i passi. Ma già prima il concetto, senza riferimento a Breuer, è discusso ampiamente nel Progetto di una psicologia cit., cap. 3, par. 1, in OSF, vol.2 in fine, e figura nell’Interpretazione dei sogni cit., cap. 7, par. E.]
215 [Exner, op. cit., p. 165.]
216 Il concetto dell’energia del sistema nervoso centrale come di una quantità a ripartizione oscillante e variabile nel cervello è antico. Georges Cabanis [Rapports du physique et du moral de l’homme, in Œuvres complètes, vol. 3 (Parigi 1824), p. 153] scrisse: “La sensibilità sembra comportarsi come un fluido la cui quantità totale è determinata e che, ogni volta che si getta con più grande abbondanza in uno dei suoi canali, diminuisce proporzionalmente negli altri”; citato da P. Janet, État mental des hystériques (2 voll., Parigi 1892-94), vol. 2, p. 277.
217 [È, probabilmente, la prima esplicita menzione del “principio di costanza” già adottato da Freud negli Abbozzi per la “Comunicazione preliminare” (1892), vedi Lettera a Joseph Breuer, nota 74, in OSF, vol. 1, e sviluppato ampiamente nel Progetto di una psicologia cit., cap. 1, par. 1. Vedi anche Meccanismo psichico dei fenomeni isterici (1893).]
218 [Trieb. Su questo termine vedi la Minuta teorica E (1894), nota 5, in OSF, vol. 2. Più sotto Breuer usa Instinkt = istinto (animale).]
219 C. G. Lange, Om Sindsbevaegelser [Dei moti dell’animo] (Copenaghen 1885), pp. 62 sgg.
220 [Oppenheim, loc. cit.]
221 La pulsione di vendetta, che è tanto potente nell’uomo primitivo e che dalla civiltà viene travestita piuttosto che repressa, non è insomma altro che l’eccitamento di un riflesso non avvenuto. Difendersi da un danno nel combattimento e nello stesso tempo far danno all’avversario, è il riflesso psichico adeguato, preformato. Se non è stato compiuto o se è stato insufficiente, viene sempre di nuovo risuscitato dal ricordo e nasce la “pulsione di vendetta”, quale impulso volitivo irrazionale, come tutte le “pulsioni”. Prova ne è appunto la sua irrazionalità, la sua indipendenza da ogni utilità e da ogni opportunità, anzi il suo prevalere su tutti i riguardi per la propria sicurezza. Non appena il riflesso sia stato suscitato, tale irrazionalità può entrare nella coscienza.
Ein andres Antlitz, eh
sie geschehen,
Ein anderes zeigt die vollbrachte Tat.
[Altro è il volto dell’azione incombente,
Altro quello del fatto compiuto.
Schiller, La sposa di Messina, atto 3, scena 5.]
222 [All’inizio di Per la storia del movimento psicoanalitico (1914), Freud commenta l’apparire del proprio nome tra parentesi in questo contributo di Breuer, “come se questo primo tentativo di spiegazione teorica fosse di mia spettanza. Credo che questa attribuzione si riferisca solo alla denominazione, perché il concetto ci apparve contemporaneamente e in comune”. Vedi anche nota 156.]
223 Non vorrei stiracchiare fino all’assurdo il paragone con un impianto elettrico. Data la diversità fondamentale delle condizioni, esso infatti può difficilmente illustrare e certamente non può spiegare i processi nel sistema nervoso. Cionondimeno, si può qui ricordare il caso in cui, per la tensione elevata, l’isolamento dei fili di un impianto d’illuminazione abbia sofferto e si sia verificato in un punto un “corto circuito”. Se in tal punto si verificano fenomeni elettrici (come surriscaldamento o scintille), la lampadina collegata con quel filo non si accende. Allo stesso modo non si stabilisce l’affetto quando l’eccitamento defluisce in forma di riflesso anormale, essendo convertito in un fenomeno somatico.
224 Vedi per questo punto alcune interessanti comunicazioni e osservazioni di M. Benedikt, Hypnotismus und Suggestion (Vienna 1894), pp. 51 sgg.
225 [Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come “nevrosi d’angoscia” (1894).]
226 Trovo in E. Mach, Grundlinien der Lehre von den Bewegungsempfindungen (Lipsia 1875), un’osservazione che merita qui ricordare:
“Negli esperimenti (di vertigine) descritti, si è ripetutamente costatato che una sensazione di nausea si presentava principalmente quando era difficile mettere d’accordo le sensazioni di movimento con le impressioni ottiche. Sembrava come se una parte dello stimolo che partiva dal labirinto fosse stata costretta ad abbandonare le vie ottiche che da un altro stimolo le erano inibite, e di percorrere vie del tutto diverse ... Anche nel tentativo di combinare immagini stereoscopiche con forti differenze, ho spesso osservato una sensazione di nausea.”
Questo è proprio lo schema fisiologico per l’insorgere di fenomeni patologici, isterici, in seguito alla coesistenza di vivaci rappresentazioni inconciliabili.
227 [“Il re Mida ha orecchie d’asino”.]
228 [La prima pubblicazione di Freud in cui appare l’espressione “isteria da ritenzione” è Le neuropsicosi da difesa cit., par. 1. Già menzionata qui, ibid., cap. 2, parr. 5 ed “Epícrisi”, l’espressione sarà discussa da Freud, ibid., cap. 4, par. 3, dove è attribuita congiuntamente a Breuer e a sé stesso e dove sono espressi alcuni dubbi sull’importanza del concetto.]
229 [È probabilmente la prima apparizione del termine überdeterminiert; Freud lo userà, in quest’opera, qui, cap. 4, par. 1, mentre, nella sua monografia Zur Auffassung der Aphasie (Vienna 1891), p. 76, così come, in ibid., cap. 4, par. 3, usa l’equivalente überbestimmt. È tuttavia improbabile che la nozione di cause multiple non sia stata espressa, in precedenza, con simile terminologia, da altri scrittori.]
230 Devo ringraziare per questo caso l’assistente dottor Paul Karplus.
231 [Affektwert. Freud usa in significato analogo: Affektbetrag, come mostra quando, nel suo scritto in francese Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893), in OSF, vol. 2, alle parole “valeur affective” fa seguire tra parentesi il tedesco Affektbetrag, che noi traduciamo “ammontare affettivo” (o “importo d’affetto”); vedilo usato nel presente scritto, per esempio, in ibid., cap. 2, parr. 5 ed “Epícrisi”, ove è sottolineato il “significato algebrico” del termine (per questo significato vedi Le neuropsicosi da difesa cit., p. 134).]
233 Dove qui e più avanti si parla di rappresentazioni che sono attuali, efficaci eppure inconsce, si tratta ben di rado di rappresentazioni singole (quale ad esempio il grande serpente allucinato da Anna O., il quale provoca la contrattura). Si tratta quasi sempre di complessi di rappresentazioni, di ricordi di fatti esterni e di sequenze ideative del soggetto. Occasionalmente, ogni singola rappresentazione contenuta in tali complessi di rappresentazioni può essere pensata coscientemente, e solo la specifica combinazione è bandita dalla coscienza.
234 P. J. Moebius, Über Astasie-Abasie (1890), rist. in Neurologische Beiträge I (Lipsia 1894), p. 17.
235 Forse Moebius con questa designazione non intende altro che l’inibizione del decorso delle rappresentazioni, la quale effettivamente sussiste nell’affetto, sebbene originata da cause affatto diverse da quelle operanti nell’ipnosi.
236 [M. H. Romberg, Lehrbuch der Nervenkrankheiten des Menschen (Berlino 1840), p. 192.].
238 [L’uso dell’espressione “valore affettivo” appare qui particolare: Breuer sembra intenderla come altri psicologi, ma a differenza di sopra (ibid.), in riferimento specifico a sensazioni di piacere e dispiacere, e non nel senso regolare non specifico.]
239 L’espressione [Bewusstseinsunfähig] non è univoca e lascia quindi molto a desiderare; ma, formata per analogia con “ammissibile a Corte” (Hoffähig), potrà essere provvisoriamente usata in mancanza di meglio. [L’espressione tedesca, che si è resa con “inammissibile alla coscienza” per mantenere l’analogia con “ammissibile a Corte”, in realtà, letteralmente, dovrebbe rendersi con “incapacità di coscienza”, “incapacità a essere cosciente”. L’espressione fu adottata da Freud e la si ritroverà molto spesso in opere successive.]
241 [Vedi le osservazioni nello scritto di Freud, Prefazione alla traduzione di “Della suggestione” di Hippolyte Bernheim (1888), nota 43, in OSF, vol. 1.]
243 [Parole di Mefistofele, riferite a sé stesso, nel Faust, parte prima, seconda scena dello Studio.]
244 [L’opinione di Janet, qui riferita, figura in particolare nel capitolo conclusivo del suo État mental des hystériques (Parigi 1894), che è la ristampa di un saggio comparso negli “Archives de Neurologie” (giugno e luglio 1893), largamente in connessione con la “Comunicazione preliminare”. Vedi anche cap. 2, parr. 2 ed “Epícrisi”, in OSF, vol. 1.]
245 [Per l’uso del termine “complesso”, vedi sopra Abbozzi per la “Comunicazione preliminare” (1892), III e nota 85.]
246 [Vedi in proposito le osservazioni di Freud qui ibid., cap. 2, parr. 2 ed “Epícrisi”.]
247 [“Dietro il cavaliere siede il cupo affanno”, Orazio, Odi, 3.1.]
248 Devo tuttavia notare che, proprio nel caso meglio noto e più trasparente di grande isteria con manifesta double conscience, appunto in Anna O., nessun residuo dello stato acuto passò allo stato cronico, mentre tutti i fenomeni di quest’ultimo erano già stati generati durante il “periodo d’incubazione” in stati affettivi e ipnoidi.
249 [Nella ballata di Uhland sul famoso trovatore.]
250 [Exner, op. cit., p. 165.]
252 È appunto quella disposizione descritta da A. von Strümpell [Über die Entstehung und die Heilung von Krankheiten durch Vorstellung (Erlangen 1892)] come “la perturbazione nella sfera psicofisica” che sta alla base dell’isteria.
253 Talune osservazioni ci fanno ritenere che la paura del contatto, anzi la paura del lordarsi, che costringe le donne a lavarsi ogni momento le mani, abbia molto spesso questa origine. Il lavarsi nasce dallo stesso processo psichico che avviene in Lady Macbeth [vedi Macbeth, atto 2, scena 2: “Un po’ d’acqua ci farà mondi di questo atto” (l’assassinio di Duncan), e atto 5, scena 1].
254 È certamente male che la medicina clinica ignori o per lo meno sfiori soltanto con vaghi accenni questo che è uno dei più importanti fattori patogeni. È questo certamente un argomento in cui l’esperienza degli esperti deve essere comunicata al giovane medico che di solito rimane cieco di fronte alla sessualità, perlomeno per quel che riguarda i suoi pazienti.
255 Freud, Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come “nevrosi d’angoscia” (1894).
256 [Überwertig, termine che Freud attribuisce a Wernicke nel Frammento di un’analisi d’isteria (1901), par. 1.]
257 Si è portati a identificare la disposizione all’ipnosi con un’eccitabilità anormale originaria, dato che anche l’ipnosi artificiale ci mostra modificazioni ideogene della secrezione e del contenuto sanguigno locale, formazioni di vesciche, e simili. Sembra essere questa l’opinione di Moebius. Ritengo tuttavia che ci si muova così in un circolo vizioso. Questa taumaturgia dell’ipnosi la osserviamo, a quanto vedo, soltanto negli isterici. Noi ascriveremmo dunque all’ipnosi gli atti dell’isteria, e poi troveremmo la causa di questi atti nell’ipnosi.
258 P. J. Moebius, Mschr. Geburtsh. Gynäk., vol. 1, p. 18 (1895).
259 Ibid., p. 16.
260 [C. F. O. Westphal, Über Zwangvorstellungen, Berl. klin. Wschr., vol. 14, pp. 669 e 687 (1877), dà una classificazione descrittiva delle rappresentazioni ossessive.]
261 [I risultati riferiti in questo capoverso e nei tre successivi erano già stati pubblicati da Freud in Le neuropsicosi da difesa (1894) e Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come “nevrosi d’angoscia” (1894).]
262 E. Hecker, Zbl. Nervenheilk., vol. 16, p. 565 (1893).
265 [Il termine di Charcot, quasi sempre usato da Freud e da lui spiegato qui nell’articolo Isteria (1888) par. 3, è “zone isterogene”.]
267 [Vedi la recensione di Freud al libro di Weir Mitchell, Recensione alla traduzione di “Grasso e sangue” di S. W. Mitchell, e l’articolo Isteria (1888), par. 5, in OSF, vol. 1.]
268 [È probabilmente la prima volta in cui il termine “censura” compare negli scritti pubblicati da Freud.]
270 [La distrazione dell’attenzione cosciente nella tecnica dell’ipnotismo è discussa da Freud in Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), par. 10, in OSF, vol. 9.]
271 [La difficoltà ad assumere questo atteggiamento non critico sarà discussa da Freud nell’Interpretazione dei sogni cit., cap. 2.]
272 [La parola “psichiche” compare solo nella prima edizione.]
273 [Per il periodo durante cui Freud usò le tecniche dell’ipnotismo (iniziato verso il 1887) e della “pressione” (iniziata verso il 1892), vedi la nota 174.]
275 [Gewusst = noto, nella sola prima edizione; bewusst = cosciente, in tutte le altre, ma si tratta probabilmente di un errore.]
277 [Degenerati e squilibrati; in francese nel testo per un preciso riferimento alle opinioni degli psichiatri francesi del tempo.]
279 [Nella prima e nella seconda edizione tedesca, Er = egli. Nella terza Es (pronome neutro), evidentemente un errore di stampa, corretto in seguito con: man = si. Ma il senso è più chiaro nella forma originale.]
280 [È il primo esempio di uso del termine “traslazione” (Übertragung) nella sua accezione psicoanalitica. Vedine un uso affine nell’Interpretazione dei sogni cit., cap. 7, par. C. Il termine sarà però ripreso e chiaramente stabilito solo nelle ultime pagine del Frammento di un’analisi d’isteria (1901).]
281 Per i falsi nessi e la coazione ad associare, vedi nota 145, in OSF, vol. 1. [I falsi nessi erano già stati discussi da Freud in Le neuropsicosi da difesa cit., par. 2.]
282 [Nelle edizioni tedesche prima del 1925: “sistema nervoso”.]