Nella stessa lettera del 17 marzo 1919, in cui comunicava a Ferenczi di aver finito il saggio sul sadomasochismo intitolato “Un bambino viene picchiato” (vedi sopra), Freud annunciò di aver iniziato una nuova opera, Al di là del principio di piacere. Il 30 marzo confermò di essere impegnato in questo lavoro, che gli sembrava tuttavia difficile e bisognoso di comprensione da parte del lettore. Ancora il 12 maggio comunicò a Ferenczi di averne finito un primo abbozzo. Volle però lasciar riposare lo scritto, e dedicare il proprio tempo libero a rimaneggiare un vecchio articolo rimasto da tempo nel cassetto: Il perturbante (vedi sopra). Durante tutto il 1919 non si sentì di applicarsi nuovamente alla stesura definitiva del libro; in settembre ne affidò però il manoscritto provvisorio agli amici Eitingon e Abraham affinché lo leggessero e dessero un giudizio. Scrisse invece, a cavallo fra il 1919 e il 1920, il lavoro sulla Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile (vedi sopra). Soltanto nel febbraio del 1920, in una lettera a Eitingon, Freud accennò al tema della pulsione di morte che verrà sviluppato nella presente opera. Ad essa lavorò nel maggio e giugno del 1920, e la completò a metà luglio. Al Congresso internazionale dell’Aia (settembre 1920) tenne una relazione, Complementi alla teoria del sogno (vedila oltre, in questo volume), in cui annunciò l’imminente pubblicazione di Al di là del principio di piacere, che uscì in effetti nel dicembre 1920.
Freud, che in genere era così rapido nella stesura dei suoi testi (si pensi ai lavori di Metapsicologia del 1915), impiegò dunque più di un anno per terminare la breve monografia. Ciò è di per sé un indice della complessità del lavoro a cui egli dovette sobbarcarsi per completare, e in parte superare, la dottrina delle pulsioni precedentemente elaborata. Per chiarire le ragioni di questo arresto compositivo, che durò dalla primavera del 1919 a quella del 1920, vale forse la pena di citare l’ultima parte di una lettera che Freud scrisse, il 1° agosto 1919, all’amica e discepola Lou Andreas-Salomé: “Ho scelto come argomento della mia indagine il tema della morte, dal quale sono approdato a una singolare concezione relativa alle pulsioni; e ora mi tocca leggere una quantità di cose in proposito: Schopenhauer, per esempio, e per la prima volta. Ma non leggo volentieri.”
Nella prima parte del libro Freud esamina criticamente il concetto secondo cui l’attività pulsionale sarebbe tutta dominata da una corsa al piacere. Già nelle Precisazioni sui due princìpi dell’accadere psichico (1911, in OSF, vol. 6) al principio di piacere era stato contrapposto il principio di realtà, con il quale viene posta una remora a tale corsa. Tuttavia il principio di realtà non è per Freud che una trasformazione dello stesso principio di piacere, né esso è in contrasto col carattere fondamentalmente edonistico dell’attività pulsionale.
Il principio secondo cui il sogno è un appagamento di desiderio, per Freud sempre confermato dall’esperienza, rappresentava un solido baluardo per la tesi secondo la quale l’attività psichica non legata, ossia l’attività dei processi primari, mira sempre al piacere. I sogni di incubo o d’angoscia sembrano fare eccezione a questa regola; ma per Freud è possibile ricondurre anche questi sogni, come pure i cosiddetti sogni di punizione, sotto la legge generale dell’appagamento, considerandoli dovuti a un’istanza moralizzatrice e punitrice che troverebbe appunto in sogni di questo genere il proprio soddisfacimento.
Tuttavia, oltre al principio di piacere, sembra agire nella vita psichica una tendenza alla ripetizione indipendente da esso. Freud esamina questa tendenza in un caso particolare di attività ludica infantile, nelle nevrosi di guerra, nei cosiddetti sogni “traumatici”, e nello stesso comportamento dei pazienti in analisi, che nella traslazione sull’analista, oltre che nei loro sogni, ripetono le situazioni traumatiche della loro infanzia.
Determinata la esistenza di questa “coazione a ripetere”, agente in modo indipendente dal principio di piacere, e “al di là” di esso, Freud si vede costretto ad abbandonare l’esame dei dati concreti della osservazione analitica, per inoltrarsi sul terreno della pura speculazione.
La seconda parte dell’opera ha appunto un carattere speculativo. Freud ritiene che la sostanza vivente, sorta per una specie di tensione o squilibrio determinatosi nella realtà materiale inerte, sia tutta dominata da una tendenza ad annullare quello squilibrio per raggiungere nuovamente la condizione primitiva della materia inerte. Tuttavia la sostanza vivente tenderebbe a questo per vie prestabilite, e opponendosi a un annullamento immediato. Da tale situazione deriverebbe un alternarsi di impulsi verso la conservazione della vita e di impulsi verso la morte.
Alla luce di questa ipotesi generalissima di carattere biologico, tutta la dottrina delle pulsioni precedentemente sviluppata richiede una revisione.
Freud era partito dalla contrapposizione fra pulsioni sessuali e pulsioni dell’Io. Era però stato costretto ad ampliare il concetto di sessualità. Nella Introduzione al narcisismo (1914, in OSF, vol. 7), le pulsioni dell’Io e quelle sessuali erano state riunite sotto il concetto di un’unica libido, suscettibile di proiettarsi sugli oggetti o di ritirarsi sull’Io del soggetto. Le componenti sadiche, mai assenti nella vita affettiva, attestavano la presenza di una componente pulsionale distruttiva. Se si ammette l’esistenza di una pulsione di morte, questa può, come la stessa libido, rivolgersi sull’oggetto oppure agire silenziosamente all’interno dello stesso Io.
Il lettore che segua semplicemente il discorso sviluppato in questo scritto può avere l’impressione che Freud, quando nei primi paragrafi affronta il problema della coazione a ripetere, non sia ancora ben consapevole della soluzione che darà alla questione delle pulsioni di morte; è dunque necessario giungere alla fine del libretto per rendersi conto della imponente opera di revisione e di completamento della dottrina delle pulsioni che Freud è venuto effettuando.
Freud era vivamente preoccupato che le radicali innovazioni teoriche contenute in Al di là del principio di piacere (e in particolare l’ipotesi delle pulsioni di morte) potessero essere attribuite a un turbamento affettivo contingente, al lutto per la morte improvvisa della diletta figlia Sophie avvenuta a pochi giorni di distanza (il 25 gennaio 1920) dalla morte del carissimo amico e collaboratore Anton von Freund. Per questo in una lettera del 18 luglio 1920 chiese all’amico Eitingon di essergli testimone che Al di là del principio di piacere era già stato scritto in gran parte quando la figlia Sophie godeva ancora di ottima salute. E quando in effetti il primo biografo di Freud, Fritz Wittels, si dimostrò incline a far risalire la genesi di Al di là del principio di piacere alla depressione dovuta alla morte di Sophie, Freud protestò vivacemente e, date alla mano, gli scrisse che per quanto “verosimile”, tale ipotesi non era “vera” (vedi oltre in questo volume la nota 642).
Il libro, col titolo Jenseits des Lustprinzips fu pubblicato dall’Internationaler Psychoanalytischer Verlag (Lipsia-Vienna-Zurigo 1920). Lo stesso editore ne pubblicò la 2a edizione del 1921 e la 3a edizione del 1923; è stato poi riprodotto in Gesammelte Schriften, vol. 6 (1925), pp. 191-257, in Theoretische Schriften (1911-1925) (Vienna 1931), pp. 187-247, e in Gesammelte Werke, vol. 13 (1940), pp. 3-69.
La presente traduzione è di Anna Maria Marietti e Renata Colorni.