Sappiamo per esperienza che i desideri costano poco; per questo ci facciamo dono l’un l’altro con prodigalità dei più caldi e migliori auspici, primo fra tutti quello di lunga vita. La duplice valenza di questo desiderio è messa in luce da un noto aneddoto orientale. Il sultano si è fatto fare l’oroscopo da due saggi. “Sarai felice, o signore – dice uno di essi – è scritto nelle stelle che vedrai morire tutti i tuoi congiunti.” Il veggente è mandato a morte. “Sarai felice – dice anche l’altro – giacché leggo nelle stelle che sopravviverai a tutti i tuoi congiunti”; costui viene premiato generosamente. Entrambi avevano dato espressione all’appagamento del medesimo desiderio.
Nel gennaio 1926 mi è toccato scrivere il necrologio del nostro indimenticabile amico Karl Abraham.273 Pochi anni prima avevo scritto un saluto per il cinquantesimo compleanno di Sándor Ferenczi.274 Oggi, a distanza di neppure dieci anni, costato con dolore di essere sopravvissuto anche a lui. In quello scritto per il suo compleanno ho potuto lodare pubblicamente la sua versatilità e originalità, nonché la ricchezza del suo talento; la discrezione che si richiede a un amico mi impedì di parlare della sua amabilità e cordialità umana, e della sua personalità aperta ad ogni cosa di qualche valore.
Da quando fu condotto a me dall’interesse per la psicoanalisi, che era ancora agli albori, Ferenczi e io abbiamo condiviso moltissime cose. Lo invitai ad accompagnarmi a Worcester, nel Massachusetts, nel 1909, allorché fui chiamato a tenere in quella città una serie di conferenze per una settimana celebrativa. Una mattina, prima che scoccasse l’ora della mia conferenza, passeggiando con lui davanti all’edificio dell’Università, lo invitai a proporre gli argomenti su cui in quel giorno avrei dovuto parlare; egli mi fece uno schema, e io lo sviluppai mezz’ora dopo, improvvisando. In tal modo egli partecipò alla genesi delle mie Cinque conferenze.275
Di lì a breve, durante il congresso di Norimberga del 1910, gli proposi di organizzare gli analisti in una Associazione internazionale, in base a un progetto che avevamo concepito insieme. Con qualche lieve modifica la nostra idea fu accettata, e l’Associazione esiste ancora oggi. Per parecchi anni consecutivi, trascorremmo insieme in Italia le vacanze autunnali, e più di uno scritto, in seguito entrato nella letteratura psicoanalitica con il suo o con il mio nome, prese colà, nelle nostre conversazioni, la sua prima forma.
Quando scoppiò la guerra mondiale, che mise fine alla nostra libertà di movimento, paralizzando anche la nostra attività analitica, Ferenczi approfittò della pausa per iniziare la sua analisi con me; l’analisi fu interrotta quando egli fu chiamato in servizio militare attivo, ma in seguito poté essere ripresa. Il sentimento di un sicuro attaccamento reciproco, che traeva origine dalle numerosissime esperienze che avevamo condiviso, non fu turbato neppure dal legame che, ahimè piuttosto tardi nella vita, egli stabilì con l’ottima signora che divenne poi sua moglie, e che oggi, rimasta vedova, piange la sua scomparsa.
Dieci anni fa, quando la “Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse” dedicò un fascicolo speciale al cinquantesimo compleanno di Ferenczi, erano già stati pubblicati quasi tutti i lavori grazie ai quali ogni analista può dirsi suo allievo. Ma Ferenczi non ci aveva ancora dato la sua opera più brillante e intellettualmente più ricca. Di ciò io ero al corrente, e nella frase conclusiva del mio scritto lo esortai a farcene dono.276 Nel 1924 è apparso il suo libro Versuch einer Genitaltheorie.277 È un piccolo libro, uno studio più biologico che psicoanalitico, un’applicazione dei punti di vista e degli orientamenti psicoanalitici alla biologia dei processi sessuali e, al di là di questi, alla vita organica in genere, forse la più audace applicazione dell’analisi che mai sia stata tentata.
Il filo conduttore è l’insistenza sulla natura conservatrice delle pulsioni, le quali mirano a ripristinare ogni situazione che sia stata abbandonata a causa di un’interferenza esterna. I simboli sono concepiti come testimonianze di nessi antichi, esempi impressionanti vengono addotti per dimostrare come le peculiarità dello psichico conservino le tracce di antichissime alterazioni della sostanza corporea. Dopo aver letto questo scritto, si ha l’impressione di comprendere molte particolarità della vita sessuale che mai, prima, si sarebbero potute abbracciare in una visione d’insieme, e ci si sente più ricchi di intuizioni che promettono una penetrazione profonda in vaste sfere della biologia. È vano il tentativo di sceverare già oggi le cognizioni che possono essere accettate come degne di fede dalle intuizioni che, alla stregua di fantasie scientifiche, cercano di divinare le conoscenze dei tempi avvenire. Riponiamo il piccolo libro pensando: è quasi troppo in una volta sola, lo rileggerò fra un po’ di tempo. E questo non è capitato soltanto a me. È probabile che assisteremo davvero, in futuro, all’avvento della “bioanalisi” preconizzata da Ferenczi, e allora si dovrà tornare al Versuch einer Genitaltheorie.
Dopo aver raggiunto questo vertice creativo, il nostro amico cominciò il suo lento distacco da noi. Di ritorno da un soggiorno professionale in America, sembrò ritirarsi sempre più in un lavoro solitario, proprio lui che in passato aveva partecipato sempre con grandissima vivacità a tutto ciò che accadeva nei circoli analitici. Venimmo a sapere che il suo interesse era assorbito da un solo e unico problema. L’esigenza di guarire e di soccorrere era diventata in lui predominante. È probabile che si fosse prefisso delle mete che con i nostri attuali metodi terapeutici non possono comunque essere raggiunte. Era nata in lui la convinzione, che traeva origine da fonti affettive inestinguibili, che per i malati si poteva fare assai di più purché l’amore cui avevano anelato da bambini fosse ad essi dispensato in misura sufficiente. Egli intendeva scoprire come ciò potesse essere attuato nell’ambito della situazione analitica; e, in attesa di venire a capo di questo problema, si tenne in disparte, non essendo più sicuro, forse, di andar d’accordo con gli amici di un tempo. Dovunque lo avesse portato la via che aveva imboccato, mai, comunque, egli avrebbe potuto percorrerla fino in fondo. A poco a poco si manifestarono chiaramente i segni del grave processo distruttivo organico che con ogni probabilità già da anni aveva proiettato un’ombra sulla sua esistenza. Aveva un’anemia perniciosa, alla quale soccombette poco prima di compiere il sessantesimo anno di età. Non è pensabile che nella storia della nostra scienza il nome di Ferenczi possa mai essere dimenticato.
Maggio 1933