16.

L’indomani, si svegliò tardi. Era mezzogiorno. «Marchese, Marchese!» diceva il vicino a bassa voce, trattenendo il cane che si dimenava. Con stupore, Jurij Andrèevich vide che era ancora solo col cacciatore: nello scompartimento non era salito nessuno durante il viaggio. Ora i nomi delle stazioni erano quelli che conosceva fin dall’infanzia. Il treno, lasciata la provincia di Kaluga, si inoltrava in quella di Mosca.

Dopo aver fatto toilette con comodità d’anteguerra, rientrò nello scompartimento per la colazione che gli fu offerta dal curioso compagno, e ne profittò per osservarlo meglio.

Le caratteristiche del giovane erano l’estrema loquacità e mobilità. Amava parlare, ma per lui più che la comunicazione e lo scambio delle idee, quello che contava era il fatto stesso di parlare, di pronunciare parole ed emettere suoni. Chiacchierando saltava sul sedile come spinto da una molla, scoppiava a ridere in modo assordante e senza motivo apparente, si fregava le mani dalla soddisfazione, e, quando questo gli sembrava insufficiente a esprimere il suo entusiasmo, si batteva le palme sui ginocchi, ridendo fino alle lacrime.

La conversazione riprese con tutte le stranezze del giorno avanti. Lo sconosciuto era straordinariamente incoerente. A volte si abbandonava a confessioni a cui nessuno l’aveva spinto, a volte sembrava nemmeno ascoltare, lasciando senza risposta le domande più innocenti.

Rovesciò sul proprio conto una vera valanga di notizie, le più fantastiche e sconnesse. Chiaro che ne inventava buona parte.

Indubbiamente cercava di fare effetto con l’eccentricità delle sue idee e rigettando ogni opinione del senso comune.

Anche questo ricordava qualcosa di molto risaputo. Nello spirito di un simile radicalismo parlavano i nichilisti del secolo passato e, un po’ più tardi, alcuni personaggi di Dostoevskij; e poi, più recentemente, le loro dirette propaggini, ossia la provincia russa colta, che spesso precorreva le capitali grazie a quella tendenza ad affrontare sul serio le cose che, scaduta e in disuso nelle capitali, era ancora viva in provincia.

Il giovanotto raccontava di essere nipote di un famoso rivoluzionario, mentre i suoi genitori erano invece degli incorreggibili conservatori: dei pesci grossi della reazione, come li definì. Possedevano in una località vicina al fronte una discreta tenuta, dove egli era cresciuto, ed erano stati per tutta la vita ai ferri corti con lo zio, il quale però non aveva serbato loro rancore e ora, con la sua influenza, li salvava da molti guai.

E continuava a informare che, per le sue convinzioni, lui somigliava allo zio: era estremista massimalista in tutto, nelle questioni della vita, della politica e dell’arte. Di nuovo Zivago ricordò Pèten’ka Verchovenskij37, e non per l’estremismo, ma per la natura corrotta, per i vaniloqui di quel personaggio. «Adesso,» pensò, «si vanterà di essere futurista.» E il discorso cadde sui futuristi. «Adesso parlerà di sport,» tirò ancora a indovinare il dottore, «di trotto, di pattinaggio o di lotta francese.» E il discorso passò alla caccia.

Il giovanotto disse che andava a caccia nei posti della sua infanzia e si proclamò un ottimo tiratore, e aggiunse che, se non fosse stato per quel difetto fisico che gli aveva impedito di fare il soldato, in guerra si sarebbe distinto per la sua precisione di tiro.

Cogliendo lo sguardo interrogativo di Zivago, esclamò:

«Come? Non avete notato nulla? Credevo che aveste capito.»

Estrasse di tasca e porse a Jurij Andrèevich due cartoncini: uno era il suo biglietto da visita. Aveva un doppio cognome. Si chiamava Maksìm Aristàrchovich Klincòv-Pogorevshich o semplicemente Pogorevshich, come appunto pregò di chiamarlo in onore dello zio, che portava quel nome.

Su un altro cartoncino c’era una tabella quadrettata con la raffigurazione di due mani unite in vario modo e con le dita pure variamente articolate. Era l’alfabeto figurato dei sordomuti. Di colpo tutto fu chiaro.

Pogorevshich era un allievo eccezionalmente dotato della scuola di Hartinan o di Ostrogradskij: un sordomuto, il quale, con straordinaria perfezione, aveva imparato a parlare non già ascoltando, ma guardando il movimento dei muscoli del collo dell’insegnante, e nella stessa maniera a intendere le parole pronunciate dagli interlocutori.

Collegando il luogo di provenienza del giovane e le località in cui era andato a caccia, il dottore gli domandò:

«Scusate l’indiscrezione, potete anche non rispondere, ma non avete avuto rapporti con la repubblica di Zybùshino e con la sua fondazione?»

«Come… permettete… Allora voi conoscevate Blazejkov?… Se ho avuto rapporti? Certo che li ho avuti!» prese a gridare allegramente Pogorevshich, sghignazzando, dondolandosi con tutto il corpo da una parte all’altra e battendosi furiosamente le mani sui ginocchi.

E cominciò con una nuova fantasmagoria.

Pogorevshich disse che Blazejkov era stato per lui solo un pretesto e Zybùshino un luogo come un altro dove applicare le proprie teorie. Jurìj Andrèevich lo seguiva a stento. La filosofia di Pogorevshich era costituita per metà di tesi anarchiche e per metà di volgari frottole da cacciatore.

Con un imperturbabile tono da oracolo prediceva per i prossimi tempi sconvolgimenti catastrofici. Jurij Andrèevich dentro di sé era d’accordo e forse quegli sconvolgimenti erano davvero inevitabili, ma lo indisponeva la sicurezza piena di prosopopea con cui l’antipatico giovanotto snocciolava le sue profezie.

«Un momento, un momento,» tentò di obiettare Zivago. «Tutto questo va bene, può anche essere. Ma, secondo me, non è il momento di compiere esperimenti così rischiosi in mezzo al caos, al disordine, di fronte al nemico che incalza. Bisogna lasciare che il paese si riprenda e che riposi dopo un rivolgimento, prima di buttarsi in un altro. Bisogna aspettare una certa calma, anche se relativa, un certo ordine.»

«Questo è ingenuo,» rispose Pogorevshich. «Ciò che voi chiamate caos è un fenomeno normale quanto il vostro beneamato ordine. Queste distruzioni sono la parte logica e preliminare di un piano costruttivo assai più ampio. Finora la società non si è ancora disgregata abbastanza. Bisogna che si sfasci totalmente e allora un vero potere rivoluzionario ne raccoglierà i frammenti per ricomporli su basi diverse.»

Jurij Andrèevich si sentì a disagio e uscì nel corridoio.

Il treno, accelerando la corsa, attraversava i dintorni di Mosca. Correvano verso i finestrini e se ne allontanavano volando, i boschetti di betulle, ville una dietro l’altra e piccole stazioni senza pensilina, gremite di villeggianti. Volavano via e scomparivano lontano nella nuvola di polvere sollevata dal treno, girando su se stesse come in una giostra. Il treno lanciava uno dietro l’altro i suoi sibili e, diffondendolo tutt’intorno, soffocava col suo fischio l’eco cava, scanalata, anfrattuosa della foresta.

D’improvviso, per la prima volta in tutti quei giorni, Jurij Andrèevich comprese con assoluta chiarezza dove stesse, cosa gli fosse successo e cosa lo attendeva fra un’ora, due, al massimo.

Tre anni di cambiamenti, d’incertezza, di partenze, la guerra, la rivoluzione, sconvolgimenti, sparatorie, scene di distruzione e di morte, ponti saltati, incendi, devastazioni: tutto, di colpo, gli apparve come un enorme vuoto, privo di contenuto. Il primo vero avvenimento dopo tanto lungo intervallo, era questo vertiginoso avvicinarsi del treno alla sua casa, ancora intatta, ancora esistente nel mondo, e della quale gli era cara ogni pietra. Ecco che cos’era la vita, che cos’era l’esperienza, che cosa inseguivano coloro che andavano in cerca d’avventure, ecco a che cosa mirava l’arte: ritornare a casa propria, ai propri affetti, riprendere a vivere.

I boschi erano terminati. li treno si liberò dalla stretta dei fogliame. Un dolce declivio muoveva da un burrone fino ad alzarsi lontano in larga collina. Era tutto ricoperto di appezzamenti coltivati a patate, di color verde scuro. In cima, dove le piantagioni cessavano, erano sparse intelaiature e vetri di serre smontate. Di faccia al declivio, verso la coda del treno, un’immensa nube nero-violacea campeggiava in mezzo al cielo. Da dietro cercavano di farsi strada i raggi del sole irradiandosi in tutte le direzioni e accendendo di riflessi accecanti i vetri delle serre.

A un tratto dalla nube presero a cadere obliquamente pesanti gocce, nello scintillio d’una pioggia coi sole. Cadevano frettolose, allo stesso ritmo con cui il treno in corsa batteva con le ruote, strepitava con le bielle, come se volessero raggiungerlo o temessero di restargli indietro.

Il dottore vi aveva appena fermato l’attenzione, quando dietro un’altura apparve il tempio di Cristo Salvatore e, un istante dopo, le cupole, i tetti, le case e i camini dell’intera città.

«Mosca,» disse, rientrando nello scompartimento. «E’ ora di prepararsi.»

Pogorevshich saltò in piedi, cominciò a frugare nel carniere e scelse un’anitra fra le più grosse.

«Prendete,» disse. «Per ricordo. Ho passato una giornata in così gradevole compagnia.»

Tentò inutilmente di rifiutare. «E va bene,» disse, costretto ad accettare, «la prenderò come un vostro regalo per mia moglie.»

«Per vostra moglie! Per vostra moglie! Come regalo alla moglie,» ripeté allegramente Pogorevshich, come se avesse sentito quella parola per la prima volta, e prese a contorcersi e a sghignazzare così fragorosamente che Marchese sbucò fuori e venne anche lui a partecipare all’allegria del padrone.

Il treno entrava in stazione. Nel vagone si fece buio come di notte. Il sordomuto porse al dottore l’anitra incartata in un mezzo foglio di manifesto.

Il dottor Zivago
coverpage.xhtml
content0002.xhtml
content0003.xhtml
content0004.xhtml
content0005.xhtml
content0006.xhtml
content0007.xhtml
content0008.xhtml
content0009.xhtml
content0010.xhtml
content0011.xhtml
content0012.xhtml
content0013.xhtml
content0014.xhtml
content0015.xhtml
content0016.xhtml
content0017.xhtml
content0018.xhtml
content0019.xhtml
content0020.xhtml
content0021.xhtml
content0022.xhtml
content0023.xhtml
content0024.xhtml
content0025.xhtml
content0026.xhtml
content0027.xhtml
content0028.xhtml
content0029.xhtml
content0030.xhtml
content0031.xhtml
content0032.xhtml
content0033.xhtml
content0034.xhtml
content0035.xhtml
content0036.xhtml
content0037.xhtml
content0038.xhtml
content0039.xhtml
content0040.xhtml
content0041.xhtml
content0042.xhtml
content0043.xhtml
content0044.xhtml
content0045.xhtml
content0046.xhtml
content0047.xhtml
content0048.xhtml
content0049.xhtml
content0050.xhtml
content0051.xhtml
content0052.xhtml
content0053.xhtml
content0054.xhtml
content0055.xhtml
content0056.xhtml
content0057.xhtml
content0058.xhtml
content0059.xhtml
content0060.xhtml
content0061.xhtml
content0062.xhtml
content0063.xhtml
content0064.xhtml
content0065.xhtml
content0066.xhtml
content0067.xhtml
content0068.xhtml
content0069.xhtml
content0070.xhtml
content0071.xhtml
content0072.xhtml
content0073.xhtml
content0074.xhtml
content0075.xhtml
content0076.xhtml
content0077.xhtml
content0078.xhtml
content0079.xhtml
content0080.xhtml
content0081.xhtml
content0082.xhtml
content0083.xhtml
content0084.xhtml
content0085.xhtml
content0086.xhtml
content0087.xhtml
content0088.xhtml
content0089.xhtml
content0090.xhtml
content0091.xhtml
content0092.xhtml
content0093.xhtml
content0094.xhtml
content0095.xhtml
content0096.xhtml
content0097.xhtml
content0098.xhtml
content0099.xhtml
content0100.xhtml
content0101.xhtml
content0102.xhtml
content0103.xhtml
content0104.xhtml
content0105.xhtml
content0106.xhtml
content0107.xhtml
content0108.xhtml
content0109.xhtml
content0110.xhtml
content0111.xhtml
content0112.xhtml
content0113.xhtml
content0114.xhtml
content0115.xhtml
content0116.xhtml
content0117.xhtml
content0118.xhtml
content0119.xhtml
content0120.xhtml
content0121.xhtml
content0122.xhtml
content0123.xhtml
content0124.xhtml
content0125.xhtml
content0126.xhtml
content0127.xhtml
content0128.xhtml
content0129.xhtml
content0130.xhtml
content0131.xhtml
content0132.xhtml
content0133.xhtml
content0134.xhtml
content0135.xhtml
content0136.xhtml
content0137.xhtml
content0138.xhtml
content0139.xhtml
content0140.xhtml
content0141.xhtml
content0142.xhtml
content0143.xhtml
content0144.xhtml
content0145.xhtml
content0146.xhtml
content0147.xhtml
content0148.xhtml
content0149.xhtml
content0150.xhtml
content0151.xhtml
content0152.xhtml
content0153.xhtml
content0154.xhtml
content0155.xhtml
content0156.xhtml
content0157.xhtml
content0158.xhtml
content0159.xhtml
content0160.xhtml
content0161.xhtml
content0162.xhtml
content0163.xhtml
content0164.xhtml
content0165.xhtml
content0166.xhtml
content0167.xhtml
content0168.xhtml
content0169.xhtml
content0170.xhtml
content0171.xhtml
content0172.xhtml
content0173.xhtml
content0174.xhtml
content0175.xhtml
content0176.xhtml
content0177.xhtml
content0178.xhtml
content0179.xhtml
content0180.xhtml
content0181.xhtml
content0182.xhtml
content0183.xhtml
content0184.xhtml
content0185.xhtml
content0186.xhtml
content0187.xhtml
content0188.xhtml
content0189.xhtml
content0190.xhtml
content0191.xhtml
content0192.xhtml
content0193.xhtml
content0194.xhtml
content0195.xhtml
content0196.xhtml
content0197.xhtml
content0198.xhtml
content0199.xhtml
content0200.xhtml
content0201.xhtml
content0202.xhtml
content0203.xhtml
content0204.xhtml
content0205.xhtml
content0206.xhtml
content0207.xhtml
content0208.xhtml
content0209.xhtml
content0210.xhtml
content0211.xhtml
content0212.xhtml
content0213.xhtml
content0214.xhtml
content0215.xhtml
content0216.xhtml
content0217.xhtml
content0218.xhtml
content0219.xhtml
content0220.xhtml
content0221.xhtml
content0222.xhtml
content0223.xhtml
content0224.xhtml
content0225.xhtml
content0226.xhtml
content0227.xhtml
content0228.xhtml
content0229.xhtml
content0230.xhtml
content0231.xhtml
content0232.xhtml
content0233.xhtml
content0234.xhtml
content0235.xhtml
content0236.xhtml
content0237.xhtml
content0238.xhtml
content0239.xhtml
content0240.xhtml
content0241.xhtml
content0242.xhtml
content0243.xhtml
content0244.xhtml
content0245.xhtml
content0246.xhtml
content0247.xhtml
content0248.xhtml
content0249.xhtml
content0250.xhtml
content0251.xhtml
content0252.xhtml
content0253.xhtml
content0254.xhtml
content0255.xhtml
content0256.xhtml
content0257.xhtml
content0258.xhtml
content0259.xhtml
content0260.xhtml
content0261.xhtml
content0262.xhtml
content0263.xhtml
content0264.xhtml
content0265.xhtml
content0266.xhtml
content0267.xhtml
content0268.xhtml
content0269.xhtml
content0270.xhtml
content0271.xhtml
content0272.xhtml
content0273.xhtml
content0274.xhtml
content0275.xhtml
content0276.xhtml
content0277.xhtml
content0278.xhtml
content0279.xhtml
footnotes.xhtml