Recensione a “I fenomeni
psichici di coazione”
di Leopold Löwenfeld
La presente opera di Löwenfeld, che sotto il titolo Fenomeni psichici di coazione tratta una parte considerevole della clinica e della sintomatologia delle nevrosi, riunisce nuovamente tutti i pregi che hanno reso preziosi, anzi indispensabili, i compendi descrittivi del neuropatologo di Monaco a tutti i colleghi specialisti. La straordinaria padronanza della letteratura sulla materia, la ricchezza delle sue proprie osservazioni, la chiarezza dello stile non dovrebbero però far dimenticare ai lettori che il valore principale del libro risiede non già in queste caratteristiche del compilatore, bensì nella riflessione critica e imparziale e nella concezione pienamente indipendente dell’autore. Ritengo che sia particolarmente degno di nota il fatto che Löwenfeld non ha volto i propri sforzi alla descrizione di un problema già ripetutamente trattato, ma ha affrontato un campo ancora poco studiato in modo ordinato e ponderato.
Le difficoltà che si frappongono in questi casi al rielaboratore della materia sono di non comune natura. Tutte le definizioni sono precarie, non si è ancora raggiunta alcuna unità al di là delle delimitazioni. Ciò che Löwenfeld chiama “coazione psichica” va molto al di là dell’estensione della cosiddetta malattia ossessiva e include anche le fobie, una parte delle abulie e numerosi stati nevrotici d’angoscia e altresì gli attacchi d’angoscia “senza contenuto”. Il lettore del libro ne trae così un inaspettato profitto, ma per l’autore si determina l’impossibilità di affermare qualcosa che abbia validità generale sul meccanismo, sull’etiologia e sul corso dei “fenomeni psichici di coazione”, poiché le affezioni, disparate nella loro essenza, divergono ampiamente l’una dall’altra anche sotto tutti questi aspetti.
Löwenfeld mantiene il suo criterio unitario alla definizione di coazione psichica – criterio che personalmente ritengo artificioso – attribuendo ad essa il carattere fondamentale dell’“immobilità, l’impossibilità di essere rimossa per influsso della volontà”. Egli però tiene conto anche – certo con ragione – di sensazioni coatte e di affetti coatti, mentre noi siamo abituati a richiedere all’attività normale della nostra volontà soltanto la rimozione di rappresentazioni e di complessi rappresentativi e non anche l’eliminazione di sensazioni o sentimenti. Chi soffre di un attacco d’angoscia, è solito lamentare di sentirsi tanto male, ma non è solito stupirsi di non poter eliminare una “coazione”. Applicando coerentemente il proprio criterio, l’autore avrebbe del resto dovuto coinvolgere nella trattazione anche buona parte della sintomatologia isterica, a cui spetta in modo marcato il carattere dell’immobilità, dell’impossibilità di rimozione ad opera della volontà.
Non era perciò conveniente, forse, utilizzare come concetto di delimitazione quello di “coazione” nel suo senso logico. È però difficile attualmente sostituire ad esso qualcosa di meglio. In realtà la disparità interna delle affezioni riunite dall’autore è più facile da intuire e da indovinare sulla base di certi indizi che non da rendere esplicita. Le differenze esatte si potrebbero indicare solo quando fosse conosciuto in modo più preciso il meccanismo psicologico delle singole forme.
Al centro di tutti i problemi relativi alla concezione dei fenomeni di coazione si trova il problema dell’angoscia nevrotica. Se si riuscisse a spiegare di dove provenga tale angoscia e in quali condizioni essa si presenti, si troverebbe la chiave per l’intendimento delle psiconevrosi. Il recensore può solo rammaricarsi del fatto che l’autore non ha aderito alla formula da lui enunciata, secondo la quale l’angoscia nevrotica è di origine somatica, proviene dalla vita sessuale e corrisponde a una libido trasformata. Dell’esattezza o perlomeno del valore euristico di tale enunciazione il recensore cercò di dare dimostrazione a suo tempo (1895) sull’esempio della “nevrosi d’angoscia”.595 Contro tale derivazione dell’angoscia, Löwenfeld obietta che non sono riscontrabili fattori sessuali nocivi nell’etiologia di tutti i casi di nevrosi d’angoscia, ma soltanto in circa il 75 per cento. Il recensore accetta questa cifra, vorrebbe però respingere il rimprovero di essere stato, per amore di una teoria, cieco di fronte all’osservazione. Il recensore già nel 1895 riconosceva e valutava i casi di nevrosi d’angoscia senza etiologia sessuale, poiché, nel menzionato saggio sulla nevrosi d’angoscia, dice espressamente: “L’ultima condizione etiologica che resta da citare, di primo acchito non sembra assolutamente essere di natura sessuale. La nevrosi d’angoscia insorge, e in ambedue i sessi, anche a causa del fattore sovraffaticamento, di uno sforzo estenuante, per esempio dopo veglie notturne, assistenza a infermi e perfino dopo malattie di grave entità.”596 I critici, nell’interesse della semplificazione, sono soliti trascurare questo punto.
Se la teoria del recensore ciò nonostante fa derivare l’angoscia nevrotica in generale (quindi anche questi casi) dalla libido, sembra allora inevitabile o una incoerenza da parte del recensore o un malinteso da parte dei suoi critici. Non è difficile dimostrare quest’ultimo. Il recensore ha concettualmente separato nettamente l’etiologia dal meccanismo, ciò che non fanno i suoi critici. Egli ritiene che nella nevrosi d’angoscia l’etiologia del caso di malattia non sia necessariamente un comportamento sessuale nocivo, ma che però il meccanismo del disturbo riguardi regolarmente la sessualità. Tale differenziazione si riduce all’ipotesi, certo non inverosimile, che i processi organico-sessuali possano essere disturbati sia per comportamenti nocivi che originano nella vita sessuale stessa, sia per profondi agenti nocivi generali, similmente a come per esempio i processi di digestione possono essere mutati in senso morboso da una parte dagli ingesti, dall’altra da malattie tossiche generali, cachessie e modificazioni del sangue.
Il recensore conosce anche i casi di nevrosi d’angoscia citati contro di lui da Löwenfeld, caratterizzati da considerevole aumento della libido anziché da una diminuzione di essa; egli sa però che in questi casi non si tratta d’altro che di un’oscillazione fra eccitamento libidico ed eccitamento (parzialmente) trasformato in angoscia. Tra le cause della nevrosi d’angoscia Löwenfeld fa rilevare inoltre gli spaventi ed altri agenti emotivi nocivi. Il recensore, sulla base dei risultati delle proprie indagini, deve piuttosto affermare che questi casi, che si presentano molto frequentemente, danno sicuramente luogo a reazioni di isteria, sono dunque da ascriversi a questa nevrosi.
È impossibile esporre, nei limiti di una recensione, quale abbondanza di comunicazioni e di suggerimenti contenga il libro di Löwenfeld sui fenomeni psichici di coazione. Possiamo sperare che la sua pubblicazione avrà come conseguenza uno straordinario aumento di interesse per queste forme di malattia degne di nota e importanti sul piano pratico.
SIGM. FREUD (Vienna)