13.
«Dimmi qualcosa di più di tuo marito. ‘Nel libro del destino noi siamo nella stessa riga,’ come dice Shakespeare.»
«Dove?»
«In «Romeo e Giulietta».»
«Ti ho parlato molto di lui a Meljuzeev, quando lo cercavo. E poi qui, a Jurjatin, durante i nostri primi incontri, quando mi raccontasti che voleva arrestarti nel suo treno speciale. Mi sembra di averti raccontato, o forse no ed è solo una mia impressione, di averlo visto una volta da lontano, mentre saliva in macchina. Non puoi immaginare com’era scortato! Non mi è parso affatto cambiato. Sempre lo stesso bel viso onesto, deciso, il più onesto di tutti i visi che io abbia visto. Non un’ombra d’affettazione, un carattere virile, senza la minima posa. Così era sempre stato e così è rimasto. Tuttavia ho notato un cambiamento che mi ha allarmata. Come se qualcosa di astratto fosse entrato in quella fisionomia e l’avesse fatta sfiorire. Il suo volto umano, vivo, era diventato una personificazione, un principio, la raffigurazione di un’idea. E osservandolo ho sentito stringermi il cuore. Ho compreso che tutto ciò era la conseguenza di quelle forze cui s’era votato, forse grandiose, ma fatali e spietate, che un giorno non avranno pietà nemmeno di lui. Mi è sembrato che fosse come segnato, che portasse il marchio di una condanna. Ma forse ingarbuglio un po’ tutto, forse sono le tue stesse parole che mi si sono impresse, quando mi hai descritto il vostro incontro. Oltre alla comunanza dei nostri sentimenti, io prendo da te tante altre cose!»
«Ma via. Parlami di voi prima della rivoluzione.»
«Da bambina, prestissimo, io ho cominciato a sognare la purezza. Lui ne era la personificazione. Sai, abitavamo quasi nello stesso cortile, io, lui e Galiullin. Io ero la sua passione infantile. Quando mi vedeva si sentiva venir meno, gli si gelava il sangue. Forse non sta bene che racconti questo, lo so. Ma sarebbe peggio se fingessi di non saperlo. Ero la sua passione di ragazzo, quella passione che rende schiavi e di solito si tiene celata, perché l’orgoglio infantile non permette di confessarla, e tuttavia è dipinta sul viso, è palese a tutti. Diventammo amici. Ma lui e io siamo tanto diversi quanto io sono uguale a te. Fin da quel tempo lo scelsi col cuore. Decisi di unire la mia vita con quel meraviglioso ragazzo non appena ci fossimo fatti strada e fin d’allora mi fidanzai mentalmente con lui. Pensa alle sue doti, quante ne ha! Straordinarie! Figlio di un semplice scambista o cantoniere, con la sua sola intelligenza e con un tenace lavoro, ha raggiunto - stavo per dire il livello, ma è più giusto le vette - della scienza universitaria in due campi, la matematica e la filologia. Non è una cosa da niente!»
«E allora che cosa ha guastato la vostra armonia, sevi amavate tanto?»
«Ah, com’è difficile rispondere! Cercherò di spiegarmi. Ma è strano che debba esser io, una donna qualunque, a spiegare a te, cosi intelligente, che cosa succede nella vita in genere, nella vita russa, e perché crollano le famiglie, la mia come la tua! Ah, non si tratta delle persone, dell’affinità o meno dei caratteri, di amore o di disamore; ma tutto ciò che è costruito e organizzato, tutto ciò che richiama alla vita domestica, al nido familiare, al suo ordine, tutto è andato in malora col rivolgimento dell’intera società e col suo riassetto. Tutto quello che apparteneva alla vita quotidiana è stato travolto e distrutto. E’ rimasta soltanto la forza, senza radici, non legata alla vita d’ogni giorno, di un nudo, completamente spoglio richiamo del cuore per il quale nulla è mutato, perché in tutti i tempi ha sentito freddo, ha tremato e si è proteso verso il suo immediato vicino, altrettanto spoglio e solo. Tu e io siamo come i due primi uomini, Adamo ed Eva, i quali non avevano nulla per coprirsi al principio del mondo: ora alla sua fine, siamo egualmente spogli e senza tetto. Noi due siamo l’ultimo ricordo di ciò che è stato creato al mondo di incommensurabilmente grande nelle molte migliaia di anni intercorse fra loro e noi, ed è in memoria di tali prodigi scomparsi che noi respiriamo e amiamo, e piangiamo, e ci attacchiamo l’uno all’altra, stringendoci.»