Modi tipici di ammalarsi nervosamente

Sulla base di impressioni ricavate per via empirica vorremmo esporre qui di seguito quali sono i mutamenti di condizioni che determinano la comparsa di una malattia nevrotica in soggetti che vi sono predisposti. Si tratta dunque del problema delle cause determinanti di una malattia, mentre ben poco avremo da dire sulle sue forme. Rispetto ad altre discussioni sui fattori che determinano le nevrosi questa si differenzierà per un solo carattere, per il fatto cioè di attribuire tutte le modificazioni che si possono enumerare, alla libido dell’individuo. Attraverso la psicoanalisi abbiamo infatti riconosciuto che i destini della libido sono decisivi per la salute o per la malattia nervosa. Non ci sembra che d’altra parte valga la pena di parlare del concetto di disposizione in questo contesto.694 Proprio l’indagine psicoanalitica ci ha permesso di rintracciare la disposizione nevrotica nella storia evolutiva della libido e di ricondurre i fattori che operano in essa alle varietà congenite della costituzione sessuale, oltreché agli influssi del mondo esterno subìti nella piccola infanzia.

a) La causa occasionale più immediata, più facile da rintracciare e meglio comprensibile dell’insorgere di una nevrosi sta in quel fattore esterno che può essere genericamente definito frustrazione. L’individuo era sano fintantoché il suo bisogno d’amore veniva soddisfatto da un oggetto reale del mondo esterno; diventa nevrotico appena questo oggetto gli viene sottratto senza che se ne trovi un sostituto. La felicità coincide qui con la salute, l’infelicità con la nevrosi. Più facilmente che il medico, la guarigione potrà darla il destino,695 attraverso l’offerta di un surrogato alla perduta possibilità di soddisfacimento.

Per questo tipo, dunque, al quale appartiene di certo la maggioranza degli uomini, la possibilità di malattia comincia soltanto con l’astinenza, dal che si può valutare quanta importanza possano avere per la causazione delle nevrosi le limitazioni imposte dalla civiltà alle possibilità concrete di soddisfacimento. La frustrazione ha un effetto patogeno poiché accumula la libido e mette dunque alla prova l’individuo per saggiare fino a che punto sopporterà questo accrescimento della tensione psichica e quali vie prenderà per disfarsene. Esistono soltanto due possibilità per conservarsi sani nel caso di una persistente ed effettiva frustrazione del soddisfacimento: la prima consiste nel trasformare la tensione psichica in energia attiva che continuando a rivolgersi al mondo esterno gli carpisca alla fine un soddisfacimento reale della libido; la seconda nel rinunciare al soddisfacimento libidico, sublimando la libido accumulata e utilizzandola per il raggiungimento di mete che non sono più erotiche e che sfuggono alla frustrazione. Il fatto che entrambe le possibilità si attuino nel destino degli uomini ci dimostra che l’infelicità non coincide con la nevrosi e che la frustrazione non decide da sola sulla salute o sulla malattia dei soggetti colpiti. L’effetto della frustrazione consiste in primo luogo nel rendere efficaci i fattori predisponenti, e sino a quel momento inoperanti.

Là dove questi sono presenti in un’organizzazione sufficientemente robusta, sussiste il pericolo che la libido venga “introvertita”.696 La libido si distacca dalla realtà, che ha perduto valore per l’individuo, a causa dell’ostinata frustrazione che da essa gli deriva, e si rivolge alla vita fantastica nella quale crea nuove formazioni di desiderio e ravviva le tracce di formazioni precedenti, di cui si è perso il ricordo. Per l’intimo rapporto tra l’attività fantastica e il materiale infantile, rimosso e divenuto inconscio, presente in ogni individuo, e grazie alla posizione eccezionale concessa alla vita fantastica rispetto all’esame di realtà,697 la libido può ora spostarsi sempre più indietro, e sulla via della regressione scoprire piste infantili e perseguire mete ad esse confacenti. Quando queste aspirazioni, incompatibili con lo stato attuale dell’individuo, hanno raggiunto una sufficiente energia, si giunge necessariamente a un conflitto fra esse e l’altra parte della personalità, che è rimasta in relazione con la vita reale. Questo conflitto viene risolto mediante formazioni sintomatiche e si conclude col manifestarsi della malattia. Il fatto che l’intero processo abbia preso le mosse dalla frustrazione nel mondo reale si rispecchia nel risultato: i sintomi con i quali viene di nuovo raggiunto il terreno della realtà rappresentano soddisfacimenti sostitutivi.

b) Il secondo tipo di causa di malattia non è affatto così appariscente come il primo e in realtà poté essere scoperto soltanto attraverso approfonditi studi analitici, connessi con la teoria dei complessi della scuola zurighese.698 In questo caso l’individuo non si ammala in seguito a una modificazione nel mondo esterno per cui in luogo del soddisfacimento si è avuta la frustrazione, ma in seguito a uno sforzo interiore per procurarsi il soddisfacimento accessibile nella realtà. Nel tentativo di adattarsi alla realtà, di adempiere alle richieste della realtà, urta contro insuperabili difficoltà interne e perciò si ammala.

È opportuno distinguere nettamente i due modi tipici di ammalarsi, più nettamente di quanto consenta di solito l’osservazione. Nel primo modo risalta una modificazione nel mondo esterno, nel secondo l’accento cade su una modificazione interiore. Nel primo tipo ci si ammala per un’esperienza, nel secondo per un processo evolutivo. Nel primo caso è posto il problema di rinunciare a un soddisfacimento e l’individuo si ammala per la sua incapacità di resistenza; nel secondo caso si tratta di scambiare un tipo di soddisfacimento con un altro e la persona fallisce per la propria rigidità. Nel secondo caso il conflitto tra l’aspirazione a rimanere così come si è e quella a modificarsi secondo nuovi intenti e nuove esigenze della realtà, è dato a priori; nel caso precedente il conflitto si stabilisce soltanto dopo che la libido accumulata ha scelto possibilità di soddisfacimento diverse, e precisamente incompatibili. La funzione del conflitto e della fissazione libidica che lo precede è senza confronto più appariscente nel secondo caso che nel primo, nel quale simili fissazioni inservibili possono se mai prodursi soltanto in seguito alla frustrazione esterna.

Un giovane che ha sinora soddisfatto la sua libido mediante fantasie che sboccano in atti masturbatori e che vuole ora scambiare questo regime, vicino all’autoerotismo, con la scelta d’oggetto reale; una ragazza che ha donato tutta la sua tenerezza al padre o al fratello e che adesso deve far diventare coscienti i suoi desideri libidici, sinora inconsci e incestuosi, a favore di un uomo che la chiede in sposa; una donna che vorrebbe rinunciare alle proprie tendenze poligamiche e a fantasie di prostituzione per diventare una fedele compagna per il marito e una madre irreprensibile per il proprio bambino: tutti costoro si ammalano per le aspirazioni più lodevoli se le fissazioni precedenti della loro libido sono abbastanza forti da opporsi a uno spostamento, e in questo caso tornano a essere decisivi i fattori della disposizione, la costituzione e l’esperienza infantile. Tutti esperimentano per così dire il destino dell’alberello nella favola dei Grimm, che voleva avere foglie diverse;699 dal punto di vista igienico, che in questo caso non è certo l’unico da considerare, non si potrebbe augurare loro che di continuare a rimanere così immaturi, così inferiori e inetti come erano prima della loro malattia. La modificazione cui anelano i malati, ma che raggiungono soltanto in modo incompleto, o addirittura non raggiungono affatto, ha regolarmente il valore di un progresso nel senso della vita reale. Non è così se si adotta un criterio di valutazione etica; si vedono gli uomini ammalarsi altrettanto spesso sia che depongano un ideale sia che vogliano raggiungerlo.

Nonostante le differenze molto nette fra i due modi tipici di ammalarsi ora descritti, essi coincidono tuttavia nell’essenziale, e si possono agevolmente considerare in modo unitario. La malattia per frustrazione può anche essere considerata come incapacità di adattamento alla realtà, particolarmente se la realtà frustra il soddisfacimento della libido. Quanto alla malattia nelle condizioni del secondo tipo, essa è senz’altro un caso particolare di frustrazione. Qui, a dire il vero, la realtà non frustra qualsiasi genere di soddisfacimento, ma proprio quello che l’individuo dichiara l’unico possibile per sé, e la frustrazione non deriva direttamente dal mondo esterno, bensì primariamente da certe tendenze dell’Io;700 essa però rimane l’elemento comune e più significativo. In seguito al conflitto, che nel secondo caso subentra immediatamente, entrambi i generi di soddisfacimento, quello abituale al pari di quello ambìto, vengono inibiti nella stessa misura; si giunge all’ingorgo della libido con le conseguenze che ne derivano, come nel primo caso. I processi psichici che portano alla formazione sintomatica sono riconoscibili prima nel secondo caso che nel primo, poiché non è necessario che si siano prodotte le fissazioni patogene della libido; esse erano già attive durante lo stato di salute. Una certa misura d’introversione della libido era perlopiù già presente; si risparmia un tratto della regressione verso l’infanzia, dato che l’evoluzione non aveva ancora percorso tutto il suo cammino.

c) Il modo tipico seguente, che voglio descrivere come malattia per inibizione di sviluppo, sembra un’esagerazione del secondo, ossia della malattia provocata dalle richieste della realtà. La loro distinzione non è richiesta da considerazioni teoriche ma pratiche, dal momento che qui si tratta di persone che si ammalano appena hanno oltrepassato l’irresponsabile età infantile e che quindi non hanno mai raggiunto una fase di salute, vale a dire una fase in cui le capacità di prestazione e di godimento sono nell’insieme illimitate. L’essenziale del processo predisponente è in questi casi manifesto. La libido non ha mai abbandonato le fissazioni infantili, le richieste della realtà non si pongono improvvisamente all’individuo, maturo in parte o totalmente, ma sorgono dal fatto stesso che egli cresce, e variano naturalmente di continuo in relazione all’età della persona. Il conflitto passa in secondo piano rispetto all’inadeguatezza di fondo; tuttavia in base a tutte le nostre esperienze dobbiamo postulare anche qui un’aspirazione a superare le fissazioni infantili, altrimenti l’esito del processo non potrebbe mai essere una nevrosi bensì soltanto un infantilismo permanente.

d) Come il terzo modo tipico ci ha presentato quasi isolata la condizione predisponente, così il quarto tipo che ora segue indirizza la nostra attenzione su un altro fattore la cui efficacia interviene in tutti i casi e che proprio per questo potrebbe facilmente sfuggire a una trattazione teorica. Vediamo infatti ammalarsi individui che erano stati sani fino a quel momento, che non si sono trovati di fronte ad alcuna esperienza nuova, la cui relazione con il mondo esterno non ha subìto alcuna modificazione, per cui la loro malattia dà necessariamente l’impressione della spontaneità. Un’osservazione più accurata di tali casi ci mostra tuttavia che anche in essi si è verificata una modificazione, che dobbiamo considerare altamente significativa per l’origine della malattia. Raggiunto un certo periodo della vita, e in connessione con i processi biologici normali, la quantità di libido ha subìto nella propria economia psichica un incremento che di per sé basta ad alterare l’equilibrio della salute e a stabilire le condizioni della nevrosi. Come è noto, tali incrementi di libido piuttosto repentini sono normalmente collegati con la pubertà e con la menopausa, epoche in cui le donne raggiungono una determinata età; in alcune persone essi possono inoltre manifestarsi secondo periodicità ancora sconosciute. In questi casi l’ingorgo della libido è il fattore primario e diventa patogeno in seguito a una frustrazione relativa da parte del mondo esterno, che avrebbe ancora concesso soddisfacimento a una esigenza libidica minore. La libido insoddisfatta e accumulata può nuovamente aprire le vie alla regressione e ravvivare i medesimi conflitti che abbiamo accertato nel caso della frustrazione esterna assoluta. Siamo in questo modo ammoniti a non trascurare mai nella riflessione sulla causa della malattia il momento quantitativo. Tutti gli altri fattori, la frustrazione, la fissazione, l’inibizione di sviluppo, rimangono inefficaci, se non interessano una certa quantità di libido e non ne provocano un ingorgo di determinata ampiezza. È vero che non siamo in grado di misurare questa quantità di libido che ci sembra indispensabile per un effetto patogeno; possiamo soltanto postulare la sua presenza dopo che è subentrata la malattia. Soltanto in una direzione ci è concesso definirla più esattamente: possiamo supporre che non si tratti di una quantità assoluta, bensì del rapporto tra l’ammontare di libido capace di produrre effetti e quella quantità di libido che il singolo Io è in grado di dominare, vale a dire di mantenere in tensione, di sublimare o di utilizzare direttamente. Quindi un incremento relativo della quantità di libido potrà avere gli stessi effetti di un incremento assoluto. Un indebolimento dell’Io per malattia organica o perché le sue energie sono particolarmente assorbite da qualcosa sarà in grado di provocare la comparsa di nevrosi che altrimenti sarebbero rimaste latenti nonostante ogni disposizione.

L’importanza che dobbiamo attribuire alla quantità di libido nel dare origine alla malattia si accorda in maniera soddisfacente con due tesi fondamentali della teoria delle nevrosi, emerse dalla psicoanalisi. In primo luogo con la tesi secondo la quale le nevrosi scaturiscono dal conflitto tra l’Io e la libido, in secondo luogo con quella per cui non esiste alcuna differenza qualitativa tra le condizioni della salute e quelle della nevrosi, ma che anzi le persone sane si sono trovate di fronte allo stesso compito di padroneggiare la propria libido, con la sola differenza che ci sono riuscite meglio di quelle malate.

Resta ancora da dire qualche parola sul rapporto di questi modi tipici di ammalarsi con l’esperienza. Se passo in rassegna i numerosi pazienti, della cui analisi mi sto appunto occupando, devo costatare che in nessuno di essi si realizza in forma pura uno dei quattro modi tipici di ammalarsi. Trovo piuttosto che è attiva in ognuno una parte di frustrazione accanto a una parte d’incapacità ad adattarsi alle richieste della realtà; il punto di vista dell’inibizione di sviluppo – che coincide di fatto con la rigidità delle fissazioni – va valutato in tutti i casi e, com’è detto sopra, l’importanza della quantità di libido non deve mai essere trascurata. Certo, costato che in parecchi di questi malati la malattia è comparsa ad accessi, tra i quali vi erano intervalli di salute, e che ciascuno di questi accessi è riconducibile a un tipo diverso di causa. L’enunciazione di questi quattro modi tipici non ha dunque un alto valore teorico;701 si tratta unicamente di diverse vie per produrre una determinata costellazione patogena nell’economia psichica, vale a dire l’ingorgo della libido, dal quale l’Io non riesce a difendersi con i propri mezzi senza subire danno. Ma la situazione in sé diventa patogena soltanto in seguito a un fattore quantitativo; né essa si produce come una novità per la vita psichica, né è stata creata dall’improvvisa comparsa di una cosiddetta “causa di malattia”.

Ai modi tipici di ammalarsi concederemo volentieri una certa importanza pratica. In singoli casi sono osservabili anche in forma pura; non avremmo prestato attenzione al terzo e al quarto di essi, se per taluni individui non costituissero le uniche cause di malattia. Il primo tipo ci pone sotto gli occhi l’influsso straordinariamente potente del mondo esterno, il secondo quello non meno significativo dell’indole individuale, che si oppone a quell’influsso. La patologia non poteva rendere giustizia al problema delle cause di malattia nelle nevrosi fintantoché si sforzava unicamente di stabilire se queste affezioni fossero di natura endogena o esogena. A tutte le esperienze che testimoniavano l’importanza dell’astinenza (intesa nel senso più lato) come causa occasionale delle nevrosi essa doveva sempre contrapporre l’obiezione secondo cui altre persone sopportano le stesse vicissitudini senza ammalarsi. Se invece voleva mettere in rilievo l’indole dell’individuo come fattore essenziale di malattia e salute, doveva accettare l’osservazione che persone dotate di una certa indole possono conservarsi sane indefinitamente, fin quando appunto è loro consentito di conservare quella determinata indole. La psicoanalisi ci ha invitato a rinunciare alla sterile contrapposizione tra fattori esterni e interni, tra destino e costituzione,702 e ci ha insegnato a trovare regolarmente la causa della malattia nevrotica in una situazione psichica determinata, che può prodursi in diversi modi.

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