9.
Non lui, ma qualcosa di più universale singhiozzava e piangeva nel suo intimo, con parole tenere e luminose che scintillavano al buio come fosforo. Insieme alla sua anima, anch’egli piangeva, pieno di pietà per se stesso.
«Mi sto ammalando. Sono ammalato,» pensava nei momenti di lucidità, fra un sogno e l’altro, negli intervalli dell’incoscienza e del delirio della febbre. «Deve essere una sorta di tifo, un tifo non descritto nei manuali, che non abbiamo studiato nei corsi di medicina. Dovrei prepararmi qualcosa, dovrei mangiare, se non voglio morire di fame.»
Ma al primo tentativo di sollevarsi su un gomito, si rese conto che non aveva neppure la forza di muoversi e perdette i sensi, o si addormentò.
«Da quanto tempo sono qui, vestito?» pensò in un altro momento di lucidità. «Da quante ore? Da quanti giorni? Quando mi sono coricato, cominciava la primavera. E ora la brina copre la finestra. E’ così sporca e molliccia che lascia la stanza al buio.»
In cucina i topi alzavano uno strepito di piatti rovesciati, correvano su per i muri, piombavano di peso sul pavimento, stridevano sgradevolmente con lamentose note di contralto.
Di nuovo dormì. Quando si svegliò, scoprì che le finestre, nella nevosa trama di brina, erano soffuse del rosato, caldo chiarore di un’aurora che vi rosseggiava come vino in coppe di cristallo. Non capiva e si domandava quale luce fosse, se quella del mattino o quella del crepuscolo.
Una volta gli sembrò di udire voci umane vicinissime ed ebbe paura che fossero i primi segni della pazzia. Con lacrime di pietà per se stesso e in un mormorio senza suono si lagnò del cielo che gli aveva volto le spalle e l’aveva abbandonato. «Perché mi hai respinto dal tuo cospetto, luce che non tramonti, e mi ha ricoperto l’ombra dei maligno?»
A un tratto si rese conto che non stava vaneggiando, ed era proprio tutto vero che lui, spogliato e lavato, giaceva con la biancheria pulita non sul divano, ma su un letto appena fatto, e che confondendo ì propri capelli con i suoi capelli e le sue lacrime con le proprie, piangeva insieme a lui, seduta accanto al letto e china su di lui, Lara. Smarrì allora i sensi per la felicità.