17.
Lara non era religiosa. Non credeva nei riti del culto. Ma qualche volta, per sopportare la vita, le occorreva l’accompagnamento di una specie di musica interiore, che non sempre poteva comporre da sola. Questa musica erano per lei parole divine sulla vita e su di di esse andava a piangere in chiesa.
Una volta, al principio di dicembre, con l’anima oppressa come quella di Katerina de “L’uragano”14, si recò a pregare con la sensazione che la terra dovesse spalancarsi sotto di lei e la volta della chiesa crollare. E se lo sarebbe meritato. E tutto sarebbe finito. Peccato soltanto essersi portata dietro quella chiacchierona di Olja Demin.
«Prov Afanàs’evich,» le mormorò Olja in un orecchio.
«Pss. Smetti, ti prego. Quale Prov Afanàs’evich?»
«Prov Afanàs’evich Sòkolov. Mio zio in seconda. Quello che legge.»
«(Ah, il salmodista. Parentela dei Tiverzin.) Pss. Zitta. Non disturbare, ti prego.»
Erano arrivate al principio della funzione. Cantavano il salmo: “Benedici, anima mia, il Signore e tutto il mio essere benedica il suo santo nome”.
La chiesa, semivuota, era piena d’echi. Solo intorno all’altare s’addensava una piccola folla di fedeli. Era una chiesa costruita da poco, e la vetrata nuda e incolore non riusciva ad allietare lì accanto il grigio della viuzza ingombra di neve e dei passanti e dei veicoli che la percorrevano. Presso la vetrata, il decano della chiesa, incurante della funzione e così forte da essere sentito per tutto il tempio, cercava di far intendere ragione a una specie di folle di Dio, stracciona e dura d’orecchi: e anche la sua voce era banale e incolore come la finestra e il vicolo.
Mentre Lara, costeggiando lentamente la folla dei fedeli, si recava con le monete strette in pugno ad acquistare le candele per sé e per Olja, e poi, sempre cautamente, per non urtare nessuno, tornava indietro, Prov Afanas’evich era riuscito a snocciolare tutto d’un fiato nove beatitudini, con l’aria di dire cose che anche senza di lui tutti conoscevano benissimo.
Beati i poveri di spirito… Beati quelli che piangono… Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia…
Lara camminava, ma a un tratto trasalì e si fermò. Era per lei, quest’ultima. Egli diceva: invidiabile è la sorte dei calpestati; essi hanno qualcosa da raccontare di sé. Essi hanno tutto davanti a loro. Così pensava lui. Era questa l’opinione di Cristo.