5.
Già nella primavera del 1906, prima di passare nell’ultima classe del ginnasio, i sei mesi di relazione con Komarovskij avevano oltrepassato la capacità di sopportazione di Lara. Con estrema abilità egli profittava della depressione di lei e al bisogno, sapeva ricordarle senza parere, in modo sottile e impercettibile, la sua onta. Lara si riduceva, allora, proprio in quello stato di smarrimento che ogni uomo sensuale richiede dalla donna; diveniva sempre più schiava di un incubo dei sensi da cui si risvegliava con orrore. Le contraddizioni della sua aberrazione notturna le erano inspiegabili, come magia nera. Là, tutto era alla rovescia e contrario alla logica: il dolore disperato si manifestava con uno scoppio di risa argentine, resistenza e diniego significavano consenso, e baci di gratitudine coprivano la mano del carnefice.
Sembrava che non sarebbe riuscita a liberarsi, ma in primavera, durante una delle ultime lezioni dell’anno scolastico, riflettendo sul fatto che le sollecitazioni di lui sarebbero diventate più frequenti d’estate, quando non vi fosse più lo studio, suo ultimo schermo contro le richieste troppo frequenti di Komarovskij, Lara prese rapidamente una decisione che per molto tempo avrebbe mutato la sua vita.
Quella mattina faceva caldo, si preparava un temporale. Le finestre della classe erano aperte. Lontano, la città ronzava, sempre sulla medesima nota, come api nell’alveare. Dal cortile giungevano grida di bambini che giocavano. L’odore d’erba della terra e dei virgulti novelli appesantiva la testa, come il giovedì grasso l’aroma di vodka e di frittelle.
L’insegnante di storia parlava della spedizione di Napoleone in Egitto. Quando arrivò allo sbarco a Fréjus, il cielo si oscurò e, squarciandosi, ruppe in fulmini e tuoni; insieme all’odore fresco di terra, invasero l’aula nugoli di sabbia e di polvere. Due alunni zelanti si lanciarono servizievolmente nel corridoio a chiamare il bidello perché chiudesse le finestre, e, quando spalancarono la porta, una corrente d’aria sollevò e fece volar via dai banchi le carte assorbenti dei quaderni.
Le finestre furono chiuse. Venne giù uno sporco acquazzone cittadino, mischiato a polvere. Lara strappò un foglio dal taccuino e scrisse alla sua vicina di banco, Nadja Kologrivov:
«Nadja, ho bisogno di organizzarmi la vita lontano dalla mamma. Aiutami a trovare qualche buona lezione. Tu hai molte conoscenze fra la gente ricca.»
Con lo stesso sistema Nadja rispose:
«Cercano un’istitutrice per Lipa. Vieni da noi. Sarebbe così bello! Sai quanto bene ti vogliono il papà e la mamma.»