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«Una chiara notte di gelo. Straordinaria luminosità e compiutezza di tutto quello che si vede. La terra, l’aria, la luna, le stelle sono inchiodate, saldate insieme dal gelo. Nel parco, di traverso sui viali, si stampano le ombre degli alberi come tornite e in rilievo. Pare che nere figure attraversino continuamente la strada in vari punti. Grosse stelle sono sospese fra i rami del bosco come azzurre lanterne di mica. Tutto il cielo è un prato estivo disseminato di piccole margherite.
«Continuano la sera le conversazioni su Pushkin. Abbiamo esaminato le poesie liceali del primo volume. Il peso che qui assume la scelta del metro!
«Nei versi lunghi la massima ambizione del giovane poeta era l’“Arzamàs”61, il desiderio di non essere inferiore ai maestri, di gettar polvere agli occhi dello zio con mitologismi, enfasi, un libertinaggio e un epicureismo dell’immaginazione, e con una mistificata precoce saggezza.
«Ma non appena dalle imitazioni di Ossian o di Parny o dai “Ricordi a Càrskoe Selò”, il giovane Pushkin è passato ai versi brevi de “La cittadina” o del “Messaggio alla sorella” o della posteriore poesia, scritta a Kishinëv, “Al mio calamaio”, o ai ritmi del “Messaggio a Judin”, si sveglia già nell’adolescente il futuro Pushkin.
«Nella sua poesia, come in una stanza attraverso la finestra aperta, irrompono allora dalla strada la luce e l’aria, il rumore della vita, l’essenza delle cose. Gli oggetti del mondo esterno, gli oggetti d’uso comune, i sostantivi, affollandosi e incalzando, s’impadroniscono dei versi cacciando via le parti più indeterminate del discorso. Oggetti, oggetti e ancora oggetti si allineano in colonna rimata sul ciglio delle strofe.
«E’ un verso, diventato poi celebre come tetrametro pushkiniano, che in un certo senso rappresenta l’unità metrica della vita russa, la sua misura lineare: quasi una misura presa a tutta l’esistenza russa, così come si disegna il contorno del piede per fare la scarpa, o si dice il numero per trovare un guanto che aderisca perfettamente alla mano.
«Così, più tardi, i ritmi della Russia parlante, il canto del suo linguaggio colloquiale si sono intonati sulla misura di durata del trimetro di Nekrasov e sulla sua rima dattilica.»