In una lettera del 17 ottobre 1909 Freud scrive a Jung di aver avuto, poco dopo il ritorno dagli Stati Uniti (vedi l’Avvertenza editoriale a Cinque conferenze sulla psicoanalisi, in OSF, vol. 6), una intuizione: “Il mistero del carattere di Leonardo da Vinci mi è divenuto improvvisamente trasparente.” Gli pare che con ciò venga fatto un primo passo nel senso di una utilizzazione della psicoanalisi per la ricerca biografica. Aggiunge tuttavia che, poiché le notizie riguardanti Leonardo sono tanto scarse, gli sarà molto difficile rendere accettabile agli altri la propria interpretazione. Conclude dicendo di attendere con ansia un libro ordinato in Italia (N. Smiraglia Scognamiglio, Ricerche e documenti sulla giovinezza di Leonardo da Vinci (1452-1482), Napoli 1900). Intanto anticipa a Jung “il segreto”. Si tratta essenzialmente della situazione già accennata nel lavoro sulle Teorie sessuali dei bambini (in OSF, vol. 5), relativamente alla influenza che l’insuccesso della investigazione sessuale infantile può esercitare sul futuro comportamento dell’adulto.
Il 10 novembre Freud scrive a Ferenczi esponendogli più estesamente il proprio pensiero, e il 1° dicembre tiene sull’argomento una relazione alla Società psicoanalitica di Vienna.
Il problema di Leonardo occupa così intensamente Freud in questo periodo, da fargli rallentare il lavoro di stesura delle Cinque conferenze di Worcester. Nei primi mesi del 1910 il presente lavoro viene completato. Il 15 aprile Freud scrive a Jones che esso è pronto e il 22 maggio gli conferma che uscirà alla fine del mese.
Il libretto, col titolo Eine Kindheitserinnerung des Leonardo da Vinci, fu pubblicato nella collana “Schriften zur angewandten Seelenkunde” (Scritti di psicologia applicata), n. 7, presso l’editore Deuticke (Lipsia e Vienna), pagine 71. Una seconda e una terza edizione, entrambe con aggiunte, furono pubblicate rispettivamente nel 1919 e nel 1923 presso lo stesso editore. L’opera fu riprodotta in Gesammelte Schriften, vol. 9 (1925), pp. 371-454, e in Gesammelte Werke, vol. 8 (1943), pp. 128-211.
Traduzione di Ezio Luserna. Viene data dapprima l’opera secondo la prima edizione del 1910; le annotazioni aggiunte da Freud alla seconda (1919) e terza edizione (1923) vengono riportate in Appendice, per non appesantire eccessivamente il testo con note molto lunghe e arricchite talora da figure.
L’idea originaria di Freud riguardava il tipo di curiosità scientifica di Leonardo e l’influenza da essa esercitata sulla sua attività artistica, e anche sul futuro destino delle sue opere pittoriche, così come il problema è trattato nel paragrafo 1 del lavoro. Ma la indicazione di un primo confuso ricordo infantile di Leonardo trovata – oltre che in altri scritti su Leonardo – nella stessa Scognamiglio, oltre a determinare il titolo dell’opera, ha consentito a Freud di procedere nella ricostruzione della personalità di Leonardo al modo che gli era abituale con i propri pazienti in analisi: e cioè procedendo dai più remoti ricordi e fantasie infantili.
Nella utilizzazione di questo ricordo d’infanzia, accadde tuttavia a Freud un infortunio, dovuto al fatto di essersi attenuto per il racconto di Leonardo alla traduzione tedesca di Marie Herzfeld (Leonardo da Vinci, der Denker, Forscher und Poet: nach den veröffentlichten Handschriften, 2a ed., Jena 1906), la quale contiene, come è più avanti esposto nella nota 283 due errori di traduzione. Soprattutto fuorviante fu l’errore commesso dalla Herzfeld col tradurre il nibbio, di cui parla Leonardo, col vocabolo tedesco Geier, che significa avvoltoio. Analogo errore era contenuto nella traduzione tedesca del libro di Merežkovskij su Leonardo, libro che Freud conosceva benissimo ed apprezzava, tanto da indicarlo nel 1907, nella sua Risposta a un questionario sulla lettura e sui buoni libri all’inchiesta dell’editore Heller, come uno dei dieci migliori libri esistenti (vedi in OSF, vol. 5). Lo scambio del nibbio con l’avvoltoio condusse Freud a una serie di considerazioni accentrate sulla parte che l’avvoltoio ha in raffigurazioni e credenze dell’antico Egitto. Esse sono contenute nell’ultima parte del paragrafo 2 e all’inizio del paragrafo 3, e debbono ovviamente esser lasciate cadere in quanto fondate su un errore di fatto. Questo non pregiudica la validità della maggior parte delle considerazioni svolte da Freud a partire dal ricordo, o fantasia, del nibbio: considerazioni che sono legittimate dalla esperienza psicoanalitica riguardante la frequente figura della madre fallica e le conseguenze di tale figura sullo sviluppo della sessualità.
Sui caratteri della vita sessuale di Leonardo, e in ispecie sui tratti di omosessualità in lui rilevanti, Freud si era soffermato fin dal 1898. Nella lettera del 9 ottobre di quell’anno, egli aveva infatti segnalato a Fliess il “mancinismo” di Leonardo, in relazione a certe teorie dello stesso Fliess sulla omosessualità.
Freud utilizza per le sue considerazioni sull’infanzia di Leonardo anche il quadro Sant’Anna, la Vergine e il Bambino che si trova al Louvre. Tanto Jung quanto Pfister, nell’osservare, dopo la lettura del saggio di Freud, la riproduzione di questo quadro, ravvisarono negli elementi figurali in esso contenuti il disegno di un avvoltoio (lettera di Jung a Freud del 17 giugno 1910), come se nel quadro Leonardo inconsapevolmente avesse inserito una allusione al già accennato ricordo d’infanzia. Pfister andò più in là, e nel saggio Kryptolalie, Kryptographie und unbewusstes Vexierbild bei Normalen (Criptolalia, criptografia e inconscio disegno a sorpresa nel normale), pubblicato in “Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschungen”, vol. 5, 147 sgg. (1913), sostenne che questo supposto avvoltoio ha una posizione del tutto corrispondente a quella assunta nel sogno di Leonardo, e cioè volge la coda verso la bocca del bambino. Freud nella 2a edizione (1919) ha riferito le osservazioni di Pfister, pur accompagnandole con molte riserve.
Nella 2a edizione Freud riprende pure – per la comprensione dei sentimenti infantili di Leonardo verso la madre Caterina e verso la matrigna che lo aveva allevato dopo i cinque anni – la considerazione della strana posizione delle due figure femminili in questo quadro; e nella 3a edizione (1923) confronta anche questa disposizione con quella del “cartone per la Sant’Anna” conservato a Londra, dove al posto dell’agnello c’è la figura del piccolo Giovanni, e le due figure femminili sono ancora più fuse fra loro.
Nella 2a edizione Freud cita anche le osservazioni che – in appoggio alla tesi delle forti rimozioni agenti in Leonardo per la sessualità in genere, e per la costituzione femminile in ispecie – Rudolf Reitler, un medico appartenente alla Società psicoanalitica di Vienna, aveva svolto in Eine anatomisch-künstlerische Fehlleistung Leonardos da Vinci (Un atto mancato anatomo-artistico di Leonardo da Vinci), “Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse”, vol. 4, 205 (1917), fondandosi sopra un disegno di Leonardo che raffigura, in sezione sagittale, il coito di una coppia in piedi. Il disegno utilizzato da Reitler (e riprodotto anche da Freud) è tratto da un’opera di E. Fuchs. Risulta tuttavia che esso non corrisponde affatto alla figura originale di Leonardo, ma è il risultato di una serie di successive copie che hanno falsato completamente l’immagine primitiva. Pertanto le osservazioni di Reitler, riportate da Freud, su una ignoranza anatomo-sessuale di Leonardo, sono prive di fondamento.
Questi incidenti occorsi a Freud e ai suoi collaboratori entusiasti, e soprattutto l’abbaglio preso scambiando il nibbio di cui parla Leonardo per un avvoltoio (un fatto imbarazzante, come si è espresso Strachey, vedi E. Jones, Vita e opere di Freud, Il Saggiatore, Milano 1962, vol. 2, p. 422) non contribuirono certo a far accettare, fuori dalla cerchia degli psicoanalisti, il saggio di Freud.
Anche a prescindere dagli infortuni citati, le indagini di questa specie – queste patografie, secondo l’espressione di Freud – sono perlopiù respinte dalla generalità dei lettori; giacché – come lo stesso Freud diffusamente illustra all’inizio del paragrafo 6 – chi ha interesse e ammirazione per un grande uomo tende a idealizzarne la figura e non tollera quindi che siano in lui rilevati elementi suscettibili di venir considerati residui di debolezze o di imperfezioni umane.
Quanto alla validità e alla sicurezza, attribuite da Freud alle proprie interpretazioni, si può citare quanto egli scrisse qualche anno più tardi (7 novembre 1914) al pittore Hermann Struck. Dopo aver accennato agli elementi meno facilmente accettabili “da chi non abbia molta familiarità con le vie contorte della psicoanalisi”, aggiunge a proposito di questo libro: “Del resto è per metà una composizione romanzesca. Non vorrei che lei giudicasse la sicurezza delle altre nostre scoperte su questo modello.”
E pure qui nel paragrafo 6 afferma: “Se la mia opera desterà, anche tra gli amici e conoscitori della psicoanalisi, l’impressione che ho semplicemente scritto un romanzo psicoanalitico, risponderò che io stesso non esagero la certezza dei miei risultati.” È circa la stessa espressione che egli impiegherà a proposito delle sue ricostruzioni antropologiche in Totem e tabù.
È inevitabile che la applicazione dei punti di vista della psicoanalisi in condizioni del tutto diverse da quella della situazione analitica (dove il paziente reagisce continuamente ad ogni interpretazione recando nuovo materiale associativo e nuove traslazioni) rimanga in gran parte affidata alla sola capacità intuitiva dell’analista, e assuma quindi il carattere di un prodotto della sua fantasia.
A prescindere dalla ricostruzione della vita di Leonardo e dello sviluppo della sua specifica personalità, il presente saggio contiene una serie di considerazioni e di rilievi che ne fanno un’opera assai importante per la psicoanalisi.
Oltre all’accennato problema delle conseguenze di un esclusivo rapporto con la madre per assenza del padre nei primi anni di vita, possiamo sottolineare quello del tutto generale del vario destino delle pulsioni erotiche originariamente rivolte alla figura materna, per fissazione, rimozione e sublimazione, come pure il significato di un’identificazione col padre nell’atteggiamento che verrà assunto verso i frutti della propria attività produttiva (le proprie creature) o quello della ipercompensazione degli elementi sadici convertiti in sentimenti di pietà (zoofilia).
I testi di Leonardo sono da noi citati secondo le lezioni seguenti, in ordine di preferenza:
Marinoni: “Tutti gli scritti di Leonardo da Vinci”, a cura di Augusto Marinoni, di cui è uscito soltanto il vol. 1: Scritti letterari (Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1952).
Fumagalli: Leonardo omo senza lettere, a cura di Giuseppina Fumagalli (Sansoni, Firenze 1939).
Richter: The Literary Works of Leonardo da Vinci, a cura di J. P. Richter, 2 voll. (Londra 1883; 2a ed. Oxford 1939).
L’indicazione del manoscritto leonardesco viene data con la sigla abituale (vedi la tavola in Marinoni, p. 245).