2. I DIVERSI SIGNIFICATI
DELL’INCONSCIO
E IL PUNTO DI VISTA TOPICO
Prima di procedere oltre, vogliamo asserire il seguente fatto importante, ma anche imbarazzante: il non essere conscio è solo uno degli aspetti dello psichico, che da solo non basta affatto a caratterizzarlo. Esistono atti psichici di valore assai diverso che hanno tuttavia in comune la proprietà di essere inconsci. L’inconscio comprende da un lato atti che sono meramente latenti, provvisoriamente inconsci, ma che per il resto non differiscono in nulla dagli atti consci, e d’altro lato processi come quelli rimossi, che, se diventassero coscienti, si discosterebbero necessariamente, e nel modo più reciso, dai rimanenti processi coscienti. Tutti i fraintendimenti sarebbero eliminati, se d’ora in poi noi descrivessimo i diversi tipi di atti psichici prescindendo interamente dalla questione se siano consci o inconsci, e se li classificassimo e organizzassimo considerando esclusivamente il loro rapporto con le pulsioni e le finalità, e sulla base della loro struttura e della loro appartenenza all’uno o all’altro dei sistemi di cui si compone la gerarchia psichica. Ma questo è impossibile per svariati motivi, e quindi non possiamo evitare l’ambiguità di usare i termini “conscio” e “inconscio” ora in senso descrittivo ora in senso sistematico, e in quest’ultimo caso essi staranno a significare l’appartenenza a determinati sistemi e il possesso di certe proprietà. Si potrebbe fare ancora il tentativo di evitare la confusione indicando i sistemi psichici che abbiamo individuato con nomi scelti arbitrariamente e che non facciano riferimento alla consapevolezza. Solo che prima dovremmo specificare le ragioni in base alle quali abbiamo differenziato i sistemi, e a questo punto non potremmo fare a meno di introdurre la consapevolezza, dal momento che essa costituisce il punto di partenza di tutte le nostre indagini.78 Potrà forse essere di qualche utilità l’espediente di sostituire, almeno scrivendo, il termine “coscienza” con la sigla C e il termine “inconscio” con l’abbreviazione corrispondente Inc, quando usiamo queste due parole in senso sistematico.79
Passando ora a esporre gli accertamenti positivi della psicoanalisi, diciamo che in generale un atto psichico attraversa due fasi, fra le quali è interpolata una sorta di controllo (censura). Nella prima fase l’atto è inconscio e appartiene al sistema Inc; se dopo averlo controllato la censura lo respinge, gli è vietato di passare alla seconda fase; si chiama allora “rimosso”, ed è costretto a restare inconscio. Se invece supera questo controllo, entra nella seconda fase e viene a far parte del secondo sistema, che abbiamo deciso di chiamare sistema C. Ma il fatto di appartenere a questo secondo sistema non è ancora sufficiente per determinare in modo univoco il suo rapporto con la coscienza. L’atto psichico non è ancora cosciente, ma capace di diventare cosciente (per usare l’espressione di Josef Breuer),80 e cioè, a patto che intervengano certe condizioni, può diventare oggetto della coscienza senza incontrare particolari resistenze. Con riguardo a questa capacità di coscienza, diamo al sistema C anche la denominazione di “preconscio”. Se dovesse risultare che anche il farsi cosciente da parte del preconscio è condizionato da una certa censura, dovremmo scindere più nettamente fra loro i sistemi Prec e C [vedi par. 6, in OSF, vol. 8]. Per ora basti la costatazione che il sistema Prec condivide le proprietà del sistema C, e che la rigida censura esercita il suo ufficio nel punto di transizione dall’Inc al Prec (o C).
Postulando l’esistenza di questi due (o tre) sistemi psichici la psicoanalisi si è allontanata di un altro passo dalla psicologia descrittiva della coscienza e si è fatta carico di affrontare nuove problematiche questioni e nuovi contenuti. Finora si era distinta dalla psicologia soprattutto per la sua concezione dinamica dei processi psichici; ora essa intende occuparsi altresì della topica psicologica, indicando, per un qualsivoglia atto psichico, entro quale sistema o fra quali sistemi si svolga. A causa di questo suo sforzo le è stato conferito il nome di “psicologia del profondo”.81 Vedremo come possa essere ancora arricchita prendendo in considerazione un altro punto di vista. [Vedi par. 4, in OSF, vol. 8.]
Se vogliamo prendere sul serio una topica degli atti psichici, dobbiamo rivolgere il nostro interesse a un dubbio che si presenta a questo punto. Se un atto psichico (limitiamoci qui a quello che ha la natura di una rappresentazione82) viene trasposto dal sistema Inc nel sistema C (o Prec), dobbiamo supporre che questa trasposizione comporti una nuova fissazione, per così dire una seconda trascrizione della rappresentazione in causa, che può dunque essere contenuta anche in una nuova località psichica, e accanto alla quale continua a sussistere la trascrizione inconscia originaria?83 O dobbiamo invece ritenere che la trasposizione consista in un cambiamento di stato, che ha luogo nello stesso materiale e nella stessa località? Questo interrogativo può parere astruso, ma deve essere posto, se vogliamo farci un’idea più precisa della topica psichica, della dimensione della profondità della psiche. È un interrogativo difficile, perché trascende i limiti della psicologia pura e va a sfiorare le relazioni dell’apparato psichico con l’anatomia. Sappiamo che in senso molto generale e grossolano tali relazioni esistono. La ricerca ha provato in modo incontestabile che l’attività psichica è legata al funzionamento del cervello più che ad ogni altro organo. Un tratto più avanti (non sappiamo quanto) porta la scoperta dell’importanza disuguale delle diverse aree del cervello e del loro particolare rapporto con determinate parti del corpo e attività mentali. Ma tutti i tentativi di scoprire, su questa base, una localizzazione dei processi psichici, tutti gli sforzi intesi a stabilire che le rappresentazioni sono accumulate in cellule nervose e gli eccitamenti viaggiano lungo le fibre nervose sono completamente falliti.84 La stessa sorte toccherebbe a una dottrina che volesse, poniamo, individuare nella corteccia la sede anatomica del sistema C, dell’attività psichica cosciente, e localizzare i processi inconsci nelle aree subcorticali del cervello.85 Si apre qui uno iato che per il momento non è possibile colmare; e colmarlo non appartiene comunque ai compiti della psicologia. Per il momento la nostra topica psichica non ha niente da spartire con l’anatomia; non si riferisce a località anatomiche, bensì a regioni dell’apparato psichico, a prescindere dalle parti dell’organismo in cui dette regioni possano esser situate.
Da questo punto di vista il nostro lavoro è dunque libero, e può procedere secondo i propri bisogni. Sarà anche opportuno rammentare che per il momento le nostre ipotesi non pretendono di possedere altro valore che quello di rappresentazioni illustrative. La prima delle due possibilità prese in considerazione, e cioè che la fase c della rappresentazione significhi una sua trascrizione nuova, situata in un altro luogo, è indubbiamente la più grossolana, ma anche la più comoda. La seconda ipotesi, quella di un cambiamento di stato meramente funzionale, è a priori più verosimile, ma anche meno plastica, meno facile da maneggiare. Con la prima ipotesi, con l’ipotesi topica, è legata l’idea di una separazione topica fra i sistemi Inc e C e la possibilità che una rappresentazione sia contemporaneamente presente in due località dell’apparato psichico; e addirittura, che se una rappresentazione non è inibita dalla censura, possa spostarsi regolarmente da un luogo all’altro, eventualmente senza perdere la prima registrazione o trascrizione. Ciò può apparire strano, ma si appoggia su osservazioni raccolte nel corso della prassi psicoanalitica.
Se informiamo un paziente di una sua rappresentazione che egli aveva a suo tempo rimosso, e che abbiamo scoperto, in un primo tempo ciò non cambierà per nulla la sua situazione psichica. Tale comunicazione anzitutto non sopprime la rimozione né fa recedere i suoi effetti, come ci si potrebbe forse aspettare dal momento che la rappresentazione prima inconscia è ora diventata conscia. Al contrario, in un primo tempo si otterrà solo un rinnovato rifiuto della rappresentazione rimossa. Tuttavia il paziente possiede ora effettivamente la stessa rappresentazione in due forme, differentemente localizzate nel suo apparato psichico: in primo luogo possiede il ricordo cosciente della traccia auditiva che la rappresentazione ha lasciato in lui per il tramite delle nostre parole; in secondo luogo reca in sé – come sappiamo con certezza – il ricordo inconscio di ciò che ha vissuto in passato, nella sua forma precedente.86 In realtà la rimozione non viene abolita se prima la rappresentazione cosciente (una volta superate le resistenze) non si è congiunta con la traccia mnestica inconscia. Solo quando quest’ultima diventa anch’essa cosciente è raggiunto il successo. In questo modo, a una considerazione superficiale, parrebbe dimostrato che le rappresentazioni consce e inconsce sono trascrizioni diverse e topicamente separate del medesimo contenuto. Ma basta riflettere un momento ancora per accorgersi che l’identità dell’informazione che abbiamo fornito al paziente con il suo ricordo rimosso è soltanto apparente. L’aver udito e l’aver vissuto sono due cose completamente diverse per natura psicologica, anche se hanno lo stesso contenuto.
A tutta prima non siamo dunque in grado di scegliere fra le due possibilità che abbiamo enunciato. In seguito, forse, ci imbatteremo in qualche elemento che deciderà a favore di una di esse. Forse ci toccherà scoprire che la nostra impostazione del problema era inadeguata, e che la differenziazione tra la rappresentazione inconscia e quella conscia ha da essere ancora determinata in tutt’altra maniera.87