1. LA STORIA DEL PITTORE CHRISTOPH HAIZMANN

Ho avuto l’opportunità di studiare uno di questi casi di nevrosi demoniaca nel secolo decimosettimo grazie all’amichevole interessamento del Consigliere di Corte dottor Payer-Thurn, direttore dell’ex “Fideikommissbibliothek” regio-imperiale di Vienna.530 Payer-Thurn aveva scoperto in questa biblioteca un manoscritto che proveniva dal santuario di Mariazell531 nel quale era dettagliatamente esposta la storia di una miracolosa liberazione da un patto col diavolo avvenuta per grazia della santa Vergine Maria. Il suo interesse, che era stato destato dalla somiglianza di questa storia con la leggenda di Faust, lo indurrà a lavorare su questo materiale e a curarne la pubblicazione integrale. Ma poiché ha trovato che la persona di cui è descritta la redenzione soffriva di convulsioni e visioni, si è rivolto a me per avere un parere medico sul caso. Abbiamo deciso di comune accordo di pubblicare i nostri lavori separatamente e indipendentemente uno dall’altro.532 Colgo l’occasione per ringraziare Payer-Thurn per il suo suggerimento e anche per l’aiuto che mi ha più volte prestato durante il mio studio del manoscritto.

Questo caso clinico demonologico consente di fare scoperte davvero pregevoli, che possono esser messe in luce senza bisogno di un gran lavoro interpretativo, così come accade talora di trovare da qualche parte una vena di puro metallo che altrimenti bisognerebbe estrarre faticosamente dal minerale grezzo.

Il manoscritto, di cui ho davanti a me una trascrizione scrupolosa, si divide in due parti completamente diverse: una relazione in latino del monaco amanuense o compilatore, e una parte del diario che il malato scrisse in tedesco. La prima parte contiene una prefazione e la descrizione di come avvenne in effetti la miracolosa guarigione; la seconda parte, che non poteva rivestire grande interesse per le autorità ecclesiastiche, a maggior ragione ha invece per noi un valore grandissimo. Essa contribuisce in larga misura a confermare il nostro giudizio, che altrimenti sarebbe stato vacillante, su questo caso patologico; abbiamo pertanto buoni motivi per essere grati ai religiosi che hanno conservato questo documento sebbene esso non potesse aggiungere nulla in favore della loro tesi, che anzi caso mai ne risulta incrinata.

Tuttavia, prima di esaminare ulteriormente la struttura dell’opuscoletto manoscritto, che porta il titolo Trophaeum Mariano-Cellense, devo esporre, traendola dalla prefazione, una parte del suo contenuto.

Il 5 settembre 1677 il pittore bavarese Christoph Haizmann533 venne portato a Mariazell con una lettera di presentazione del parroco della vicina Pottenbrunn (nella bassa Austria).534 Aveva soggiornato a Pottenbrunn parecchi mesi, dedicandosi alla sua professione di pittore; il 29 agosto, mentre era in chiesa, era stato colto da terribili convulsioni, e poiché le convulsioni si erano ripetute nei giorni successivi, il Praefectus Dominii Pottenbrunnensis535 lo aveva esaminato allo scopo di scoprire quale fosse il male che lo opprimeva e se per caso non avesse intrecciato un illecito rapporto con lo Spirito Maligno.536 L’uomo aveva ammesso che effettivamente nove anni prima, in un periodo in cui era avvilito a causa della sua arte e perché temeva di non riuscire a provvedere a se stesso, aveva ceduto al diavolo che lo aveva tentato ben nove volte e si era impegnato con lui per iscritto ad appartenergli con il corpo e con l’anima quando fossero trascorsi nove anni. Questo periodo scadeva appunto il 24 del corrente mese.537 L’infelice era pentito, e convinto che soltanto la grazia della Madre di Dio di Mariazell avrebbe potuto salvarlo costringendo il maligno a liberarlo dal patto, che era stato scritto col sangue. Per questo motivo il parroco si permetteva di raccomandare miserum hunc hominem omni auxilio destitutum538 alla benevolenza dei padri di Mariazell.

Questo il racconto di Leopoldus Braun, parroco di Pottenbrunn, datato il 1° settembre 1677.

Possiamo ora procedere all’analisi del manoscritto. Esso è composto di tre parti:

1. Un frontespizio a colori, in cui è raffigurata la scena del patto e quella della liberazione nella cappella di Mariazell. Sulla pagina seguente539 compaiono otto illustrazioni, anch’esse a colori, che rappresentano le successive apparizioni del diavolo e sono accompagnate da brevi didascalie in tedesco. Queste immagini non sono quelle originali, bensì copie – copie fedeli, come ci è solennemente assicurato – dei dipinti originali di Christoph Haizmann.

2. Il vero e proprio Trophaeum Mariano-Cellense (in latino), che è stato compilato da un monaco il quale si firma in fondo “P.A.E.”; a queste iniziali seguono quattro versi che contengono la sua biografia. Il Trophaeum si conclude con una testimonianza dell’abate Kilian di San Lambert,540 datata 9 settembre541 1729 e scritta con una grafia diversa da quella del compilatore; essa attesta la precisa corrispondenza del manoscritto e delle illustrazioni con gli originali conservati nell’archivio. Non si dice in che anno sia stato compilato il Trophaeum. Siamo liberi di supporre che ciò sia accaduto nello stesso anno in cui l’abate Kilian ha prodotto la sua testimonianza, e cioè nel 1729, oppure, dal momento che il 1714 è l’ultimo anno di cui si parla nel testo, possiamo situare l’opera del compilatore in un’epoca qualsiasi tra il 1714 e il 1729. Il miracolo che questo manoscritto doveva preservare dall’oblio si è verificato nel 1677, e cioè da 37 a 52 anni prima.

3. Il diario del pittore, che è scritto in tedesco e si riferisce al periodo che va dalla sua liberazione nella cappella fino al 13 gennaio dell’anno successivo (1678). È inserito, nel testo del Trophaeum, poco prima della fine.

Il nucleo del Trophaeum vero e proprio è costituito da due scritti: la già menzionata lettera di presentazione del parroco Leopold Braun di Pottenbrunn, datata 1° settembre 1677, e il resoconto dell’abate Franciscus di Mariazell e San Lambert, che descrive la miracolosa guarigione datandola 12 settembre 1677, dunque solo pochi giorni dopo. Per opera del redattore o compilatore P.A.E. è stata fornita un’introduzione, che in un certo senso fonde insieme i due documenti, aggiunge alcuni passi scarsamente rilevanti con funzione di collegamento, e, alla fine, un resoconto sulle successive vicissitudini del pittore, basato su informazioni ricevute nel 1714.542

La precedente storia del pittore è dunque raccontata nel Trophaeum tre volte: 1) nella lettera di presentazione del parroco di Pottenbrunn; 2) nella solenne relazione dell’abate Franciscus; 3) nell’introduzione del redattore. Se si confrontano tra loro queste tre fonti si riscontrano alcune divergenze che varrà la pena di esaminare.

Possiamo ora continuare la storia del pittore. Dopo che egli ebbe trascorso un lungo periodo di penitenza e preghiera a Mariazell, verso la mezzanotte dell’8 settembre (il giorno della Natività di Maria), il diavolo, apparsogli sotto forma di drago alato, gli restituì il patto che era stato scritto col sangue. In seguito apprenderemo con sorpresa che nella storia del pittore Christoph Haizmann compaiono due patti col diavolo: un primo patto scritto con l’inchiostro nero e un secondo patto scritto col sangue. Nella descrizione della scena dell’esorcismo si parla soltanto del patto scritto col sangue, e cioè dell’ultimo, come si vede anche dall’illustrazione che compare sul frontespizio.

A questo punto un dubbio circa l’attendibilità dei monaci che hanno scritto le relazioni potrebbe insinuarsi in noi, ed esortarci a non sprecare le nostre energie con un prodotto della superstizione religiosa. Si racconta che parecchi religiosi, indicati per nome, assistettero all’esorcismo e furono presenti nella cappella quando il diavolo fece la sua apparizione. Se si affermasse che anch’essi videro il diavolo apparire sotto forma di drago, e porgere al pittore il biglietto scritto in rosso (Schedam sibi porrigentem conspexisset),543 ci troveremmo di fronte a parecchie possibilità sgradevoli, delle quali quella di un’allucinazione collettiva sarebbe ancora la meno grave. Ma il testo della testimonianza dell’abate Franciscus dissipa questo dubbio. Egli non afferma affatto che anche i religiosi che erano presenti videro il diavolo, ma dice al contrario, con sincerità e sobrietà, che il pittore si staccò violentemente dai padri che lo sorreggevano, si precipitò nell’angolo della cappella dove aveva visto l’apparizione, e poi ritornò col biglietto in mano.544

Il miracolo era grande, la vittoria della santa Madre di Dio su Satana fuori discussione; purtroppo, però, la guarigione non fu duratura. Dobbiamo sottolineare, e ancora una volta ciò torna a onore dei reverendi padri, che questa circostanza non è sottaciuta. Dopo breve tempo il pittore lasciò Mariazell in ottime condizioni di salute e si recò a Vienna, dove andò ad abitare presso una sorella sposata. L’11 ottobre ricominciarono gli attacchi, alcuni dei quali gravissimi, come riferisce il diario tenuto fino al 13 gennaio [del 1678]. Si trattava di visioni, di assenze durante le quali egli vedeva e provava ogni sorta di cose, di stati convulsivi accompagnati da sensazioni dolorosissime, una volta di una paralisi alle gambe, e così via. Ma questa volta non era il diavolo a tormentarlo, lo visitavano invece personaggi sacri, il Cristo, e perfino la Santa Vergine. È singolare il fatto che per queste celestiali apparizioni e per le punizioni che da esse gli venivano inflitte egli non soffrisse meno di quanto aveva sofferto prima, a causa dei suoi rapporti col diavolo. A quanto risulta dal suo diario, Haizmann considerò anche queste nuove esperienze come opera del diavolo, e quando ritornò a Mariazell, nel maggio 1678, si lamentò appunto delle maligni Spiritus manifestationes.545

Ai reverendi padri egli disse che il motivo per cui ritornava era che doveva chiedere al diavolo di restituirgli anche un altro patto, stipulato precedentemente e scritto con l’inchiostro.546 Anche questa volta la Santa Vergine e i pii monaci lo aiutarono a far sì che la sua preghiera fosse esaudita. Ma il resoconto non dice come ciò avvenne, limitandosi ad affermare brevemente: qua iuxta votum reddita.547 Egli pregò una seconda volta, e ricevette indietro il patto. Dopo di che si sentì completamente libero, ed entrò nell’Ordine dei fratelli della misericordia.

Abbiamo ancora una volta occasione di riconoscere che nonostante l’evidente finalità delle sue fatiche, il compilatore non si lasciò indurre ad allontanarsi dalla veridicità che è richiesta dal racconto di un caso clinico; non è sottaciuto, infatti, l’esito dell’inchiesta condotta nel 1714 dal superiore del convento dei fratelli della misericordia [di Vienna]; tale inchiesta era intesa a stabilire come si fosse conclusa la storia del pittore. Il reverendo Padre provinciale riferisce che frate Chrysostomus era stato ancora più volte tentato dallo Spirito Maligno, che voleva indurlo a stringere un nuovo patto, e che ciò accadeva solo “quando aveva bevuto un bicchiere di troppo”; ma che la grazia di Dio gli aveva sempre permesso di respingere queste tentazioni. Frate Chrysostomus era morto di tisi nel 1700 nel convento dell’Ordine a Neustatt sulla Moldava, “in dolcezza e serenità”.

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