3.
Da Meljuzeev partivano verso est e verso ovest due grandi strade. Una, di terra battuta, portava, attraverso un bosco, in una piccola località che viveva del commercio del grano: Zybùshino, amministrativamente dipendente da Meljuzeev, ma sotto tutti i riguardi più importante. L’altra, cosparsa di pietrisco, passava attraverso prati paludosi, che d’estate si prosciugavano e portava a Birjuci, un nodo ferroviario dove si incrociavano due linee che passavano non lontano da Meljuzeev.
In giugno, a Zybùshino si era retta per due settimane una repubblica indipendente proclamata dal mugnaio Blalejko. Appoggiandosi ai disertori del 212esimo reggimento di fanteria, che avevano abbandonato con le armi alla mano le posizioni e, attraverso Birjuéi, erano arrivati a Zybùshino proprio nel momento della crisi, la repubblica non riconosceva l’autorità del Governo provvisorio e si era separata dal resto della Russia. Blazejko, un fanatico che in gioventù era stato in corrispondenza con Tolstòj, aveva proclamato il nuovo Regno millenario di Zybùshino, la comunanza del lavoro e degli averi, ribattezzando apostolato la direzione del “volost’“.
Zybùshino era sempre stata campo di leggende e di storie fantasiose. Si trovava in mezzo a foreste impenetrabili, era menzionata nei documenti dell’epoca dei Torbidi33, e i suoi dintorni pullulavano di fuorilegge anche in epoca più tarda. Erano leggendari il benessere dei suoi mercanti e la straordinaria fertilità del terreno. Taluni costumi e credenze e talune particolarità del linguaggio che caratterizzavano questa parte occidentale della zona del fronte provenivano appunto da Zybùshino.
Ora, analoghe fantasie erano fiorite sul conto del principale aiutante di Blazejko. Si diceva che fosse sordomuto dalla nascita, che in certi momenti di ispirazione riacquistasse il dono della parola, per perderlo nuovamente all’esaurirsi della folgorazione.
In luglio, la repubblica di Zybùshino cadde. Il paese fu occupato da un’unità fedele al Governo provvisorio. I disertori, scacciati, si ritirarono a Birjuci.
Là, le strade erano costeggiate, per molte “verste” intorno, da tagliate, dove fra le ceppaie spuntavano le fragole, s’alzavano cataste di vecchio legname mezzo depredate e capanne ormai in rovina di tagliaboschi stagionali che un tempo venivano a lavorarci. Qui si erano asserragliati i disertori.