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La cittadina si chiamava Meljuzeev. Si trovava nella zona delle terre nere. Come una nube di cavallette, sopra i tetti si librava la nera polvere sollevata dalle truppe e dai convogli. Attraversavano la cittadina dal mattino alla sera, in un senso e nell’altro, dalla guerra e verso la guerra, che non si poteva dire con precisione se continuasse o già fosse finita.
Ogni giorno crescevano come funghi, innumerevoli, nuovi compiti, e per tutti si rivolgevano a loro, a lui, al tenente Galiullin, alla crocerossina Antipov, e a qualche altro della loro compagnia, i soli che avevano abitato in grandi città e in possesso quindi d’una maggiore esperienza delle cose.
Si dovevano occupare dell’autoamministrazione della città, avevano funzioni secondarie di commissari nell’esercito e nella sanità, e attendevano a queste incombenze come a uno svago all’aria aperta, a un gioco di birilli. Ma sempre più spesso provavano il desiderio di lasciare i birilli e tornare a casa, alle loro occupazioni normali.
Il lavoro portava Zivago e la Antipov a incontrarsi spesso.