7. IL RICONOSCIMENTO DELL’INCONSCIO
Quanto abbiamo messo insieme nelle precedenti discussioni è probabilmente tutto quel che possiamo dire dell’Inc finché attingiamo soltanto alla conoscenza della vita onirica e delle nevrosi di traslazione. Certo non è molto, e in qualche punto suscita un’impressione di oscurità e confusione, e soprattutto non ci offre la possibilità di classificare l’Inc in un contesto già noto o di inscriverlo in esso. Solo l’analisi di una delle malattie che chiamiamo psiconevrosi narcisistiche promette di offrirci degli spunti che ci consentiranno di accostare e rendere per così dire tangibile l’enigmatico Inc.
Dopo la pubblicazione di un lavoro di Karl Abraham127 – attribuito dal suo scrupoloso autore a un mio suggerimento – noi cerchiamo di caratterizzare la “dementia praecox” di Kraepelin (o “schizofrenia” di Bleuler) grazie alla sua posizione rispetto all’antitesi di Io e oggetto. Nelle nevrosi di traslazione (isteria d’angoscia e di conversione, nevrosi ossessiva) non c’era nulla che desse un particolare rilievo a questa antitesi. Si sapeva sì che una frustrazione relativa all’oggetto provoca lo scoppio della nevrosi e che quest’ultima implica la rinuncia all’oggetto reale; si sapeva anche che la libido sottratta all’oggetto reale si ritira su un oggetto fantastico e da questo su un oggetto rimosso (introversione).128 Tuttavia in queste malattie l’investimento oggettuale è in genere mantenuto con grande energia, e una più sottile indagine del processo di rimozione ci ha costretti a supporre che l’investimento oggettuale permane nel sistema Inc nonostante la rimozione, o per meglio dire in virtù di essa. In effetti la capacità di traslazione, che in queste malattie noi sfruttiamo per fini terapeutici, presuppone un investimento oggettuale inalterato.
Nel caso della schizofrenia, invece, abbiamo dovuto ammettere che in seguito al processo di rimozione la libido che è stata sottratta [agli oggetti] non cerca un nuovo oggetto, ma si ritira nell’Io, e che quindi in questo caso si rinuncia agli investimenti oggettuali e si ripristina uno stato primitivo di narcisismo privo di oggetti. L’incapacità di traslazione che è propria di questi pazienti (e che dipende dall’estensione del processo patologico), la loro conseguente inaccessibilità agli sforzi terapeutici, il loro caratteristico rifiuto del mondo esterno, la comparsa di segni che rivelano un sovrainvestimento libidico del proprio Io, lo sbocco finale in una assoluta apatia, tutti questi caratteri clinici paiono accordarsi perfettamente con l’ipotesi di un abbandono degli investimenti oggettuali. Per quanto riguarda il reciproco rapporto dei due sistemi psichici, tutti gli osservatori hanno potuto riscontrare con assoluta chiarezza come nella schizofrenia si esprima in forma cosciente molto materiale di cui l’indagine psicoanalitica delle nevrosi di traslazione ha dimostrato l’esistenza nell’Inc. Tuttavia in un primo tempo non si è riusciti a stabilire un nesso comprensibile fra il rapporto Io-oggetto e le relazioni della coscienza.
Ora pare che la soluzione cercata ci venga offerta nella seguente insospettata maniera. Negli schizofrenici (soprattutto negli stadi iniziali della malattia, che sono così istruttivi) si osserva tutta una serie di mutamenti del linguaggio, alcuni dei quali meritano di essere considerati da un determinato punto di vista. Il modo di espressione diventa spesso oggetto di una particolare cura, diventa “ricercato”, “affettato”. Le proposizioni subiscono una particolare disorganizzazione strutturale che le rende incomprensibili al punto da farci ritenere prive di senso le asserzioni dei malati. Nel contenuto di questi modi di esprimersi emerge spesso in primo piano un rapporto con organi o innervazioni corporee. A ciò si può aggiungere il fatto che in quei sintomi della schizofrenia che possono essere paragonati con le formazioni sostitutive dell’isteria o della nevrosi ossessiva la relazione fra il sostituto e il rimosso rivela nondimeno delle proprietà che in queste due nevrosi ci sorprenderebbero.
Il dottor Victor Tausk (di Vienna) mi ha messo a disposizione alcune delle osservazioni da lui raccolte su un caso di schizofrenia incipiente, che hanno il seguente vantaggio: la stessa malata era disposta a fornire una spiegazione dei suoi discorsi.129 Ora io voglio mostrare, prendendo spunto da due esempi forniti da Tausk, quale concezione intendo sostenere; non dubito peraltro che ogni osservatore potrebbe produrre materiale del genere, facilmente e in abbondanza.
Una paziente di Tausk, una ragazza che è stata portata in clinica dopo una lite col suo innamorato, si lamenta:
“Gli occhi non sono giusti, sono storti.” Spiega lei stessa questa frase, formulando una serie di rimproveri contro l’innamorato in linguaggio ordinato e coerente. “Non riesce assolutamente a capirlo, ogni volta ha un aspetto diverso, è un ipocrita, uno storci-occhi,130 le ha storto gli occhi, ora lei ha gli occhi storti, non ha più i suoi occhi, ora vede il mondo con altri occhi.”
Ciò che la malata dice a proposito della frase incomprensibile da lei stessa pronunciata ha il valore di un’analisi poiché contiene l’equivalente di quella frase in una forma universalmente comprensibile; nello stesso tempo getta luce sul significato e sulla genesi della formazione della parola schizofrenica. In accordo con Tausk, in questo esempio sottolineo come il rapporto con l’organo (l’occhio) si sia arrogato l’ufficio di rappresentare l’intero contenuto [del pensiero della paziente]. Qui il discorso schizofrenico ha un tratto ipocondriaco, è diventato “linguaggio d’organo”.131
Una seconda comunicazione della stessa malata: “È in chiesa, improvvisamente le danno uno spintone, deve cambiare posizione, come se qualcuno la mettesse in una certa posizione, come se fosse messa in una certa posizione.”
Segue l’analisi, rappresentata da una nuova serie di rimproveri contro l’innamorato, “che è ordinario, che ha reso ordinaria anche lei, che di natura era fine. L’ha resa simile a sé facendole credere di essere superiore a lei; ora è diventata come lui, perché credeva che sarebbe diventata migliore, se fosse diventata simile a lui. Egli si è messo in una falsa posizione, ora lei è come lui (identificazione!), egli l’ha messa in una falsa posizione”.
Il movimento fisico del “cambiare posizione”, osserva Tausk, è un modo di raffigurare sia le parole “mettere in una falsa posizione” sia l’identificazione con l’innamorato. Sottolineo ancora una volta come l’intero processo ideativo sia dominato dall’elemento avente come contenuto un’innervazione corporea (o meglio la sensazione di essa). Del resto un’isterica nel primo caso avrebbe storto convulsamente gli occhi, nel secondo avrebbe davvero rappresentato la scena dello spintone, invece di avvertire l’impulso o la sensazione corrispondenti; e in entrambi i casi l’esecuzione dei gesti non sarebbe stata accompagnata da alcun pensiero cosciente, e neanche in seguito la malata sarebbe stata in grado di esprimere pensieri siffatti.
Fin qui queste due osservazioni testimoniano a favore di quello che abbiamo chiamato linguaggio ipocondriaco o linguaggio d’organo. Ma – ed è ciò che ci sembra più importante – esse ci rammentano anche un altro stato di cose che può essere facilmente testimoniato (per esempio dagli esempi raccolti nella monografia di Bleuler132) e condensato in una formula ben precisa. Nella schizofrenia le parole sono sottoposte allo stesso processo che trasforma i pensieri latenti del sogno in immagini oniriche, e che noi abbiamo chiamato processo psichico primario. Esse vengono condensate e, in virtù dello spostamento, trasferiscono interamente i loro investimenti l’una sull’altra; il processo può spingersi fino al punto che un’unica parola, a ciò predisposta dalla molteplicità delle sue relazioni, si assuma la rappresentanza di un’intera catena di pensieri.133 I lavori di Bleuler, di Jung e dei loro allievi hanno appunto prodotto un abbondante materiale a sostegno di questa affermazione.134
Prima di trarre una conclusione da tali impressioni, vogliamo ancora riflettere sulle distinzioni che sussistono fra la formazione dei sostituti nella schizofrenia da un lato, e nell’isteria e nella nevrosi ossessiva dall’altro: si tratta di distinzioni sottili, che tuttavia suscitano una strana impressione. Un paziente che sto attualmente osservando si lascia distogliere da ogni interesse vitale a causa delle cattive condizioni della sua pelle. Egli afferma di avere sul viso comedoni e profondi buchi che tutti guardano. L’analisi dimostra che egli sfoga sulla sua pelle il proprio complesso di evirazione. In un primo tempo egli si occupava senza rimorsi dei suoi comedoni, spremere i quali gli procurava una grande soddisfazione perché, come dice lui, ne schizzava fuori qualcosa. Poi cominciò a credere che dappertutto dove aveva schiacciato un comedone si fosse formato un foro profondo, e si rivolgeva i più aspri rimproveri per aver rovinato per sempre la sua pelle con quel “continuo trafficare con la mano”. È evidente che per lui spremere i comedoni è un sostituto dell’onanismo. Il buco che ne deriva per sua colpa è il genitale femminile, e cioè l’avverarsi della minaccia di evirazione (o della fantasia che di essa fa le veci) provocata dall’onanismo. Nonostante il suo carattere ipocondriaco, questa formazione sostitutiva presenta una notevole analogia con una conversione isterica; tuttavia abbiamo la sensazione che si tratti di qualcosa di diverso, che una formazione sostitutiva come questa non possa essere attribuita all’isteria, ancora prima di poter dire in che cosa consiste la differenza. Difficilmente un isterico prenderà un buchetto piccolo come un poro cutaneo quale simbolo della vagina, che peraltro egli usa confrontare con tutti i possibili oggetti che includono una cavità. Inoltre pensiamo che la molteplicità di questi forellini lo tratterrebbe dall’usarli come sostituti del genitale femminile. Analogo è il caso di un giovane paziente di cui qualche anno fa Tausk ha parlato alla Società psicoanalitica di Vienna. Egli si comportava di norma esattamente come un nevrotico ossessivo, impiegava ore intere per la sua toilette, e così via. Ma colpiva, in lui, il fatto che potesse comunicare, senza opporre alcuna resistenza, il significato delle proprie inibizioni. Per esempio, quando si infilava le calze, lo disturbava l’idea di dover disfare le maglie del tessuto, ossia dei buchi, e per lui ogni buco era un simbolo dell’apertura del sesso femminile. Anche questo è un sintomo che non rientra nel quadro di una nevrosi ossessiva; Rudolf Reitler ebbe a osservare un malato affetto da questo tipo di nevrosi, il quale pure perdeva molto tempo per infilarsi le calze; dopo aver superato le resistenze, questo soggetto trovò la spiegazione seguente: il piede era per lui un simbolo del pene, e l’infilarvi su la calza era un atto onanistico; egli doveva mettere e togliere continuamente la calza, in parte per completare l’immagine dell’onanismo, in parte per “renderla non avvenuta”.135
Se ci chiediamo che cosa conferisca alla formazione sostitutiva e al sintomo schizofrenico il loro carattere peregrino, alla fin fine ci rendiamo conto che è il predominio del rapporto verbale su quello reale. L’analogia reale che sussiste fra l’atto di spremere un comedone e l’eiaculazione dal pene è davvero minima, e ancora più piccola è quella fra gli innumerevoli piccoli pori della pelle e la vagina; ma nel primo caso c’è qualcosa che schizza fuori entrambe le volte, e per il secondo vale alla lettera il detto cinico “Un buco vale l’altro”. La sostituzione non è stata dettata dalla somiglianza delle cose indicate, ma dall’uguaglianza dell’espressione linguistica. Dove i due elementi – parola e cosa – non coincidono, la formazione sostitutiva schizofrenica si discosta da quella che ha luogo nelle nevrosi di traslazione.
Proviamo a mettere insieme questa scoperta con l’ipotesi che nella schizofrenia si verifichi un abbandono degli investimenti oggettuali; dovremo correggerci e dire che l’investimento delle rappresentazioni verbali degli oggetti viene mantenuto. Ciò che abbiamo potuto chiamare la rappresentazione conscia dell’oggetto si scinde ora nella rappresentazione della parola e nella rappresentazione della cosa;136 quest’ultima consiste nell’investimento, se non delle dirette immagini mnestiche della cosa, almeno delle tracce mnestiche più lontane che derivano da quelle immagini. Tutto a un tratto pensiamo di aver capito in che cosa consista la differenza fra una rappresentazione conscia e una rappresentazione inconscia. Contrariamente a quanto avevamo supposto, non si tratta di due diverse trascrizioni dello stesso contenuto in località psichiche differenti, e neanche di due diverse situazioni funzionali dell’investimento nella stessa località; la situazione è piuttosto la seguente: la rappresentazione conscia comprende la rappresentazione della cosa più la rappresentazione della parola corrispondente, mentre quella inconscia è la rappresentazione della cosa e basta. Il sistema Inc contiene gli investimenti che gli oggetti hanno in quanto cose, ossia i primi e autentici investimenti oggettuali; il sistema Prec nasce dal fatto che questa rappresentazione della cosa viene sovrainvestita in seguito al suo nesso con le relative rappresentazioni verbali. Abbiamo il diritto di supporre che siano tali sovrainvestimenti a determinare una più alta organizzazione psichica, e a rendere possibile la sostituzione del processo primario con il processo secondario che domina nel Prec. A questo punto siamo anche in grado di indicare con precisione cos’è che la rimozione ricusa nelle nevrosi di traslazione alla rappresentazione respinta: le ricusa la traduzione in parole destinate a restare congiunte con l’oggetto. La rappresentazione non espressa con parole, o l’atto psichico non sovrainvestito, resta allora nell’Inc, rimosso.
Vorrei far osservare come la cognizione che oggi ci consente di capire una delle più salienti caratteristiche della schizofrenia sia stata da noi acquisita già molto tempo fa. Nelle ultime pagine del libro L’interpretazione dei sogni, pubblicato nel 1900, si spiega come i processi ideativi, e cioè quegli atti di investimento che sono i più lontani dalle percezioni, siano in sé stessi privi di qualità e inconsci, e acquistino la capacità di diventare coscienti solo connettendosi ai residui delle percezioni verbali.137 A loro volta, le rappresentazioni delle parole derivano dalla percezione sensoriale allo stesso modo delle rappresentazioni delle cose; ci si potrebbe quindi domandare perché le rappresentazioni degli oggetti non possano diventare coscienti per il tramite dei propri residui percettivi. Ma probabilmente il pensiero si sviluppa in sistemi che sono così lontani dai residui percettivi originari da non aver serbato alcunché delle qualità di questi ultimi, e da aver bisogno, per diventare coscienti, di essere rafforzati da qualità nuove. Inoltre la congiunzione con parole può dotare di qualità anche quegli investimenti che non possono derivare qualità alcuna dalle percezioni stesse, in quanto corrispondono a mere relazioni fra le rappresentazioni degli oggetti. Tali relazioni, che diventano comprensibili solo per il tramite delle parole, sono una parte essenziale dei nostri processi di pensiero. Come possiamo vedere, la congiunzione con rappresentazioni verbali non coincide ancora con il passaggio alla coscienza, ma ne dà soltanto la possibilità; essa è dunque una caratteristica del sistema Prec e di questo soltanto.138 Ma a questo punto ci rendiamo conto che con queste discussioni abbiamo abbandonato il nostro tema specifico e siamo giunti nel bel mezzo dei problemi che riguardano il preconscio e il conscio, problemi che per motivi di opportunità ci riserviamo di trattare separatamente.139
Per quanto riguarda la schizofrenia, di cui ci occupiamo qui solo nella misura che ci pare indispensabile per una comprensione generale dell’Inc, deve sorgere in noi il dubbio se il processo che in essa si chiama rimozione abbia ancora qualcosa in comune con la rimozione che si verifica nelle nevrosi di traslazione. In ogni caso la formula secondo cui la rimozione è un processo che si svolge fra il sistema Inc e il Prec (o C) e che si risolve nel tener lontano qualcosa dalla coscienza deve essere modificata per poter includere anche il caso della dementia praecox e di altre malattie narcisistiche. Ma il tentativo di fuga dell’Io, che si esprime nella sottrazione dell’investimento cosciente, resta comunque il fattore comune [alle due classi di nevrosi]. Basta la più superficiale delle riflessioni per rendersi conto quanto più radicalmente e profondamente si effettui questo tentativo di fuga, questa fuga dell’Io, quando si tratta delle nevrosi narcisistiche.
Se nella schizofrenia questa fuga consiste nel ritrarsi dell’investimento pulsionale dai punti che rappresentano l’idea inconscia dell’oggetto, può sembrare strano che la componente di questa stessa idea dell’oggetto che appartiene al sistema Prec – e cioè le rappresentazioni verbali che ad esso corrispondono – debbano invece ricevere un investimento più intenso. Ci si aspetterebbe piuttosto che la rappresentazione della parola, in quanto parte preconscia, debba sostenere il primo assalto della rimozione, e che diventi incapace di ricevere qualsiasi investimento dopo che la rimozione è proceduta fino alle rappresentazioni inconsce della cosa. È in realtà un punto difficile da capire. Risulta che l’investimento della rappresentazione verbale non entra a far parte dell’atto di rimozione, ma rappresenta il primo di quei tentativi di ristabilimento o guarigione che dominano il quadro clinico della schizofrenia in modo così spiccato.140 Questi sforzi sono intesi a riconquistare gli oggetti perduti, e può darsi benissimo che con questo proposito si imbocchi la strada che porta all’oggetto passando per la sua componente verbale; ma poi accade che ci si debba accontentare delle parole al posto delle cose. È un fatto assolutamente generale che la nostra attività psichica si muove in due direzioni opposte: o dalle pulsioni, attraverso il sistema Inc, verso l’attività cosciente del pensiero; oppure partendo dalle sollecitazioni esterne, attraverso il sistema C e Prec, fino a giungere agli investimenti inc dell’Io e degli oggetti. Questa seconda via deve rimanere transitabile nonostante la rimozione avvenuta, e resta per un buon tratto accessibile ai tentativi della nevrosi di riconquistare i propri oggetti. Se pensiamo in termini astratti corriamo il rischio di trascurare le relazioni delle parole con le rappresentazioni inconsce delle cose; e non si può negare che il nostro filosofare acquista allora un’indesiderata somiglianza, nell’espressione e nel contenuto, con il modo di fare degli schizofrenici.141 D’altro lato, possiamo cercare di caratterizzare il modo di pensare degli schizofrenici dicendo che essi trattano le cose concrete come se fossero astratte.
Se è vero che abbiamo individuato la natura dell’Inc e abbiamo determinato con precisione la differenza che esiste fra una rappresentazione inconscia e una preconscia, allora le nostre ricerche, partendo da molti altri punti, dovranno inevitabilmente ricondurci a questa cognizione.