Nel giugno del 1906 C. G. Jung, che da qualche mese era in corrispondenza regolare con Freud, gli segnalò una novella, pubblicata nel 1903 dal romanziere tedesco Wilhelm Jensen (nato nello Holstein nel 1837, morto nel 1911), Gradiva, ein pompejanisches Phantasiestück (Gradiva, fantasia pompeiana), che gli sembrava particolarmente interessante da un punto di vista psicoanalitico.
Di fatti la novella narra la storia di un individuo dalla mente conturbata, che per l’azione psicologica su di lui esercitata da una ragazza rinsavisce e si normalizza. I disturbi del protagonista, la loro origine chiaramente collegata a una rimozione della sessualità, i sogni che egli fa, e le trasformazioni che attraverso i colloqui con la fanciulla subisce, sembravano vicende ideate da chi avesse una assai precisa conoscenza dei punti di vista di Freud.
Jensen, interpellato quell’anno stesso da Jung e l’anno successivo da Freud, negò invece in modo assoluto di conoscere la dottrina psicoanalitica e affermò che la novella era un puro prodotto della sua fantasia.
Sulla novella di Jensen Freud compose il presente studio nell’estate 1906, durante la villeggiatura estiva a Lavarone in Trentino.
Il saggio fu pubblicato, col titolo Der Wahn und die Träume in Wilhelm Jensens “Gradiva”, come N. 1 della collana “Schriften zur angewandten Seelenkunde” dell’editore Hugo Heller (Lipsia e Vienna 1907); al fondo del volume vi era il Prospetto per la collana riportato più avanti (qui). Cambiato l’editore della collana, il saggio ricevette una nuova copertina con l’indicazione: Franz Deuticke, Lipsia e Vienna 1908. Quest’ultimo editore ne fece una seconda edizione, con una Postilla, nel 1912 e una terza nel 1924. Fu poi riprodotto in Gesammelte Schriften, vol. 9 (1925) pp. 273-367, e in Gesammelte Werke, vol. 7 (1941) pp. 31-125.
La prima traduzione italiana fu di Gustavo de Benedicty (Biblioteca psicoanalitica italiana, N. 7, Napoli 1923). Una nuova traduzione di C. L. Musatti (accompagnata al testo della novella di Jensen e a un’Introduzione e un Commento dello stesso Musatti) apparve in un volume col titolo Gradiva (Boringhieri, Torino 1961).259 Il lavoro di Freud è qui riportato nella stessa traduzione di Musatti.
Freud si interessò in modo assai vivo alla storia della Gradiva, anche perché in essa (che si svolge fondamentalmente a Pompei e che ha come protagonista un archeologo) è illustrato il parallelismo fra l’attività dell’archeologia e la ricerca psicologica in profondità di ricordi sepolti, analogia che pienamente si adattava alla dottrina psicoanalitica. Il destino di Pompei, come dice Freud (qui, cap. 2), di città sepolta e preservata dalla distruzione proprio perché sepolta, è identico al destino del materiale psichico rimosso, che persiste inalterato in quanto è sepolto nell’inconscio.
Freud ha trattato la vicenda della Gradiva come un caso clinico riguardante il protagonista Norbert Hanold, e cioè proprio come se il racconto narrasse un caso reale. Il problema di come sia stato possibile che un prodotto della fantasia riproducesse i caratteri di una storia clinica reale, e questo senza che l’autore consapevolmente si fosse proposto di illustrare alcuna teoria psicologica, è invece rimasto un po’ nell’ombra. Questo quesito conduceva infatti direttamente a un’analisi dei fattori personali inconsci agenti nell’autore.
Freud tentò di avere qualche indicazione autobiografica dallo stesso Jensen, ma si astenne per discrezione dall’utilizzare le tre lettere del 13 maggio, del 23 maggio e del 24 dicembre 1907 da lui ricevute, di cui diede soltanto comunicazione ai colleghi del suo gruppo, e che furono pubblicate molto più tardi nella rivista “Die psychoanalytische Bewegung”, vol. 1, 207-11 (1929).260 Si limitò invece nella Postilla del 1912 – scritta dopo la morte di Jensen (1911) – ad accennare a due altre novelle di Jensen, pure segnalategli da Jung, le quali contengono elementi simili a quelli presenti nella Gradiva261 e lasciano intravvedere, per la personalità dell’autore, le stesse situazioni conflittuali inconsce.
Alcune ipotesi relativamente a queste situazioni inconsce e agli episodi della vita infantile di Jensen che le possono aver provocate furono formulate da Freud nella seduta dell’11 dicembre 1907 della Società psicologica del Mercoledì (poi Società psicoanalitica di Vienna), in occasione della discussione sulla relazione di Max Graf sulla Metodologia della psicologia dei poeti.262
Il ritegno di Freud ad approfondire l’analisi di questi elementi e a rendere pubbliche le poche ipotesi formulate nella citata seduta della Società del Mercoledì può essere messo in relazione con le difficoltà che egli stesso aveva avuto di fronte ad analoghe situazioni della propria esperienza emotiva (vedi in questa edizione delle Opere: vol. 1, Introduzione, e vol. 2, Avvertenza editoriale a Ricordi di copertura; e ancora Jones, Vita e opere di Freud (Milano 1962) vol. 1, pp. 31-34 e 51-52).
Il problema delle fonti inconsce della produzione letteraria, che aveva interessato Freud fin dal 1897,263 e che nello studio sulla Gradiva per i motivi veduti non è del tutto approfondito, ha dato luogo a un altro lavoro di Freud, quello su Il poeta e la fantasia. Freud lo presentò come conferenza alla fine del 1907 e lo pubblicò l’anno successivo (vedi oltre).