Freud si era in passato occupato del problema della religione, fondamentalmente in due opere. La prima è Azioni ossessive e pratiche religiose del 1907, in cui l’elemento principale, nell’esame delle due situazioni, era costituito dalla imperiosità e fissità delle azioni ossessive e delle pratiche religiose, e dalla reazione di angoscia prodotta nei casi di deroga dal comando ossessivo o religioso.
In Totem e tabù (1912-13) viene invece presa in esame l’origine stessa dell’idea religiosa, a partire dalle credenze e dalle pratiche seguite dalle popolazioni primitive. Con una ricostruzione che egli stesso definisce talora fantastica, Freud, partendo dalla concezione darwiniana dell’orda primitiva, fa derivare la formazione della organizzazione familiare dal tabù dell’incesto, e dal sentimento ambivalente nei confronti del capo dell’orda: da questo sorgerebbe il concetto di totem (progenitore e insieme divinità) e si svilupperebbe poi la stessa concezione monoteistica.
Il punto di vista di Freud era stato fino allora storico.
Nel presente scritto l’idea religiosa, di cui Freud aveva studiato l’origine, è definita come un’illusione, la quale può avere una funzione positiva per taluni singoli individui, e anche per l’insieme dell’umanità nella sua storia passata, ma che non può reggere a una rigorosa critica scientifica, ed è quindi destinata a soccombere col progredire della civiltà.
Freud riprende in questo scritto la tecnica del dialogo, già usata qui per Il problema dell’analisi condotta da non medici (1926). Assume tuttavia, nei confronti della religione, di cui non nasconde l’estremo interesse come fenomeno psicologico individuale e collettivo (nel quale convergono i più antichi e primitivi elementi della vita psichica), una posizione assai netta di stampo illuministico: la religione è una illusione, e chi si affida ai princìpi della ragione se ne deve sbarazzare.
Freud iniziò la stesura del libretto nella primavera del 1927 e lo pubblicò nel novembre di quell’anno con il titolo Die Zukunft einer Illusion (Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Lipsia-Vienna-Zurigo 1927). Una seconda edizione inalterata uscì nel 1928 presso lo stesso editore. L’opera fu poi riprodotta in Gesammelte Schriften, vol. 11 (1928), pp. 411-66, e in Gesammelte Werke, vol. 14 (1948), pp. 325-80.
La traduzione italiana è di Sandro Candreva ed E. A. Panaitescu.
È opportuno chiarire le motivazioni di alcune scelte terminologiche compiute nella presente traduzione per rendere i vocaboli tedeschi Kultur, Kulturentwicklung, e Zivilisation.
Kultur ha un’accezione più ampia del termine italiano “cultura”, che privilegia gli aspetti della formazione e dell’arricchimento intellettuale di un individuo o di una società (il tedesco Bildung), se si prescinde tuttavia dai significati che il termine “cultura” è venuto recentemente assumendo nelle trattazioni antropologiche ed etnologiche; si è preferito pertanto rendere Kultur con “civiltà” e, per conseguenza, Kulturentwicklung con “incivilimento”, termini che storicamente meglio corrispondono all’ambito di fenomeni cui Freud fa riferimento sia in questo saggio che in quello successivo Il disagio della civiltà (1929). Zivilisation, reso con l’italiano “civilizzazione”, allude alle acquisizioni esteriori di una società civile ed è comunque un termine che Freud cita solo per rifiutarlo come superfluo (si veda qui par. 1).