2. LA DESCRIZIONE DELL’ANIMA DELLE MASSE IN LE BON

Più che da una definizione, sembra opportuno prendere le mosse da un accenno all’insieme dei fenomeni qui menzionati per isolare fra questi alcuni fatti particolarmente significativi e caratteristici cui la ricerca possa riallacciarsi. Un estratto di un libro divenuto meritatamente famoso, Psicologia delle folle di Le Bon, ci consentirà di raggiungere entrambi questi risultati.252

Precisiamo ancora una volta i fatti. Se la psicologia che studia le predisposizioni, i moti pulsionali, i motivi, le intenzioni dell’uomo singolo, fino a considerarne le azioni e le relazioni che lo legano alle persone che gli sono più vicine, avesse per intero assolto il proprio compito e chiarito a fondo tutti questi nessi, a un tratto si troverebbe comunque in presenza di un compito nuovo. Dovrebbe spiegare il fatto sorprendente che in una data circostanza quest’individuo divenutole intelligibile sente, pensa e agisce in maniera affatto diversa da quella che da lui dovremmo attenderci, e che tale circostanza è costituita dalla sua inclusione in una moltitudine umana che ha acquisito la qualità di una “massa psicologica”. Che cos’è dunque una “massa”, in che modo essa acquista la capacità di influire in misura così determinante sulla vita psichica del singolo, e in che cosa consiste la modificazione psichica che essa gli impone?

Rispondere a queste tre domande è il compito di una psicologia teorica delle masse. Il miglior modo di affrontarlo è cominciare dall’ultima. Ciò che fornisce alla psicologia delle masse il suo contenuto è l’osservazione della reazione modificata del singolo; ogni tentativo di spiegazione deve essere preceduto dalla descrizione della cosa da spiegare.

Lascio quindi la parola a Le Bon. Egli dice:253 “Ciò che più ci colpisce di una massa psicologica è che gli individui che la compongono – indipendentemente dal tipo di vita, dalle occupazioni, dal temperamento o dall’intelligenza – acquistano una sorta di anima collettiva per il solo fatto di trasformarsi in massa. Tale anima li fa sentire, pensare e agire in un modo del tutto diverso da come ciascuno di loro – isolatamente – sentirebbe, penserebbe e agirebbe. Certe idee, certi sentimenti nascono e si trasformano in atti soltanto negli individui costituenti una massa. La massa psicologica è una creatura provvisoria, composta di elementi eterogenei saldati assieme per un istante, esattamente come le cellule di un corpo vivente formano, riunendosi, un essere nuovo con caratteristiche ben diverse da quelle che ciascuna di queste cellule possiede.”

Nel prenderci la libertà di interrompere con i nostri commenti l’esposizione di Le Bon, osserviamo che, se nella massa gli individui sono collegati tra loro in modo da costituire un’unità, deve esserci qualcosa che li lega e che tale vincolo potrebbe essere proprio ciò che caratterizza la massa. Senza rispondere a questa domanda, Le Bon passa a considerare la modificazione subita dall’individuo nella massa e la descrive in termini che ben si accordano con i presupposti fondamentali della nostra psicologia del profondo.

“Si può costatare facilmente quanto l’individuo immerso in una massa differisca dall’individuo isolato. Ma assai meno facile è scoprire le cause di tale differenza.

“Per arrivare a intravederle, bisogna ricordare anzitutto una scoperta fatta dalla psicologia moderna: che i fenomeni inconsci svolgono una parte preponderante non soltanto nella vita organica, ma anche nel funzionamento dell’intelligenza. La vita cosciente dello spirito ha una parte minima rispetto alla vita inconscia di esso. L’analista più sottile, l’osservatore più penetrante arriva a scoprire soltanto una piccola parte dei motivi consci254 da cui egli stesso è guidato. I nostri atti coscienti derivano da un substrato inconscio formato soprattutto da influenze ereditarie. Questo substrato racchiude gli innumerevoli residui ancestrali che costituiscono l’anima della razza. Nei nostri atti, dietro alle cause da noi confessate, ve ne sono di segrete da noi stessi ignorate. La maggior parte delle nostre azioni quotidiane sono l’effetto di motivi occulti che ci sfuggono.”255

Nella massa, ritiene Le Bon, le acquisizioni individuali dei singoli scompaiono, e con ciò scompare il loro modo d’essere specifico. Affiora l’inconscio razziale, l’eterogeneo sprofonda nell’omogeneo. La sovrastruttura psichica, sviluppatasi nel singolo in forme estremamente variegate, viene per così dire detratta, indebolita, e il fondamento inconscio, che tutti hanno in comune, viene messo a nudo (reso operante).

In tal modo si verrebbe a formare un carattere medio degli individui appartenenti a una massa. Le Bon ritiene però che essi manifestino anche caratteristiche nuove, in precedenza non possedute, e cerca la ragione di ciò in tre fattori diversi.

“La prima [causa] è che l’individuo in massa acquista, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile. Ciò gli permette di cedere a istinti che, se fosse rimasto solo, avrebbe necessariamente tenuto a freno. Vi cederà tanto più volentieri in quanto – essendo la massa anonima e dunque irresponsabile – il senso di responsabilità, che raffrena sempre gli individui, scompare del tutto.”256

Dal nostro punto di vista non ci pare necessario attribuire tanta importanza alla comparsa di caratteristiche nuove. Potremmo limitarci a dire che nella massa l’individuo si trova posto in condizioni che gli consentono di sbarazzarsi delle rimozioni dei propri moti pulsionali inconsci. Le caratteristiche apparentemente nuove che egli manifesta sono appunto le espressioni di tale inconscio, in cui è contenuto, a mo’ di predisposizione, tutto il male della psiche umana. Non abbiamo difficoltà a spiegarci il fatto che, in tali circostanze, la coscienza morale o il senso di responsabilità vengono meno: abbiamo da tempo sostenuto che il nocciolo della cosiddetta coscienza morale è l’“angoscia sociale”.257

“Una seconda causa, il contagio mentale, determina nelle masse il manifestarsi di speciali caratteri e al tempo stesso il loro orientamento. Il contagio è un fenomeno facile da costatare ma non ancora spiegato, e da porsi in relazione con i fenomeni d’ordine ipnotico che studieremo tra poco. Ogni sentimento, ogni atto è contagioso in una massa, e contagioso a tal punto che l’individuo sacrifica molto facilmente il proprio interesse personale all’interesse collettivo. Si tratta di un’attitudine innaturale, della quale l’uomo diventa capace quasi soltanto se entra a far parte di una massa.”258

Su quest’ultima affermazione baseremo in seguito un’importante congettura.

“Una terza causa, di gran lunga la più importante, determina negli individui in massa caratteri speciali, a volte opposti a quelli dell’individuo isolato. Intendo parlare della suggestionabilità, di cui il contagio citato più sopra è soltanto l’effetto.

“Per comprendere tale fenomeno, dobbiamo tenere presenti alcune recenti scoperte della fisiologia. Oggi sappiamo che un individuo può essere messo in condizioni tali che, avendo perso la personalità cosciente, obbedisca a tutti i suggerimenti di chi appunto tale coscienza gli ha sottratta, e commetta le azioni più contrarie al proprio temperamento e alle proprie abitudini. Orbene, osservazioni attente sembrano provare che l’individuo immerso da qualche tempo nel mezzo di una massa attiva cade – grazie agli effluvi che da essa si sprigionano, o per altre cause ancora ignote – in uno stato particolare, assai simile allo stato di fascinazione dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore. (...) La personalità cosciente è svanita, la volontà e il discernimento aboliti. Sentimenti e pensieri vengono orientati nella direzione voluta dall’ipnotizzatore.

“Tale è pressappoco la condizione dell’individuo che faccia parte di una massa. Non è più consapevole di quel che fa. In lui, come nell’ipnotizzato, talune facoltà possono essere spinte a un grado di estrema esaltazione mentre altre sono distrutte. L’influenza di una suggestione lo indurrà con irresistibile impeto a compiere certi atti. E l’impeto risulterà ancor più irresistibile nelle masse piuttosto che nel soggetto ipnotizzato, giacché la suggestione, essendo identica per tutti gli individui, aumenta enormemente poiché viene reciprocamente esercitata.”259

“Annullamento della personalità cosciente, predominio della personalità inconscia, orientamento, determinato dalla suggestione e dal contagio, dei sentimenti e delle idee in un unico senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite, tali sono i principali caratteri dell’individuo in una massa. Egli non è più se stesso, ma un automa, incapace di esser guidato dalla propria volontà.”260

Ho riportato questo passo così estesamente per sottolineare che, lungi dal limitarsi a paragonarlo a uno stato ipnotico, Le Bon scorge nello stato dell’individuo appartenente a una massa uno stato ipnotico vero e proprio. Pur senza proporci di sollevare al riguardo alcuna obiezione, intendiamo rilevare che le due ultime cause della modificazione del singolo all’interno della massa, il contagio e l’accresciuta suggestionabilità, non sono evidentemente da mettere sullo stesso piano, dato che in effetti il contagio stesso non è che una delle manifestazioni della suggestionabilità [vedi sopra]. Anche gli effetti di questi due fattori ci appaiono nel passo di Le Bon differenziati in maniera imprecisa. Il miglior modo d’interpretare le sue affermazioni consiste forse nell’attribuire il contagio all’interazione reciproca dei singoli membri della massa e nel ricondurre a una fonte diversa le manifestazioni della suggestione che egli considera analoghe ai fenomeni dell’influsso ipnotico. Ma a quale fonte? Il fatto che nell’esposizione di Le Bon non venga menzionato uno dei termini principali di questa similitudine, la persona che agli occhi della massa rimpiazza l’ipnotizzatore, non può non apparirci una lacuna notevole. Da tale influsso di fascinazione, che rimane oscuro, Le Bon distingue comunque l’effetto di contagio che i singoli esercitano gli uni sugli altri e tramite il quale la suggestione originaria viene potenziata.

Ancora un punto di vista importante ai fini della caratterizzazione dell’individuo appartenente a una massa:261 “Per il solo fatto di appartenere a una massa organizzata, l’uomo scende dunque di parecchi gradini la scala della civiltà. Isolato, era forse un individuo colto; nella massa, è un istintivo, e dunque un barbaro. Ha la spontaneità, la violenza, la ferocia e anche gli entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi.” L’autore indugia poi particolarmente sulla riduzione delle capacità intellettuali cui l’individuo è soggetto quando è assorbito dalla massa.262

Lasciamo ora da parte il singolo e consideriamo la descrizione che Le Bon ci fornisce dell’anima delle masse. Non c’è nulla, in essa, la cui derivazione o collocazione possa creare qualche difficoltà allo psicoanalista. Facendo cenno alla concordanza con la vita psichica dei primitivi e dei bambini è Le Bon stesso a indicarci la via da percorrere.263

La massa è impulsiva, mutevole e irritabile. È governata quasi per intero dall’inconscio.264 A seconda delle circostanze gli impulsi cui la massa obbedisce possono essere nobili o crudeli, eroici o pusillanimi; essi sono però comunque imperiosi al punto da non lasciar sussistere l’interesse personale, neanche quello dell’autoconservazione.265 Nulla nella massa è premeditato. Pur potendo desiderare le cose appassionatamente, il suo anelito non dura mai a lungo, è incapace di volontà duratura. Non tollera alcun indugio fra il proprio desiderio e il compimento di ciò che desidera. Si sente onnipotente, per l’individuo appartenente alla massa svanisce il concetto dell’impossibile.266

La massa è straordinariamente influenzabile e credula, è acritica, per essa non esiste l’inverosimile. Pensa per immagini, che si richiamano vicendevolmente per associazione come quelle che si presentano al singolo negli stati di libera fantasticheria; queste immagini non vengono valutate da alcuna istanza che assennatamente decida se esse concordano o meno con la realtà. I sentimenti della massa sono sempre semplicissimi e spropositati. La massa non conosce quindi né dubbi né perplessità.267

La massa corre subito agli estremi, il sospetto sfiorato si trasforma subito in evidenza inoppugnabile, un’antipatia incipiente in odio feroce.268

Pur essendo incline a tutti gli estremi, la massa può venir eccitata solo da stimoli eccessivi. Chi desidera influenzarla non ha bisogno di rendere logiche le proprie argomentazioni, deve dipingere a fosche tinte, esagerare e ripetere sempre la stessa cosa.

Poiché riguardo al vero o al falso la massa non conosce dubbi ed è però consapevole della propria grande forza, essa è al tempo stesso intollerante e pronta a credere all’autorità. Rispetta la forza e soggiace solo moderatamente all’influsso della bontà, che ai suoi occhi rappresenta solo una sorta di debolezza. Ciò che essa richiede ai propri eroi è la forza o addirittura la brutalità. Vuole essere dominata e oppressa, vuole temere il proprio padrone. Fondamentalmente conservatrice, ha una profonda ripugnanza per tutte le novità e tutti i progressi, e un rispetto illimitato per la tradizione.269

Per giudicare correttamente la moralità delle masse, occorre tener conto del fatto che quando gli individui si trovano riuniti in una massa, tutte le inibizioni individuali scompaiono e tutti gli istinti crudeli, brutali, distruttivi, che nel singolo sonnecchiano quali relitti di tempi primordiali, si ridestano e aspirano al libero soddisfacimento pulsionale. Per influsso della suggestione le masse sono però anche capaci di prestazioni elevate, quali l’abnegazione, il disinteresse, la dedizione a un ideale. L’interesse personale è di rado una molla potente presso le masse, mentre costituisce la molla quasi esclusiva dell’individuo isolato. Si può parlare di una moralizzazione del singolo tramite la massa.270 Mentre la capacità intellettuale della massa sta sempre molto al di sotto di quella del singolo, il suo comportamento etico, rispetto a quello del singolo, può essere molto superiore come pure molto inferiore.

Alcuni altri aspetti della caratterizzazione di Le Bon mettono in chiara luce quanto sia giustificato identificare l’anima delle masse con l’anima dei primitivi. Nelle masse le idee antitetiche possono coesistere l’una accanto all’altra e sopportarsi a vicenda, senza che dalla loro contraddizione logica scaturisca un conflitto. Ma, come la psicoanalisi ha da tempo dimostrato, lo stesso accade nella vita psichica inconscia degli individui singoli, dei bambini e dei nevrotici.271

La massa soggiace inoltre alla potenza veramente magica delle parole che nell’anima delle moltitudini possono provocare o placare le più formidabili tempeste.272 “La ragione e gli argomenti logici non riuscirebbero a lottare contro certe parole e certe formule. Vengono pronunciate con riverenza davanti alle masse e, subito, i volti assumono una espressione di deferenza e le teste si inchinano. Molti le considerano forze della natura, potenze sovrannaturali.”273 Basta in proposito rammentare i tabù dei nomi presso i primitivi, le forze magiche che per essi si riallacciano ai nomi e alle parole.274

Le masse non hanno infine mai conosciuto la sete della verità. Hanno bisogno di illusioni cui non possono rinunciare. L’irreale ha costantemente in esse la precedenza sul reale, soggiacciono all’influsso di ciò che non è vero quasi come a quello di ciò che è vero. Hanno l’evidente tendenza a non distinguere tra i due.275

Come abbiamo indicato, questo predominio della vita fantastica e dell’illusione scaturita dal desiderio non appagato è determinante per la psicologia delle nevrosi. Abbiamo scoperto che per i nevrotici ciò che conta non è la realtà comune, oggettiva, ma quella psichica. Un sintomo isterico poggerebbe dunque su una fantasia anziché sulla ripetizione di un’esperienza vissuta, e un senso di colpa ossessivo si baserebbe su un proponimento malvagio che non è mai stato tradotto in atto. Già, proprio come nel sogno e nell’ipnosi, nell’attività psichica della massa l’esame di realtà soccombe alla forza dei moti di desiderio investiti affettivamente.

Quello che Le Bon dice sui capi delle masse è meno esauriente e non consente di scorgere con altrettanta chiarezza una conformità a leggi. Ogni volta che si trovano riuniti in un dato numero, che si tratti di un branco di animali o di una moltitudine di uomini, gli esseri viventi si pongono, a suo avviso, istintivamente sotto l’autorità di un capo.276 La massa è un gregge docile che non può vivere senza un padrone. È talmente assetata di obbedienza da sottomettersi istintivamente a chiunque se ne proclami padrone.

Se però i bisogni della massa la portano verso un capo, le doti personali di costui dovranno corrispondere alle aspettative della massa. Perché essa creda in lui, anche il capo deve subire il fascino di una fede (di un’idea) potente, deve possedere una volontà forte, imperiosa, tale da venir accettata dalla massa abulica. Le Bon considera poi i diversi tipi di capi e i mezzi attraverso i quali essi influiscono sulla massa. In complesso i capi si affermano secondo Le Bon grazie alle idee in cui fanaticamente credono.

A tali idee, nonché ai capi, Le Bon attribuisce inoltre una potenza misteriosa e irresistibile che chiama “prestigio”. Il prestigio è una sorta di dominio che un individuo, un’opera o un’idea esercita su di noi. Paralizza ogni nostra capacità critica e ci colma di stupore e rispetto. Suscita un sentimento analogo a quello prodotto dalla fascinazione ipnotica.277

Le Bon distingue tra prestigio acquisito o artificiale e prestigio personale. Agli individui il primo è dato dal nome, dalla ricchezza, dalla reputazione; alle opinioni, alle opere d’arte e simili è dato dalla tradizione; per il fatto che in ogni caso trae origine dal passato, esso sarà di scarsa utilità per spiegare questo influsso misterioso. Il prestigio personale è proprio di pochi, i quali per suo tramite diventano capi, e fa sì che, quasi in virtù d’una malia magnetica, tutti obbediscano a costoro. Ogni prestigio dipende però anche dal successo e viene perduto a causa d’insuccessi.278

Non si ha l’impressione che la parte attribuita al capo e il rilievo accordato al prestigio si armonizzino perfettamente in Le Bon con la sua così brillante descrizione dell’anima delle masse.

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