6.
Lara visse dai Kologrivov, come dietro un muro di pietra, per più di tre anni. Nessuno venne ad attentare alla sua indipendenza, e perfino la madre e il fratello, che sentiva profondamente estranei, non si fecero vivi.
Lavrentij Mìchàjlovich Kologrivov era un grosso industriale, del tipo più moderno, intelligente e capace. Nutriva per il vecchio regime, che aveva fatto il suo tempo, un duplice odio: l’odio della persona immensamente ricca, in grado di comperare il tesoro dello zar, e dell’uomo venuto dal popolo e arrivato a un favoloso successo. Nascondeva in casa sua i clandestini, pagava gli avvocati difensori nei processi politici: come si diceva scherzosamente, aiutava la rivoluzione e si danneggiava con le proprie mani, organizzando scioperi nella sua stessa fabbrica. Lavrentij Michàjlovichh era un tiratore infallibile e cacciatore appassionato; nell’inverno del 1905 ogni domenica si recava al Serèbrjanyj bor e all’isola Losinyj per addestrare al tiro gli insorti.
Era un uomo straordinario. Serafima Filìppovna, sua moglie, era degna di vivergli accanto. Lara nutriva per entrambi una stima appassionata e loro l’amavano come una figlia..
Dopo più di tre anni di serenità, ricevette la visita di suo fratello Rodja. Dondolandosi fatuamente sulle lunghe gambe e, per darsi più importanza, parlando col naso e strascicando le sillabe, le raccontò che i cadetti della sua classe avevano fatto una colletta per un regalo d’addio al direttore dell’istituto e avevano dato a lui l’incarico dell’acquisto e il denaro. E lui, tre giorni fa, l’aveva perduto tutto al gioco, fino all’ultimo soldo. Detto ciò, Rodja si lasciò cadere su una poltrona con tutta la sua figura allampanata e si mise a piangere.
Lara si sentì gelare. Subito Rodja riprese, singhiozzando:
«Ieri sono stato da Viktor Ippolìtovich. Si è rifiutato di parlare con me di questo, ma ha detto che se tu volessi… Dice che, benché tu non ci voglia più bene, hai ancora tanta influenza su di lui che… Làrochka… Basterebbe una tua parola… Capisci che vergogna sarebbe per me, che macchia per l’onore dell’uniforme di “junker”?… Vai da lui, che ti costa? Pregalo… Non vorrai che io paghi col sangue l’ammanco.»
«Pagare col sangue… L’onore dell’uniforme di “junker”,» ripeteva con sdegno Lara, andando su e giù, tutta sconvolta, per la stanza. «Io non sono un’uniforme, non ho onore io, e di me si può fare quel che si vuole. Ma ti rendi conto di quello che chiedi, hai capito cosa ti ha proposto? Anno per anno, con una fatica da Sisifo costruisci, innalzi qualcosa, senza un momento di sosta, e poi t’arriva uno e, come niente fosse, soffia, sputa e butta tutto all’aria. Ma si, va’ al diavolo! Sparati pure, va’! Che me ne importa? Di quanto hai bisogno?»
«Seicentonovanta rubli e rotti, diciamo settecento,» disse Rodja, esitante.
«Rodja! No, sei impazzito! Ti rendi conto di quello che dici? Hai perduto settecento rubli? Rodja! Rodja! Ma sai in quanto tempo una persona normale, come me per esempio, può guadagnarli, con un lavoro onesto?»
E dopo una pausa soggiunse, gelida ed estranea:
«Bene. Proverò. Vieni domani. E porta con te la rivoltella con cui volevi ammazzarti. Passala a me. E con una buona riserva di munizioni, ricordati.»
Quel denaro, Lara lo ebbe da Kologrivov.