Capitolo 6
Lapsus di lettura e di scrittura

Che per gli errori commessi nel leggere e nello scrivere valgano gli stessi punti di vista e le stesse osservazioni che per gli errori nel parlare non deve stupire data l’intima parentela tra queste funzioni. Mi limiterò perciò a comunicare alcuni esempi accuratamente analizzati e non intraprenderò alcun tentativo di abbracciare l’insieme dei fenomeni.

A. Lapsus di lettura

1. Seduto al caffè sfoglio un numero del settimanale “Leipziger Illustrierte”, che tengo di traverso davanti a me, e leggo la didascalia di una fotografia che occupa tutta una pagina: “Una festa di nozze nell’Odissea”. Reso attento e meravigliato, afferro meglio il giornale e mi correggo: “Una festa di nozze sull’Ostsee [Baltico]”. Come faccio a commettere questo insensato sbaglio di lettura? I miei pensieri vanno subito a un libro di Ruths, Ricerche sperimentali sui fantasmi musicali,196 che mi ha occupato parecchio recentemente perché sfiora da vicino i problemi psicologici da me trattati. L’autore promette per i prossimi tempi un’opera che sarà intitolata Analisi e leggi fondamentali dei fenomeni onirici. Nessuna meraviglia quindi che io, avendo appena pubblicato una Interpretazione dei sogni, attenda col massimo interesse la comparsa di quel libro. Nello scritto di Ruths sui fantasmi musicali avevo trovato in principio, nell’indice, l’annuncio di una dimostrazione induttiva completa della tesi che i miti e le leggende degli antichi Elleni hanno le loro radici principali in fantasmi musicali e del sonno, in fenomeni onirici e anche in deliri. Cercai allora subito nel testo se anche secondo lui la scena in cui Odisseo appare dinanzi a Nausicaa venisse ricondotta al comune sogno di nudità. Un amico mi aveva fatto notare il bel passo in Enrico il verde [1854] di Gottfried Keller, che spiega quest’episodio dell’Odissea come l’oggettivazione dei sogni del navigante che erra lontano dalla patria, e io avevo aggiunto la relazione col sogno di esibizione della nudità.197 Nello scritto di Ruths non scoprii nulla di ciò. Evidentemente in questo caso la mia mente era preoccupata da pensieri di priorità.

2. Come potei un giorno leggere nel giornale: “Attraverso l’Europa im Fass [in una botte]”, anziché “zu Fuss [a piedi]”? La soluzione di questo caso mi creò difficoltà per molto tempo. Le prime idee invero facevano ritenere che si dovesse trattare della botte di Diogene e in una storia dell’arte avevo letto recentemente qualcosa sull’arte all’epoca di Alessandro Magno. Era quindi facile pensare alla nota frase di Alessandro: “Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene.” Inoltre avevo come un vago ricordo di un certo signor Hermann Zeitung [Zeitung: giornale] che aveva iniziato un viaggio entro una cassa. Ma non riuscii a stabilire connessioni ulteriori, né riuscii a ritrovare quella pagina nella storia dell’arte dove mi era caduta sott’occhio quell’osservazione. Soltanto mesi dopo ritornò alla mia mente all’improvviso il rebus già messo da parte, e questa volta insieme alla sua soluzione. Ricordai un trafiletto in un giornale sugli strani mezzi di Beförderung [trasporto] scelti dalle persone che volevano recarsi all’Esposizione universale di Parigi [del 1900], e credo che lì vi fosse l’informazione scherzosa che un signore intendeva farsi rotolare entro una botte, da un altro signore, fino a Parigi. Naturalmente questa gente non avrebbe altro motivo per tali sciocchezze se non quello di far parlare di sé. Hermann Zeitung era in realtà il nome dell’uomo che aveva dato il primo esempio dello straordinario mezzo di trasporto. Poi mi venne in mente di avere una volta curato un paziente la cui angoscia morbosa verso il giornale risultò essere una reazione contro l’ambizione morbosa di vedersi stampato e celebrato sui giornali. Alessandro il Macedone fu certamente uno degli uomini più ambiziosi che mai siano esistiti. Egli si lamentava che non avrebbe trovato un Omero che cantasse le sue gesta. Ma come mai potei non pensare che un altro Alessandro mi era molto più vicino, che Alessandro era il nome del mio fratello minore?198 Tosto scopersi il pensiero criticabile e che doveva essere rimosso nei riguardi di questo Alessandro e la sua presente causa immediata. Mio fratello è un esperto di tariffe e trasporti e doveva a una determinata epoca ottenere, per la sua attività di insegnante presso una scuola commerciale superiore, il titolo di professore. Io stesso da molti anni ero stato proposto per analoga Beförderung [promozione] all’Università, senza averla ottenuta.199 Nostra madre in quel tempo manifestava la sua sorpresa per il fatto che il figlio minore diventasse professore prima del maggiore. Tale la situazione nell’epoca in cui non riuscivo a trovare la chiave dell’enigma che il mio errore di lettura racchiudeva. Poi anche per mio fratello sorsero difficoltà; le sue probabilità di diventare professore divennero anche più scarse delle mie. Ma allora tutt’a un tratto il senso del lapsus di lettura mi apparve evidente; fu come se la diminuzione delle speranze di mio fratello avesse scostato un ostacolo. Io mi ero comportato come se avessi letto la nomina del fratello nel giornale e avessi pensato: strano che per stupidaggini simili (come quelle che formano oggetto della sua professione) si possa figurare nel giornale (cioè, si possa essere nominati professori)! Ritrovai poi senza fatica il passo sull’arte ellenistica nell’epoca di Alessandro, scoprendo con mia sorpresa che durante le ricerche precedenti avevo ripetutamente riletto quella medesima pagina sempre saltando la frase in questione, come sotto il dominio di un’allucinazione negativa. Questa frase del resto non conteneva nulla che potesse servire da chiarimento, nulla che valesse la pena di dimenticare. Intendo dire che il sintomo del non ritrovamento del passo nel libro era stato creato soltanto per trarmi in inganno; perché cercassi la continuazione dei nessi di pensiero là dove incontravo un ostacolo alla mia ricerca, cioè in un’idea qualsiasi concernente Alessandro il Macedone, così sviandomi più sicuramente dal fratello omonimo. Il che, del resto, riuscì alla perfezione, se avevo diretto tutti i miei sforzi al ritrovamento del passo perduto in quella storia dell’arte.

Il doppio senso del vocabolo Beförderung [“trasporto” e “promozione”] costituisce in questo caso il ponte associativo fra i due complessi,200 quello meno importante suscitato dalla notizia nel giornale e quello più interessante ma criticabile che si fa valere come perturbazione di ciò che si ha da leggere. Da questo esempio si vede che non è sempre agevole chiarire fenomeni del tipo di questo errore di lettura. In certi casi si può anche essere costretti a rimandare la soluzione dell’enigma a epoca più favorevole. Quanto però più difficile risulta il lavoro di soluzione, tanto più certi si può essere nell’aspettativa che il pensiero perturbatore, una volta scoperto, sarà giudicato da parte del nostro pensiero cosciente come qualcosa di estraneo e contrastante.

3. Un giorno ricevetti una lettera da un luogo vicino a Vienna, che mi comunicava una notizia commovente. Chiamai subito mia moglie per comunicarle che la povera Wilhelm [Guglielmo] M. aveva una malattia che i medici giudicavano incurabile. Nelle parole con le quali espressi il mio rincrescimento doveva esserci qualcosa che dava un suono falso, perché mia moglie si mostrò diffidente, volle vedere la lettera ed espresse la convinzione che ci fosse uno sbaglio, giacché nessuno chiama la moglie col nome di battesimo del marito e per di più la mittente della lettera conosceva benissimo il nome di battesimo della signora in questione. Io difesi ostinatamente la mia versione, adducendo come argomento l’usanza molto diffusa di indicare nei biglietti da visita la moglie col nome del marito. Infine dovetti prendere in mano la lettera e vi leggemmo effettivamente “il povero Wilhelm M.”, anzi, cosa che mi era sfuggita del tutto: “il povero dottor Wilhelm M.”. La mia svista quindi significava un tentativo per così dire convulso di scaricare la triste notizia dal marito alla moglie. Il titolo accademico inserito fra articolo-aggettivo da una parte e nome-cognome dall’altra, disturbava la mia ipotesi che si trattasse della moglie; ecco perché anche nel leggere lo sorvolai. Il motivo di questa falsificazione però non era che la donna mi fosse meno simpatica dell’uomo, era che il destino del pover’uomo aveva destato le mie preoccupazioni per un’altra persona a me cara che aveva in comune con questo caso una delle condizioni a me note della malattia.

4.201 Seccante e ridicola mi appare una svista di lettura di cui molto spesso rimango vittima quando, in vacanza, passeggio per le strade di una città straniera. Allora su ogni insegna di negozio che appena le somigli leggo la parola Antichità. In ciò si esprime il piacere avventuroso del collezionista.

5.202 Bleuler narra nel suo importante libro Affettività, suggestionabilità, paranoia:203 “Nel leggere, una volta provai il senso intellettuale di vedere due righe più sotto il mio nome. Con mia sorpresa trovo soltanto la parola Blutkörperchen [corpuscoli sanguigni]. Fra molte migliaia di sbagli di lettura del campo visivo periferico e centrale da me analizzati, è questo il caso più crasso. Le altre volte in cui mi era parso di leggere il mio nome, la parola che ne forniva lo spunto era molto più simile, e nella maggioranza dei casi dovevano essere presenti nelle vicinanze tutte le lettere che compongono il mio nome perché mi potesse accadere una svista del genere. Nel caso in questione però il delirio di riferimento e l’illusione si spiegano facilmente: quel che stavo leggendo era la fine di una nota su un tipo di cattivo stile nei lavori scientifici, di cui io mi sentivo non esente.”

6.204 Da Hanns Sachs: “‘Egli, nella sua sostenutezza di stile, sorvola su quel che colpisce la gente.’ Non fui convinto di quel che avevo letto e scoprii infatti, rileggendo meglio, che stava scritto sottigliezza di stile. Questo passo si trova in un esagerato panegirico, scritto da un autore da me venerato, per uno storico che mi è antipatico perché troppo pronunciata in lui è la tipica sostenutezza del professore tedesco.”

7.205 Il dottor Marcell Eibenschütz comunica un caso di lapsus di lettura accaduto durante ricerche filologiche.206 “Mi sto occupando della tradizione letteraria del Libro dei Martiri, un leggendario medio-alto tedesco di cui devo curare l’edizione per la raccolta di ‘Testi tedeschi del Medioevo’ pubblicata dall’Accademia prussiana delle Scienze. Si sapeva pochissimo di quest’opera finora mai stampata; a proposito di essa esisteva un unico lavoro di Joseph Haupt,207 che si basa non su un manoscritto antico ma su una copia d’epoca recente (secolo diciannovesimo) del manoscritto principale C (di Klosterneuburg), copia che si conserva nella Biblioteca Reale. Alla fine di questa copia si trova la seguente subscriptio:

Anno Domini MDCCCL in vigilia exaltacionis sancte crucis ceptus est iste liber et in vigilia pasce anni subsequentis finitus cum adiutorio omnipotentis per me Hartmanum de Krasna tunc temporis ecclesie niwenburgensis custodem.

[Nell’anno del Signore 1850, alla vigilia della festa dell’Esaltazione della santa Croce, fu cominciato questo libro, e fu finito alla vigilia di Pasqua dell’anno seguente, con l’aiuto dell’Onnipotente, da me, Hartman di Krasna, in quel tempo sacrista di Klosterneuburg.]

“Ora Haupt nel suo articolo comunica questa subscriptio ritenendola dovuta allo scrivente di C stesso e attribuendo C, per via della svista di lettura dell’anno 1850 scritto in cifre romane, al 1350, pur avendo copiato la subscriptio senza errore alcuno, e pur essendo questa riprodotta nella stampa dell’articolo con perfetta correttezza (vale a dire MDCCCL).

“La comunicazione di Haupt costituì per me una fonte d’imbarazzi. Anzitutto io, nella mia qualità di assoluto principiante nella dotta disciplina, subivo totalmente l’autorità di Haupt, e per molto tempo lessi come Haupt 1350 anziché 1850 nella subscriptio, che avevo dinanzi stampata perfettamente chiara e giusta; ma nel manoscritto principale C, da me utilizzato, non vi era traccia di subscriptio e risultò inoltre che per tutto il quattordicesimo secolo non era esistito alcun monaco di nome Hartman a Klosterneuburg. E quando infine cadde il velo dai miei occhi, indovinai come stessero le cose e la ricerca ulteriore confermò la mia supposizione: la molto nominata subscriptio sta infatti soltanto nella copia utilizzata da Haupt, e proviene dal copista stesso, padre Hartman Zeibig, nato a Krasna in Moravia, maestro del coro agostiniano di Klosterneuburg, che nell’anno 1850, quand’era sacrista del monastero, aveva trascritto il manoscritto C, nominando sé stesso in calce alla copia secondo l’uso antico. La dizione medievale e l’ortografia antica della subscriptio hanno certamente contribuito, dato il desiderio di Haupt di poter comunicare quante più cose possibili sull’opera da lui trattata, e quindi anche di datare il manoscritto C, a fargli leggere costantemente 1350 là dove stava scritto 1850. (Questo è il motivo dell’atto mancato.)”

8.208 Nelle Idee spiritose e satiriche di Lichtenberg si trova un’osservazione che certamente è ricavata da un’esperienza e praticamente contiene tutta la teoria dei lapsus di lettura: “Aveva tanto letto Omero che leggeva sempre Agamemnon invece di angenommen [accettato].”

In uno209 stragrande numero di casi è infatti la predisposizione del lettore a modificare il testo e a introdurvi qualcosa verso cui è orientato o di cui si occupa. Quanto al testo, basta a favorire il lapsus che presenti una qualsiasi somiglianza nella forma delle parole, atta a essere modificata dal lettore nel senso da lui voluto. Uno sguardo di sfuggita, specie con occhio scorretto, facilita senza dubbio la possibilità di una simile illusione, non ne è però affatto una condizione necessaria.

9. Ritengo che il tempo di guerra, che ha in noi tutti creato tante preoccupazioni costanti e durevoli, abbia favorito più di ogni altro atto mancato i lapsus di lettura. Ho potuto osservarne un gran numero di casi ma purtroppo ne ho conservato pochi esempi. Un giorno prendo in mano un giornale del mezzogiorno o della sera e vi trovo stampato a grandi caratteri: Der Friede von Görz [La pace di Gorizia]. Ma no, c’è scritto solo: Die Feinde vor Görz [I nemici davanti a Gorizia]. Chi ha due figli combattenti proprio in quella zona d’operazioni può facilmente incorrere in un simile lapsus di lettura. Un altro legge qualcosa in cui trova menzionata una alte Brotkarte [vecchia tessera del pane], che a guardar meglio dev’essere barattata con alte Brokate [antichi broccati]. Vale la pena menzionare che costui suole sdebitarsi verso una signora di cui è frequente ospite cedendole le tessere del pane. Un ingegnere il cui equipaggiamento non aveva retto all’umidità durante la costruzione di una galleria, si stupisce di leggere la pubblicità di pelli da scarto; ma i commercianti ben raramente sono così sinceri, e quella che si offriva era una scorta di pelli.

Anche la professione o la situazione momentanea del lettore determina i suoi lapsus di lettura. Un filologo che sta sostenendo una polemica coi suoi colleghi a proposito dei suoi più recenti ed eccellenti lavori, legge “linguaggio bellico” invece di “l’ingranaggio bellico”. Un uomo che sta passeggiando in una città sconosciuta giusto nell’ora critica per la sua attività intestinale, qual è stata di recente regolata mediante una cura, legge la dicitura Reparto gabinetti su una cospicua insegna al primo piano di un alto edificio adibito a grandi magazzini; tuttavia la sua soddisfazione è mista a un certo stupore per il luogo insolito di quella benefica istituzione. La sua soddisfazione scompare l’istante dopo, quando scopre che la dicitura esatta è Reparto giovinetti.210

10. In un secondo gruppo di casi, il contributo del testo al lapsus di lettura è ben maggiore, contenendo qualche cosa che desta la difesa del lettore, una comunicazione o una pretesa a lui penosa, e viene quindi corretto mediante lapsus nel senso della ripulsa o dell’adempimento di un desiderio. In tali casi naturalmente non si può far a meno di supporre che il testo in un primo momento sia stato recepito e giudicato esattamente prima di subire la correzione, benché la coscienza nulla venga a sapere della prima lettura. È di questo tipo l’esempio 3, delle pagine precedenti; ne comunico qui un altro legato alle vicende dei nostri tempi, riferito dal dottor Max Eitingon (allora nell’ospedale da campo di Igló).211

“Il tenente X, che si trova nel nostro ospedale con una nevrosi traumatica di guerra, un giorno, visibilmente commosso, mi lesse a questo modo il verso conclusivo dell’ultima strofa di una poesia di Walter Heymann, precocemente caduto al fronte:212

Wo aber steht’s geschrieben, frag’ ich, dass von allen
Ich übrig bleiben soll, ein andrer für mich fallen?
Wer immer von euch fällt, der stirbt gewiss für mich;
Und ich soll übrig bleiben?
warum denn nicht?

[Ma dove sta scritto, io chiedo, che di tutti
Io debba rimanere, che un altro debba cadere per me?
Chiunque di voi cada, certamente muore per me;
E io dovrei restare? e perché no?]

“Reso attento dal mio stupore, un po’ confuso, rilesse correttamente:

Und ich soll übrig bleiben? warum denn ich?

[E io dovrei restare? e perché io?]

“Al caso X io devo un certo discernimento analitico del materiale psichico di queste ‘nevrosi traumatiche di guerra’, e mi fu così possibile, nonostante le condizioni così sfavorevoli per il nostro modo di lavorare (un lazzaretto da campo con molti ricoverati e pochi medici), di vedere un po’ più in là delle solite esplosioni di granate, allora venerate come ‘la causa’ di dette nevrosi.

“Anche questo caso presentava i gravi tremori che danno ai casi pronunciati di tali nevrosi una identità a prima vista così singolare, insieme con la paurosità, la piagnucolosità, la tendenza ad accessi d’ira con scariche convulsive di carattere motorio infantile e tendenza al vomito (‘per le più piccole eccitazioni’).

“Proprio la psicogeneità di quest’ultimo sintomo, soprattutto in funzione del ‘tornaconto secondario’ della malattia, doveva imporsi a chiunque. La comparsa del comandante dell’ospedale che periodicamente viene a guardare in faccia i convalescenti del reparto, la frase di un conoscente che si incontra per caso in strada: ‘Ma che bell’aspetto, Lei certamente è già guarito’, bastano a innescare prontamente un accesso emetico.

“‘Guarito... tornare al fronte... e perché io?...’”

11.213 Altri casi di lapsus “di guerra” furono comunicati dal dottor Hanns Sachs:214

“Un buon conoscente mi aveva dichiarato ripetutamente che quando sarebbe toccato a lui non si sarebbe valso della sua qualificazione professionale, attestata da un diploma, bensì avrebbe rinunciato al suo diritto di farsi assegnare a un incarico nelle retrovie e si sarebbe arruolato per il fronte. Poco prima della data in cui doveva presentarsi, mi comunicò un giorno, in fretta e senza aggiungere altro, di aver presentato la documentazione della sua specializzazione alle autorità competenti e che quindi avrebbe presto ottenuto la sua destinazione a un’attività industriale. Il giorno successivo ci incontrammo in un ufficio postale. Io stavo in piedi davanti a uno scrittoio, scrivendo; egli si avvicinò a me guardando da sopra le mie spalle e disse a un tratto: ‘Ah, quella parola è imbucato... in un primo momento avevo letto imboscato.’”

12. “Seduto in tram, stavo pensando che molti dei miei amici di gioventù, che sempre passavano per fragili e delicati, adesso erano capaci di sopportare i più gravi strapazzi, ai quali io certamente soccomberei. Nel mezzo di questi sgradevoli pensieri lessi distrattamente le grandi lettere nere dell’insegna di una ditta: Costituzioni di ferro. Un istante dopo capii che queste parole non erano appropriate per un’insegna commerciale e, voltando rapidamente il capo, riuscii ancora ad afferrare con lo sguardo l’iscrizione, che era in realtà Costruzioni in ferro.

13. “Nei quotidiani della sera si leggeva la notizia Reuter, poi rivelatasi falsa, che Hughes era stato eletto presidente degli Stati Uniti. La notizia era seguita da una breve biografia del presunto eletto, e vi trovai che Hughes aveva fatto gli studi universitari a Bonn. Mi parve strano che tale circostanza non fosse mai stata menzionata nelle polemiche apparse sui giornali per settimane, prima del giorno delle elezioni. Controllando il testo scoprii che si parlava solo dell’Università Brown [a Providence, Rhode Island, Stati Uniti]. Questo caso grossolano, in cui il lapsus di lettura aveva richiesto una forzatura assai pronunciata, si spiega oltre che con la rapidità e superficialità della lettura, anche e soprattutto col mio desiderio che la simpatia del nuovo presidente per le Potenze Centrali, come base di future buone relazioni, si basasse non solo su motivi politici ma anche su motivi personali.”

B. Lapsus di scrittura

1. Su un foglio che conteneva brevi appunti giornalieri concernenti perlopiù i miei affari, trovai con mia sorpresa, in mezzo alle date giuste del mese di settembre, la data “giovedì, 20 ottobre” scritta per errore. Non è difficile chiarire questa anticipazione interpretandola come espressione di un desiderio. Pochi giorni prima ero rientrato fresco dai viaggi delle vacanze e mi sentivo pronto per un’intensa attività medica, ma il numero dei pazienti era ancora esiguo. Al mio arrivo trovai una lettera di una malata che annunciava la sua visita per il 20 ottobre. Scrivendo la data del 20 nel mese di settembre probabilmente avrò pensato: “Quella signora dovrebbe già essere qui; che peccato perdere un mese intero!”, e così pensando anticipai la data. Il pensiero perturbatore in questo caso non poteva essere affatto definito pensiero criticabile, e appunto grazie a ciò trovai la spiegazione dello sbaglio di scrittura non appena me ne fui accorto. – Ripetei poi un lapsus di scrittura perfettamente analogo e di motivazione simile nell’autunno dell’anno successivo.215 Ernest Jones ha studiato lapsus analoghi nella scritturazione delle date, riconoscendo con facilità l’esistenza di un motivo in quasi tutti i casi.216

2. Ricevo le bozze del mio contributo allo “Jahresbericht für Neurologie und Psychiatrie”217 e devo naturalmente rivedere con particolare cura i nomi degli autori i quali, appartenendo a diverse nazionalità, sogliono presentare al proto le difficoltà maggiori. Trovo infatti da correggere parecchi nomi dal suono straniero ma, curioso a dirsi, vi è un nome che il compositore ha giustamente corretto contro il mio manoscritto. Avevo infatti scritto Buckrhard, mentre il compositore indovinò che doveva essere Burckhard. Avevo lodato l’utile trattato di un ostetrico sull’influsso del parto per generare le paralisi dell’età infantile, né avrei alcunché contro l’autore, ma esiste un pubblicista viennese di ugual cognome che mi ha seccato con una sua critica irragionevole della mia Interpretazione dei sogni.218 È come se scrivendo il nome Burckhard che indicava l’ostetrico, io avessi pensato con rancore all’altro Burckhard,219 giacché la storpiatura dei nomi ben spesso significa insulto, come ho già accennato a proposito dei lapsus verbali.

3.220 Questa affermazione trova una bella conferma in un’autoosservazione di Storfer, in cui l’autore con lodevole franchezza chiarisce i motivi che gli hanno fatto ricordare erroneamente e poi scrivere in maniera deformata il nome di un presunto suo concorrente:

“Nel dicembre 1910, nella vetrina di una libreria di Zurigo vidi il libro allora comparso del dottor Eduard Hitschmann sulla teoria freudiana delle nevrosi. Stavo proprio allora lavorando alla stesura di un discorso sui fondamenti della psicologia freudiana, che dovevo tenere a un sodalizio accademico. Nella parte introduttiva che avevo allora già scritto, rilevavo che la psicologia freudiana si era storicamente sviluppata da ricerche relative a un campo della psicologia applicata, e che ne derivava una certa difficoltà a esporne in forma comprensiva i fondamenti; davo anche rilievo al fatto che fino a quel momento non esisteva ancora una siffatta presentazione generale. Vedendo in vetrina il libro di quell’autore, allora a me sconosciuto, non credetti in un primo momento di farne acquisto. Alcuni giorni dopo decisi però di comprarlo. Il libro non era più in vetrina. Richiesi al libraio il volume da poco apparso, nominando come autore il dottor Eduard Hartmann. Il libraio mi corresse: ‘Lei vorrà dire Hitschmann’, e mi portò il volume.

“Il motivo inconscio dell’atto mancato era facile a intuirsi. In certo qual modo mi ero ascritto il merito di riassumere i fondamenti delle dottrine psicoanalitiche e avevo evidentemente considerato il libro di Hitschmann come una diminuzione del mio merito, provando invidia e rabbia. Mi dissi che secondo la Psicopatologia della vita quotidiana la storpiatura del nome era un atto di ostilità inconscia e mi accontentai per allora di questa spiegazione.

“Alcune settimane più tardi presi appunto di tale atto mancato. E in questa occasione mi interrogai perché mai io avessi cambiato Eduard Hitschmann proprio in Eduard Hartmann. Possibile che soltanto la somiglianza del nome mi avesse fatto scegliere il nome del noto filosofo?221 La mia prima associazione fu il ricordo di un giudizio che avevo udito una volta esprimere dal professor Hugo von Meltzl, un entusiastico ammiratore di Schopenhauer, e che suonava pressappoco così: ‘Eduard von Hartmann è uno Schopenhauer azzoppato, girato in malo modo.’ La tendenza affettiva che determinava la formazione sostitutiva per il nome dimenticato era dunque la seguente: ‘Questo Hitschmann e la sua esposizione comprensiva certamente non varranno molto; il suo rapporto con Freud sarà certamente come quello di Hartmann con Schopenhauer.’

“Avevo dunque annotato per iscritto questo caso psichicamente determinato di dimenticanza con sostituzione di parola.

“Sei mesi dopo mi capitò fra le mani il foglietto sul quale avevo preso quell’appunto e mi accorsi di avere scritto Hintschmann [Hintsch, in dialetto: asma] in luogo di Hitschmann.”

4. Ecco un caso di lapsus di scrittura apparentemente più grave, che forse potrei con uguale ragione elencare fra le sbadataggini [cap. 8].

Ho l’intenzione di prelevare la somma di 300 corone dal mio libretto postale di risparmio, volendola mandare a un parente assente per cura. In questa occasione mi accorgo che il mio conto è di 4380 corone e mi propongo di ridurlo alla cifra tonda di 4000 corone, che non dovrà essere intaccata nel prossimo futuro. Dopo aver compilato l’assegno e dopo aver tagliato la cedola in corrispondenza della somma richiesta, mi accorgo improvvisamente di non aver chiesto il prelievo di 380 corone come era mia intenzione di fare, ma di 438, e tale mancanza di controllo sulle mie azioni mi allarma. Riconosco presto che la mia preoccupazione non è giustificata; infatti non per questo sono divenuto più povero. Ma mi ci vuole un bel po’ per capire quale influsso abbia disturbato la mia prima intenzione senza annunciarsi alla mia coscienza. Prendo dapprima una strada sbagliata, sottraendo 380 da 438, ma poi non so che fare della differenza; infine un’idea improvvisa mi rivela il nesso reale. 438 corrisponde al dieci per cento di tutto il conto di 4380 corone! Ma è il libraio che dà il dieci per cento di sconto. Mi ricordo di avere fatto giorni prima una cernita fra i miei libri di medicina che non mi interessano più, per offrirli al libraio proprio per 300 corone. Il libraio trovò la mia richiesta troppo alta e si riservò di darmi risposta definitiva entro alcuni giorni. Se accetta la mia offerta, viene a indennizzarmi proprio della somma che io devo spendere per il malato. Non si può disconoscere che questa spesa mi dispiace. L’affetto inerente alla percezione del mio errore si spiega, meglio ancora, come timore di impoverire per via di simili spese. Ma entrambi questi sentimenti: il dispiacere per questa spesa e il timore ad essa connesso di impoverire, sono completamente estranei alla mia coscienza; non sentii tale dispiacere quando promisi la somma e ne troverei ridicola la motivazione. Probabilmente non mi attribuirei nemmeno impulsi simili, se non avessi sufficiente dimestichezza col rimosso nella vita psichica, grazie al mio esercizio nelle psicoanalisi dei pazienti, e se non avessi avuto qualche giorno prima un sogno il quale esigeva una soluzione analoga.222

5.223 Da Wilhelm Stekel cito il seguente caso di cui posso garantire l’autenticità.

“Un esempio addirittura incredibile di lapsus di scrittura e di lettura si è verificato nella redazione di un diffuso settimanale. La direzione era stata pubblicamente accusata di venalità; si trattava di scrivere un articolo di difesa e rivendicazione. Ne fu scritto uno con gran calore e con gran sentimento. Il redattore capo del foglio lesse l’articolo, l’autore naturalmente lo lesse più volte nel manoscritto, poi ancora in bozze; tutti erano molto soddisfatti. All’improvviso si presenta il correttore per far rilevare un piccolo sbaglio sfuggito all’attenzione di tutti. Si leggeva a chiare lettere: ‘I nostri lettori ci faranno testimonianza che noi abbiamo sempre difeso il bene pubblico nel modo più interessato.’ Naturalmente avrebbe dovuto essere disinteressato. Ma il pensiero della verità irruppe con forza elementare nel patetico discorso.”

6.224 Una lettrice del giornale “Pester Lloyd”,225 la signora Kata Levy di Budapest, notò recentemente una simile sincerità involontaria in una corrispondenza telegrafica da Vienna apparsa sul giornale l’11 ottobre 1918:

“In base ai rapporti di assoluta fiducia che per tutta la guerra sono intercorsi tra noi e l’alleato tedesco, si può supporre come certo che le due Potenze in ogni caso addiverrebbero a una decisione unanime. È superfluo aggiungere espressamente che anche nella fase attuale ha luogo un’attiva e interrotta collaborazione delle diplomazie alleate.”

Soltanto poche settimane dopo divenne possibile esprimersi con maggiore franchezza su questi “rapporti di fiducia”, senza bisogno di ricorrere a lapsus di scrittura (o di stampa).

7.226 Un americano dimorante in Europa, che ha lasciato la moglie dopo un grave litigio, ritiene di potersi riconciliare con lei e la invita a raggiungerlo per un dato giorno attraversando l’oceano: “Sarebbe bello – le scrive – se tu potessi viaggiare sul Mauretania come ho fatto io.” Tuttavia egli non trova il coraggio di spedire la pagina nella quale figura questa frase e preferisce riscriverla, giacché non vuole che ella s’avveda che ha dovuto correggere il nome della nave: prima aveva scritto Lusitania.227

Questo lapsus di scrittura non abbisogna di commento, essendo interpretabile senz’altro. Ma il favore del caso permette di aggiungere dei particolari: prima della guerra la moglie era venuta in Europa per la prima volta, dopo la morte della sua sola sorella. Se non erro, il Mauretania è il transatlantico gemello superstite del Lusitania, il quale fu affondato durante la guerra.

8.228 Un medico ha visitato un bambino e scrive una ricetta in cui vi è la parola alcool. Mentre sta scrivendo, la madre lo infastidisce con domande sciocche e superflue. Egli nel suo intimo si propone fermamente di non farsi prendere dall’ira, e ci riesce, ma durante le interruzioni ha commesso un lapsus di scrittura. Sulla ricetta si legge: achol (all’incirca “senza bile” [in greco]) invece di alcool.

9.229 A motivo dell’affinità materiale narro qui un caso che Ernest Jones riferisce di A. A. Brill.230 Quest’ultimo, sebbene di solito completamente astemio, si lasciò indurre da un amico a bere del vino. La mattina dopo un violento mal di capo lo fece pentire della sua arrendevolezza. Quando si trattò di annotare il nome di una paziente che si chiamava Ethel, scrisse invece Ethyl (alcool etilico). In questo caso va certamente anche tenuto conto del fatto che la signora in questione soleva bere più di quanto le si confacesse.

10.231 Poiché i lapsus di scrittura del medico nel compilare una ricetta assumono un’importanza che supera di gran lunga il valore pratico che gli atti mancati hanno generalmente, colgo l’occasione per comunicare per esteso la sola analisi finora pubblicata di un lapsus del genere. Proviene dal dottor Eduard Hitschmann.232

“Un collega mi narrò che nel corso degli anni gli era capitato ripetutamente di sbagliarsi nel prescrivere un determinato medicamento ad ammalate in età avanzata. Due volte prescrisse la dose decupla e poi, quando all’improvviso gli venne in mente, con grande angoscia per il timore di avere recato danno alla paziente e di essersi posto in una situazione molto fastidiosa, dovette cercare in tutta fretta di revocare la prescrizione. Questa strana azione sintomatica merita di essere chiarita mediante una particolareggiata descrizione dei singoli casi e mediante l’analisi.

Primo caso. Il medico prescrive supposte di belladonna dieci volte troppo forti contro la costipazione spastica a una povera donna che è alle soglie della vecchiaia. Lascia l’ambulatorio e, circa un’ora dopo, a casa mentre fa colazione, leggendo il giornale, gli viene a un tratto in mente il suo errore; è preso da angoscia, torna all’ambulatorio in fretta per procurarsi l’indirizzo della paziente e poi corre alla lontana abitazione di lei. Trova la vecchietta con la ricetta ancora non eseguita, del che è lietissimo, e tranquillizzato rincasa. Si scusa di fronte a sé stesso, non senza giustificazione, con il fatto che il loquace direttore dell’ambulatorio lo ha disturbato durante la stesura della ricetta, osservandolo alle spalle.

Secondo caso. Il medico deve strapparsi dalla compagnia di una paziente provocante e attraente che era venuta a consultarlo, per recarsi in visita medica presso una signorina anziana. Noleggia un’automobile perché non ha molto tempo da dedicare a questa visita; a una determinata ora infatti deve incontrare segretamente, vicino all’abitazione di lei, una giovane che ama. Anche in questo caso si tratta di prescrivere belladonna, per disturbi analoghi. Di nuovo viene commesso l’errore della ricetta con dose decupla. La paziente parla di cose interessanti ma non riguardanti il disturbo in esame; il medico però tradisce impazienza, pur negandola a parole, e si congeda dalla paziente, così da arrivare all’appuntamento perfettamente in tempo. Circa dodici ore dopo, verso le sette del mattino, il medico si sveglia; il pensiero del suo lapsus di scrittura e un senso di angoscia gli vengono quasi allo stesso tempo alla coscienza. Egli manda d’urgenza qualcuno dall’ammalata, sperando che il farmaco non sia stato ancora ritirato alla farmacia e con la preghiera di restituire la ricetta a scopo di revisione. Gli viene restituita la ricetta già però eseguita e si reca in farmacia con una certa rassegnazione stoica e con l’ottimismo dell’esperienza: il farmacista lo tranquillizza infatti dicendogli di avere naturalmente (o per svista anche lui?) preparato la medicina con dose minore.

Terzo caso. Il medico vuole prescrivere alla vecchia zia, sorella di sua madre, una mescolanza di Tinctura belladonnae e Tinct. opii in dose innocua. La ricetta viene subito portata in farmacia dalla donna di servizio. Pochissimo tempo dopo al medico viene in mente di avere scritto extractum invece di tinctura, e in quello stesso momento telefona il farmacista chiedendo spiegazioni dell’errore. Il medico si scusa fornendo una spiegazione menzognera: la ricetta non era terminata quando gliela avevano portata via dal tavolino e quindi non è colpa sua.

“Questi tre sbagli di ricetta coincidono stranissimamente nei seguenti punti: sono capitati al medico, finora, soltanto con quel medicamento, si è trattato ogni volta di una paziente in età avanzata, e la dose era sempre troppo forte. Nella breve analisi risultò che doveva avere importanza decisiva il rapporto del medico verso sua madre. Gli venne difatti in mente che una volta – molto probabilmente prima di quelle azioni sintomatiche – aveva prescritto la stessa ricetta alla madre, anch’essa anziana, e precisamente in dose di 0,03, pur essendogli più abituale la dose normale di 0,02, per aiutarla radicalmente, come pensava. La reazione della madre debilitata fu congestione al capo e sgradevole secchezza in gola. Se ne lamentò alludendo mezzo scherzosamente alle cure pericolose che possono derivare da un figlio. Anche in altre occasioni la madre, che del resto era figlia di un medico, aveva sollevato simili obiezioni negative semischerzose contro alcuni medicamenti raccomandati dal figlio dottore e aveva parlato di avvelenamento.

“Per quel che il relatore crede di intravvedere nelle relazioni tra questo figlio e sua madre, si tratta certo di un figliolo istintivamente affettuoso, ma niente affatto esagerato nella valutazione intellettuale della madre e nel rispetto per la sua persona. Convivendo col fratello minore di un anno e con la madre, egli sente tale convivenza da anni come un’inibizione alla sua libertà erotica. Dobbiamo tuttavia tener presente, in base all’esperienza psicoanalitica, che di siffatti motivi volentieri si abusa come di un pretesto che nasconde l’esistenza di un vincolo interiore. Il medico accettò l’analisi, abbastanza soddisfatto per il chiarimento, e osservò sorridendo che la parola belladonna poteva significare anche una relazione erotica. In passato aveva occasionalmente usato egli stesso questo medicamento.”

Io direi che questi atti mancati gravi si verificano per via niente affatto diversa da quelli innocui, che di solito esaminiamo.

11.233 Si riterrà particolarmente innocuo il lapsus di scrittura seguente, comunicato da Ferenczi. Lo si può interpretare come condensazione causata da impazienza (confronta col lapsus verbale Apfe, cap. 5, n. 1), e si potrà sostenere quest’opinione fintanto che un’analisi approfondita del fatto non abbia a dimostrare l’esistenza di un fattore perturbativo più forte.

“‘A questo proposito viene in mente l’Anektode’ scrissi una volta nel mio notes. Naturalmente volevo dire Anekdote [aneddoto]; si tratta precisamente dell’aneddoto dello zingaro condannato a morte (Tode) che chiese come grazia di potersi scegliere l’albero sul quale doveva essere impiccato. (Nonostante l’accanita ricerca non trovò un albero adatto.)”

12. Altre volte, per contro, il meno appariscente dei lapsus di scrittura può esprimere un pericoloso significato segreto. Un anonimo mi riferisce:

“Chiudo una lettera con le parole: ‘Cordialissimi saluti a Sua moglie e a suo figlio.’ Mentre sto per ripiegare la lettera nella busta, scorgo l’errore nell’iniziale di ‘suo’ e metto la maiuscola. Rincasando dall’ultima visita presso questi coniugi, la mia accompagnatrice aveva detto di essere rimasta colpita dalla somiglianza del loro figlio con un amico di casa, che certamente doveva essere il vero padre.”

13.234 Una signora sta scrivendo alcune righe di auguri alla sorella per l’ingresso di questa in un nuovo e spazioso appartamento. Un’amica presente osserva che la scrivente ha posto alla lettera un indirizzo sbagliato, e nemmeno l’indirizzo dell’abitazione appena abbandonata, bensì quello della prima casa (da tempo lasciata) ove la sorella era andata ad abitare appena sposa. L’amica richiama l’attenzione della scrivente. “Lei ha ragione – dovette confessare, – ma come ci sono arrivata? Perché l’ho fatto?” L’amica dice: “Probabilmente le invidia il grande appartamento nuovo, mentre Lei è ristretta di spazio nel Suo, e per questo la ricolloca nell’appartamentino d’una volta, in cui anche Sua sorella non stava meglio di Lei.” “Certamente la invidio”, ammette l’altra con sincerità, e aggiunge: “Che peccato, essere sempre così meschini in queste cose!”

14.235 Ernest Jones comunica il seguente esempio di lapsus di scrittura, riferitogli da A. A. Brill:236

“Un paziente scrisse al dottor Brill a proposito delle sue sofferenze, che si sforzava di spiegare attribuendole alla preoccupazione per i suoi affari finanziari durante una crisi cotoniera: ‘I miei guai sono tutti dovuti a quella maledetta ondata (wave) di freddo; non c’è nemmeno un seme.’237 (Dicendo ‘ondata’ alludeva naturalmente a una fluttuazione del mercato finanziario.) In realtà però scrisse wife [moglie] in luogo di wave. In fondo al cuore nutriva un semiconfessato rancore contro sua moglie per la sua frigidità coniugale e la mancanza di figli, e non era lontano dall’intuire, giustamente, che l’astinenza cui era obbligato contribuiva in larga misura alla genesi dei suoi sintomi.”

15. Il dottor Wagner narra di sé:238

“Rileggendo un vecchio quaderno di appunti universitari trovai che nella fretta di scrivere ero incorso in un piccolo lapsus. Invece di Epithel [epitelio] avevo scritto infatti Edithel [diminutivo del nome femminile Edith]. L’analisi retrospettiva è abbastanza semplice. All’epoca di questo lapsus di scrittura, la conoscenza tra me e la persona di questo nome era soltanto superficiale e solo molto tempo dopo nacque un rapporto intimo. Il lapsus di scrittura è quindi un bell’esempio dell’irrompere della mia inclinazione inconscia allorché non ne avevo ancora alcun sospetto, e la forma del vezzeggiativo adottata caratterizza nel contempo i sentimenti che la accompagnavano.”

16. Dalla dottoressa von Hug-Hellmuth:239

“Un medico prescrive a una paziente dell’acqua minerale di Levitico240 anziché di Lèvico [presso Trento]. Questo sbaglio, che subito fornì a un farmacista una benvenuta occasione di osservazioni malevole, potrà essere giudicato meno severamente se se ne ricerchino gli eventuali motivi inconsci e non si neghi loro a priori una certa verosimiglianza, pur trattandosi soltanto di un’ipotesi soggettiva di persona non vicina al medico in questione. Questo medico era molto ricercato, nonostante usasse rimproverare abbastanza rudemente i suoi pazienti per la loro dieta poco razionale: per così dire, faceva predicozzi da levita.241 Il salottino d’attesa del suo studio era sempre affollato prima e durante le ore di consulto, e ciò giustificava il suo desiderio che i pazienti dopo la visita si vestissero in fretta: ‘vite, vite’ [in francese: in fretta]. Se ben ricordo, sua moglie era francese di nascita, il che giustificherebbe in certo qual modo l’ipotesi, apparentemente ardita, che egli formulasse proprio in lingua francese la sua richiesta di maggior celerità da parte dei clienti. Del resto è abitudine di molte persone rivestire incitamenti del genere con parole straniere; così, per esempio, mio padre soleva durante le passeggiate incitare noi bambini in italiano: avanti gioventù o in francese: marchez au pas, mentre un medico anziano che mi aveva in cura per un mal di gola, quand’ero ragazzina, cercava di frenare i miei movimenti troppo veementi sussurrando in italiano: piano, piano. Quindi mi pare abbastanza plausibile che anche quell’altro dottore indulgesse alla stessa abitudine, ed ecco perché prescrisse acqua di Levitico anziché di Lèvico.”

Nel luogo citato vi sono altri esempi desunti da ricordi giovanili dell’autrice (fracese invece di francese, errore di scrittura del nome Carlo).

17.242 Per la comunicazione di un lapsus di scrittura che come contenuto corrisponde a un noto e non troppo elegante motto di spirito – ma in questo caso l’intenzione di fare dello spirito era certamente esclusa – debbo ringraziare un certo signor J. G., del quale menzionerò anche un altro contributo.243

“Quand’ero paziente in un sanatorio per malattie polmonari, venni a sapere con dispiacere che in un mio parente prossimo era stato diagnosticato lo stesso male per cui io avevo dovuto essere ricoverato. Suggerii in una lettera al mio parente di rivolgersi a uno specialista, un noto professore, dal quale ero in cura io stesso, e della cui competenza ero convinto, pur avendo ogni motivo di lamentela per la sua scortesia, poiché questo professore si era rifiutato poco tempo prima di rilasciarmi un attestato molto importante per me. Nella risposta alla mia lettera, il mio parente mi fece rilevare un lapsus di scrittura che mi mise di ottimo umore, avendone io riconosciuto immediatamente la causa. Avevo inserito nella mia lettera la frase seguente: ‘del resto ti consiglio di insultare senza ritardo il professor X.’ Naturalmente avevo voluto scrivere consultare. A questo proposito può essere utile aggiungere che conosco il latino e il francese abbastanza per escludere che lo scambio delle preposizioni in e con [che compaiono in questa forma anche nelle parole tedesche] fosse dovuto a mia ignoranza.”

18.244 Le omissioni nello scrivere vanno naturalmente giudicate in modo analogo ai lapsus di scrittura. Il giurista Dattner ha raccontato un esempio curioso di “atto mancato storico”.245 In uno degli articoli di legge sugli obblighi finanziari dei due paesi, stipulati nel Compromesso del 1867 tra Austria e Ungheria, è stata omessa la parola effettivo nella traduzione ungherese; e Dattner fa apparire verosimile che abbia avuto parte in questa omissione la tendenza inconscia dei redattori ungheresi del testo di legge a concedere all’Austria i minori vantaggi possibili.

Abbiamo246 inoltre buon motivo per supporre che le ripetizioni tanto frequenti delle medesime parole nello scrivere e nel copiare, le cosiddette “perseverazioni”, siano anch’esse non prive di significato. Ripetendo la parola già scritta, chi scrive mostra di non essersi saputo facilmente staccare da quella parola, che avrebbe potuto dire di più in quel punto ma che vi ha rinunciato, o cose simili. La perseverazione nel copiare pare sostituire un’espressione come: “anch’io”. Sono passate per le mie mani lunghe perizie medico-legali che presentavano perseverazioni di copiatura in punti particolarmente importanti, e io le interpreterei nel senso di un commento del copista, il quale, stanco del suo ruolo impersonale, avesse inserito la chiosa: “proprio il mio caso”, oppure: “come da noi” o simili.

19. Nulla inoltre ci impedisce di trattare gli errori tipografici come “lapsus di scrittura” del compositore, ritenendoli in ampia misura motivati. Non ho fatto una raccolta sistematica di atti mancati di questo tipo, che potrebbe essere molto divertente e istruttiva. Jones ha dedicato ai “refusi” un paragrafo a parte nel suo lavoro qui già più volte citato.

Anche247 le storpiature dei telegrammi si possono certe volte intendere come lapsus del telegrafista. Nelle vacanze estive ricevo un telegramma del mio editore il cui testo mi è incomprensibile: “Ricevuta refezione, inviti X urgono.” La soluzione dell’enigma prende le mosse dal nome X che vi compare. X è l’autore di un libro che ho dovuto recensire, prima che ne fosse compiuta la stampa. Così recensione è divenuta refezione. Poi ricordo di aver trattenuto presso di me gli indici del volume, che devo quindi inviare all’editore. Il testo esatto quindi quasi sicuramente era: “Ricevuta recensione, indici X urgono.” Noi possiamo supporre che questo testo sia stato rielaborato dal “complesso di fame” del telegrafista, il quale del resto ha messo in relazione tra di loro le due parti del telegramma più di quanto fosse nelle intenzioni del mittente. È questo inoltre un bell’esempio di “elaborazione secondaria” quale si può riscontrare nella maggior parte dei sogni.248

Herbert Silberer discute la possibilità di “errori di stampa tendenziosi”.249

20.250 Altri ha occasionalmente segnalato errori di stampa dei quali non è facile negare la tendenziosità. Così per esempio Storfer là dove scrive del “demone politico degli errori di stampa”251 e in una breve nota che qui riporto:252

“Un errore di stampa politico si trova nel fascicolo del 25 aprile di quest’anno del periodico ‘März’. In una corrispondenza da Argirocastro si riportano affermazioni di Zographos, capo degli epiroti insorti in Albania (o se si vuole, presidente del governo indipendente dell’Epiro). Dice tra l’altro: ‘Mi creda; un Epiro autonomo sarebbe veramente nell’interesse del principe Wied. Su di esso egli potrebbe affondarsi.’ Il principe d’Albania certamente anche senza questo fatale errore di stampa saprà evitare di fondarsi sull’indipendenza degli Epiroti.”

21. Io stesso lessi recentemente in uno dei nostri quotidiani di Vienna un articolo, La Bucovina sotto il dominio romeno, il cui titolo andava detto almeno prematuro, perché a quel tempo la Romania non aveva ancora dichiarato la sua ostilità. Dal contenuto dell’articolo si capiva che nel titolo doveva leggersi russo anziché romeno, ma anche al censore la cosa deve essere sembrata così naturale da fargli sorvolare l’errore di stampa.

[22.]253 È difficile non pensare a un errore di stampa “politico” leggendo in una circolare stampata dalla famosa tipografia (già Imperial-Regia) Karl Prochaska di Teschen il seguente errore di ortografia:

“Per decreto delle Potenze dell’Intesa essendo imposto come confine il fiume Olsa, non soltanto la Slesia ma anche la città di Teschen risultò divisa in due parti, di cui una parte di troppo (zuviel) [confronta zufiel: passò] alla Cecoslovacchia, l’altra alla Polonia.”

[23.] A Theodor Fontane toccò una volta di difendersi in maniera divertente contro un errore di stampa fin troppo significativo. In data 29 marzo 1860 egli scrisse all’editore Julius Springer:

Egregio Signore,

Sembra che il destino non voglia concedermi l’adempimento dei miei piccoli desideri. Uno sguardo alle bozze di stampa che allego254 Le dirà tutto. Inoltre mi avete mandato soltanto una copia di bozze, mentre me ne occorrono due, per le ragioni che ho spiegato. Né è stato provveduto all’invio delle prime bozze, per un’ulteriore revisione specialmente delle parole e frasi inglesi. Ci tengo molto. A pagina 27 per esempio, nelle bozze di oggi, in una scena fra John Knox e la Regina si legge: “dopo di che Maria gridò: carogna” [aasrief; invece di ausrief, esclamò]. Di fronte a cose fulminanti del genere, uno vorrebbe persuadersi che la correzione dell’errore sia effettivamente avvenuta. Questo sciagurato aas [carogna] invece di aus è grave, tanto più che è indubbio che la Regina fra sé e sé certamente quell’epiteto l’avrà pensato. Con la solita massima stima

il Suo devotissimo Theodor Fontane

Wundt fornisce una spiegazione notevole per il fatto, di facile costatazione, che siamo maggiormente portati ai lapsus di scrittura che non ai lapsus verbali:255 “Nel normale discorrere, la funzione inibitrice della volontà è continuamente tesa ad accordare tra loro lo svolgersi rappresentativo e il movimento articolatorio. Quando il movimento espressivo che segue le rappresentazioni viene rallentato per cause meccaniche, come nel caso dello scrivere (...), siffatte anticipazioni si verificano con particolare facilità.”

L’osservazione delle condizioni in cui si manifestano i lapsus di lettura dà occasione a un dubbio che non vorrei sottacere, perché a mio avviso può diventare punto di partenza di una feconda ricerca. È noto a chiunque con quale frequenza nel leggere ad alta voce davanti ad ascoltatori l’attenzione di colui che legge abbandoni il testo rivolgendosi ai propri pensieri. In conseguenza di questo sviamento dell’attenzione, non di rado il lettore non sarebbe nemmeno in grado di indicare che cosa abbia letto, ove fosse interrotto e interrogato in proposito. Vuol dire allora che ha letto come automaticamente, ma quasi sempre correttamente.256 Non credo che in tali condizioni si abbia un incremento sensibile degli errori di lettura. Di tutta una serie di funzioni noi siamo soliti ammettere che vengono compiute con la massima esattezza quando sono automatiche, vale a dire quando quasi non sono accompagnate dall’attenzione cosciente. Pare ne consegua che i rapporti tra l’attenzione e gli sbagli che si commettono scrivendo, leggendo o parlando vadano determinati diversamente da come dice Wundt (mancanza o allentamento dell’attenzione). Gli esempi da noi analizzati non ci autorizzerebbero propriamente a postulare una diminuzione quantitativa dell’attenzione; noi abbiamo trovato un perturbamento dell’attenzione da parte di un pensiero estraneo che vuole farsi valere, il che forse non è precisamente la stessa cosa.

In mezzo fra i “lapsus di scrittura” e la “dimenticanza” si può inserire il caso257 che qualcuno dimentichi di apporre una firma. Un assegno non firmato equivale a un assegno dimenticato. Per il significato di una dimenticanza del genere voglio citare il passo di un romanzo, notato dal dottor Hanns Sachs:

“Un esempio molto istruttivo e trasparente della sicurezza con cui gli scrittori sanno utilizzare il meccanismo degli atti mancati e sintomatici nel senso psicoanalitico, è contenuto nel romanzo di John Galsworthy, I farisei dell’isola [1904]. Il nocciolo del romanzo è l’incertezza di un giovanotto appartenente al ceto medio benestante, che oscilla fra una profonda compassione sociale da una parte e le convenzioni della sua classe dall’altra. Nel capitolo 26 si descrive come egli reagisca alla lettera di un giovane vagabondo, da lui soccorso alcune volte perché attratto da quel modo originale di concepire la vita. La lettera non contiene una richiesta diretta di denaro, ma la descrizione di angustie tali da non ammettere altra interpretazione. Il destinatario in un primo momento rigetta l’idea di buttar via denaro per un incorreggibile anziché usarlo per istituzioni benefiche. «Porgere una mano soccorrevole, qualcosa di sé stesso, un cenno d’intesa a un nostro simile senza che vi abbia diritto, semplicemente perché in quel momento era in cattive acque, era sciocchezza sentimentale! Bisognava fare punto! Ma nel mormorare la sua conclusione sentì la sua sincerità ribellarsi: ‘Ipocrita! Tu vuoi tenerti il tuo denaro, ecco tutto!’»

“Egli allora scrive una lettera amichevole che termina con le parole: «Accludo un assegno. Cordiali saluti, Richard Shelton.»

“«Prima di aver finito di compilare l’assegno, una falena sfarfallante attorno alla candela distrasse la sua attenzione, e quando l’ebbe presa e lasciata libera all’aperto aveva ormai dimenticato che l’assegno non era incluso.» La lettera viene infatti imbucata così com’è.

“La dimenticanza però è motivata perfino in modo più sottile che non semplicemente dal frapporsi della tendenza egoistica, apparentemente superata, di evitare l’elargizione.

“Shelton si sente solo nella residenza estiva dei suoi futuri suoceri, fra la fidanzata, la famiglia di lei e gli ospiti; il suo atto mancato significa che egli aspira alla presenza del suo protetto, il quale, col suo passato e con la sua concezione della vita, costituisce il contrasto più assoluto con l’ambiente impeccabile, uniformemente modellato su una medesima convenzione, che lo circonda. L’amico infatti, avendo esaurito le sue risorse, giunge alcuni giorni dopo per farsi spiegare la mancanza dell’assegno annunciato.”

Opere complete
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