Freud afferma in questo scritto che il termine narcisismo fu introdotto da Näcke (nel 1899); più tardi dovette correggere questa attribuzione poiché circa nella stessa epoca Havelock Ellis aveva pure impiegato un’uguale espressione (vedi oltre nota 615).
Freud si era servito di questo termine in una riunione della Società psicoanalitica di Vienna il 10 novembre 1909 per affermare che il narcisismo, inteso come assunzione della propria persona quale oggetto d’amore, costituisce uno stadio intermedio necessario fra l’autoerotismo infantile e l’amore propriamente oggettuale. Il termine è apparso poi in una nota a piè di pagina nella seconda edizione (1909) dei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905, in OSF, vol. 4), Primo saggio, par. 2/A, nel saggio su Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci (1910, in OSF, vol. 6), cap. 3, nel caso clinico del presidente Schreber (1910, ivi) par. 3, e in Totem e tabù (in questo volume), cap. 3, par. 2.
Il titolo del presente lavoro, come osserva Strachey, avrebbe dovuto essere “Per una introduzione al concetto di narcisismo”. Freud lo abbreviò doppiamente: a Narzissismus sostituendo Narzissmus, che gli piaceva di più foneticamente, e ulteriormente semplificando in Zur Einführung des Narzissmus.
Fin dal giugno 1913 Freud aveva pensato a questo lavoro, col quale intendeva in parte rispondere alle prese di posizione scismatiche di Adler e di Jung. Buttò giù uno schema nel settembre, mentre era a Roma (vedi sopra l’Avvertenza editoriale al saggio sul Mosè di Michelangelo), e terminò lo scritto nel marzo successivo. Esso apparve come articolo di apertura dello “Jahrbuch der Psychoanalyse”, vol. 6, 1-24 (1914). (Vedi sopra l’Avvertenza editoriale a Per la storia del movimento psicoanalitico). Fu riprodotto in Sammlung kleiner Schriften zur Neurosenlehre, vol. 4 (1918), pp. 78-112, ristampato come volumetto a sé presso l’Internationaler Psychoanalytischer Verlag (Vienna e Zurigo 1924); ancora riprodotto in Gesammelte Schriften, vol. 6 (1925), pp. 155-87, in Theoretische Schriften (Vienna 1931), pp. 25-57, e in Gesammelte Werke, vol. 10 (1946) pp. 138-70.
È qui presentato nella traduzione italiana di Renata Colorni.
Freud, come scrisse ad Abraham (18 marzo 1914) e come Jones (Vita e opere di Freud, vol. 2, pp. 370 sg.) riferisce, non era soddisfatto del suo lavoro. Le amarezze connesse al contrasto con gli ex collaboratori influivano sulle sue impressioni. Il saggio sul narcisismo ha tuttavia una grande importanza teoretica, che è del tutto indipendente dalla polemica con i dissidenti.
Esso è diviso in tre paragrafi. Nel primo Freud si pone il problema del diverso modo con cui avviene un distacco dalla realtà nel nevrotico e nello psicotico (o parafrenico, come qui egli lo definisce). Nel nevrotico la libido è distolta dagli oggetti reali, ma rimane oggettuale ed è rivolta agli oggetti della fantasia (e a un tale processo si adatta bene l’espressione usata da Jung di introversione della libido); nello psicotico, in ispecie nello schizofrenico, la libido si ritira sull’Io stesso, ripristinando una condizione della prima infanzia, e sviluppando l’onnipotenza del pensiero.
Nel secondo paragrafo Freud esamina le condizioni che producono, anche all’infuori della psicosi, il ritiro della libido dagli oggetti: ad esempio lo stato di malattia, la vecchiaia, o anche il sonno. Egli esamina pure come si producano le sensazioni dell’ipocondria, attraverso la erotizzazione degli organi e l’eccesso di eccitazione locale che ne consegue. Considera anche altre manifestazioni della libido narcisistica, come la scelta oggettuale amorosa del tipo narcisistico (contrapposta alla scelta del tipo per appoggio o – come è stata tradotta la parola tedesca Anlehnung da Strachey in inglese, e come è entrata anche nel nostro uso – del tipo anaclitico). Anche le differenze fra amore maschile e amore femminile, e certe forme di amore materno e paterno, ricevono luce dal concetto di un primitivo narcisismo.
Nel terzo paragrafo la libido narcisistica viene considerata in relazione alla formazione di un ideale dell’Io; e in connessione con questo nuovo concetto vengono considerati i processi di idealizzazione dell’oggetto e di sublimazione delle tendenze. È anche esaminato il rapporto dell’ideale dell’Io con ciò che comunemente è inteso come coscienza morale; con ciò viene anticipata la nozione di una istanza (quella che più tardi nell’Io e l’Es (1922, in OSF, vol. 9) verrà indicata come Super-io) a cui va anche riferito il delirio di essere osservati di determinati psicotici, e la stessa censura onirica. Un altro concetto qui introdotto è quello di comportamento in sintonia con l’Io, o egosintonico.
In polemica con Adler, Freud sostiene che la protesta virile di cui lo stesso Adler parla, deriva dal complesso di evirazione, e che d’altra parte essa non è da sola idonea a chiarire il problema della nevrosi; e mentre riconosce la validità del concetto d’inferiorità organica, ne riduce la portata come fattore stimolante dello sviluppo della personalità.
I temi qui trattati sono stati in seguito ripresi da Freud in Metapsicologia (1915, in OSF, vol. 8): Lutto e melanconia, pubblicato nel 1917, nella lezione 26 dell’Introduzione alla psicoanalisi (1915-17, ivi), nei capp. 8 e 9 di Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921, in OSF, vol. 9) e in L’Io e l’Es cit.