Lezione 20
La vita sessuale umana559

Signore e signori, si dovrebbe credere che non ci siano dubbi su ciò che si deve intendere per “sessuale”. Il sessuale è innanzitutto lo sconveniente, ciò di cui non è lecito parlare. Mi è stato raccontato che gli allievi di un celebre psichiatra una volta si presero la briga di convincere il loro maestro che i sintomi degli isterici raffigurano spessissimo cose sessuali. In questo intento lo condussero al letto di un’isterica i cui attacchi imitavano inconfondibilmente il processo del parto. Egli però osservò bruscamente: “Non vedo cosa ci sia di sessuale in un parto.” Giusto. Non è detto che in ogni caso un parto sia una cosa sconveniente.

Noto che ve la prendete a male perché scherzo su cose così serie. Ma non è del tutto uno scherzo. Parlando seriamente, non è facile indicare in che cosa consista il concetto di “sessuale”. “Tutto ciò che è connesso con la differenza tra i due sessi” sarebbe forse l’unica definizione appropriata; ma la troverete scolorita e troppo vasta. Se al centro ponete il fatto dell’atto sessuale, asserirete forse che sessuale è tutto ciò che, nell’intento di trarne piacere, ha a che fare con il corpo, specialmente con le parti genitali dell’altro sesso, e, in ultima analisi, tutto ciò che tende all’unione dei genitali e all’esecuzione dell’atto sessuale. Ma allora non siete certo molto lontani dall’equiparare ciò che è sessuale a ciò che è sconveniente, e in questo caso il parto non rientra in effetti nel sessuale. Se invece fate della funzione riproduttiva il nucleo della sessualità, correte il pericolo di escludere tutta una categoria di fatti che non mirano alla riproduzione e che tuttavia sono sicuramente sessuali, come la masturbazione o lo stesso baciare. Ma noi siamo già preparati alle difficoltà che sono connesse a ogni tentativo di definizione; tanto vale rinunciare a far meglio proprio in questo caso particolare. Possiamo presumere che nell’evoluzione del concetto di “sessuale” si sia verificato qualcosa che, secondo una felice espressione di Herbert Silberer, ha avuto come conseguenza un “errore di sovrapposizione”.560

In complesso non siamo comunque privi di orientamento su ciò che gli uomini chiamano sessuale. Nella vita, per tutte le necessità pratiche, basterà intendere con ciò una certa qual combinazione di contrasto tra i sessi, conseguimento di piacere, funzione riproduttiva e sconvenienza da tener segreta. Ma nella scienza non basta. Noi infatti, attraverso accurate indagini, rese possibili solo da un’autodisciplina animata da spirito di sacrificio, abbiamo individuato gruppi umani la cui “vita sessuale” si discosta in modo assai appariscente dal quadro medio usuale. Alcuni di questi “pervertiti” hanno per così dire cancellato dal loro programma la differenza tra i sessi. Solo il sesso uguale al loro può eccitare i desideri sessuali di costoro; l’altro sesso, e specialmente le sue parti genitali, non è per essi affatto un oggetto sessuale, e in casi estremi è oggetto di ribrezzo. Ciò implica evidentemente che essi hanno rinunciato a prender parte in un modo qualsiasi alla riproduzione. Chiamiamo queste persone omosessuali o invertiti. Sono uomini e donne, spesso anche se non sempre di educazione peraltro ineccepibile, altamente evoluti sotto il profilo intellettuale ed etico, affetti solo da quest’unica fatale deviazione. Per bocca dei loro portavoce scientifici essi si spacciano per una particolare varietà della specie umana, per un “terzo sesso” che ha tutti i diritti di esser posto sullo stesso piano degli altri due. Avremo forse occasione di esaminare criticamente le loro pretese [vedi lez. 20, in OSF, vol. 8]. Naturalmente essi non sono, come amerebbero anche affermare, una élite dell’umanità, ma contano fra loro perlomeno tanti individui inferiori e buoni a nulla quanti ve ne sono tra le persone di natura diversa dal punto di vista sessuale.

Questi pervertiti, se non altro, si comportano con il loro oggetto sessuale pressappoco come le persone normali con il proprio. Ma esiste poi una lunga serie di individui anormali, la cui attività sessuale si allontana sempre più da ciò che appare desiderabile a una persona ragionevole. Nella loro varietà e stranezza essi sono paragonabili solo ai mostri grotteschi che Pieter Bruegel ha dipinto nella tentazione di sant’Antonio, o agli dèi scomparsi e ai loro fedeli che Flaubert fa sfilare in lunga processione davanti al suo devoto penitente.561 Questa accozzaglia di persone richiede un qualche ordinamento, se non vogliamo uscir di senno. Li dividiamo in coloro per i quali, come nel caso degli omosessuali, è mutato l’oggetto sessuale, e in coloro per i quali è invece cambiata in primo luogo la meta sessuale.

Appartengono al primo gruppo coloro che hanno rinunciato all’unione dei due genitali e che nell’atto sessuale sostituiscono il genitale di un membro della coppia con un’altra parte o regione del suo corpo; nel fare ciò sormontano le deficienze della disposizione organica, come pure l’impedimento dello schifo (bocca, ano, al posto della vagina). Seguono altri che si attengono ancora al genitale, ma non per le sue funzioni sessuali, bensì per altre funzioni a cui esso prende parte per ragioni anatomiche e per motivi di vicinanza. Riscontriamo in costoro come le funzioni escrementizie, che nell’educazione del bambino sono state spinte da parte come sconvenienti, rimangono in grado di attirare su di sé il pieno interesse sessuale. Esistono poi altre persone che hanno rinunciato completamente al genitale come oggetto, e che al suo posto hanno elevato a oggetto di desiderio un’altra parte del corpo: il seno femminile, il piede, la treccia. Seguono ancora coloro per i quali anche una parte del corpo non significa nulla, mentre un indumento, una scarpa, un capo di biancheria appaga tutti i loro desideri: i feticisti. Più oltre nella processione, vengono gli individui che pur pretendendo l’intero oggetto avanzano su di esso richieste ben determinate, strane o mostruose, persino quella che debba essere un cadavere indifeso, e che tale rendono con criminale violenza per poterne godere. Ma basta con questo genere di orrori!

Alla testa della seconda schiera si trovano i pervertiti che si sono posti, come mete dei loro desideri sessuali, ciò che normalmente è solo un atto introduttivo e preparatorio. Sono quelli che bramano contemplare e palpeggiare l’altra persona o starla a guardare nella sua intimità, o che denudano le parti del proprio corpo che dovrebbero stare nascoste nell’oscura aspettativa di venir ricompensati con una prestazione analoga. Seguono poi i sadici, enigmatici personaggi la cui tenera aspirazione non conosce altro fine che procurare al proprio oggetto sofferenze e tormenti che possono andare da allusioni umilianti fino a gravi lesioni corporali; e come per compenso i loro opposti, i masochisti, il cui unico piacere è soffrire dall’oggetto amato ogni sorta di umiliazioni e tormenti, tanto in forma simbolica che reale. E altri ancora, nei quali si trovano riunite e si intrecciano parecchie di queste condizioni abnormi; e infine dobbiamo apprendere altresì che per ognuno di questi gruppi esistono due specie di persone: accanto a coloro che ricercano il proprio soddisfacimento sessuale nella realtà, esistono individui che si accontentano semplicemente di immaginare questo soddisfacimento, che non hanno per nulla bisogno di un oggetto reale, ma possono sostituirlo con le loro fantasie.

Non può sussistere qui il minimo dubbio che queste follie, bizzarrie e mostruosità costituiscano effettivamente l’attività sessuale di questi individui. Non solo essi stessi le concepiscono in questo modo e ne avvertono il valore di sostituzione, ma va anche detto che nella loro vita questa sostituzione svolge lo stesso ruolo che il normale soddisfacimento sessuale svolge nella nostra; per essa costoro si sottopongono ai medesimi, spesso smisurati sacrifici, ed è possibile seguire tanto nei sommi capi come nei minuti dettagli dove queste anormalità si accostano a ciò che è normale e dove ne divergono. Inoltre, non può sfuggirvi che si ritrova qui quel carattere di sconvenienza che inerisce all’attività sessuale, ma perlopiù accresciuto fino all’obbrobrio.

Ebbene, signore e signori, che posizione assumiamo riguardo a questi modi insoliti di soddisfacimento sessuale? Indignandoci, esprimendo la nostra personale avversione e assicurando che non condividiamo queste brame non concludiamo evidentemente nulla. Non è questo che ci viene chiesto. Si tratta, in definitiva, di un campo di fenomeni come un altro. Anche un diniego evasivo, come dire che dopo tutto sono solo rarità e curiosità, sarebbe facilmente confutabile. Si tratta, al contrario, di fenomeni molto frequenti, largamente diffusi. Se poi qualcuno ci venisse a dire che non è il caso di lasciarci confondere le idee sulla vita sessuale da questi fenomeni, perché in definitiva essi rappresentano soltanto aberrazioni e deviazioni della pulsione sessuale stessa, ebbene costui si meriterebbe che gli rispondessimo molto seriamente. Se non comprendiamo queste forme morbose della sessualità e non siamo in grado di metterle in relazione con la normale vita sessuale, non comprendiamo nemmeno la sessualità normale. In breve, non possiamo sottrarci al compito di dare una completa giustificazione teorica della possibilità delle suddette perversioni e della loro connessione con la sessualità cosiddetta normale.

Saremo aiutati in questo da un’acuta osservazione e da due nuove osservazioni empiriche. Dobbiamo la prima a Iwan Bloch.562 Essa corregge la concezione secondo cui tutte queste perversioni sarebbero “segni di degenerazione”, dimostrando che tali aberrazioni dalla meta sessuale, tali attenuazioni del rapporto con l’oggetto sessuale si sono verificate fin dai tempi più remoti, in tutte le epoche a noi note, presso tutti i popoli, dai più primitivi ai più altamente civilizzati, e si sono talvolta conquistate tolleranza e universale riconoscimento. Le due esperienze di cui parlavo sono state fatte nell’esame psicoanalitico dei nevrotici; esse non possono non influire in modo decisivo sulla nostra concezione delle perversioni sessuali.

Ho detto che i sintomi nevrotici sono soddisfacimenti sessuali sostitutivi [vedi lez. 19, in OSF, vol. 8] e vi ho accennato che la conferma di questa tesi mediante l’analisi dei sintomi si imbatterà in più di una difficoltà. Essa è infatti giustificata solo se nel “soddisfacimento sessuale” includiamo anche quello dei cosiddetti bisogni sessuali perversi, poiché una tale interpretazione dei sintomi si impone con sorprendente frequenza. La pretesa di eccezionalità degli omosessuali o invertiti crolla subito, allorché apprendiamo che in ogni nevrotico si può dimostrare la presenza di impulsi omosessuali e che un buon numero di sintomi esprime questa inversione latente. Coloro che si autodefiniscono omosessuali sono infatti soltanto gli invertiti consci e manifesti, il cui numero scompare se lo si confronta con quello degli omosessuali latenti. D’altro canto siamo costretti a considerare la scelta dell’oggetto nell’ambito del proprio sesso addirittura come una diramazione abituale della vita amorosa, e impariamo sempre di più a riconoscerle un’importanza particolarmente grande. Certo questo non elimina le differenze tra l’omosessualità manifesta e il comportamento normale; il loro significato pratico continua a sussistere, ma il loro valore teorico viene straordinariamente diminuito. Supponiamo persino che una determinata affezione, che non possiamo più annoverare fra le nevrosi di traslazione, la paranoia, abbia origine di norma dal tentativo di difendersi da impulsi omosessuali sovraintensi.563 Forse rammenterete ancora che una delle nostre pazienti [vedi lez. 17, in OSF, vol. 8] nella sua azione ossessiva impersonava un uomo, il proprio marito abbandonato; una simile produzione di sintomi volti a personificare un uomo è molto comune nelle donne nevrotiche. Sebbene ciò non sia da far rientrare nell’omosessualità, è tuttavia strettamente connesso coi suoi presupposti.

Come probabilmente sapete, la nevrosi isterica può produrre i suoi sintomi in tutti i sistemi organici e disturbare perciò tutte le funzioni. L’analisi dimostra che giungono così a esprimersi tutti gli impulsi che chiamiamo perversi, quegli impulsi cioè che tendono a sostituire il genitale con altri organi: questi organi si comportano in tal caso come genitali sostitutivi. È proprio attraverso la sintomatologia dell’isteria che siamo giunti alla concezione che agli organi del corpo deve essere riconosciuto, oltre al loro ruolo funzionale, un significato sessuale (erogeno), e che essi vengono disturbati nell’assolvimento del loro primo compito se il secondo pone loro troppe richieste.564 Innumerevoli sensazioni e innervazioni che riscontriamo quali sintomi dell’isteria in organi che apparentemente non hanno nulla a che fare con la sessualità, ci svelano così la loro natura volta ad appagare impulsi sessuali perversi, in relazione ai quali organi diversi hanno assunto il significato di parti sessuali. Apprendiamo in particolare in che larga misura gli organi della ricezione del cibo e dell’escrezione possono diventare veicoli dell’eccitamento sessuale. Scorgiamo qui la stessa cosa che ci hanno mostrato le perversioni, solo che in queste era visibile senza fatica e in modo inequivocabile, mentre nell’isteria dobbiamo prima passare attraverso l’interpretazione dei sintomi per poi giungere alla conclusione che gli impulsi sessuali perversi in questione non appartengono alla coscienza degli individui, ma vanno situati nel loro inconscio.

Tra i molti quadri sintomatici in cui fa la sua apparizione la nevrosi ossessiva, i più importanti si dimostrano determinati dalla pressione di impulsi sessuali sadici sovraintensi, quindi perversi nella loro meta; e i sintomi servono precisamente, in conformità alla struttura della nevrosi ossessiva, prevalentemente alla difesa contro questi desideri, o per esprimere un conflitto tra soddisfacimento e difesa. Comunque il soddisfacimento non ci rimette; esso sa imporsi per vie traverse nel comportamento degli ammalati e si rivolge di preferenza contro la persona stessa del soggetto facendone un tormentatore di sé medesimo. Altre forme di questa nevrosi, quelle rimuginative, corrispondono a una eccessiva sessualizzazione di atti che di norma si inseriscono come fasi preparatorie che precedono il normale soddisfacimento sessuale: sessualizzazione del voler vedere, toccare ed esplorare. La grande importanza della paura del contatto e dell’ossessione di lavare trova qui la sua spiegazione. Le azioni ossessive risalgono, in misura insospettata, alla masturbazione di cui sono ripetizioni camuffate e modificazioni; è ben noto che la masturbazione, benché azione unica e uniforme, accompagna le più svariate forme di fantasticheria sessuale.565

Non mi costerebbe molta fatica descrivervi ancor più dall’interno le relazioni tra perversione e nevrosi, ma credo che quanto finora detto basti per il nostro intento. Dobbiamo però guardarci, dopo questi chiarimenti sul significato dei sintomi, dal sopravvalutare la frequenza e l’intensità delle inclinazioni perverse degli uomini. Abbiamo visto che ci si può ammalare di nevrosi per la frustrazione del normale soddisfacimento sessuale [vedi lez. 19, in OSF, vol. 8]. Nel caso di una frustrazione reale, il bisogno si riversa nell’uso di vie anormali per l’eccitamento sessuale. Verrete a sapere più tardi come ciò avvenga [vedi lez. 22, in OSF, vol. 8]. Comunque è facile capire che, in seguito a un tale reingorgo “collaterale”,566 gli impulsi perversi devono emergere più intensi di quanto non sarebbero stati se al soddisfacimento sessuale normale non si fosse frapposto alcun reale impedimento. Un influsso analogo è peraltro riconoscibile anche nelle perversioni manifeste. In alcuni casi esse vengono provocate o attivate dal fatto che il normale soddisfacimento della pulsione sessuale incontra difficoltà eccessive a causa di circostanze temporanee o di istituzioni sociali permanenti.567 È ovvio che in altri casi le inclinazioni alla perversione sono del tutto indipendenti da simili fattori che la assecondano; per certa gente esse costituiscono, per così dire, il modo normale di vita sessuale.

Forse in questo momento avete l’impressione che abbiamo complicato, piuttosto che chiarito, il rapporto tra sessualità normale e sessualità perversa. Attenetevi però alla seguente considerazione: se è esatto dire che l’obiettiva difficoltà di ottenere un normale soddisfacimento sessuale, o la privazione di esso, porta alla luce inclinazioni perverse in individui che in precedenza tali inclinazioni non avevano manifestato, si deve supporre che in queste persone vi sia qualcosa che favorisce le perversioni; o, se preferite, che esse devono essere state presenti in costoro in forma latente.

Qui si riallaccia la seconda novità che vi avevo annunciato.568 La ricerca psicoanalitica è stata infatti costretta a occuparsi anche della vita sessuale del bambino, e ciò perché nell’analisi dei sintomi i ricordi e le associazioni riconducevano regolarmente fino ai primi anni dell’infanzia. Ciò che ne abbiamo desunto è stato poi confermato punto per punto da osservazioni dirette su bambini.569 E allora è risultato che tutte le inclinazioni alla perversione hanno radici nell’infanzia, che i bambini ne hanno tutte le predisposizioni e le mettono in atto nella misura permessa dalla loro immaturità; in breve, che la sessualità perversa altro non è che una sessualità infantile amplificata, scomposta nei suoi singoli impulsi.

Ora vedrete sicuramente le perversioni sotto un’altra luce e non ne disconoscerete più la connessione con la vita sessuale umana: ma a prezzo di quali sorprese e di quali incongruenze penose per la vostra sensibilità! Dapprima sarete certamente inclini a contestare tutto: il fatto che i bambini abbiano qualcosa che si possa designare come vita sessuale, l’esattezza delle nostre osservazioni e il diritto di riscontrare nel comportamento dei bambini un’affinità con ciò che più tardi viene stigmatizzato come perversione. Permettete dunque che vi spieghi, prima, i motivi della vostra opposizione e vi presenti, poi, la somma delle nostre osservazioni. Che i bambini non abbiano alcuna vita sessuale – eccitamenti e bisogni sessuali e una specie di soddisfacimento – ma la acquisiscano improvvisamente tra i 12 e i 14 anni, sarebbe (a prescindere da tutte le osservazioni) biologicamente inverosimile, anzi insensato: come se dicessimo che non vengono al mondo con i genitali, ma che questi si formano in loro solo all’epoca della pubertà. Ciò che in questo periodo si desta è la funzione riproduttiva, la quale si serve per i suoi scopi di un materiale corporeo e psichico già esistente. Siete incorsi nell’errore di confondere tra loro sessualità e riproduzione, e così vi siete sbarrata la strada alla comprensione della sessualità, delle perversioni e delle nevrosi. Ma è un errore tendenzioso. Esso ha, paradossalmente, la sua origine nel fatto che voi stessi siete stati bambini e come tali soggetti all’influenza dell’educazione. La società deve infatti assumere come uno dei suoi compiti educativi più importanti quello di domare, di limitare la pulsione sessuale quando essa erompe in forma di impulso riproduttivo, di sottometterla a una volontà individuale che sia identica all’imperativo sociale. La società ha anche interesse a procrastinare il pieno sviluppo della pulsione sessuale al momento in cui il bambino abbia raggiunto un certo grado di maturità intellettuale; infatti con l’irruzione totale della pulsione sessuale ha praticamente fine anche l’educabilità. La pulsione romperebbe altrimenti tutti gli argini e spazzerebbe via l’opera, faticosamente edificata, della civiltà. Il compito di domarla non è mai facile: pecca ora in eccesso, ora in difetto. Ciò che spinge la società umana è in ultima analisi un motivo economico; siccome non ha abbastanza mezzi di sussistenza per mantenere i suoi membri se essi non lavorano, deve limitarne il numero e convogliarne le energie dall’attività sessuale verso il lavoro. Sono dunque le eterne, primordiali necessità vitali che si protraggono fino al tempo presente.570

L’esperienza non ha mancato di insegnare agli educatori che il compito di rendere malleabile la volontà sessuale della nuova generazione può essere risolto solo se si comincia molto presto a esercitare un’influenza, se non si aspetta la tempesta della pubertà, ma si interviene già nella vita sessuale infantile che la prepara. In questo intento si proibiscono e si rendono odiose al bambino quasi tutte le attività sessuali infantili; ci si pone la meta ideale di plasmare in senso asessuale la vita del bambino, e col tempo si è giunti al punto di ritenere che egli sia effettivamente asessuale, finché poi la scienza ha proclamato ciò come propria dottrina. Per non trovarsi in contraddizione con le proprie credenze e con i propri intenti, si tende a ignorare l’attività sessuale del bambino (il che non è piccolo risultato) oppure ci si accontenta, nella scienza, di concepirla diversamente. Il bambino passa per una creatura pura e innocente, e chi lo descrive altrimenti rischia di venir accusato di calpestare e profanare i sentimenti più sacri e delicati dell’umanità.

I bambini sono i soli a non lasciarsi intrappolare in queste convenzioni, a far valere in completa ingenuità i loro diritti animali e a dimostrare continuamente che per loro la via verso la purezza è ancora tutta da percorrere. È abbastanza singolare che coloro che contestano la sessualità infantile non per questo allentano i freni dell’educazione, ma anzi perseguitano nel modo più rigoroso proprio le manifestazioni di ciò che rinnegano, definendole “vizi infantili”. Di grande interesse teorico è anche il fatto che il periodo della vita che contraddice nel modo più stridente il pregiudizio di un’infanzia asessuale (il periodo infantile fino ai cinque o sei anni) viene avvolto per la maggior parte delle persone dal velo di un’amnesia che solo un’indagine analitica squarcia completamente, ma che già prima è stato permeabile a singole formazioni oniriche. [Vedi lez. 13, in OSF, vol. 8.]

Vi esporrò ora ciò che si riesce a sapere più distintamente sulla vita sessuale del bambino. Torna qui utile introdurre, ai fini del nostro discorso, il concetto di libido. In completa analogia con la “fame”, la “libido” sta a designare la forza con la quale si manifesta una certa pulsione: in questo caso la pulsione sessuale, nel caso della fame la pulsione di nutrirsi. Altri concetti, quali “eccitamento” e “soddisfacimento” sessuali, non richiedono alcun commento.

Che le attività sessuali del lattante siano soprattutto questione d’interpretazione è un fatto che comprenderete facilmente oppure probabilmente userete come obiezione. Tali interpretazioni risultano dalle indagini analitiche condotte rifacendo a ritroso il cammino a partire dal sintomo. I primi impulsi della sessualità si manifestano nel lattante appoggiandosi ad altre funzioni vitali.571 Il principale interesse del lattante, come sapete, è rivolto all’assunzione del cibo; quando si addormenta dopo essersi saziato al seno, mostra l’espressione beata che si ripeterà più tardi dopo l’esperienza dell’orgasmo sessuale. Ciò sarebbe troppo poco per fondarvi su una conclusione. Noi osserviamo però che il lattante vuole ripetere l’azione dell’assumere cibo, senza richiedere nuovo nutrimento; in tal caso, quindi, non è sotto la spinta della fame. Diciamo che egli ciuccia o succia, e il fatto che anche nel far questo si addormenta con espressione beata ci mostra che l’atto del ciucciare gli ha procurato soddisfazione di per sé stesso. Presto, come tutti sanno, prende l’abitudine di non addormentarsi se prima non ha ciucciato. La natura sessuale di questa attività è stata affermata per la prima volta da un vecchio pediatra di Budapest, il dottor Lindner.572 Le persone che badano ai bambini, e che non hanno di mira alcuna posizione teorica, paiono giudicare il ciucciare in modo analogo: non dubitano che serve solo a ottenere piacere, lo pongono tra le cattive abitudini del bambino e costringono il bambino a rinunciarvi procurandogli, se non desiste da solo, impressioni sgradevoli. Apprendiamo dunque che il lattante esegue azioni le quali non hanno altro intento che quello di ottenere piacere. Crediamo che egli provi dapprima questo piacere nell’assunzione del cibo, ma che presto impari a scinderlo da questa condizione. Tale piacere non può essere riferito che all’eccitamento della zona della bocca e delle labbra; chiamiamo “zone erogene” queste parti del corpo, e chiamiamo “sessuale” il piacere ottenuto ciucciando. Sulla legittimità di questa denominazione dovremo certamente discutere ancora.

Se il lattante potesse esprimersi, affermerebbe senza dubbio che l’atto di succhiare al seno materno è di gran lunga il più importante della sua vita. Non ha tanto torto, poiché con questo atto soddisfa due grandi bisogni vitali in una volta sola. Apprendiamo poi dalla psicoanalisi, non senza sorpresa, quanta parte dell’importanza psichica di questo atto si conserva poi per tutta la vita. Il succhiare al seno materno diventa il punto di partenza dell’intera vita sessuale, il modello inattingibile di ogni successivo soddisfacimento sessuale, al quale la fantasia fa spesso ritorno in periodi di privazione. Esso implica il fare del seno materno il primo oggetto della pulsione sessuale. Non so come darvi un’idea di quanto sia importante questo primo oggetto per ogni successivo rinvenimento di oggetto, dei profondi effetti che produce nelle sue trasformazioni e sostituzioni fin nelle zone più remote della nostra vita psichica. Ma in un primo momento il lattante, nella sua attività di ciucciare, rinuncia a questo oggetto e lo sostituisce con una parte del proprio corpo. Si ciuccia il pollice, la sua stessa lingua. Con ciò si rende indipendente dal consenso del mondo esterno nell’atto di procurarsi piacere e, inoltre, per intensificarlo chiama in causa l’eccitamento di una seconda zona del corpo. Le zone erogene non hanno tutte pari valore; per lui è quindi un’esperienza importante quando, come riferisce Lindner, nell’esplorare il proprio corpo scopre i punti particolarmente eccitabili dei suoi genitali, e trova così la via che dal ciucciare conduce all’onanismo.

Riconoscendo l’importanza del ciucciare, abbiamo fatto conoscenza con due caratteri decisivi della sessualità infantile: essa compare appoggiandosi al soddisfacimento dei grandi bisogni organici e si comporta autoeroticamente, ossia cerca e trova i suoi oggetti sul proprio corpo. Ciò che si è mostrato nel modo più chiaro nell’assunzione del cibo, si ripete in parte per quanto riguarda le escrezioni, talché ne traiamo la conclusione che il lattante ha sensazioni di piacere nello svuotamento della vescica e del contenuto intestinale e ben presto si sforza di regolare queste azioni in modo che esse lo portino a conseguire il maggior piacere possibile mediante corrispondenti eccitamenti delle zone erogene delle mucose. È a questo punto che, come ha spiegato con sottile intuito Lou Andreas-Salomé,573 il mondo esterno si presenta al bambino per la prima volta come potenza inibitrice, ostile alla sua ricerca di piacere, e gli fa presagire futuri conflitti sia interni che esterni. Egli deve eliminare i suoi escrementi non nel momento che a lui piace, ma quando altre persone lo stabiliscono. Per indurlo alla rinuncia a queste fonti di piacere, gli viene spiegato che tutto quanto riguarda queste funzioni è sconveniente, destinato a esser tenuto segreto. È qui che deve per la prima volta barattare il piacere con la dignità sociale. All’inizio, il suo atteggiamento verso gli escrementi è completamente diverso. Egli non prova alcun ribrezzo davanti alle sue feci, le stima come una parte del proprio corpo da cui non si separa facilmente e le usa come primo “regalo” per contraddistinguere persone che stima particolarmente. Anche dopo che l’educazione è riuscita nel suo intento di straniarlo da queste inclinazioni, egli trasferisce il suo apprezzamento per le feci sul “regalo” e sul “denaro”. Sembra invece che consideri la sua abilità nell’orinare con particolare orgoglio.574

So bene che da tempo volete interrompermi esclamando: “Basta con queste enormità! La defecazione sarebbe una fonte di soddisfazione sessuale già sfruttata dal lattante? Le feci una sostanza preziosa, l’ano una specie di genitale! Non lo crediamo proprio, e in compenso capiamo benissimo perché pediatri e pedagoghi abbiano energicamente respinto la psicoanalisi e i suoi risultati.” No, signori miei! Avete semplicemente dimenticato che volevo esporvi i dati di fatto della vita sessuale infantile, visti nel loro nesso con i dati di fatto delle perversioni sessuali. Perché ignorare che l’ano assume realmente per un gran numero di adulti, omosessuali o eterosessuali, il ruolo della vagina nei rapporti sessuali? e che vi sono molti individui che mantengono per tutta la vita una sensazione voluttuosa durante la defecazione e non la descrivono affatto come cosa miserevole? Per quanto riguarda l’interesse per l’atto della defecazione e il diletto dello stare a guardare la defecazione di un altro, potete sentirvelo confermare dai bambini stessi, quando hanno qualche anno in più e sono in grado di riferirne. È ovvio che non dovete aver prima sistematicamente intimidito questi bambini che altrimenti capiscono che questo è un argomento di cui non bisogna parlare. E per tutto il resto che non volete credere, vi rimando ai risultati dell’analisi e dell’osservazione diretta dei bambini e vi dico che ci vuole addirittura un’arte speciale, per non vedere o vedere diversamente tutto questo. Tanto meglio, inoltre, se sarete colpiti dall’affinità tra l’attività sessuale infantile e le perversioni sessuali. La cosa, in effetti, è ovvia: se mai il bambino ha una vita sessuale, questa non può che essere perversa poiché, tranne pochi oscuri accenni, al bambino manca ancora ciò che fa della sessualità la funzione riproduttiva. D’altra parte, la caratteristica comune di tutte le perversioni è di aver abbandonato il fine riproduttivo. Chiamiamo pervertita un’attività sessuale appunto quando ha rinunciato al fine riproduttivo e persegue il conseguimento di piacere come fine a sé stante. Comprendete dunque che il punto di rottura e la svolta nello sviluppo della vita sessuale sopraggiungono nel momento in cui questa si subordina agli intenti della riproduzione. Tutto ciò che accade prima di questa svolta, come pure tutto ciò che si è sottratto ad essa e serve solo al conseguimento di piacere, viene designato con il termine, non certo onorifico, di “perverso” o “pervertito” e come tale viene proscritto.

Lasciatemi proseguire nella mia breve descrizione della sessualità infantile. Ciò che ho riferito in merito a due sistemi organici [quello nutritivo e quello escretorio], potrebbe essere da me completato prendendo in considerazione gli altri sistemi. La vita sessuale del bambino consiste, invero, nell’attività di una serie di pulsioni parziali che, l’una indipendentemente dall’altra, cercano di conseguire piacere in parte sul proprio corpo, in parte già su oggetti esterni. Tra questi organi emergono molto presto i genitali; vi sono persone nelle quali il conseguimento di piacere sul proprio genitale, senza il concorso di un altro genitale o oggetto, continua senza interruzione dall’onanismo del lattante fino all’inevitabile onanismo degli anni della pubertà, persistendo poi ancora per un tempo indeterminato. Il tema dell’onanismo, del resto, non è esauribile così in fretta: è una materia che esige di esser trattata da più di un punto di vista.575

Benché cerchi in tutti i modi di abbreviare ulteriormente il tema, devo dirvi ancora qualcosa sull’esplorazione sessuale dei bambini, poiché questa indagine è troppo caratteristica della sessualità infantile e troppo importante per la sintomatologia delle nevrosi.576 L’esplorazione sessuale infantile comincia molto presto, talvolta prima del terzo anno di vita. Essa non si riallaccia alla differenza tra i sessi,577 che non dice nulla al bambino, dato che egli – perlomeno il maschietto – attribuisce lo stesso genitale maschile a entrambi i sessi. Se poi il bambino fa la scoperta della vagina su una sorellina o una compagna di giochi, tenta dapprima di negare la testimonianza dei suoi sensi, poiché non può immaginarsi un essere umano simile a lui senza quella parte per lui così preziosa. Più tardi si spaventa di fronte alla possibilità che gli si prospetta, ed eventuali precedenti minacce fattegli perché si occupava troppo del suo piccolo membro giungono posticipatamente a effetto. Egli cade sotto il dominio del complesso di evirazione,578 la cui struttura ha una grande parte nella formazione del suo carattere se rimane sano, nella sua nevrosi se si ammala, e nelle sue resistenze se si sottopone a un trattamento analitico. Della bambina sappiamo che si ritiene gravemente svantaggiata per la mancanza di un pene grosso, visibile, ne invidia al maschio il possesso ed essenzialmente per questo motivo sviluppa il desiderio di essere un uomo, desiderio che verrà magari ripreso più tardi in una nevrosi che insorgerà se ella fallirà nel suo destino di donna. La clitoride della bambina svolge del resto, nell’età infantile, in tutto e per tutto il ruolo del pene, è la sede di una speciale eccitabilità, il punto in cui viene ottenuto il soddisfacimento autoerotico. Affinchè la bambina diventi donna è molto importante che la clitoride ceda tempestivamente e completamente questa sensibilità all’orifizio vaginale. Nei casi di cosiddetta anestesia sessuale delle donne, la clitoride ha conservato ostinatamente la sua sensibilità.

In un primo tempo l’interesse sessuale del bambino si rivolge piuttosto al problema di dove vengano i bambini579 problema che sta alla base della domanda posta dalla sfinge tebana – e che viene perlopiù risvegliato dal timore egoistico che sorge al momento dell’arrivo di un nuovo bambino. La risposta che i grandi tengono pronta, che è la cicogna a portare i bambini [vedi lez. 10, in OSF, vol. 8], incontra incredulità molto più spesso di quanto pensiamo, già in bambini piccoli. La sensazione di essere ingannati dagli adulti sulla verità contribuisce notevolmente all’isolamento del bambino e allo sviluppo della sua indipendenza. Ma il bambino non è in grado di risolvere questo problema con i propri mezzi. La sua costituzione sessuale non sviluppata pone limiti precisi alle sue possibilità di conoscenza. All’inizio suppone che i bambini nascano perché si prende qualcosa di speciale nel cibo e non sa nulla del fatto che solo le donne possono avere bambini. Più tardi apprende questa restrizione e rinuncia a far derivare il bambino dal cibo, pur continuando la teoria a persistere nelle favole. Crescendo il bambino si accorge ben presto che il padre deve avere qualche parte nella venuta dei bambini, ma non può indovinare quale. Se per caso diventa testimone di un atto sessuale, vi scorge un tentativo di sopraffazione, una zuffa: ecco qui il fraintendimento del coito come un atto sadico. Ma dapprima non mette in connessione questo atto col sopravvenire del bambino. Anche se scopre tracce di sangue nel letto e nella biancheria della madre, le interpreta come prova di una ferita arrecatale dal padre. Più in là ancora nell’infanzia, sospetta che il membro genitale dell’uomo abbia una parte essenziale nell’origine del bambino, ma non è capace di attribuire a questa parte del corpo alcuna altra funzione tranne quella della minzione.

Sin dagli inizi i bambini sono concordi sul fatto che la nascita del piccolo debba avvenire attraverso l’intestino, che costui quindi venga alla luce come una massa fecale. Solo in seguito alla svalutazione di tutti gli interessi anali questa teoria viene abbandonata e sostituita con l’ipotesi che l’ombelico si apra o che il luogo in cui avviene la nascita sia la regione del petto tra le due mammelle. Questo è il modo in cui il bambino, nella sua esplorazione, si avvicina alla conoscenza dei fatti sessuali oppure, smarrito dalla sua ignoranza vi passa accanto, finché riceve, perlopiù negli anni precedenti la pubertà, una spiegazione solitamente incompleta e svalutativa, spiegazione che sovente produce effetti traumatici.

Avrete certamente sentito dire, signori, che il concetto di ciò che è sessuale subisce in psicoanalisi un ampliamento indecente, e ciò nell’intento di accreditare le tesi dell’etiologia sessuale delle nevrosi e del significato sessuale dei sintomi. Potete ora giudicare voi stessi se questo ampliamento è ingiustificato. Abbiamo esteso il concetto di sessualità solo fino al punto da potervi inserire la vita sessuale dei pervertiti e dei bambini. Gli abbiamo, in altri termini, restituito la sua giusta estensione. Ciò che al di fuori della psicoanalisi viene chiamato sessualità si riferisce soltanto a una vita sessuale limitata, che è posta al servizio della riproduzione ed è descritta come normale.

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