Trasformazioni pulsionali,
particolarmente dell’erotismo anale

Parecchi anni fa le mie osservazioni psicoanalitiche mi avevano indotto a supporre che la costante compresenza dei tre seguenti tratti caratteriali: ordine, parsimonia e ostinazione, indichi un rafforzamento della componente anale nella costituzione sessuale di certe persone in cui, peraltro, la consunzione dell’erotismo anale nel corso dello sviluppo avrebbe portato alla formazione di questi specifici modi di reazione dell’Io.232

Allora quello che mi interessava era di far conoscere una relazione costatata nei fatti, mentre mi preoccupavo poco del suo valore teoretico. In seguito si è imposta universalmente la tesi che ciascuna di queste tre proprietà: avarizia, pedanteria e ostinazione, deriva dalle fonti pulsionali dell’erotismo anale, o – per esprimerci in modo più cauto ed esauriente – è largamente alimentata da queste fonti. I casi in cui l’unione dei tre difetti di carattere menzionati si esprimeva in modo particolarmente marcato (carattere anale) erano appunto soltanto gli estremi in cui la connessione che ci interessa era talmente evidente da risultare palese anche a un osservatore poco acuto.

Alcuni anni più tardi un’abbondante messe di impressioni e un’esperienza analitica particolarmente cogente mi hanno indotto a concludere che nello sviluppo della libido umana bisogna supporre che la fase del primato genitale sia preceduta da un’“organizzazione pregenitale” nella quale il sadismo e l’erotismo anale hanno una funzione di guida.233

Da quel momento in poi non abbiamo più potuto evitare di chiederci dove vadano a finire i moti pulsionali dell’erotismo anale. Qual è stato il loro destino una volta che si sia instaurata l’organizzazione genitale definitiva che li ha privati della loro importanza per la vita sessuale? Hanno continuato a esistere come tali, ma in stato di rimozione, sono stati sublimati o consunti tramutandosi in proprietà del carattere, o sono stati invece accolti nella nuova forma di sessualità, determinata dal primato dei genitali? O meglio, poiché è probabile che nessuno di questi destini possa essere considerato esclusivo per l’erotismo anale, in quale misura e in che modo queste diverse possibilità hanno concorso a decidere le sorti dell’erotismo anale, le cui fonti organiche non hanno certo potuto estinguersi per la comparsa dell’organizzazione genitale?

Si dovrebbe credere che non manchi il materiale in grado di fornire la risposta a questi problemi, giacché i processi di sviluppo e di trasformazione in questione devono essersi verificati in tutte le persone che diventano oggetto dell’indagine psicoanalitica. Solo che questo materiale è così poco perspicuo, l’abbondanza di osservazioni continuamente ricorrenti suscita un’impressione talmente sconcertante che neanche oggi sono in grado di dare una soluzione completa del problema, ma solo qualche contributo a questa soluzione. Non credo di dovermi trattenere dal menzionare – se mi se ne presenta l’occasione – altre trasformazioni pulsionali che non concernono l’erotismo anale. È infine quasi inutile sottolineare che le vicende descritte – in questo caso come altrove nella psicoanalisi – sono state inferite dalle regressioni provocate dai processi nevrotici.

Punto di partenza di queste discussioni può essere il fatto che nelle produzioni dell’inconscio (idee improvvise, fantasie e sintomi) i concetti di sterco (denaro, regalo),234 e quelli di bambino e pene non appaiono ben separati l’uno dall’altro, ma anzi vengono facilmente scambiati fra loro. Esprimendoci in questo modo, sappiamo, naturalmente, di applicare illegittimamente all’inconscio designazioni che si usano abitualmente per altre sfere della vita psichica, e di lasciarci sedurre dai vantaggi che una tale similitudine può offrirci. Ripetiamo, dunque, in forma meno discutibile, che spesso nell’inconscio questi elementi sono trattati come se fossero equivalenti e ciascuno potesse tranquillamente fare le veci dell’altro.

Ciò si può costatare più agevolmente che altrove a proposito dei rapporti fra “bambino” e “pene”. Non può essere un caso che nel linguaggio simbolico del sogno come in quello della vita quotidiana i due termini possono essere sostituiti da un unico simbolo. Il bambino, come il pene, viene chiamato il “piccolo”.235 È noto che spesso il linguaggio simbolico non tiene conto della differenza dei sessi. Il “piccolo”, che in origine indicava il membro maschile, può essere dunque giunto a significare, in via secondaria, i genitali femminili.

Se si indaga abbastanza a fondo nella nevrosi di una donna, non di rado ci si imbatte nel desiderio rimosso di possedere un pene come quello dell’uomo. Un insuccesso, una sfortuna accidentale, o addirittura dovuta – come accade abbastanza spesso – a una disposizione fortemente virile, ha riattivato, nella donna, questo desiderio infantile (che chiamiamo “invidia del pene” considerandolo un aspetto del complesso di evirazione) e, attraverso il riflusso della libido, ha fatto di tale desiderio il veicolo principale dei sintomi nevrotici. Nel caso di altre donne la presenza di questo desiderio del pene non può essere dimostrata in alcun modo; il suo posto è preso dal desiderio di un bambino, e la frustrazione di tale desiderio nella vita può poi scatenare la nevrosi. È come se queste donne avessero capito che la natura ha dato alla donna il bambino al posto di quell’altra cosa che non ha potuto loro concedere (anche se una motivazione come questa è impossibile). In altre donne ancora si scopre che nell’infanzia furono presenti entrambi i desideri, e che a un certo punto uno fu sostituito dall’altro. In un primo tempo esse volevano avere un pene come l’uomo, e in seguito, sempre nell’età infantile, al posto di questo desiderio comparve quello di avere un bambino. Non si può sottrarsi all’impressione che di questa molteplicità di esiti siano responsabili determinati fattori accidentali della vita infantile (la presenza o la mancanza di fratelli, o l’esperienza della nascita di un nuovo bambino in un momento favorevole della vita), talché in definitiva il desiderio del pene si identificherebbe con quello del bambino.

Possiamo indicare quale sorte spetta al desiderio infantile del pene qualora nel periodo successivo della vita non si creino le condizioni che determinano la nevrosi. Esso si trasforma nel desiderio dell’uomo, accetta quindi l’uomo in quanto appendice del pene. Attraverso questa metamorfosi un impulso inteso a contrastare la funzione sessuale femminile si trasforma in un impulso ad essa propizio. A queste donne è così consentita una vita amorosa conforme al tipo maschile di amore oggettuale, che può affermarsi accanto a quella più propriamente femminile, derivante dal narcisismo. Abbiamo già visto che in altri casi solo con la nascita di un bambino si determina il passaggio dall’amore narcisistico di sé all’amore oggettuale.236 Anche sotto questo profilo il bambino può essere dunque rappresentato dal pene.

Mi è capitato qualche volta di venire a conoscenza di sogni fatti da donne dopo i primi rapporti sessuali. Essi rivelavano inequivocabilmente il desiderio di tenere per sé il pene che avevano sentito, e quindi corrispondevano – a prescindere dal motivo libidinoso – a una temporanea regressione dall’uomo al pene come oggetto di desiderio. Certo si tenderà a ricondurre in modo puramente razionale il desiderio dell’uomo a quello del bambino, dal momento che prima o poi le donne capiscono benissimo che senza la collaborazione dell’uomo non si può avere un bambino. Ma è più probabile invece che il desiderio dell’uomo sorga indipendentemente dal desiderio del bambino, e che se per ragioni comprensibili che appartengono senz’altro alla psicologia dell’Io tale desiderio compare, gli si accompagni l’antico desiderio del pene come rafforzamento libidico inconscio.

Il significato del processo descritto sta nel fatto di convertire in femminilità una parte della virilità narcisistica della giovane donna, virilità che perciò non nuoce più alla funzione sessuale femminile. Ora per un’altra via, accade che una componente dell’erotismo della fase pregenitale diventi anch’essa suscettibile di un utile impiego nella fase del primato genitale. Il bambino viene infatti considerato come una “tattetta”237 (vedi l’analisi del piccolo Hans), come qualcosa che si stacca dal corpo passando attraverso l’intestino; in questo modo un certo importo dell’investimento libidico rivolto al contenuto dell’intestino può venire esteso al bambino nato dall’intestino. Una testimonianza linguistica di questa identità fra bambino e feci è contenuta nell’espressione tedesca “ricevere in regalo un bambino”. Le feci sono infatti il primo regalo del lattante, una parte del suo corpo da cui egli si separa solo dietro esortazione della persona amata, e con cui dimostra a quest’ultima anche spontaneamente il suo affetto; di regola infatti egli non imbratta persone estranee. (Con l’urina le reazioni sono simili, anche se non altrettanto intense.) La defecazione è la prima situazione in cui il bambino deve decidere fra un atteggiamento narcisistico e un amore oggettuale. O cede di buon grado gli escrementi, li “sacrifica” come pegno d’amore, oppure li ritiene per soddisfare un impulso autoerotico, e in seguito per affermare la propria volontà. Con quest’ultima decisione si costituisce un atteggiamento di sfida (ostinazione), che quindi scaturisce da un caparbio narcisistico attaccamento all’erotismo anale.238

È probabile che il primo significato a cui si estende l’interesse per le feci non sia l’oro-denaro,239 ma il regalo. Il bambino non conosce altro denaro che quello che gli viene regalato, non conosce né un denaro guadagnato e neanche un denaro proprio, ereditato. Poiché gli escrementi sono il suo primo regalo, egli trasferisce facilmente il proprio interesse da questa a quella nuova materia che gli appare come il più importante regalo fra quelli che incontra nella vita. Chi dubita di questa provenienza del regalo, può rifarsi alla propria esperienza di psicoanalista, studiare i regali che, come medico, riceve dagli ammalati, e considerare la veemente traslazione che un proprio regalo può suscitare nei pazienti.

Per una parte l’interesse per le feci continua dunque come interesse per il denaro, per l’altra parte si traduce nel desiderio di un bambino. Ebbene, in questo desiderio di un bambino convergono un impulso erotico anale e un impulso genitale (invidia del pene). Ma il pene ha anche un significato erotico anale indipendente dall’interesse per il bambino. Infatti il rapporto fra il pene e il condotto mucoso che esso riempie ed eccita è già prefigurato nella fase pregenitale, sadico-anale. La massa fecale o, come un paziente l’ha chiamata, il “cilindro di feci”, è per così dire il primo pene, la mucosa da esso stimolata è quella dell’intestino retto. Ci sono persone il cui erotismo anale è rimasto forte e inalterato fino all’età prepuberale (dai dieci ai dodici anni); si può accertare che già durante questa fase pregenitale costoro avevano sviluppato un’organizzazione analoga a quella genitale, sotto forma di fantasie e giochi perversi in cui al posto del pene e della vagina comparivano il cilindro di feci e il retto. Nel caso di altri soggetti (affetti da nevrosi ossessiva) si può riconoscere l’esito di una denigrazione regressiva dell’organizzazione genitale. Ciò si esprime nel fatto che tutte le fantasie concepite in origine a livello genitale vengono trasposte a livello anale, che il pene e la vagina sono sostituiti rispettivamente dal cilindro di feci e dal retto.

Se l’interesse per le feci recede in modo normale, l’analogia organica che abbiamo descritto fa sì che tale interesse si trasferisca sul pene. Più tardi, quando l’esplorazione sessuale infantile porta alla scoperta che i bambini nascono dall’intestino,240 in ciò si concentra la principale eredità dell’erotismo anale; ma il precursore del bambino è stato il pene, sia in questo sia in un altro senso.

Sono convinto che a questo punto le molteplici relazioni che caratterizzano la serie feci-pene-bambino siano diventate del tutto inintelligibili; voglio perciò cercare di rimediare a questo inconveniente con una rappresentazione grafica discutendo la quale potremo prendere in considerazione ancora una volta il medesimo materiale, ma seguendo un diverso ordine. Purtroppo questo espediente tecnico non è sufficientemente duttile per i nostri fini o non abbiamo ancora imparato a usarlo in modo appropriato. Comunque prego i lettori di non pretendere troppo da questo schema.

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Dall’erotismo anale deriva l’atteggiamento narcisistico della sfida, che costituisce un’importante reazione dell’Io contro le pretese altrui; l’interesse rivolto alle feci si trasforma in interesse per il regalo e successivamente per il denaro. Con la scoperta del pene nasce nella ragazza l’invidia del pene, che più tardi si trasforma nel desiderio dell’uomo in quanto possessore di un pene. Prima ancora il desiderio del pene si è trasformato nel desiderio di un bambino, o il desiderio di un bambino ha preso il posto del desiderio del pene. Un’analogia organica fra pene e bambino (linea tratteggiata) si esprime nel possesso di un simbolo comune (“il piccolo”). Dal desiderio del bambino una via razionale (linea doppia) porta poi al desiderio dell’uomo. Abbiamo già considerato il significato e il valore di questa trasformazione pulsionale.

Un’altra parte delle connessioni qui implicate può essere riconosciuta assai più distintamente nell’uomo. Ciò si determina quando l’esplorazione sessuale infantile ha permesso al maschietto di costatare che alle femmine manca il pene. In questo modo il pene appare come qualcosa che può essere staccato dal corpo e si connette analogicamente alle feci, che furono la prima parte del proprio corpo a cui si dovette rinunciare. L’antica caparbietà anale interviene così nella costituzione del complesso di evirazione. L’analogia organica per cui il contenuto dell’intestino è stato il precursore del pene nella fase pregenitale non può essere assunta come un motivo; ma trova un sostituto psichico in virtù dell’esplorazione sessuale.

Il bambino che compare sulla scena, grazie all’esplorazione sessuale, viene riconosciuto come una “tattetta” e investito con veemente interesse erotico-anale. Il desiderio di avere un bambino viene ulteriormente rinforzato dalla medesima fonte quando l’esperienza sociale insegna che il bambino può essere inteso come prova d’amore, come regalo. Tutte e tre le cose, la colonna di feci, il pene e il bambino, sono corpi duri, che entrando o uscendo eccitano un condotto mucoso (il retto e la vagina che è per così dire presa a nolo dal retto, secondo una azzeccata espressione di Lou Andreas-Salomé).241 L’unica conclusione a cui può giungere l’esplorazione sessuale infantile a proposito di tutto questo è che il bambino percorre la stessa via della colonna di feci; di regola l’indagine infantile non giunge a scoprire la funzione del pene. È comunque interessante notare che una concordanza organica, dopo tanti giri e per vie così indirette, ricompare nella sfera psichica sotto forma di identità inconscia.

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