Avvertenza editoriale
Gli Studien über Hysterie, editi nel maggio 1895, come opera collettiva di Josef Breuer e Sigmund Freud, da Deuticke (Lipsia e Vienna), sono costituiti: da un primo capitolo, scritto in comune dai due autori, recante la data: “dicembre 1892”, e già pubblicato nel “Neurologisches Centralblatt”, vol. 12 (1), pp. 4-10, e (2), pp. 43-47 (gennaio 1893), e nei “Wiener medizinische Blätter”, vol. 16 (3), pp. 33-35, e (4), pp. 49-51 (gennaio 1893), col titolo Sul meccanismo psichico dei fenomeni isterici: comunicazione preliminare (titolo originale: Über den psychischen Mechanismus hysterischer Phänomene. Vorläufige Mitteilung); da cinque “Casi clinici”, di cui il primo (la signorina Anna O.) scritto da Breuer, e gli altri quattro da Freud; da un capitolo di “Considerazioni teoriche” dovuto a Breuer, e da un ultimo capitolo “Per la psicoterapia dell’isteria”, opera di Freud che lo ultimò ai primi di marzo del 1895 (lettera inedita a Fliess del 13 marzo).
Della prima edizione furono stampate ottocento copie, di cui soltanto 626 furono vendute nel corso di tredici anni, fino al 1908, fruttando agli autori 425 fiorini (pari a circa 850 lire del tempo) da dividersi fra i due.
La “Comunicazione preliminare” aveva suscitato notevole interesse negli ambienti medici tedeschi. Gli Studi sull’isteria invece non furono accolti con favore. Salvo qualche rara eccezione, le recensioni nei periodici scientifici furono prevalentemente critiche: si veda quanto scrive E. Jones, Vita e opere di Freud, trad. A. e M. Novelletto (Il Saggiatore, Milano 1962), vol. 1, pp. 306 sgg.
Nel 1909 fu pubblicata una seconda edizione (che era una ristampa con una nuova prefazione): in tale occasione Breuer mandò a Freud come ricordo i manoscritti degli Abbozzi, che sono stati riportati più su. Nel 1916 e 1922 uscirono una terza e una quarta edizione (semplici ristampe). Seguirono le edizioni nelle Gesammelte Schriften, vol. 1 (1925), pp. 3-238 e nelle Gesammelte Werke, vol. 1 (1952), pp. 77-312: in esse furono omesse le parti del libro che sono opera esclusiva di Breuer (“Anna O.” e le “Considerazioni teoriche”); Freud sostituì queste parti con qualche nota esplicativa che non figurava nel testo originario.
Mai tradotta finora in italiano, l’opera viene qui riprodotta nella sua integrità, e quindi anche con le parti dovute a Breuer. La traduzione è di Carlo Federico Piazza.
La collaborazione di Breuer e Freud nasce dalla stretta amicizia che vi era stata fra i due uomini. Josef Breuer (1842-1925), di quindici anni più vecchio, era già un medico affermato quando Freud era ancora uno studente, e fu largo di consigli e di aiuti anche materiali, con una sollecitudine più che fraterna, verso Freud, che dopo il 1880 era divenuto amico di famiglia.
La signorina Anna O. (nome sotto il quale è stata da Breuer nascosta la signorina Bertha Pappenheim, 27 febbraio 1859-28 maggio 1936) fu curata da Breuer dal dicembre 1880 al giugno 1882. Freud ebbe notizia del caso di Breuer il 18 novembre 1882 (lettera inedita alla fidanzata Martha Bernays del 19 novembre, citata da Jones, op. cit., vol. 1, p. 280) e, benché allora fosse immerso negli studi di istologia del sistema nervoso e gli fossero quindi estranei i problemi di psicopatologia, ne fu molto impressionato; tanto che qualche anno dopo a Parigi parlò a Charcot di questo caso. Come Freud riferisce nella Autobiografia del 1924, Charcot non si dimostrò invece interessato. Lo stesso Freud all’inizio della sua attività professionale di medico delle malattie nervose, anche quando nel dicembre 1887 cominciò a usare sistematicamente l’ipnosi, non ritornò su questo vecchio caso clinico.
Soltanto gli scarsi successi ottenuti con l’impiego della ipnosi, per la semplice e diretta inibizione dei sintomi isterici, lo portarono a riprendere in esame con Breuer questo caso, e a cercare di ricavarne una interpretazione teorica e una tecnica terapeutica per l’isteria. Ciò dovrebbe esser avvenuto nella primavera del 1889, se è esatta la data del 1° maggio 1889 affermata da Freud come data di inizio della cura del secondo caso qui riportato, la signora Emmy von N. (come vedremo, è possibile che l’inizio di questa cura debba essere invece ricondotto al 1° maggio 1888).
È da rilevare che mentre fino a quest’epoca i rapporti di Freud con Breuer erano stati improntati alla più affettuosa amicizia (numerosi sono i passi delle lettere di Freud alla fidanzata che esprimono questo suo stato d’animo), dopo il 1891, mentre si accentua la intimità di Freud con Fliess, viene invece attenuandosi, in modo non tanto facilmente spiegabile, la sua amicizia per Breuer.
Il 28 giugno 1892, nella prima lettera in cui Freud (che precedentemente impiegava il Lei) si rivolge col familiare tu a Fliess, egli gli annuncia di aver ottenuto da Breuer di poter esporre in un articolo da scriversi in comune le idee insieme elaborate partendo da un’analisi del primo caso di Breuer. Il 18 dicembre dello stesso anno Freud scrive allo stesso Fliess che l’articolo è pronto e che esso verrà pubblicato sotto forma di “Comunicazione preliminare” nel numero 1 del 1893 del “Neurologisches Centralblatt”. Aggiunge però: “È stata necessaria una lunga battaglia con il mio collaboratore.” La frase si riferisce agli elementi di dissenso che fin dall’inizio della collaborazione fra Breuer e Freud erano apparsi. Questi elementi di dissenso di natura teorica si complicavano con gli aspetti assunti, come dicemmo, dai rapporti personali.
Ne risulta lo stranissimo carattere degli Studi sull’isteria: di essere cioè un’opera in collaborazione, scritta e pubblicata proprio mentre la collaborazione fra i due autori era già in piena crisi.
Questa situazione confusa ha le sue radici nel modo come storicamente la esperienza clinica e terapeutica di Breuer e di Freud si era sviluppata.
L’esperienza di Breuer (in quanto esperienza di un nuovo metodo di psicoterapia dell’isteria) si limita all’unico caso di Anna O. Questo caso fu però descritto da Breuer oltre dodici anni dopo la cura, e non fu esposto in modo molto preciso (come Freud in parte affermò esplicitamente, in parte lasciò intendere). Inoltre la tecnica seguita da Breuer si risolveva in una utilizzazione di un comportamento che la paziente aveva già per proprio conto cominciato ad attuare, e che sembrava consistere in un ritorno a uno stato di coscienza simile a quello in cui erano stati vissuti gli episodi traumatici. Deriva da ciò la tendenza di Breuer a considerare la formazione dei sintomi isterici come dovuta a un tale stato ipnoide di coscienza.
Freud, per riprodurre in qualche modo una tecnica esplorativa analoga a quella di Breuer, doveva con i propri pazienti (i quali non presentavano spontaneamente gli stati di coscienza del caso di Breuer) invitarli in modo diretto a ricordare: in ipnosi (quando l’ipnosi si lasciava produrre, come nel caso della signora Emmy von N.), ma anche senza ipnosi quando questa, come nei casi di Elisabeth von R. e di Miss Lucy R., non si lasciava produrre. Così però l’attività del medico consisteva apparentemente in una lotta contro la difficoltà da parte del paziente a ricordare e a comunicare. Ne derivava in Freud la tendenza a considerare questa stessa difficoltà come un momento costitutivo dell’isteria (isteria da ritenzione). Inoltre, come gli sforzi che il medico doveva esercitare sembravano giustificare una interpretazione della cura in termini dinamici, così sembrava logico interpretare in termini dinamici anche il momento patogenetico, con la introduzione del concetto di rimozione.
In tal modo, pur essendo Freud e Breuer d’accordo nell’idea che si dovesse riportare l’isteria comune allo schema stesso valido per l’isteria traumatica, nel senso che anche nell’isteria comune vi sarebbe alla base della malattia una situazione traumatica (anche se la connessione fra trauma e sintomo appariva nell’isteria comune più complessa e simbolica), essi dissentirono circa la interpretazione delle condizioni che rendono un fatto traumatico.
Nella “Comunicazione preliminare” i due autori risolsero il contrasto ammettendo l’esistenza di entrambe le forme di isteria (da stato ipnoide e da ritenzione). E tale posizione fu in seguito conservata da Breuer.
Freud invece, nell’ultimo capitolo da lui scritto di questo libro, mostra di propendere per la tesi che l’origine dell’isteria sia sempre da riferirsi a un unico meccanismo: quello di una difesa dalla spiacevolezza di una situazione, che appunto perciò diverrebbe traumatica. Lascia solo sussistere un dubbio – ma esclusivamente per un riguardo a Breuer – per il caso di Anna O.
Freud tuttavia sapeva che Breuer non aveva compiutamente descritto questo caso, e che aveva omesso alcuni elementi importanti. Si tratta degli elementi che stanno alla base di un altro contrasto fra Breuer e Freud: quello relativo alla importanza della sfera sessuale per le situazioni traumatiche responsabili della formazione dei sintomi isterici (vedi nota 120, in OSF, vol. 1).
Breuer, sotto l’influenza di Freud, che dalla propria esperienza era condotto a dare un grande rilievo alla sfera sessuale, ammetteva che tale sfera doveva essere una fonte molto importante di situazioni traumatiche, ma poiché aveva dato del caso di Anna O. una interpretazione che prescindeva completamente da elementi del genere, non poteva accettare la tesi di una origine sessuale di tutte le forme di isteria. Freud che, a proposito del caso di Anna O., era a conoscenza di alcuni elementi sottaciuti da Breuer, e che altri elementi aveva intuito in base alla propria esperienza di casi analoghi, era per questo irritato verso Breuer.
Breuer del resto, anche in seguito, quando Freud venne violentemente attaccato per le sue idee sulla sessualità, oscillò fra posizioni contrastanti, di sostegno e di difesa nei riguardi di Freud, e di freddezza e diffidenza verso quelle idee.
Nella intenzione dei due autori le cinque storie cliniche degli Studi sull’isteria avrebbero dovuto costituire una dimostrazione, sia della interpretazione teorica circa la natura dei sintomi isterici abbozzata nella “Comunicazione preliminare”, sia della tecnica catartica (tanto nell’impiego originario di Breuer, quanto nelle variazioni successivamente introdotte da Freud).
In realtà queste storie, anche se (come dice Freud) sono state scelte, perché più agevolmente comunicabili, nei confronti di un materiale clinico più vasto, hanno caratteri tali per cui neppur una può essere considerata paradigmatica: né per il metodo catartico di Breuer, né per l’altro metodo che Freud veniva elaborando, e che fu poi detto analitico.
Non la storia di Anna O., dove l’iniziativa della tecnica terapeutica fu per così dire della stessa ammalata, e che Breuer conclude in modo eccessivamente ottimistico e non corrispondente a quella che è stata la realtà. Non il caso della signora Emmy von N., nel quale Freud impiega la ipnosi in modo misto: talora per far ricordare qualche cosa alla paziente, ma assai spesso anche per vietarle dati ricordi, con un metodo più simile a quello di Janet che non a quello di Breuer. Non quello di Miss Lucy R., che non fu un trattamento sistematico, ma un seguito di brevi sedute effettuate negli intervalli fra l’una e l’altra consultazione con i pazienti veri di Freud. Non certo quella di Katharina, consistente in un unico colloquio, dove Freud (con un procedimento che più tardi avrebbe certo qualificato come “analisi selvaggia”) si limitò a stimolare la paziente perché prendesse meglio coscienza di episodi non del tutto scomparsi dalla sua memoria. E neppure il caso di Elisabeth von R., che è indubbiamente molto importante, perché è il primo caso in cui Freud rinunciò completamente all’ipnosi per ottenere dal paziente la rievocazione di episodi dimenticati, ma che presenta un materiale di rievocazione molto recente e coperto da lieve rimozione.
D’altra parte questo carattere incompleto del materiale clinico offerto come materiale dimostrativo non può essere rimproverato ai due autori. E questo anzitutto perché gli Studi sull’isteria descrivono lo sviluppo, per successivi tentativi, di un procedimento terapeutico, e non pretendono di dimostrare una tecnica già perfezionata. E poi perché è sempre molto difficile descrivere un trattamento di questo tipo, tanto è vero che Freud, neppure in quelli che vengono denominati i Casi clinici, ha dato la esposizione di un trattamento completo.
Le storie cliniche qui riportate richiedono qualche chiarimento.
Breuer interrompe la storia della signorina Anna O. (il cui trattamento era stato iniziato nel dicembre 1880) nel giugno 1882, quando l’ammalata, dovendo trasferirsi in campagna, avrebbe effettuato un ultimo intenso lavoro di talking cure (cura parlata), rievocando la scena traumatica principale connessa alla camera di degenza del padre ammalato, per poi congedarsi definitivamente da Breuer, in complesso guarita. E Breuer termina dicendo: “Da allora” (1882) “gode” (1895) “perfetta salute” (vedi, cap. 2, par. 1, in OSF, vol. 1).
La storia del caso (che Freud riprende e descrive molto particolareggiata-mente, ma sempre entro i limiti della narrazione di Breuer, nella prima delle Cinque conferenze sulla psicoanalisi, del 1909) è, come Freud stesso nota in Per la storia del movimento psicoanalitico (1914) e nella Autobiografia (1924), più complessa: in quanto diede luogo a una situazione affettiva da “traslazione”, che Breuer non riuscì a dominare e che provocò una brusca rottura del rapporto paziente-medico, con conseguenze negative per la paziente, la quale non pervenne a una totale liquidazione della nevrosi.
Jones (op. cit., vol. 1, pp. 278 sgg.) riferisce il racconto fattogli da Freud.
L’interesse di Breuer per questa sua paziente, alla quale egli dedicava assai più tempo che non agli altri ammalati, destò la gelosia di sua moglie. Ne derivò una situazione per cui Breuer decise di troncare la cura (che aveva già dato buoni risultati) e di congedarsi da Bertha Pappenheim. Se non che la sera stessa di quel giorno, egli fu chiamato urgentemente a casa dell’ammalata che era in preda a una crisi. Si trattava della rappresentazione isterica di un parto: la conclusione dunque di una gravidanza immaginaria che si era venuta svolgendo in forma nascosta, come risposta agli interventi terapeutici di Breuer. Breuer cercò di calmare la paziente con l’ipnosi; e partì l’indomani da Vienna con la moglie per un viaggio.
Due lettere, inedite, di Freud alla fidanzata (31 ottobre 1883 e 11 novembre 1883, riportate da Jones, vol. 1, p. 322) contengono lo stesso racconto.
Bertha Pappenheim ebbe in seguito varie ricadute, fu ricoverata in una casa di cura, e nell’agosto 1883 (lettera inedita di Freud alla fidanzata del 5 agosto 1883) era, come Breuer disse a Freud, completamente a pezzi. Anche anni dopo (lettere inedite di Martha Bernays alla propria madre del 2 gennaio e 31 maggio 1887) la paziente, che per un certo periodo si era data alla morfina, presentava ancora gli stati allucinatori serali. Malgrado le sue sofferenze, Bertha Pappenheim fu una donna molto attiva e svolse nel corso della sua vita una intensa azione in campo sociale, per la emancipazione femminile e per l’assistenza ai bambini. Il caso volle che essa si trovasse a un certo momento imparentata con la famiglia della moglie di Freud.
Le vicende particolari di questa paziente di Breuer hanno avuto una influenza notevole sullo sviluppo del pensiero di Freud: sia mettendolo sull’avviso circa i caratteri del fenomeno della traslazione affettiva e circa le difficoltà che si possono produrre in una psicoterapia (come Freud osserva fin dalle ultime pagine degli Studi sull’isteria, vedi, cap. 4, par. 3, in OSF, vol. 1), sia per fargli ritenere che anche quando nell’analisi di un caso di isteria sembrano del tutto assenti gli elementi di natura sessuale (come Breuer appunto affermava per Anna O.) non si può mai escludere che questi elementi siano invece presenti e che essi possano a un certo momento dell’analisi farsi sentire.
Per quanto riguarda la storia della signorina Emmy von N., si pone un problema di cronologia. Ci si trova infatti di fronte a uno di quei casi di contraddizione di date, che è tanto frequente negli scritti di Freud.
Freud afferma di aver iniziato il trattamento il 1° maggio 1889 (vedi, cap. 2, par. 2, in OSF, vol. 1), e di averlo proseguito per sette settimane, dunque fino a metà giugno (vedi nota 127, in OSF, vol. 1). Racconta poi (ibid.) di aver effettuato l’anno successivo un secondo periodo di trattamento per otto settimane (maggio e giugno 1890). Freud dice pure che dopo un altro anno (e dunque nel 1891) egli avrebbe effettuato una visita alla signora nel suo paese baltico.
Successivamente però (ibid.) parla di questa visita come avvenuta nel 1890; e più avanti (in armonia con questa nuova datazione) accenna ad alcuni sintomi presentati dalla paziente durante il primo trattamento nel 1888 e ad altri presentati durante il secondo trattamento nel 1889.
Più avanti ancora, quando racconta che nessuno dei frequentatori della casa della signora sapeva che essa era ammalata, torna a parlare della visita nel paese baltico come avvenuta nel 1891 (e cioè conformemente al primo sistema di datazione).
Discutendo questi due sistemi di datazione James Strachey nella Standard Edition, vol. 2 (1955), pp. 307-09, propende per il secondo (1888-90); e ciò sia sulla base di una lettera di Freud a Fliess del 20 agosto 1888, dove sono contenute critiche a Bernheim, che potrebbero essere state determinate dall’esperienza con l’ipnosi acquisita proprio con questo caso, sia in base a un passo dell’Autobiografia (1924), in cui Freud dice che di ritorno da Parigi aveva cominciato “fin da principio” a usare l’ipnosi non soltanto per inibire i sintomi, ma anche per svelarne la genesi. L’espressione “fin da principio” sarebbe stata inesatta se si fosse trattato del maggio 1889, dato che Freud era tornato da Parigi nell’inverno 1886, e dato che nel dicembre 1887 si occupava già certamente di suggestione ipnotica in quanto aveva firmato il contratto per tradurre il primo libro di Bernheim (lettera a Fliess del 28 dicembre 1887).
Comunque la questione non può essere risolta con certezza assoluta.
Il caso di Miss Lucy R. è importante soprattutto in connessione al problema dell’abbandono dell’ipnosi e della sua sostituzione con un’altra tecnica per la ricerca di un materiale dimenticato, e in relazione quindi al problema della natura dell’oblio isterico come meccanismo di difesa.
Il caso di Katharina, esposto originariamente con una “attenuazione” della situazione traumatica – dato che anche per il pubblico viennese dell’epoca sarebbe stato eccessivamente traumatizzante la narrazione di un tentativo di aggressione incestuosa di un padre verso la figlia, e delle corrispondenti reazioni emotive della figlia nei confronti del padre (vedi la nota 187, in OSF, vol. 1, aggiunta nel 1924 da Freud alla esposizione di questo caso) – è, nella storia della psicoanalisi, importante, non per sé stesso, ma come primo caso osservato di una manifestazione isterica direttamente e brutalmente connessa in modo aperto a quella situazione che verrà più tardi indicata da Freud come situazione edipica.
Il caso della signorina Elisabeth von R. è indubbiamente, fra tutti quelli pubblicati allora da Freud, il più importante: perché è il primo in cui sia stata tentata la tecnica della rievocazione di materiale dimenticato senza l’uso dell’ipnosi.
Per indicare questo genere di trattamento Freud usa nel corso dell’esposizione l’espressione “un trattamento analitico di questa specie”. Egli non aveva ancora coniato il termine psicoanalisi, ma sentiva la necessità di qualificare il trattamento in modo diverso da come veniva indicato il metodo catartico di Breuer.
L’importante capitolo teorico scritto da Breuer è rimasto nell’ombra nel successivo sviluppo della psicoanalisi, in funzione del diverso destino dei due autori. Ma anch’esso è di grande interesse, sia perché Breuer si è sforzato di inserire nella sua costruzione numerosi concetti che erano dovuti a Freud (e che egli scrupolosamente a Freud attribuisce nel suo scritto), come il principio della costanza del livello dell’eccitamento nervoso, il concetto di conversione isterica, e l’idea della sovradeterminazione dei sintomi (alla quale Freud accenna nel corso della storia della signorina Elisabeth von R., in funzione della sommazione dell’azione patogena di più fattori traumatici); sia perché sviluppa concetti personali, che tuttavia Freud ha più tardi accolto nella propria dottrina, come quelli riguardanti la distinzione fra energia libera e legata, e conseguentemente fra sistema primario e secondario dell’operare psichico; sia infine perché, allo scopo di spiegare il processo della conversione organica, affermata da Freud, elabora la importante dottrina degli isolatori nel sistema nervoso, a protezione degli organi vegetativi, e del superamento della barriera costituita da tali isolatori tanto nelle manifestazioni del nervosismo generico che nei sintomi isterici di conversione.
Freud si era riservato il compito di scrivere il capitolo sulla tecnica psicoterapeutica.
In realtà questo capitolo conclusivo del libro, che Freud finì di scrivere nel marzo 1895, va molto al di là di una descrizione del metodo catartico. È infatti qui esposta una tecnica che nelle linee generali corrisponde ormai a quella che sarà la tecnica analitica. E questo non soltanto perché viene data la dimostrazione che con l’impiego dell’ipnosi non si abbrevia l’opera di ritrovamento di particolari che normalmente sfuggono alla coscienza, ma perché la nuova tecnica viene fondata sulla base di tutta una serie di nuovi concetti e di nuove determinazioni. Viene infatti formulata la regola fondamentale dell’analisi, vengono interpretate le varie reazioni del paziente invitato ad associare come espressioni di resistenze, viene messo in rilievo il comportamento affettivo del paziente verso il medico e la funzione che esso ha per il superamento delle resistenze (con accenni anche alle conseguenze che possono avere i turbamenti nei rapporti fra paziente e medico), viene prospettato il problema della struttura del materiale psichico inconscio, con un primo abbozzo quindi di una teoria dell’inconscio, e a conclusione di tutto lo scritto viene posto come compito della terapia quello di trasformare, attraverso la liquidazione dei falsi nessi, i conflitti inconsci che stanno a base della nevrosi in comuni conflitti della vita, da affrontarsi con i normali mezzi di cui l’uomo consapevole dispone.
Leggendo gli Studi sull’isteria, si ha l’impressione che mentre nella “Comunicazione preliminare”, nelle storie cliniche e nel capitolo teorico di Breuer ci si trova ancora in uno stadio di preistoria della psicoanalisi, il capitolo conclusivo di Freud (che si appoggia a un materiale clinico rispetto al quale quello delle storie precedenti, lacunoso e mal dominato dai terapeuti, sembra completamente superato) ci trasferisca in un sistema di concetti assai più maturo, che a pieno diritto può ormai essere detto il sistema della psicoanalisi.